Questa edizione della
"Guerra dei mondi" appare per la prima volta in Italia con le
illustrazioni di Alvim Correa (1876-1910), il disegnatore brasiliano che
impresse nell'immaginario collettivo l'archetipo visivo degli extraterresti, decretando
un canone che sarebbe stato variamente reinterpretato nella letteratura
fantascientifica del Ventesimo secolo. Salve queste e poche altre tavole, gran
parte delle sue opere andò perduta nell'Oceano Atlantico durante il viaggio che
doveva riportarle in Brasile su una nave civile, affondata da uno dei
bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Commentando il clamoroso successo
internazionale della "Guerra dei mondi", H.G. Wells affermò: «Ha
fatto più Alvim Correa col suo pennello che io con la mia penna». Le
illustrazioni qui riprodotte restituiscono - nell'unica edizione mondiale dopo
quella brasiliana del 1971 - le tavole e i disegni della prima pubblicazione
belga del 1906, immagini dalla straordinaria forza espressiva e d'inestimabile
valore nella storia delle arti grafiche, che testimoniano oggi il lascito di un
genio dimenticato.
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giovedì 29 dicembre 2016
mercoledì 28 dicembre 2016
Centauri. Alle radici della violenza maschile di Luigi Zoja (Bollati Boringhieri)
Le ragioni profonde di
una storia senza fine: gli stupri collettivi. Branchi di maschi nella frenesia
dello stupro collettivo: la predazione si ripete dai primordi della storia,
attraversando immutata il processo di incivilimento, impennandosi nel cuore del
Novecento e guadagnandosi ancora oggi grande spazio nelle cronache. Che si
consumi come crimine di guerra, che collabori a finalità genocidarie, oppure si
"normalizzi" in brutalità quotidiana in tempo di pace, vi agisce la
stessa istintualità della barbarie più arcaica. È il cono d'ombra dell'identità
maschile. Su di esso si concentra lo psicoanalista Luigi Zoja,
internazionalmente noto per l'indagine sull'altra polarità maschile, quella del
padre. La conciliazione di biologia e cultura, più fragile e instabile
nell'uomo rispetto alla donna, è esposta da sempre a squilibri. I centauri del
mito greco, esseri metà umani metà animali, ne rappresentano la forma estrema.
La loro orda non conosce altro eros che l'ebbrezza orgiastica accompagnata
dallo stupro, "incontrollabile come un pogrom". A differenza del
violentatore singolo, il gruppo non ha coscienza di commettere un crimine. Del
centaurismo come contagio psichico Zoja scandaglia i motivi e ripercorre le
manifestazioni: dalla schiavitù sessuale delle donne native durante la
colonizzazione dell'America Latina, all'epilogo senza onore della seconda
guerra mondiale, agli stupri ritualizzati come "terapia" per le
lesbiche (il jackrolling attuale in Sudafrica), fino alle condotte abusanti del
31 dicembre 2015 a Colonia.
