Boxe clandestina,
guerra in prima linea e traffici illegali: tutto attraverso gli occhi di un
fornaio. Maksim, figlio di una famiglia dell'est, è cresciuto a Palermo tra i
pericoli della periferia e la guida del cugino Sergey, che è stato l'unico a
credere nei suoi ideali rivoluzionari adolescenziali. Mosso da questi stessi
ideali, Sergey si arruola tra i miliziani del Donbass e sparisce. Così inizia
il viaggio ostile e gelido di Maksim, tra posti di blocco, sbronze, arresti,
paesi devastati, una prima linea dura da digerire, bombardamenti, fame e
delusioni. Ma di Sergey non c'è l'ombra. Alcuni indizi portano Maksim a Parigi,
proprio durante gli attentati terroristici che scuotono la Francia, ed è lì che
incontra nuovamente la boxe del suo passato e trova delle lettere di Sergey.
Gli ultimi indizi portano Maksim in Burkina Faso, per trovare un'altra
rivoluzione e, con essa, altre delusioni. Tra martiri e traffici clandestini
Maksim giunge alla distruzione definitiva della figura di Sergey, in un
incontro che sarà il crepuscolo di tutti gli ideali di quello che si riteneva
solo un fornaio.
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venerdì 30 marzo 2018
giovedì 29 marzo 2018
La scomparsa di Josef Mengele di Olivier Guez. Traduttore: M. Botto (Neri Pozza)
Buenos Aires, giugno
1949. Nella gigantesca sala della dogana argentina una discreta fetta di Europa
in esilio attende di passare il controllo. Sono emigranti, trasandati o vestiti
con eleganza, appena sbarcati dai bastimenti dopo una traversata di tre
settimane. Tra loro, un uomo che tiene ben strette due valigie e squadra con
cura la lunga fila di espatriati. Al doganiere l’uomo mostra un documento di viaggio
della Croce Rossa internazionale: Helmut Gregor, altezza 1,74, occhi castano
verdi, nato il 6 agosto 1911 a Termeno, o Tramin in tedesco, comune
altoatesino, cittadino di nazionalità italiana, cattolico, professione
meccanico. Il doganiere ispeziona i bagagli, poi si acciglia di fronte al
contenuto della valigia piú piccola: siringhe, quaderni di appunti e di schizzi
anatomici, campioni di sangue, vetrini di cellule. Strano, per un meccanico.
Chiama il medico di porto, che accorre prontamente. Il meccanico dice di essere
un biologo dilettante e il medico, che ha voglia di andare a pranzo, fa cenno
al doganiere che può lasciarlo passare. Cosí l’uomo raggiunge il suo santuario
argentino, dove lo attendono anni lontanissimi dalla sua vita passata. L’uomo
era, infatti, un ingegnere della razza. In una città proibita dall’acre odore
di carni e capelli bruciati, circolava un tempo agghindato come un dandy:
stivali, guanti, uniforme impeccabili, berretto leggermente inclinato. Con un
cenno del frustino sanciva la sorte delle sue vittime, a sinistra la morte
immediata, le camere a gas, a destra la morte lenta, i lavori forzati o il suo
laboratorio, dove disponeva di uno zoo di bambini cavie per indagare i segreti
della gemellarità, produrre superuomini e difendere la razza ariana. Scrupoloso
alchimista dell’uomo nuovo, si aspettava, dopo la guerra, di avere una
formidabile carriera e la riconoscenza del Reich vittorioso, poiché era…
l’angelo della morte, il dottor Josef Mengele.
mercoledì 28 marzo 2018
martedì 27 marzo 2018
lunedì 26 marzo 2018
I sette peccati capitali dell'economia italiana di Carlo Cottarelli (Feltrinelli)
Cosa blocca la crescita
dell'economia italiana? I sette errori che ci impediscono di ripartire. «L’economia
italiana è cresciuta poco negli ultimi vent’anni. Ha accelerato un po’ nel
2017, ma hanno accelerato anche tutti gli altri paesi. Se fosse una corsa
ciclistica, sarebbe come rallegrarsi di andare più veloci senza accorgersi di
avere iniziato un tratto in discesa. In realtà, anche in discesa il distacco
dal gruppo sta aumentando.»
