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giovedì 17 febbraio 2011

Come vendere un milione di copie e vivere felici di Antonio D'Orrico (Mondadori). Intervento a cura di Elisabetta Liguori












Il grande Vladimir Nabokov, preso come era dal rigore naturale di farfalle e lepidotteri, oltre che dalla letteratura, era solito affermare che il vero scrittore non deve essere un precettore, né una guida morale, né tanto meno un sociologo. A suo parere doveva sforzarsi di essere invece un illusionista. Un abile mago. Di Nabokov, è certo, possiamo fidarci e permetterci dunque di immaginare Antonio D’Orrico come un giocoso Haudini.

Critico letterario, giornalista, opinionista, festoso scrittore di tendenza D’Orrico, con il suo romanzo Mondadori dal provocatorio titolo “Come vendere un milione di copie e vivere felici” tenta infatti la strada di una funambolica evasione. Con la forma del romanzo grottesco, Antonio D’Orrico ci racconta il dorato, equivoco, strabiliante mondo della letteratura e il primo desiderio che si prova leggendone è quello di fuggire. Perché stupirsene? A certi giochi D’Orrico ci ha abituato da tempo, attraverso miracolose recensioni, che, più che far critica, fanno satira, costume, colore. Le sue castigant ridendo mores, direi quasi, secondo le più nobili tradizioni latine. Letterato sempre pronto ad incenerire miti, colpire eccessi, ridimensionare correnti o incoronare romanzi capolavori da altri trascurati, d’Orrico ha scoperto scrittori sommi, creato paralleli e confronti tra diverse letterature, che a molti colleghi erano sfuggiti. È stato il caso di Faletti, Piperno e Cappelli. La recente esaltazione per i romanzi di Gaetano Cappelli resta la battaglia più meritevole, la più ardua e, nello stesso tempo, la più affine. Per certi versi, infatti, lo stile di D’Orrico ricorda proprio quello caustico, brioso ed amaro del grande Cappelli, pur senza toccarne i vertici passionali. La storia in sintesi? Il prof Federico Sicoli insegna agli allievi della Scuola Superiore di Scrittura “ C. Pavese”. Scrivere è un “ruba ruba”, spiega sin dalle sue prime lezioni, e, per far sì che gli aspiranti scrittori se ne convincano, fa addirittura indossare loro le mascherine nere della Banda Bassotti. Da questo incipit prendono il via le avventure, tra il comico e tragico, di due allievi in particolare: Vittorio Campari e Kashmir Paolazzi, due individui particolarmente dotati, con i quali, in tempi diversi, il prof Sicoli ingaggia un vero e proprio duello, a suon di pubblicazioni, sortite nei salotti della buona società, folli sceneggiature, fiction e sgambetti vari. Nessun colpo è escluso. Nel nome della Scrittura, infatti, per Sicoli sono possibili molte nefandezze. Lo scrittore deve sapersi trasformare di continuo, afferma il docente con cognizione di causa, mascherarsi, usare il nome giusto al momento giusto, deve saper infrangere ogni tabù, essere senza vergogna, senza pudore, deve sapere preservare, conservare se stesso e le proprie parole, perché nulla si cestina, ma tutto si ricicla. Ciò che più conta per lo scrittore, infine, è conoscere, sempre e comunque, le giuste domande (mentre le risposte, invece, non contano granché!). Siamo quindi dinanzi ad un romanzo gioco, che ha tutta l’aria di uno sberleffo nei confronti di quanti, in quello stesso mondo, tendono a prendersi troppo sul serio. Una serie di scatole cinesi, con rimandi dotti ad altri romanzi, citazioni, coriandoli d’arte che oscillano tra il noir e la commedia, con risultati a volte sorprendenti. D’Orrico, quindi, sembra davvero dotato di una sorprendente tecnica circense, producendosi in questa sua nuova, talentuosa risata, ma quello che latita, forse scientemente, nel suo romanzo è giusto il cuore. O, meglio, la pietas, quella rivolta alle miserie e alle debolezze degli uomini, pure tanto cara ai latini.

mercoledì 16 febbraio 2011

Il libro del giorno: Gli ingegneri non vivono funzionano di Federico Bellucci (Fazi editore)