iQdB Edizioni di Stefano Donno a "Le mani e l'ascolto", la rassegna al Fondo Verri Eventi a Lecce con Alceste Ayroldi che presenta Giuseppe Calogiuri e il suo “The Doors in direzione del prossimo whiskey bar”
La casa editrice iQdB Edizioni di Stefano Donno in
collaborazione con Acli Arte e Spettacolo Lecce sarà presente alla rassegna “Le
Mani e l’Ascolto incontri tra parole e suoni” intorno al pianoforte ospite
straordinario della saletta dell’Associazione Culturale Fondo Verri – Presidio
del Libro di Lecce. Un appuntamento ormai consueto nel cartellone che
l’Amministrazione Comunale di Lecce promuove per le festività del Natale e del
Capodanno. Sarà presentato da Alceste Ayroldi (giornalista e critico musicale)
il lavoro di Giuseppe Calogiuri dal titolo “The Doors in direzione del
prossimo whiskey bar”. La musica sarà quella di Mauro Tre. 29 dicembre
2016 ore 19,30 presso il Fondo Verri in via Santa Maria del Paradiso a
Lecce
“Ci vuole coraggio. Sì, ci vuole molto coraggio
nel chiedermi di scrivere una prefazione a un libro su di una band degli anni
’60. Perché, anche a voi che leggete, qual è il primo pensiero che vi viene in
mente? Sicuramente uno di quegli insopportabili gruppi frikkettoni, hippie,
pacifisti, lenti e insulsi sul modello di Mamas&Papas o Jefferson Airplane
(ne sono certo). Per fortuna, anche in quegli anni terribili dal punto di vista
musicale qualche luce affiorava nel buio. E, forse, una luce più di tutte,
quella di The Doors! Ed è di questa luce che questo libro vi parla. Meglio, ve
la racconta. E Giuseppe Calogiuri, conoscendo questa mia debolezza, ha saputo
trovare lo strumento e il coraggio giusto. Ma, forse, è necessario andare per
ordine… Il 4 gennaio 1967 The Doors pubblicano il loro primo album omonimo. Non
siamo in un anno qualsiasi, quel 1967 segnerà la storia degli Stati Uniti,
prima, e dell’intero mondo occidentale, poi. Già da qualche anno le forze
armate di Washington combattono lontano da casa una guerra non ufficiale.
Dall’inizio del suo mandato presidenziale, il “progressista” John F. Kennedy ha
cominciato a prendere i ragazzi del suo paese per scaraventarli dall’altra
parte del mondo. The Golden One (citando The Human League), figlio di una
famiglia arricchitasi spropositatamente grazie al commercio illegale di alcol,
ha precipitato gli Stati Uniti nel fango del Vietnam. Il suo successore, Lyndon
B. Johnson, ha continuato il lavoro. Anzi, lo ha portato alle estreme
conseguenze. Il 7 agosto 1964, il Congresso americano – approvando la H.J. Res.
1145 (conosciuta come la “Risoluzione del Tonchino”) – ha consegnato al
Presidente un assegno in bianco per portare le truppe ovunque ritenesse
necessario. È l’inizio della presidenza imperiale. E’ anche l’inizio, in
pratica, della coscrizione obbligatoria per i giovani americani. Quella carne
fresca serve. È indispensabile per combattere nelle paludi e nelle giungle del
sud-est asiatico. Nel 1968, saranno ben 500.000 i soldati impiegati in Vietnam
(con infiltrazioni anche in Cambogia e Laos per inseguire i charlie). In questo
clima, le Università sono le istituzioni che, più di altre, risentono della
guerra. I ragazzi che “vincono” alla perfida lotteria della coscrizione hanno
solo tre scelte: 1) accettare l’arruolamento; 2) scappare, magari in Canada
(come Jack Nicholson); oppure 3) scegliere la strada dell’obiezione di
coscienza. La terza è una scelta difficile, ti mette fuori dalla società e, per
questo, ci vuole un coraggio enorme. Un campione sportivo all’apice della
carriera rifiuterà più volte l’arruolamento e il 20 giugno del 1967 sarà
giudicato colpevole di tradimento. Quell’uomo era Muhammad Ali! Una nuova
strada doveva essere trovata. E qui la musica sarà fondamentale come mezzo di
aggregazione per tutti coloro i quali volevano fare qualcosa. Il 1967 regalerà
alla costa occidentale degli Stati Uniti la Summer of Love e al Vecchio
Continente la spinta alla rivolta studentesca, che in Europa inizierà nel
maggio dell’anno dopo. La scintilla partita dall’Università di Berkeley, in
California, diventerà fiamma viva in altri atenei, per trasformarsi in incendio
a Parigi. Il Monterey Pop Festival del giugno 1967 sarà il pretesto che
permetterà agli studenti di unirsi, confrontarsi e cogliere tutti i segnali che
artisti come Jimi Hendrix o The Who sputavano dal palco. Segnali che, in un
modo o in un altro, volevano dire rabbia. Beh, The Doors sono figli e, insieme,