Perché l'economia
italiana non riesce a ripartire? Secondo Carlo Cottarelli, la precarietà che
ostacola la nostra ripresa economica non è legata a un destino che siamo
costretti a subire. Deriva soprattutto da sette gravissimi errori che il
sistema dell'economia italiana continua a commettere. Sono i peccati capitali
dell'economia italiana: l'evasione fiscale, la corruzione, la troppa
burocrazia, la lentezza della giustizia, il crollo demografico, l'incapacità di
stare nell'euro, il divario tra Nord e Sud. Fino a oggi, l'evasione è sempre
stata sottovalutata. Cottarelli dimostra che la lotta contro questa piaga
troppo diffusa richiede una riforma strutturale, perché il fenomeno è molto più
esteso di quanto siamo abituati a pensare. Un provvedimento capace di invertire
la rotta, cominciando a recuperare una cifra che si avvicina ai 150 miliardi,
aiuterebbe il paese a uscire da questa stagione di incertezza. Questa
dispersione di capitale si combina con la macchina ipertrofica della burocrazia
e con una giustizia troppo lenta, che scoraggiano gli investitori stranieri e
ostacolano la creazione di nuovi posti di lavoro. Correggere questi errori è
possibile. Dopo un'esperienza decennale da dirigente del Fondo monetario
internazionale, Cottarelli torna in Italia per spiegare senza tecnicismi quali
sono le strategie e le soluzioni che dobbiamo costruire per garantire un futuro
alla nostra economia.
CANTO VOTIVO DI FEDERICO LENZI
Propongo un giovanissimo
amante della Poesia. Nel ritmo e nell’invettiva carico di ardore, "malevolo" in
alcuni punti, ma feroce e spietato contro una società sempre più alla deriva.
Lui è Federico Lenzi…
Osservateli
attentamente, e che la loro immagine non vi abbandoni,
sia conficcata dai
pugnali della colpa nei vostri miseri cuori;
essi sono,
incappucciati, pronti per essere portati sul patibolo,
lungo una via da tutti
percorsa ma che impegnati a chinare il capo
abbiamo dimenticato
come osservare, di un boia
che tutti accettiamo, un
buon pastore che ci guida,
con in mano un bastone
per spianarci la strada,
talvolta percuoterci
quando beliamo troppo forte,
ed i nostri lamenti si
tramutano in urla, e da bestiali,
con inesplicabile
metamorfosi, divengono pianti quasi umani;
sulla spalla invece, il
vil padrone abbigliato con le nostre pelli,
porta la dannata
carabina baciata dallo spietato cuore di Marte,
cartucce che sempre
saranno guidate da Apollo
che diresse il dardo di
Paride, già inserite in canna.
Morte pronta per essere
sprigionata
se una di noi divenisse
abbastanza aggressiva
da non poter più essere
chetata con il semplice bastone.
Innocenti, come tutti i
condannati a morte,
quei vecchi saggi
attendono,
ma non mostrano paura o
risentimento alcuno,
addirittura, forse, una
paterna comprensione
nei confronti dei
figli, messi alla luce dai figli,
figliati da colore che,
in tempo immemore, gli diedero vita
stringendo con essi
l’antico accordi della sopravvivenza.
Ma l’uomo, come ormai è
noto ai figli che mai abbandonarono
il seno materno, è
inguaribile spergiuro,
e coloro che stringono
cappi di plastica attorno ai nodosi colli
altro non sono che
colonizzatori, disposti a siglare accordi con i Cheyenne,
a chiamarli fratelli
fino a quando non troveranno differente ristoro
per le membra, da
sostituire a quello elargito generosamente dai nativi.