Proprio così noiosi? - Identikit dell'ingegnere - Da bambino - L'università - In cerca di un lavoro - Lavori tipici - Il nucleo familiare - Il rapporto di coppia - Hobby - Il senso dell'umorismo - I diversi rami - Le rivalità - Gli ingegneri e il sesso - Gli ingegneri e il lavoro - Definizioni e dimostrazioni. Questi alcuni dei capitoli in cui è suddiviso questo spassosissimo libretto che prende di mira una categoria come quella degli ingegneri attraverso la disamina di luoghi comuni, barzellette e battute che ne tratteggiano ironicamente la figura. Dal suo identikit alla vita quotidiana, l'ingegnere-tipo è descritto nei minimi particolari grazie alle acute osservazioni dell'autore - ingegnere a sua volta - che, con uno stile semplice ma pieno di verve, riesce a coinvolgere chi legge in maniera irresistibile.

Federico Bellucci, laureato in ingegneria elettronica con indirizzo informatico, è nato e vive a Roma.


Federico Bellucci

Gli ingegneri non vivono, funzionano!

pp. 96 ca. - euro 10,00

isbn: 978-88-6411-149-0

Ci sono cose che una non può fare scalza, di Margarita García Robayo, traduzione di Claudia Tarolo (Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa












Le donne di Margarita Robayo, ovvero tutte le donne del mondo, ovvero le nove donne – Julia, Beatriz, Sofia, Mary, Lili, Miriam, Susy, Diana, Rina – del mondo esemplare di M. G. Robayo sono ritratte all'altezza d'un dettaglio. Che interamente è capace di spiegarci la vita della protagonista delle vicende del racconto. E, alla fine, il fattore che siamo ovviamente in una dimensioni d'incroci fra soggetti è quasi secondario. Potremmo trovarci in più angoli del pianeta, ma quel che è sicuro è che intanto siamo in una città: lo si comprende, soprattutto, da ritmi di vita e spazi analizzati col flash. Queste donne narrate dalla giovane autrice colombiana, di stanza in Argentina, sono infiocchettate grazie al talento della scrittrice - con il quale è brava a sperimentare il dettaglio (firmare chiuse vitali e contro la vita che non lasciano in bocca il gusto del non detto); nonostante tutto. Se Julia è l'anima sicura di sé, dall'altra parte della finestra spunta Beatriz che seppure in banca incontri l'ex d'una sola volta Carlos, è moglie dell'Arturo che la stessa Beatriz porta a letto. E attenti al tacco. Mentre Sofia aspetta Rodrigo che fa il medico in Africa, allo stesso barista che aveva incontrato Beatriz fa mettere le mani sensuali sul suo golfino dono del maritino. Dimenticando l'amica Mary, che ha come ex marito il Carlos di prima. Eccetera. A ognuna di questa anime, però, anzi ovviamente, manca qualcosa. Tutte queste donne sono soddisfatte solamente in parte. Eppure godono almeno le loro piccole soddisfazioni. Il solito uomo, invece, ha una serie di colpe. A seconda dei casi che si vogliano analizzare o solo ascoltare. Le doti di Margarita Garcìa Robayo non si fanno notare esclusivamente per il fatto che letto un racconto si voglia subito correre al successivo, ma quando nella quotidianità riscoperta viene eliminato lo strato di banale pronto a mettere il cellofan a descrizioni su descrizioni. Qui la penna pazzerella e a tratti sarcastica della autrice beve ogni respiro pronunciato di nascosto dalla donna. Senza dubbio, il racconto più bello parla dell'ex bambina prodigio. Quella che non si toglie di dosso l'immagine di se stessa premiata continuamente in televisione per la sua forza nei quiz. Non più bimba, la donna è ancora piccina. Con in più la certezza assoluta rappresentata da un padre che non la sostiene come dovrebbe. Inutile privilegiare autori statunitensi, soprattutto, terra d'adozione creativa della scrittrice. Perché il piccolo canto della Robayo permette di ripensare all'intera figura della donna. Ed è certo che sempre ce ne sia ancora bisogno.

martedì 15 febbraio 2011

Il libro del giorno: Il libro rosso di Carl Gustav Jung (Bollati Boringhieri)
















