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mercoledì 8 febbraio 2017

Storia delle armi da fuoco. Dalle origini al Novecento di Letterio Musciarelli (Per Odoya dal 2 marzo 2017)



Non ci sono documenti certi sul nome del primo fortunato chimico che, miscelando zolfo, carbone e salnitro, scoprì la formula per la polvere da sparo. Probabilmente fu scoperta contemporaneamente in vari luoghi del mondo, non ultima la regione che fu la culla globale delle armi da fuoco: la Val Trompia. Se è vero che alcuni testi attribuiscono l’utilizzo di bombarde (mutuato da lombarde) ai bolognesi già dal 1216 (Muratori) e che Leonardo Aretino e Petrarca collocano a Firenze analoghi “cannoni” all’inizio del XIV secolo, Musciarelli ipotizza che quelle armi arrivassero dalla vicina Brescia per vari motivi: l’estrazione di metallo  nella valle del Mella è accertata già in epoca pre romana; le manifatture bresciane si occupavano di fornire armi già dalle epoche  precedenti (vedi, a prova di ciò, l’ingente ordinativo di tali armi pervenuto alla Val Trompia durante la III Crociata verso la fine del 1100).  Inoltre la documentazione del XVI secolo relativa alle armi fabbricate nelle valli bresciane denota un’esperienza secolare, che alla qualità  venivano chiamati “poeti del ferro” univa la quantità. Se si pensa che dal 1794 al 1797 furono forniti alla spagna 150.000 fucili dalle fabbriche di Brescia, si capisce che l’industrializzazione dell’area abbia origini antiche. Fu Dante stesso che scrisse “Onde l’arena s’accendea com’esca Sotto focil… (Inferno, canto XIV, versi 38-39)” e Boccaccio in una nota glossa chiarisce che è proprio quello che sembra, si parla di fucili. Tuttavia fu solo con l’introduzione su vasta scala dell’acciarino a focile (1610-1630)  che le armi lunghe non si chiamarono più archibugi ma fucili, prendendo il nome dal meccanismo omonimo. Le evoluzioni tecniche delle varie armi da fuoco sono qui minuziosamente descritte e vediamo (in una delle numerose figure esplicative) come nel 1490 fu proprio Leonardo Da Vinci a definire il caricamento a ruota; mentre si deve a Bonaiuto Lorini (1590) il sistema a retrocarica. Le notevoli  innovazioni nostrane arrivano fino al 1960, con Davide Pedersoli  che brevettò un meccanismo, “per sovrapposti”, nel quale i percussori agiscono parallelamente all’asse delle canne.  Le prime armi personali “quasi tascabili” avevano dei nomi piuttosto fantasiosi come Mazzagatto, Petrinale o Spazza-campagna. Si deve invece all’americano Colt l’invenzione di una pistola a più colpi: l’incentivo del governo degli Stai uniti  a questa scoperta fu grande, c’era l’immediata necessità di far fronte all’avanzata dei nativi americani... Il lavoro di Musciarelli, seppur sintetico e ricco di indicazioni antropologiche sull’utilizzo della potenza letale di fucili e pistole, riesce a coprire in modo piuttosto completo l’ambito dell’evoluzione tecnica e quello della produzione industriale, elencando con dovizia di particolari le varie armi, i banchi di prova e i loro produttori. Il libro si chiude infatti con alcune utili appendici, dal vademecum per il collezionista per riconoscere le armi antiche contraffatte, fino all’elenco dei simboli dei vari produttori dall’epoca medievale fino ai giorni nostri.

Letterio Musciarelli, siciliano di nascita e bresciano d’adozione, è stato docente di Matematica, preside incaricato presso la Scuola Statale di Castenedolo, appassionato di meccanica e storia. Archivista raffinato, pubblica questo libro dopo anni di studio e di ricerca presso biblioteche, raccolte private, musei, fabbricanti di armi e botteghe antiquarie.

