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lunedì 30 gennaio 2017
Asghar Farhadi boicotterà gli Oscar: «Non parteciperò alla cerimonia nemmeno se Trump cambiasse idea» - Best Movie
Asghar Farhadi boicotterà gli Oscar: «Non parteciperò alla cerimonia nemmeno se Trump cambiasse idea» - Best Movie: Il regista iraniano commenta così il #MuslimBan del Presidente USA
Il cuore del potere. Il «Corriere della Sera» nel racconto di un suo storico giornalista di Raffaele Fiengo (Chiarelettere)
Una storia e una
testimonianza. Di chi si è battuto per quarant’anni in difesa dell’indipendenza
del giornale più famoso d’Italia, il giornale della borghesia illuminata, il
giornale di Luigi Albertini e Luigi Einaudi, un giornale che veramente libero
non è mai stato perché sempre al centro di appetiti economici e politici.
Raffaele Fiengo, giornalista del “Corriere” dagli anni Sessanta, di formazione
liberal, ci offre la sua versione dei fatti attraverso le lotte che ha condotto
con tenacia sempre dalla parte dei giornalisti per affermare i principi di una
stampa libera. Una lotta dura, dai tempi eroici della direzione di Piero Ottone
alla strisciante occupazione della P2 sotto Franco Di Bella fino ai disegni
egemonici di Craxi e poi le indebite pressioni dei governi Berlusconi. Oggi gli
attori sono cambiati ma con le interferenze del marketing e della nuova
pubblicità, e l’invasione dei social network, il mestiere del giornalista è
ancora più contrastato, anche al “Corriere”, da sempre “istituzione di
garanzia” in un’Italia esposta a continue onde emotive e a tensioni di ogni
tipo. Se cade il “Corriere” cade la democrazia. E questo libro lo dimostra.
Come scrive Alexander Stille nell’introduzione, “considerate le varie lotte
avvenute per il controllo del ‘Corriere’, è un miracolo che da lì sia uscito
tanto buon giornalismo, tanta informazione corretta, e ciò grazie agli sforzi
di tanti giornalisti interessati soprattutto a fare bene il proprio lavoro”. (Introduzione
di Alexander Stille)
venerdì 27 gennaio 2017
Gli animali nella storia della civiltà di Morus (per Odoya dal 2 febbraio in libreria)
L’uomo ha assoggettato
il regno animale con gli stessi sistemi che usa con i suoi simili: lo sterminio
e l’addomesticamento. L’uomo controlla oltre due miliardi di animali utili:
come sia giunto a tale incontrastata dominazione costituisce un capitolo di
storia trattato per la prima volta in questo volume. Dalla preistoria con le
sue grandi migrazioni al Medioevo; dall’età delle grandi scoperte a quella
moderna con le sue catalogazioni ed esperimenti; dalle teorie evoluzionistiche
alla lotta alle epidemie, fino all’età della chimica con gli allevamenti
intensivi e l’eugenetica. Morus racconta il mondo animale e il suo rapporto con
l’uomo, partendo dalle primissime forme di vita nei mari, passando per i dinosauri
e le prime bestie cacciate, fino agli immensi mattatoi di Chicago, parlandoci
così della guerra più lunga che sia mai stata combattuta sulla terra.
Sfruttati, venerati, sterminati, addomesticati, gli animali sono i protagonisti
di una storia avventurosa quanto quella dell’uomo. Nondimeno, da sempre ne
occupano l’immaginario all’interno di saghe, favole e leggende e delle prime
pitture rupestri. Attraverso il racconto delle corride dei Visigoti,
dell’invasione dell’Europa da parte di milioni di topi che passarono il Volga
cacciati dal terremoto o dell’isola che i conigli trasformarono in un deserto,
questo libro mette insieme una rassegna dei più importanti studi condotti su
basi scientifiche – le teorie di Darwin e Mendel per citare le più note – e un’appassionante
raccolta di curiosità, come l’ingresso dei gatti nei salotti dell’alta società
o le polemiche sulle scimmie e sul darwinismo.