Carl Gustav Jung lavorò al Libro rosso dal 1913 al 1930 e ancora in tardissima età lo definì l'opera sua capitale. L'opera in cui aveva deposto il nucleo vitale e di pensiero della sua futura attività scientifica. Eppure non volle mai autorizzarne la pubblicazione, e dopo di lui anche gli eredi si attennero alla consegna. Così solo oggi, a ottant'anni dalla sua conclusione e a mezzo secolo dalla morte del suo autore, questo testo straordinario esce dal caveau della banca svizzera in cui era conservato. Il Libro rosso è il libro segreto di Jung, scrigno privato di un'anima che lì si cela nella sua nudità, e che un comprensibile pudore ha inteso proteggere da sguardi curiosi, e si situa al centro di una straordinaria sperimentazione artistica e psicologica che ne fa un unicum nel panorama novecentesco. Quella che Jung chiamerà più tardi "immaginazione attiva" e che fu ampiamente utilizzata in questo volume, è appunto lo strumento inedito di cui egli si servì, nel corso della sua discesa agli inferi, per suscitare i contenuti archetipici della psiche e oggettivarli attraverso il dialogo interiore, la scrittura, la pittura, la scultura. Prefazione di Ulrich Hoerni.

Afra di Luisa Ruggio. Il nuovo book trailer

lunedì 14 febbraio 2011

Il libro del giorno: La fuga del signor Monde di Georges Simenon (Adelphi)





















In una bella mattina d'inverno, mentre il suo autista lo portava, come ogni giorno da trent'anni, nella ditta di import-export fondata da suo nonno, Norbert Monde ha deciso di scomparire. Anzi no: non c'è stato niente da decidere. "Probabilmente lo aveva sognato spesso, o ci aveva pensato così tanto che adesso aveva l'impressione di compiere gesti già compiuti": farsi radere i baffi, scambiare il completo dal taglio elegante con un abito di seconda mano, andare alla Gare de Lyon, chiedere un biglietto di terza classe per Marsiglia. Ma perché è accaduto proprio quel giorno? Forse perché era il suo compleanno; o forse perché, alzando gli occhi, ha visto i comignoli rosa stagliarsi contro un cielo di un pallido azzurro in cui fluttuava pigra una minuscola nuvola bianca - e gli è venuta voglia di vedere il mare. Quando finalmente se l'è trovato davanti, il signor Monde ha pianto. E quelle lacrime, che si portavano via "tutta la stanchezza accumulata in quarantotto anni", erano dolci, "perché ora la battaglia era finita", e lui era finalmente come uno di quei clochard che dormono sotto i ponti di Parigi, e che più di una volta gli era capitato di invidiare. Così è andato a vivere con una tale Julie, che fa l'entraîneuse in un locale notturno di Nizza dove hanno dato un lavoro anche a lui. Ed è diventato per tutti Désiré Clouet, il contabile del Monico. Un giorno, però, gli apparirà dinanzi un fantasma della sua vita di prima: allora il signor Monde riprenderà la sua identità, ma non sarà più lo stesso.

Fantafornication. L'immaginario violato di Luca Vecchi (Montag, collana Le Fenici)













Luca Vecchi, vincitore della sezione Letteratura di MArteLive 2010, si presenta al pubblico con una prima “fantasiosa” raccolta di racconti. In Fantafornication – questo il titolo della raccolta - l'autore scrive nuove sceneggiature per i personaggi che hanno animato l'immaginario infantile di più di una generazione, inserendoli, così, brutalmente in contesti tratti dalla peggiore delle realtà contemporanee. Pinocchio, Winnie the Pooh, Sailor moon e tanti altri diventano i protagonisti di thriller e film drammatici, si mescolano le carte, bene e male vanno a braccetto spingendoci a fare i conti con i bambini che eravamo e con l'ingenuità perduta. Le pagine di Fantafornication metaforicamente stuprano la società, andando a toccare quanto di più “puro” e immune dal degrado possa esserci nel comune sentire. Nel mondo dell'immaginario è sparito il lieto fine. Parliamoci chiaro, in una società come la nostra, la netta distinzione tra bene e male risulterebbe oramai una storia incredibile. Il vizio si vende meglio, il cammino dell'eroe passa per i sobborghi, si ferma dagli spacciatori o in una squallida bettola di periferia a bersi un drink, e soltanto alla fine andrebbe a fare i conti con la morale. E' difatti quello che accade a Pi-key, enorme topo giallo ex-campione dei pesi massimi, oramai alcolizzati e con i postumi fisici di una massiccia cura a base di anabolizzanti: o a Winnie l'orsetto, che si vede Charles Manson fare irruzione al bosco dei 1000 acri per portare semplicemente della sana ed effimera ultraviolenza. Che fine possono aver fatto le mitiche guerriere Sailor in una realtà sempre più mercificatrice sessualmente parlando? Si trovano infatti al ciglio del marciapiede in vendita al miglior offerente.