“The Doors” – The Doors in direzione del prossimo whiskey bar di Giuseppe Calogiuri (iQdB Edizioni di Stefano Donno) alla Biblioteca di Cavallino





















“The Doors” – The Doors in direzione del prossimo whiskey bar di Giuseppe Calogiuri, con prefazione di Daniele De Luca (Unisalento) edito da iQdB Edizioni di Stefano Donno si presenta il 9 febbraio 2017 ore 18,00 presso la Biblioteca Comunale di Cavallino G. Rizzo in via Amendola. Interverrà insieme all’autore, l’editore  Stefano Donno.
“Ci vuole coraggio. Sì, ci vuole molto coraggio nel chiedermi di scrivere una prefazione a un libro su di una band degli anni '60. Perché, anche a voi che leggete, qual è il primo pensiero che vi viene in mente? Sicuramente uno di quegli insopportabili gruppi frikkettoni, hippie, pacifisti, lenti e insulsi sul modello di Mamas&Papas o Jefferson Airplane (ne sono certo). Per fortuna, anche in quegli anni terribili dal punto di vista musicale qualche luce affiorava nel buio. E, forse, una luce più di tutte, quella di The Doors! Ed è di questa luce che questo libro vi parla. Meglio, ve la racconta. E Giuseppe Calogiuri, conoscendo questa mia debolezza, ha saputo trovare lo strumento e il coraggio giusto. Ma, forse, è necessario andare per ordine... Il 4 gennaio 1967 The Doors pubblicano il loro primo album omonimo. Non siamo in un anno qualsiasi, quel 1967 segnerà la storia degli Stati Uniti, prima, e dell'intero mondo occidentale, poi. Già da qualche anno le forze armate di Washington combattono lontano da casa una guerra non ufficiale. Dall'inizio del suo mandato presidenziale, il “progressista” John F. Kennedy ha cominciato a prendere i ragazzi del suo paese per scaraventarli dall'altra parte del mondo. The Golden One (citando The Human League), figlio di una famiglia arricchitasi spropositatamente grazie al commercio illegale di alcol, ha precipitato gli Stati Uniti nel fango del Vietnam. Il suo successore, Lyndon B. Johnson, ha continuato il lavoro. Anzi, lo ha portato alle estreme conseguenze. Il 7 agosto 1964, il Congresso americano – approvando la H.J. Res. 1145 (conosciuta come la “Risoluzione del Tonchino”) – ha consegnato al Presidente un assegno in bianco per portare le truppe ovunque ritenesse necessario. È l'inizio della presidenza imperiale. E' anche l'inizio, in pratica, della coscrizione obbligatoria per i giovani americani. Quella carne fresca serve. È indispensabile per combattere nelle paludi e nelle giungle del sud-est asiatico. Nel 1968, saranno ben 500.000 i soldati impiegati in Vietnam (con infiltrazioni anche in Cambogia e Laos per inseguire i charlie). In questo clima, le Università sono le istituzioni che, più di altre, risentono della guerra. I ragazzi che “vincono” alla perfida lotteria della coscrizione hanno solo tre scelte: 1) accettare l'arruolamento; 2) scappare, magari in Canada (come Jack Nicholson); oppure 3) scegliere la strada dell'obiezione di coscienza. La terza è una scelta difficile, ti mette fuori dalla società e, per questo, ci vuole un coraggio enorme. Un campione sportivo all'apice della carriera rifiuterà più volte