Morus ha la capacità di
farci vedere il mondo dagli occhi dell’affascinante e misterioso regno animale.
Morus è uno degli
pseudonimi (insieme a Campanella) di Richard Lewinsohn (1894- 1968),
giornalista economico e scrittore tedesco. Negli anni Venti fu redattore
politico del Vossischen Zeitung con sede a Berlino, città in cui diresse il
dipartimento di Economia. Sotto il nazismo emigrò prima a Parigi – dove scrisse
per Paris-Midi e L’intransigente – e poi in Brasile, dove fondò la rivista
Cunjuntura Econômica e insegnò presso l’Università di Rio de Janeiro. Nel 1952
tornò in Europa e pubblicò numerosi saggi di successo, tra cui una Storia della
sessualità e una Storia del cuore.
Il muggito di Sarajevo, di Lorenzo Mazzoni (Edizioni Spartaco). Intervento di Nunzio Festa
Amira, viandate con la
sua "cigar box guitar", diciottenne creativa, nella missiva lascita
per un suo addio, spiega di vedersi assediata, ma aggiungeremo assediata
proprio come la Sarajevo che ama e vive, nel 1993 di scontri all'ultimo sangue
fra serbi e bosniaci e dell'abbrutimento crescente del fondamentalismo
religioso. Amira forma un trio con due degli altri strani e superbi personaggi
inventati dalla penna del sempre visionario all'ennesima potenza Lorenzo
Mazzoni. E in "Il muggito di Sarajevo", ancora, Amira deve contendere
il terreno della bellezza del sogno e dei sogni, ancora, addirittura con una
mucca veggente o con il suo stesso compagno Mozambik l'irlandese. Su Nazione
Indiana, Azra Nuhefendić, autrice di "Le stelle che stanno giù" (Spartaco,
2011), giornalista bosniaca che ha seguito il subbuglio dei Balcani in quei
momenti, per Il muggito scrive: "Nel 1993, sotto assedio, Sarajevo era
considerata uno dei posti più pericolosi nel mondo. Eppure ho conosciuto molte
persone che si ostinavano a voler tornare nella città. La signora Vinka,
scappata da Sarajevo all’inizio della guerra, voleva ritornarci a ogni costo,
con il figlioletto, perché le pareva che avrebbe potuto vivere meglio là che,
da profuga, dai cugini in Vojvodina. Un certo americano di nome Terry,
giocatore professionista di poker, non vedeva l’ora di rimettere piede a
Sarajevo perché, mi diceva, durante l’assedio aveva giocato le partite migliori
della sua vita. La scrittrice americana Susan Sontag tornava ripetutamente a
Sarajevo, trovandovi all’epoca più vitalità che a New York. Di questa gente e
di molti episodi mi sono ricordata leggendo il libro". Prima, certo, di
ricordare, punto che condividiamo al mille per mille, che "i personaggi di
Mazzoni sono creati dalla sua eccelsa immaginazione, le azioni sono talvolta
illogiche, le circostanze e le storie sembrano improbabili, i destini e i
personaggi troppo esagerati per essere veri. Ma come accade nella vita (e nella
morte) la realtà spesso supera ogni immaginazione". Vedi gli sprazi dove
si spiega, comunque, la 'logica' del contrabbando. Ma tornando ad Amira,
aggiungeremo che d'esser trasformata in mussulmana e infilata almeno sotto lo
chador lo rifiuta con la forza delle sue canzoni di protesta che vengono dalla
realtà terremotata del popolo dell'adesso ex Jugoslavia. Fra droghe varie e
svariate, violenza gratuita, giornalismo di guerra e quindi lotta per la
sopravvivenza, un Mazzoni carico delle sue esperienze dei luoghi narrati, della
studio di testi illuminanti sugli stessi ma soprattutto sulle vite in certi
tempi e in certi momenti e in detti posti, della sua relazione imprescindibile
con i materiali scritti d'altre penne, immergendosi personalmente in umorismo e
cinismo che a volte si fondono, ci suona un altro pezzo di letteratura.
giovedì 26 gennaio 2017
mercoledì 25 gennaio 2017
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