Luca Vecchi - "Nasce prematuro; nel senso prima del previsto: quando tutti ancora non se l'aspettano. Tuttavia lo fa già essendo anzianodentro. Studia presso il Consultorio di Santa Cecilia in Roma e, benché rimanga colpito in particolar modo dal metodo di raschiamento del Dott. Bove, si dedica a tutt'altro: la scrittura, abbandonando così quella parte della medicina dedicata alla vagina delle future meretrici del domani costrette a mantenere il frutto della loro incoscienza dovuto, niente popo' di meno che, al semplice proferire della frase "...dai, ho un'idea!...vengo fuori..." del genio che le ha condotte in stato interessante raggirandole con un'astuzia decisamente dozzinale. Riceve l'investitura di Cavaliere della Repubblica e dello Zodiaco all'irrisoria età di diciannove anni, declinando la proposta per un lavoro al fast-food di zona, dove la madre, pochi anni dopo, in un conflitto a fuoco, perderà la vita. Morso da un ragno radiattivo, al giovane R.R. vengono asportati entrambi i testicoli, rimpiazzati solo in un secondo momento da due sfere cinesi accordate in chiave di Sol. Nel '94 perde il cellulare in un cinema di Taiwan non potendo telefonare a casa per comunicare che non ce l'avrebbe fatta a tornare per pranzo. Lo scolo lo sorprende in una fredda notte di Novembre, alle porte di Aushwitz, durante il terzo Reich.

Vince il premio Nobel per la franchezza, ma é costretto a declinare per un NEGRONI fatto bene. E non come lo fanno all'Openbar, con i super-alcolici da Discount diluiti con l'indifferenza dalla barman sorpresa dai clienti in piena fase pre-mestruale. Ora scrive alternando coliche renali a mastodontici orgasmi dal retrogusto asiatico minorile con le sue concubine di tredici anni acquistate in Corea del Sud, durante una gita domenicale con la parrocchia. (O era MediaWorld?) Preferisce scrivere le prime stesure dei suoi scritti sulle carrozzerie delle automobili fresche di fabbrica. E' fermamente convinto del fatto che la cromatura metallizzata stimoli il flusso di coscienza umano.

Ora sta pubblicando un libro su questa tesi discussa nel 1862 da lui medesimo alla Bocconi di Milano. (O era MediaWorld?). Nel tempo libero adora sbucciare bambini.

domenica 13 febbraio 2011

Il libro del giorno: Satori di Don Winslow (Bompiani)






















È l'autunno del 1951 e la Guerra di Corea è in pieno svolgimento. Nikolaj Hel, ventiseienne, ha trascorso gli ultimi tre anni della sua vita in una cella di isolamento nelle mani dei soldati americani. Hel è un maestro di hoda korosu, uno stile di combattimento che permette di uccidere l'avversario a mani nude, parla sei lingue e ha affinato uno straordinario "sesto senso", una sorta di acuta percezione di pericolo imminente. Ha insomma tutte le carte in regola per diventare il più inarrestabile assassino del mondo, e la CIA ha bisogno di lui. Gli americani offrono a Hel la libertà in cambio di un semplice lavoro: andare a Pechino e uccidere l'Alto Commissario sovietico di stanza in Cina. Quasi certamente sarà una missione suicida, ma Hel accetta. Ad addestrarlo per questa missione mortale è la bellissima Solange, una e prostituta francese che, però, finisce con l'innamorarsi Hel. Insieme, Hel e Solange si troveranno ad affrontare caos, violenza, sospetti e tradimenti, fino all'ultima fatale e inevitabile decisione.