Ed è questo che essi
sono, nativi,
il cui unico crimine è
quello di essere nati in un suolo sul quale una serpe,
con l’animo annerito di
petrolio e denaro, ha puntato gli spregevoli occhi,
iniettato il potente
veleno del consumo e dell’ignoranza,
e che forse un giorno
si proclamerà eroe,
addirittura santo in
seguito al martirio,
sacrificio commesso per
un bene inesistente,
a dirla tutta, inutile,
mai voluto da alcuno se
non le sporche mosche ingorde d’oro
che ronzano attorno ad
un pezzo di carta come fosse delizioso nettare,
ma, andiamo, ch’io non
sia volgare, tutti sappiamo
ciò con cui le mosche
amano cibarsi.
Essi rimangono lì, e lo
faranno
Fino a quando saranno
in grado di resistere,
spartiati guidati da
chissà quale Leonida,
uniti assieme agli
Arcadi ed ai Corinzi,
destinati questi a
fuggire sotto le cariche persiane.
E rimarranno unicamente
loro,
soli, contro nugoli di
frecce di asce e barre di piombo
e metano.
Biografia - Mi chiamo
Federico Lenzi, classe ’01. Questa è quanto di più semplice mi vien fatto di
scrivere su di me. Tutto il resto mi appare banale o poco interessante per chi
legge. Ho iniziato a scrivere un paio di anni fa, cimentandomi inizialmente
nella prosa, successivamente nella poesia, vincendo, con immensa gioia, un
concorso di poesia organizzato nel 2017 dalla brindisina associazione Jonathan,
impegnata in una accesa lotta sociale a
tutela dell’accoglienza e dell’immigrazione, tematiche a mio parere scottanti,
in questi tempi offuscati dall’ombra di una ingiustificata paura che reca
l’infame vessillo di un’ancor più infame razzismo. In seguito ho partecipato ad
un paio di Poetry Slam nei quali ho tentato di confrontarmi con tematiche
sociali, quali l’indifferenza del comune sentire innanzi alla povertà, o la
necessità di una rivoluzione pacifista incentrata sugli ideali dell’anarchismo
sviluppato da grandi pensatori del ‘900 quali Errico Malatesta.
Presentazione di Canto
Votivo - Canto Votivo vuole essere il
mio grido di protesta nei confronti di
un sistema ormai marcescente disposto, pur di agevolare i soliti pochi
profittatori che si impinguano
nutrendosi della sofferenza degli uomini, a porre fine alla vita di esseri
innocenti, gli ulivi in questo caso, privi della possibilità di difendersi.
Viviamo, ahimè, in un’epoca in cui la religione del consumo conosce come unico
dio il denaro, divinità tiranna e capricciosa al pari di quelle create in epoche
andate. Vi furono, un tempo, quelle infami spedizioni chiamate crociate:
oggi l’orrore muta veste restando
intrinsecamente fedele a sé stesso. Se allora gli innocenti furono gli arabi,
colpevoli unicamente di occupare un territorio sul quale la Chiesa aveva esteso
le proprie mire occhi, oggi la palma del martirio spetta a madre natura
genitrice prodiga quanto rinnegata da troppi dei suoi figli. Ho voluto dar voce
ad un dissenso che non limita il suo
oggetto solo al il gasdotto Tap, ma coinvolge
lo scempio dell’habitat naturale dell’umanità tutta, spogliato della propria dignità, utilizzato nel
migliore dei casi come pattumiera, nel peggiore come territorio da sfruttare al
massimo ed abbandonare una volta divenuto utile. Mi rivolgo soprattutto agli
abitanti del Sud Italia, vittime spesso di soprusi simili. Per secoli stranieri
hanno invaso il nostro territorio, i Romani utilizzandolo come riserva di
grano, così come è stato fatto anche dagli spagnoli. Ci troviamo in un’epoca
avanzata in cui la democrazia dovrebbe regnare sovrana, anche se nella maggior
parte dei casi così non è, e la maggioranza ha stabilito che la Tap è
un’inutile crimine. Adesso è necessario dire basta.
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