l'arruolamento e il 20 giugno del 1967 sarà giudicato colpevole di tradimento. Quell'uomo era Muhammad Ali! Una nuova strada doveva essere trovata. E qui la musica sarà fondamentale come mezzo di aggregazione per tutti coloro i quali volevano fare qualcosa. Il 1967 regalerà alla costa occidentale degli Stati Uniti la Summer of Love e al Vecchio Continente la spinta alla rivolta studentesca, che in Europa inizierà nel maggio dell'anno dopo. La scintilla partita dall'Università di Berkeley, in California, diventerà fiamma viva in altri atenei, per trasformarsi in incendio a Parigi. Il Monterey Pop Festival del giugno 1967 sarà il pretesto che permetterà agli studenti di unirsi, confrontarsi e cogliere tutti i segnali che artisti come Jimi Hendrix o The Who sputavano dal palco. Segnali che, in un modo o in un altro, volevano dire rabbia. Beh, The Doors sono figli e, insieme, strumento di quella rabbia e di quella società americana che è confusa e terrorizzata dai suoi stessi leader. Una società che ha visto cadere i propri miti politici con l'assassinio di Kennedy, o quelli sportivi, con l'arresto di Ali, e che vede, continuamente, partire i propri ragazzi verso luoghi lontani e impronunziabili per tornare, poi, in casse avvolte dalla bandiera a stelle e strisce. Una generazione di giovani e adolescenti che si rifugia sempre più nelle droghe. Magari nuove droghe come l'LSD, che aprono nuove porte. E queste porte sono quelle già narrate da William Blake e che Jim Morrison, Ray Manzarek, Robby Krieger e John Densmore faranno proprie e attraverseranno con l'arroganza, l'incoscienza e la rabbia dell'età. Arroganza, incoscienza e rabbia che non si possono non condividere e abbracciare. Abbracciare anche da parte di chi, come me, è cresciuto con e nel punk, prima, e nella new wave, dopo. Un triade di valori e sentimenti che tutti insieme risiedono in quella prima prova discografica e che, qui, Giuseppe Calogiuri analizza e descrive con sapienza tecnica assolutamente invidiabile (almeno da parte di chi crede che conosciuti due accordi si possa e si debba formare una band!). Quello che avete tra le mani non è un ennesimo libretto sulla band di Los Angeles, no. Sono pagine che vi faranno fare un passo avanti sulla strada della conoscenza di un album fondamentale. Un disco con veri gioielli. E alcuni sono gioielli sfrenatamente gotici: come non citare la bellezza fulminante di The Crystal Ship. Pezzo che, per il chiaro riferimento a leggende celtiche, avrebbe sicuramente fatto innamorare i membri della Confraternita Pre-raffaellita di vittoriana memoria. Il dolore che trasuda freddo e umido da End of the Night o l'incestuoso sangue che sgorga da The End. Pezzo, quest'ultimo, che non può non ricordare In Cold Blood di Truman Capote e a causa del quale, soprattutto, sono certo, il Re Inchiostro Nick Cave avrebbe venduto l'anima per poter scrivere una murder ballad come quella. Insomma, ora basta, inutile aggiungere altro. Giuseppe Calogiuri vi ha invitato, vi ha aperto le porte e, come avrebbe cantato Ian Curtis: “This is the Way... step inside!” (Prefazione di Daniele De Luca)