VULCANO BUONO L’INTERVISTA A RAFFAELE CALAFIORE – NONSOLOPAROLE EDIZIONi a cura di Michela e Alessia Orlando























VULCANO BUONO. L’INTERVISTA A RAFFAELE CALAFIORE (NONSOLOPAROLE EDIZIONI).
NONSOLOPAROLE AL I° SALONE MEDITERRANEO DEL LIBRO. “VULCANO BUONO” DI NOLA

“NON SIAMO LA VOCE. QUELLA APPARTIENE A TUTTI COLORO CHE A VARIO TITOLO PUBBLICANO SUL PORTALE. NOI SIAMO SOLO L’ECO!”
NonSoloParole.Com

I° SALONE MEDITERRANEO DEL LIBRO:

http://www.vulcanobuono.it/it/fiere/salone-mediterraneo-del-libro.html

IL DESTINO DELLA LETTURA E DEGLI E-BOOK, E TANTO ALTRO ANCORA IN UNA “CONVERSAZIONE” CON RAFFAELE COLAFIORE, SCRITTORE E FOTOGRAFO NONCHÉ PROTAGONISTA TRA LE TANTE ANIME DI NONSOLOPAROLE.COM.

Abbiamo svelato come nel Vesuvio ci sia un negozio di colori. Da una delle tante “visioni” è nato l’articolo: http://www.napolimisteriosa.it/alessia-e-michela-orlando-vesuvio-una-surreale-visione/
Siamo state costrette a ritornare sul tema giacché ci siamo imbattute nel “VULCANO BUONO”, quello che si vede dall’autostrada all’altezza di Nola. Quello progettato dall’architetto Renzo Piano, anche lui visionario, ma con attitudine a lasciare segni ben più duraturi dei nostri.
Non ci siamo mai state, limitandoci a guardarlo da lontano, rasentando il torcicollo. E ora ci giunge l’invito a verificare che cosa sia già accaduto e cosa stia per accadere nel I° Salone Mediterraneo del Libro (5-13 febbraio 2011; ingresso libero).

L’invito ci è giunto da Renato Calafiore che, quando ci siamo imbattute in NonSoloParole, ha immediatamente risposto a una nostra mail. Volevamo sapere qualcosa di più sul loro portale. È un web_container che non può non colpire. Eviteremmo di dire quali siano i pregi, giacché certe perle vanno scoperte in prima persona.

Alla seconda mail eravamo ormai sulla strada della concretezza. Volevamo porre qualche domanda e se gentilmente qualcuno ci avesse risposto gliene saremmo stati grate. È tutto qui.

L’INTERVISTA

D– Per l’articolo, vorremmo sapere poche cose. Da dove nasce l’idea del portale?

R – L’idea nasce verso la metà del 2000, quando si assisteva alla crescita esponenziale delle connessioni a internet, e sempre più persone si relazionavano in rete. Un nuovo modo di comunicare si stava facendo strada. La domanda che mi sono posto, e che poi ho condiviso con altre persone, era: in che modo questo nuovo mezzo potrà influire nel fare comunicazione e nel fare arte…oltre che nella fruizione. Da qui l’idea di creare uno spazio che potesse essere punto di incontro tra l’istanza della creazione e quello della fruizione all’insegna della libera circolazione delle idee.

D – A chi i meriti; i collaboratori…

R – L’idea di partenza è stata di Raffaele Calafiore (mia), scrittore e fotografo, ben presto condivisa da altre persone, tutti professionisti della comunicazione. Al nucleo di fondatori, si sono succeduti in questi anni altri e nuovi collaboratori. Tra i co-fondatori, oltre il sottoscritto vanno ricordati: Tristana loj, Ciro Riccardo, Paolo Mazzotta, Sergio Gandrus. Qualcuno si è subito distaccato…qualche altro è rimasto per oltre un anno. A questi si sono poi succeduti, tra i tanti collaboratori, Luciano Mallozzi e Assunta Veneruso. Ma i veri protagonisti sono stati gli utenti del portale che con le loro storie, poesie, recensioni, foto, commenti e sfoghi…lo hanno animato; in una ottica di redazione allargata e organizzata NON verticisticamente, ma in modo orizzontale. Se vuoi… potremmo dire oggi con molta tranquillità che NonSoloParole è stato come un grande BLOG, quando questa parola/concetto era per nulla usata. Poi, nel 2003, è iniziata anche la nostra avventura su carta, con l’omonima sigla editoriale NonSoloParole Edizioni. Un’avventura che dopo una pausa durata due anni (2008-2010), riprende nei primissimi giorni del 2011 con la messa in linea del nuovo portale www.nonsoloparole.com , rifatto nella grafica e implementato nelle funzioni…sempre seguendo una logica di libera circolazione delle idee.
Da subito, nel 2001, avevamo lanciato lo slogan “NON SIAMO LA VOCE. QUELLA APPARTIENE A TUTTI COLORO CHE A VARIO TITOLO PUBBLICANO SUL PORTALE. NOI SIAMO SOLO L’ECO!