strumento di quella rabbia e di quella società americana che è confusa e
terrorizzata dai suoi stessi leader. Una società che ha visto cadere i propri
miti politici con l’assassinio di Kennedy, o quelli sportivi, con l’arresto di
Ali, e che vede, continuamente, partire i propri ragazzi verso luoghi lontani e
impronunziabili per tornare, poi, in casse avvolte dalla bandiera a stelle e
strisce. Una generazione di giovani e adolescenti che si rifugia sempre più
nelle droghe. Magari nuove droghe come l’LSD, che aprono nuove porte. E queste
porte sono quelle già narrate da William Blake e che Jim Morrison, Ray
Manzarek, Robby Krieger e John Densmore faranno proprie e attraverseranno con
l’arroganza, l’incoscienza e la rabbia dell’età. Arroganza, incoscienza e
rabbia che non si possono non condividere e abbracciare. Abbracciare anche da
parte di chi, come me, è cresciuto con e nel punk, prima, e nella new wave,
dopo. Un triade di valori e sentimenti che tutti insieme risiedono in quella
prima prova discografica e che, qui, Giuseppe Calogiuri analizza e descrive con
sapienza tecnica assolutamente invidiabile (almeno da parte di chi crede che
conosciuti due accordi si possa e si debba formare una band!). Quello che avete
tra le mani non è un ennesimo libretto sulla band di Los Angeles, no. Sono
pagine che vi faranno fare un passo avanti sulla strada della conoscenza di un
album fondamentale. Un disco con veri gioielli. E alcuni sono gioielli
sfrenatamente gotici: come non citare la bellezza fulminante di The Crystal
Ship. Pezzo che, per il chiaro riferimento a leggende celtiche, avrebbe
sicuramente fatto innamorare i membri della Confraternita Pre-raffaellita di
vittoriana memoria. Il dolore che trasuda freddo e umido da End of the Night o
l’incestuoso sangue che sgorga da The End. Pezzo, quest’ultimo, che non può non
ricordare In Cold Blood di Truman Capote e a causa del quale, soprattutto, sono
certo, il Re Inchiostro Nick Cave avrebbe venduto l’anima per poter scrivere
una murder ballad come quella. Insomma, ora basta, inutile aggiungere altro.
Giuseppe Calogiuri vi ha invitato, vi ha aperto le porte e, come avrebbe
cantato Ian Curtis: “This is the Way… step inside!” (Prefazione di Daniele De
Luca)
Giuseppe Calogiuri (1978) è nato a Lecce e qui vive e
lavora come avvocato specializzato in diritto d’autore e degli artisti. Alla
professione affianca l’attività di chitarrista ed ha all’attivo un decennio di
militanza nella prima tribute band salentina dei Doors, con la quale ha portato
il sound della band di Los Angeles in giro per la Puglia. Giornalista e
scrittore, tra i suoi lavori “Una buona giornata” (premio “Corto Testo”),
“Tramontana” (Lupo Editore, 2012), “Cloro” (Lupo Editore, 2016).
iQdB edizioni di Stefano Donno (i Quaderni del
Bardo Edizioni di Stefano Donno)
Sede Legale e Redazione: Via S. Simone 74 - 73107
Sannicola (LE)
Redazione - Mauro Marino
Segreteria Organizzativa – Dott.ssa Emanuela
Boccassini
Public Relations – Raffaele Santoro
Social Media Communications - Anastasia Leo, Ludovica
Leo
martedì 27 dicembre 2016
Domani Daniela Palmieri e il suo “con tutto il cielo in gola” (iQdB Edizioni di Stefano Donno) a Castro con la Pro Loco al Castello Aragonese
“Con tutto il cielo in gola” di Daniela Palmieri
(iQdB Edizioni di Stefano Donno - collana Salento D’Esportazione) sarà
presentato mercoledì 28 dicembre 2016 a Castro (Lecce), presso la Sala
Conferenze del Castello Aragonese alle ore 18,00. Presenterà l’autrice il
Presidente della Pro Loco Castro Rita di Gianvittorio e interverrà l’editore
Stefano Donno. L’evento è organizzato da Pro Loco Castro e Comune di Castro
“Con tutto il cielo in gola” di Daniela Palmieri edito
da iQdB Edizioni di Stefano Donno è un romanzo sociale, ambientato nella
contemporanea città di Lecce. L’autrice, con uno stile semplice e scorrevole,
dal ritmo incalzante, racconta le vicende di confine della così nota “zona
167”. Con estrema sincerità Daniela dipinge i volti, le anime e i pensieri
turbinosi dei vari personaggi, impegnati a superare le difficoltà che il
destino ha posto sul loro cammino. Attorno ai protagonisti ruotano numerosi
personaggi, la cui vita è scandita da gesti quotidiani, dagli stessi volti e
luoghi in cui ritrovarsi, dalle stesse chiacchiere, dalla storia che sembra
ripetersi uguale per tutti, fatta di sconfitte, di frustrazioni e fatica. Le
loro vite girano su se stesse e si intrecciano con quelle di Antonio e Matilda.