Giuseppe Calogiuri (1978) è nato a Lecce e qui vive e lavora come avvocato specializzato in diritto d’autore e degli artisti. Alla professione affianca l’attività di chitarrista ed ha all’attivo un decennio di militanza nella prima tribute band salentina dei Doors, con la quale ha portato il sound della band di Los Angeles in giro per la Puglia. Giornalista e scrittore, tra i suoi lavori “Una buona giornata” (premio “Corto Testo”), “Tramontana” (Lupo Editore, 2012), “Cloro” (Lupo Editore, 2016).

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Alice Paba: "Voglio riuscire a farmi strada con la mia chitarra" - Tgcom24

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Vasco Rossi, 65 anni di rock e sberleffi - Photogallery - Rai News

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è morto il filosofo Tzvetan Todorov - Repubblica.it

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Sanremo prima serata, gli ascolti fanno boom: share oltre il 50% - Sanremo 2017 - Spettacoli - Repubblica.it

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martedì 7 febbraio 2017

Ufo, notizie di avvistamenti anche dall'Inghilterra | veb.it

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Marianne Mirage - Le canzoni fanno male

Un cervo in metropolitana di Desmond Morris (Mondadori)



"Questo libro parla della gioia di osservare il mondo. È un testo autobiografico, però non riguarda tanto me quanto le cose che ho visto. Sono affascinato dal mondo che mi circonda e da quello che sono riuscito a vedere e a registrare in sessant'anni di osservazione, prima come studioso del comportamento animale e poi come studioso del comportamento umano. Per tutta l'infanzia sono stato attorniato da animali: dividevo con essi perfino la carrozzina. Da grande ho studiato zoologia e sono diventato etologo. I miei studi sul comportamento animale mi hanno condotto allo Zoo di Londra, dove ho ricoperto la carica di conservatore dei mammiferi. Poi le mie ricerche sugli scimpanzé mi hanno spinto ad analizzare il più affascinante di tutti gli esemplari: la scimmia nuda. In questo libro introdurrò il lettore nei vari scenari della mia vita: da uno studio televisivo nello Zoo di Londra a una casa di geishe a Kyoto; da una sperduta tribù africana a un casinò di Las Vegas; dalla 'dolce vita' mediterranea alla dura realtà della malavita di Los Angeles. Ammetto che ho spesso sorriso del lato più leggero della vita o riso di gusto delle bizzarre manie e idiosincrasie dell'umanità, ma non me ne scuso. È indubbiamente una mia debolezza, ma credo che renderà più gradevole la lettura." Con strepitoso humour britannico, Desmond Morris racconta in questo libro la sua carriera di uomo di scienza e divulgatore, e i tantissimi incontri con animali straordinari e altrettanto straordinari esseri umani, da Dylan Thomas a Joan Miró, a Yoko Ono, Stanley Kubrick e Marlon Brando. Un libro imperdibile per chi ama gli animali, illuminante per tutti.

Linus presenta il cucciolo Ilde, nuovo arrivato dopo la morte di Bruna | Spettacoli.Leonardo.it

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"Isola dei famosi": a casa Dayane e Marcaccini, tutti contro Nathaly - Tgcom24

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Festival di Sanremo, la scelta di Carlo Conti che ha fatto infuriare il web

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lunedì 6 febbraio 2017

Catalogo iQdB Edizioni di Stefano Donno

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Depeche Mode - Where's the Revolution (Audio)

“Leonte” (Gaffi editore, 2017) di Antonio Bettelli in anteprima il 9 febbraio 2017 a Mestre



È il 27 maggio 2011. Tra due giorni i Caschi Blu della missione UNIFIL in Libano ricorderanno i loro caduti e, fra questi, anche i soldati italiani dell’Operazione Leonte. Alle ore 15.55, un ordigno esplode sul ciglio della superstrada che collega la capitale libanese con l’antica città fenicia di Sidone. Le agenzie stampa battono la notizia: un soldato italiano è morto. Poco dopo, il portavoce dello Stato Maggiore della Difesa dichiara “Nessun ferito rischia la vita”; ma il nostro autore che è lì, con l’incarico di addetto per la difesa presso l’ambasciata italiana, sa che adesso, a distanza di quattordici anni dagli ultimi caduti del nostro contingente in Libano, un altro soldato italiano potrebbe lottare tra la vita e la morte. Da quel giorno, la passione del ventenne Giovanni Memoli si intreccia drammaticamente con le vicende della Terra dei Cedri, un Libano mostrato dall'autore nella chiave giusta a comprendere i sommovimenti interni della scena geopolitica mediorientale. Leonte tiene amalgamati ricordo privato, confessione professionale, ripensamento dell’intera esistenza a metà del cammino. È una storia narrata isolando un preciso segmento di tempo: prende forma tra scenari chiassosi, quelli di una Missione il cui senso si riassume nel quotidiano lambire il pericolo. Confessione appassionata di un uomo per il quale matrimonio, paternità, lealtà nella gerarchia, fame di solitudine, sete di conoscenza di mondi stranieri, altrettanto dei segreti del proprio animo che di quelli altrui – tutto è ugualmente cruciale.

Antonio Bettelli è un ufficiale dell’Esercito Italiano, più volte impegnato nelle operazioni di supporto alla pace in vari ambiti internazionali. Tra questi, vi sono l’Iraq del post Saddam, nella provincia meridionale del Dhi Qar, l'esordio dell'Operazione Enduring Freedom in Afghanistan, monitorata dal comando operativo di Tampa in Florida, e nel Libano, dove ha lavorato come Addetto per la Difesa presso l’Ambasciata Italiana a Beirut e come comandante del Sector West della missione UNIFIL nel sud del Paese. Antonio Bettelli presta ancora servizio nell’Esercito Italiano.
Scrive di lui Lisa Ginzburg: “Con questo esordio nella scrittura, Bettelli sembra trovar modo di ricomporre tessere di un mosaico interiore necessario a mantenere intatta la sua passione di vivere. Immagini non ancora sbiadite, capaci di guidare il lettore nella supposizione di cosa possa essere toccare da vicino la minaccia della guerra e la possibilità della morte, ma senza mai perdere la speranza”.