D – Cosa si pensa dei nuovi mezzi di comunicazione, da Internet all’iPad, in relazione alla scrittura: sono davvero utili?

R – Sicuramente hanno aperto nuove finestre. In nessun caso hanno soppiantato i vecchi media, ma si sono aggiunti a essi. Un nuovo modo di comunicare e, da qualche anno, con un proprio linguaggio più strutturato. Mi spiego meglio: all’inizio si è pensato di applicare a internet, la stessa logica che governava la carta stampata o la televisione… ed erroneamente all’inizio si pensava che ogni cosa che fosse dotcom o avesse la chiocciolina nel mezzo… fosse destinata al successo… La storia ci ha insegnato che non è cosi. E se provi a guardare l’evoluzione anche degli mesg pubblicitari che passano su internet…puoi immediatamente renderti conto che hanno subito una modifica radicale, rispetto a tv e stampa… anche perché il sistema internet permette di interagire immediatamente e direttamente con il potenziale cliente,,, cosa che non avviene per gli spot tv, con affissioni o cartacei. In merito poi al concetto di comunicazione,,,in termini più ampi: sicuramente internet ha permesso il compiersi di una democrazia. Soprattutto nella circolazione delle idee e dei saperi,,,anche se, però, c’e’ da considerare una cosa importante: la troppa informazione (intesa come valanga di parole/concetti/dati), annulla la stessa informazione, nel senso che la disperde…

D – E gli e-book possono essere-divenire uno strumento che incentivi la lettura?

R – Incentivare la lettura? Questa si che è una bella domanda…In un paese fanalino di coda in Europa per tasso di lettura (dopo di noi ci sono la Grecia e il Portogallo), narcotizzato dalla tv/spazzatura, modificato antropologicamente da venti anni di tv commerciale… Come si fa a recuperare persone verso la lettura?…che poi in sintesi è la disponibilità a porsi in ascolto di un pensiero altro da sé, e riflettere su quel pensiero… Come si fa? È una domanda che mi pongo un giorno si e l’altro pure… Per quanto concerne gli e-book, sicuramente avranno una esplosione, grazie anche ai costi più abbordabili dei lettori portatili,,,ma temo che possa essere solo un fuoco di paglia, legato più alla moda che non alla crescita di lettori. Poi, sarà che sono legato alla puzza della carta stampata, preferisco il cartaceo di gran lunga…anche se NON nego i vantaggi dell’e-book, soprattutto pensando a testi di manualistica,,, codici…legislazione….insomma verso quelle pubblicazioni più tecniche,,,strumentali e meno di svago.


Ma spero di sbagliarmi e che qualcuno tra un po’ mi possa dire… “che c…dici?...dati alla mano non vedi che siamo passati dal terzultimo posto al secondo posto per tasso di lettura/popolazione?”; davvero mi piacerebbe sbagliarmi…

D – Quali dovrebbero essere i requisiti dell’e-book per essere davvero letto, magari anche a scuola? La graphic novel potrebbe essere uno strumento capace di interessare ragazzi e magari gli adulti abituati a leggere i classici?