Il primo è un quarantenne deluso e sconfitto dalla vita. Era una “promessa”,
avrebbe potuto fare grandi cose, ma, con la scomparsa del padre perde tutto:
non solo l’affetto del genitore, ma persino se stesso, il proprio futuro e le
speranze. Anche la morte prematura del padre di Matilda cambia completamente la
vita della sedicenne. La madre, per pagare i creditori vende tutto, abbandona
la casa e il lusso in cui vivevano e si trasferisce, con le due figlie e la
nonna, in un quartiere che odora di disperazione e povertà. Uno spazio urbano
dove ciascuno sembra condurre la propria esistenza incurante della sofferenza
altrui, dove il grigio pervasivo sembra l’unico colore in grado di soffocare
qualsiasi possibilità di slancio. Tutto questo fino a quando lo sfratto nudo e
crudo di una famiglia in difficoltà “sveglia” gli abitanti della “167”, e
li porta fuori per strada a lottare per una causa. Certo, ciascuno per un
motivo differente: chi per sentirsi parte di un qualcosa di grande, chi per
farsi perdonare un omissione una negazione, chi per farsi notare dall’uomo di
cui è segretamente innamorata, chi semplicemente perché non ha altro da fare. E
allora per tutto il quartiere si sente una certa “aria di rivoluzione”
… da respirare a pieni polmoni senza se e senza ma!
Daniela Palmieri è proprietaria dell’omonima
libreria, una delle più antiche di Lecce. Ha scritto “Parole in prestito” per
iQdB edizioni.
iQdB edizioni di Stefano Donno (i Quaderni del
Bardo Edizioni di Stefano Donno)
Sede Legale e Redazione: Via S. Simone 74 - 73107
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Boccassini (ema.boccassini@gmail.com)
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Il mistero delle cose. Nove ritratti di artisti di Massimo Recalcati (Feltrinelli)
In questo libro Massimo
Recalcati riprende dopo alcuni anni la sua riflessione sull'arte alla luce
della psicoanalisi, muovendosi in direzione contraria rispetto al conformismo
intellettuale che oggi vorrebbe sancire la morte irreversibile della pittura.
Piuttosto, egli ci ricorda la grande scommessa che la ispira: è possibile
raffigurare l'irraffigurabile, dare un'immagine all'inesprimibile, offrire un
volto all'assoluto? È questo il compito della grande arte e il filo rosso che
unisce i nove artisti italiani - Giorgio Morandi, Alberto Burri, Emilio Vedova,
William Congdon, Giorgio Celiberti, Jannis Kounellis, Claudio Parmiggiani, Alessandro
Papetti e Giovanni Frangi - di cui Recalcati propone un ritratto ricco di
suggestioni: "Tutti questi autori sanno ancora far esistere il miracolo
della pittura. Sono ancora all'altezza del compito di far esistere la pittura
come apertura inaudita sull'invisibile, come invocazione e preghiera
laica". L'opera d'arte ci sveglia dal sonno della realtà ordinaria e ci
mette di fronte al "mistero delle cose". L'arte non è una fuga, né un
rifugio dall'incandescenza e dall'eccesso del reale propri della vita e della
morte, ma la possibilità di incontrarne l'alterità e di ricordarci che c'è più
grazia in una bottiglia o in uno straccio che nel volto dei santi.
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