Presentazione in anteprima nazionale  giovedì 9 febbraio all'Aperitivo con l'autore a cura del Circolo Culturale “Walter Tobagi” all’Hotel West Bestwern Bologna di Via Piave 214 a Mestre alle ore 18.00 del romanzo-verità “Leonte” (Gaffi editore, 2017) che il generale Antonio Bettelli ha dedicato alla vicenda, umana e professionale, del giovane soldato Giovanni Memoli, rimasto cieco a 28 anni durante la missione di pace “Leonte” e ritornato oggi a servire l’esercito nei “Ruoli d’onore”.

Se parliamo di libri: viaggio negli anni '80 con Luca Bianchini - Repubblica.it

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Isola dei Famosi: Marcaccini espulso? Lucas Peracchi in arrivo

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venerdì 3 febbraio 2017

LIBUNI ESOTERICA

LIBUNI ESOTERICA

Levante - Non me ne frega niente

Duello nel ghetto. La sfida di un ebreo contro le bande nazifasciste nella Roma occupata di Maurizio Molinari e Amedeo Guerrazzi Osti (Rizzoli)



Moretto a Roma se lo ricordano ancora. Il suo vero nome è Pacifico di Consiglio e nel 1943 è Punico ebreo romano che durante l'occupazione nazista resta in città per dare la caccia ai suoi persecutori. Pugile dilettante, la vita di Moretto, come quella di tanti ebrei romani, cambia dopo il 19.38. Ma a differenza di altri, Moretto trova il modo per ribellarsi. Fa innamorare la nipote di Luigi Roselli, uno dei più spietati e pericolosi collaboratori italiani dei nazisti, e, grazie alle informazioni della giovane, lancia una sfida alle bande comandate dal colonnello Kappler, capo della polizia tedesca di Roma. Arrestato due volte, riesce sempre a fuggire mettendo in atto stratagemmi e altri intrighi, continuando a combattere contro centinaia di spie, delatori e poliziotti fascisti. Il Duello nel ghetto di Roma fra Moretto e Roselli si gioca tutto nel quartiere a ridosso del Tevere. Una manciata di strade fino a pochi anni prima orgoglio di convivenza e poi diventate teatro di un mondo braccato: famiglie numerose nascoste nel timore della cattura, uomini obbligati a pagare affitti da capogiro a protettori-sfruttatori, donne e bambini rifugiati in conventi dove spesso tentano di convertirli, sopravvissuti per caso o fortuna al 16 ottobre tornati a risiedere nel Ghetto sfidando la sorte. Per costoro scarseggia il cibo, la morte è in agguato, non possono fidarsi di nessuno ma le voci che si rincorrono su Moretto dimostrano che si può continuare a resistere.

Pacific Rim: Uprising, ecco Scott Eastwood sul set - BadTaste.it

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Maurizio Costanzo intervista Maria De Filippi, l'effetto straniante di vedere vulnerabile "la sanguinaria" - Il Fatto Quotidiano

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La rivoluzione dei Depeche Mode per trovare lo spirito della nostra era - Tgcom24

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giovedì 2 febbraio 2017

Def Leppard - Man Enough (Official Video)

Incantesimo d'amore, d'Angelo Mellone (Pellegrini Editore). Intervento di Nunzio Festa






