R – Sicuramente nuove forme di scrittura…e, perché no, anche la novella grafica,,, possono incentivare, appassionare di più, soprattutto quando parliamo di testi di studio…quindi testi imposti e non scelti. Renderli più piacevoli,,,godibili,sicuramente aiuta. Ma credo che il vero lavoro vada fatto nell’educare le persone al confronto… a considerare che esiste un “altro da sé” e mettere in moto un meccanismo di scoperta e di confronto…

la cover è del libro di Giovanni Messina "Diario di una guerra quasi giusta"

sabato 12 febbraio 2011

Il libro del giorno: L'uomo che non voleva amare di Federico Moccia (Rizzoli)




















Tancredi è l'uomo dei sogni: possiede un'isola alle Fiji, splendide ville in tutto il mondo, jet privati ed è di una bellezza magnetica. Tutte le donne prima o poi cedono al suo fascino. Ma lui non sa dimenticare una ferita del passato che l'ha cambiato per sempre e per questo odia la felicità, è un uomo che non vuole amare. Fino a quando incontra lei. Sofia è in una chiesa e sta ascoltando un coro di bambini. Era una promessa mondiale del pianoforte, ed è diventata una semplice insegnante. Ha smesso di suonare per un voto d'amore. Basta uno sguardo perché Tancredi sia rapito da quella donna. E farla sua diventerà un'ossessione divorante. Anche Sofia è turbata da quello sconosciuto, lei, però, un amore ce l'ha già: è Andrea ed è per sempre. Ma una donna può rifiutare una passione che non conosce confini, quando irrompe nella sua vita e fa vacillare tutte le certezze? Tancredi capisce che forse c'è un modo per averla e così decide di non fermarsi davanti a nulla. Riuscirà a conquistare Sofia? La vedrà suonare di nuovo, solo per lui, seduta a un pianoforte davanti all'oceano? E quale dolorosa scelta dovrà fare Sofia alla fine?

Il male naturale, di Giulio Mozzi, con un saggio di Demetrio Paolin (Laurana Editore). Intervento di Nunzio Festa












Ognuno è ciascuno e ciascuno, o quasi, che stanno provando a parlare de Il male naturale, nonostante lo stesso Mozzi, e addirittura alcuni commettendo persino l'errore più banale e oggi meno naturale, non ricordano solo, vedi per esempio Rovelli su L'Unità e Nazione Indiana, che infatti Il male naturale fu pubblicato già da Mondadori nel 1998. Perché non si fermano ad aggiungere la polemica che allora fece scoppiare uno leghista qualunque. Polemica, tra l'altro, al di là di quello che se ne voglia dire, basata su un terreno friabile. Mentre su ben altro si dovrebbe puntare. Ma, cercando di fare giustizia, in un certo senso, ripartiamo dai racconti. Facendo ulteriore trama. Non una trama, non la trama. Per arrivare, a fine baratro, alla lingua. Che qui Mozzi è sull'orlo dell'abisso che si tende. “Morte di Richesse”, insomma, parla di questo servo e della sua devozione al morente padrone, al fiero e rispettabile nobile. Con la calma e l'attenzione di chi sta scrivendo, il servo, un testamento suo e non suo. Anche se è costretto come a fare una lettera di presentazione alla stessa morte oltre che al nuovo padrone in fermento. In “Vite” Ruota e Djuna spiegano il sesso e la ricerca del sesso, seppure il sesso si faccia presente solamante da lontano; soprattutto queste due amiche, Ruota in particolare, esplicano i fermenti adolescenziali superiori al contatto fisico punto e basta. “Bella” è il racconto d'una ragazza, come si dice, diversamente abile, che al pari d'ogni altra persona vogliosa si dimostra precisamente vogliosa. Per “Un male personale” è il dire che è fatto l'amore, è stato avuto, che l'amore allora non può esser rifatto. “Amore” - stretto in pochissime pagine - , contenuto (sensa) sacrifici, è “l'amore” fra un bambino e un adulto, nel filo della pedofilia. “Splatter (breve)” entra nuovamente nella dimensione de “Un male personale”. “Bianca” sa di continua perdita e di riconquiste. “Super nivem” è il testo che maggiormente testimonia il libro, chiudendo in un uomo, e dunque racchiudendo germi sani nello stesso uomo, tutto il male naturale. Con “Apertura” scopriamo un altro velo sui fatti di sempre. Ferite che sono aperte dove non ci sembra possano farsi presenza. Da “Pugni!” una Rama che è debole quanto forte, audace come triste. E che si perde nell'arte del combattimento. Dopo la delusione: amorosa. Per “Coro” l'Italia e il ricordo di Mariele Ventre. Da “Lessico” il segreto della lotta di molte e molti, alla Pagliarani. “Finale” parla delle trame. Certamente in alcuni passaggi, e senza dubbio dove l'autore fa finta di nulla, avanza il tormento della religione. Perché pur se Giulio Mozzi mai vorrà ammetterlo il 'male naturale' è dato dal Maligno. Per questo, a sentire l'autore, comunque in noi. In tutti. Per questa ragione lo scrittore padovano si protende per raggiungere il basso dei corpi in foga. Ad ascoltare il battere di questo stesso male che fa il palo alle corse dell'orologio. Il linguaggio meticoloso di Mozzi, sublimato dalla concordata d'ogni singolo attimo di scrittura perennemente in fase di tribolazione, saluta i cattivi e spiega al buono che è più semplice apparir tale. Sotto la polvere delle apparenze c'è tantissimo d'altro. Si trova e si potrebbe rintracciare il mistero dell'intimo. Il non accentuato incognito dell'intimità personale. Quante e quanti, ancora, per esempio non sono disposti a dire d'essere omosessuali? Chi mai fare sapere d'essere addirittura un perverso? I protagonisti di questi racconti di Giulio Mozzi, invece, tutti proprio, si spogliamo difronte alla realtà. Vivono costantemente le loro scelte. Di rado non le assecondano e in rarità le tengono celate. Il racconto “Amore” è d'una bellezza, passateci il banalissimo termine, disarmante. Un racconto perfetto. Che dice dell'imperfezione.