Apprezzato già che avevamo Mellone poeta, scopriamo con gran piacere che Angelo Mellone ha buone doti di narratore; è doveroso ringraziare nuovamente, quindi, il buon Andrea Di Consoli. Allora, se Nicola Melchiorre Baldassarre Gaspare sono i protagonisti fantastici d'"Incantesimo d'amore", Maria e Giuseppe sono i 'protagonisti reali' di quella che lo stesso autore definisce: favola per adulti. Per campanilismo, 'stavolta, ricordiamo intanto che oltre ad angoli fascinosi della Puglia salutati dalla penna felice di Mellone, precisiamo che la parte forse più importante della storia sale e scende nelle viuzze marginali del bianco rione Dirupo di Pisticci e in pezzetti delle sponde da passeggio di Bernalda (Basilicata, certo): e la Lucania quindi dei munachicchi, delle masciare, dei trasfertisi e di studentesse e studenti fuorisede abbraccia addirittura un Babbo Natale e proprio quei tre magi in forma di pupazzo. La vicenda centrale dell'opera narrativa d'Angelo Mellone è scritta dalla quotidianità di Giuseppe e Maria, lavoratori semplici semplici, che però diventano, anche in un periodo per molte e molti davvero particolare, archepito. In sostanza son l'esempio del senso d'infelicità costante che può esser certamente superata. La buona prosa di Mellone, fra l'altro, che d'altronde gioca coi cammei in immagine di luogo, vedi in bel frangente posato nel grembo d'una Ginosa da visitare, mette in ombra alcune leggerezze sui piccoli mondi basilichi: Petrapertosa (sarebbe Pietrapertosa, ma il suono scelto da Mellone è perfino più incantato dell'originale), il teatro del Maggio (Accettura). Mellone prende dalle storie popolari lucane e pugliesi per fare un romanzo tanto surreale da apparirci possibile. Qualche sensazione porta a Lupo, ma Angelo Mellone scaraventa appunto nel tutto-reale il sogno d'una rosa per gli amori.

Louis-Ferdinand Céline, Lettere agli editori. A cura di Martina Cardelli (Quodlibet)



Dalla prima spavalda lettera che accompagna il manoscritto del Viaggio al termine della notte («È pane per un intero secolo di letteratura. Il premio Goncourt 1932 su un piatto d’argento per il Fortunato editore che saprà accogliere quest’opera senza pari, momento capitale della natura umana») alle ultime, comiche e feroci, che scrive a Gallimard prima di morire, le 219 lettere qui raccolte ci mostrano un Céline arrabbiato, derelitto, incensato o dimenticato, ma sempre straordinariamente consapevole del proprio valore. Con i suoi editori è impegnato fin da subito in un corpo a corpo estenuante, ora per difendere virgole e puntini, ora per rivendicare più austerità sulle copertine («Sobri Sobri Sobri – le stravaganze a casa, sotto le coperte!»), ora per accusarli di ogni sorta di nefandezze. Per lui l’editore è l’incarnazione del parassita: il padrone che sfrutta gli operai o il ruffiano che campa sul lavoro delle prostitute. Talvolta, più raramente, è un prezioso interlocutore con cui discutere di ciò che è davvero essenziale in letteratura: la resa emotiva, il ritmo, la famosa petite musique. Per quanto messi a dura prova dal suo carattere impossibile, i tre principali editori di Céline (Robert Denoël, Pierre Monnier e Gaston Gallimard) sono consapevoli di avere a che fare con uno scrittore immenso, che cambierà le sorti della letteratura francese.

Louis-Ferdinand Céline - Céline (Louis Ferdinand Destouches, Courbevoie 1894 - Meudon 1961) è una delle figure più controverse della letteratura del Novecento. Nei suoi romanzi, a cominciare dal Viaggio al termine della notte (1932), ha trasposto i grandi drammi del suo secolo: le trincee, il colonialismo, l’alienazione della classe operaia e delle periferie urbane, i bombardamenti, la Germania del dopoguerra. Céline è anche l’inventore di una prosa unica – tormentata, provocatoria, esilarante – che porta nella scrittura l’emotività e la vitalità del linguaggio parlato: se ne può trovare un’efficace spiegazione nei Colloqui con il professor Y (1955), sotto la forma di un’immaginaria intervista. Le sue vicende personali, ma anche politiche, giudiziarie, editoriali sono il riflesso della complessità della sua epoca, cui Céline ha aderito fin nelle più intollerabili aberrazioni. Tra i suoi romanzi ricordiamo Morte a credito(1936), Guignol’s Band (1944) e la cosiddetta «trilogia del Nord»: Da un castello all’altro (1957), Nord (1960) e Rigodon (1969).

Maurizio Nocera con Tarantulae (iQdB Edizioni di Stefano Donno) a Casa Santoro per Tu non conosci il Sud






















Con "Tu non conosci il Sud", rassegna culturale a cura della Libreria Idrusa di Alessano, Associazione Culturale Diotimart, enoteca Gusto Divino e Forno Rizzo di Alessano, si vuole proporre un’offerta  di incontri culturali periodici (presentazioni di libri e letture, proiezioni, dibattiti ecc) in un luogo inconsueto: una casa storica nel centro antico di Alessano. L'ambiente accogliente intende stimolare una dimensione amichevole e conviviale, in una logica di scambio e condivisione. Sabato 4 febbraio 2017 , ore 19 presso Casa Santoro, via Micocci 11, ad Alessano ci sarà la presentazione di Tarantulae di Maurizio Nocera, Quaderni del Bardo. In questo poema “scritto a Badisco, forse in una notte d’agosto del 2015, davanti al mare che parlava alla luna”, l’autore rende omaggio a tre grandi personalità: il danzatore Giorgio Di Lecce, il tamburellista e cantante Uccio Aloisi, lo studioso Sergio Torsello. Loro, con la complessità del tarantismo, a vario titolo, hanno avuto a che fare, segnando la storia di questo fenomeno nella contemporaneità. Poi, “La Notte della Taranta”, la catarsi collettiva, il fascino e il richiamo di una forma antica e il suo resistere al e nel Tempo. Interverranno, con l’autore, Vincenzo Santoro e l’editore Stefano Donno. A cura della Libreria Idrusa e Associazione Culturale Diotimart, in collaborazione con enoteca Gusto Divino e Forno Rizzo di Alessano.
È da molto tempo che Maurizio Nocera si dedica alla ricerca sul Tarantismo (ne troverete testimonianza nella ricca bibliografia che chiude questo pamphlet), un modo per stare con i piedi, con le mani e con il pensiero nella Terra, con la sua Terra e con tutto il carico simbolico e magico che concima e cresce la particolarità salentina. In questo poema – “scritto a Badisco, forse in una notte d’agosto del 2015, davanti al mare che parlava alla luna”, Maurizio Nocera rende omaggio, a tre grandi personalità: il danzatore Giorgio Di Lecce, il tamburellista Uccio Aloisi, lo studioso Sergio Torsello. Loro, con la complessità del tarantismo, a vario titolo, hanno avuto a che fare, segnando la storia di questo fenomeno nella contemporaneità. Poi, “La Notte della Taranta”, la catarsi collettiva, il fascino e il richiamo di una forma antica e il suo resistere al e nel Tempo. Il sibilare e il battere delle pelli dei tamburelli muove ancora il cercare… Non c’è quiete, tutto si fa ritmo, musica; quella anima del Salento, essenza del “sentire”, prima arte, sua intima poesia. La Notte di Melpignano di questo “sentire” è manifesto e laboratorio. C'è una Taranta, un “morso” necessario, quello che il tempo provoca con le sue storture: il brutto che invade, la precarietà, il disagio, la guerra sempre presente nelle cronache del Mondo. Un “morso” che chiama alla presenza. La musica di questo deve farsi carico. La catarsi della festa non è evasione, distrazione, dimenticanza, pausa. Nell'incanto della trance è sempre necessario trovare l'energia della consapevolezza. “Bellu l'amore e ci lu sape fare” canta la pizzicarella: un amore largo, vasto per quanta è vasta la terra. Accoglierla per intero significa portarla alla sua essenza di natura, d'Amore, appunto. Abbraccio che si oppone, resiste e tenta di trovare soluzioni, il passo possibile, la necessaria armonia. (Mauro Marino)

Maurizio Nocera è nato a Tuglie, nel Salento, nel 1947. Numerosissime le sue pubblicazioni e le iniziative editoriali che lo vedono coinvolto. E’ socio ordinario della Storia Patria per la Puglia dal 1980.

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