venerdì 11 febbraio 2011

Il libro del giorno:; Colti sul Fatto di Marco Travaglio (Garzanti)















«Leggere gli articoli e i libri di Marco (non so come faccia, è un mistero dickiano anche questa sua energia) suscita due passioni apparentemente molto diverse. Suscita sdegno per gli eventi che racconta e mette in stato di formidabile buon umore: per un giornalista resistente, il miscuglio è raro.»
(Dalla prefazione di Barbara Spinelli)

Il 23 settembre 2009 esce il primo numero del «Fatto Quotidiano», un giornale che si caratterizza subito per la sua libertà e indipendenza dai poteri forti e deboli, dai partiti vecchi e nuovi, oltre che per la sua intransigente ricerca della verità e della giustizia. È una scommessa nella quale ha creduto forse più di tutti – insieme al direttore Antonio Padellaro – Marco Travaglio, uno dei fondatori e soprattutto uno degli editorialisti di punta. I suoi articoli in prima pagina sono precisi e documentati atti d'accusa, sorretti da una devastante forza satirica.
Come scrive nella prefazione Barbara Spinelli, Colti sul Fatto «narra un pezzo di questa storia italiana, che appunto è storia criminale e noir essendo tempestata di leggi ad personam, di giornali e giornalisti che non fanno il loro lavoro cui sono chiamati, della privatizzazione del nobile e rischioso compito che è la politica. Il filo conduttore che lega i testi è il rispetto dei fatti, la lotta contro le verità (e le falsità) ridotte a opinioni (…). Grazie a Travaglio, siamo in grado di percepire ancor meglio e di temere quella che Hannah Arendt chiamava defattualizzazione della realtà».
È anche grazie alla penna acuminata di Marco Travaglio che «il Fatto Quotidiano» si è affermato come l'unica grande novità dell'informazione in Italia, diventando una lezione di giornalismo, oltre che un punto di riferimento indispensabile per chi rifiuta i conformismi di destra e di sinistra e la cialtronaggine di regime.

In copertina: disegno di Emilio Giannelli, 2010

La porta del tempo” di Fabio Calenda: dalle radici dell'antichità riscopriamo le pulsioni dell'uomo. Intervento di Roberto Martalò












Al suo esordio come scrittore con “La porta del tempo”, Fabio Calenda tiene incollato al libro il lettore grazie a un thriller epico-fantasy avvincente e avventuroso. Alle prese con una vita che non lo soddisfa e sull'orlo del licenziamento dal lavoro, l'inviato Robert Zardi si reca in Grecia per uno scoop che potrebbe rilanciarlo: il bizzarro archeologo Kostia Strapoulos avrebbe infatti rinvenuto nei sotterranei di Micene delle tavolette d'argilla del 1184 a.C. che rimandano alla guerra di Troia e a un segreto vaticinio legato agli Asterii, misterioso popolo scomparso da millenni. Suo malgrado, Zardi si troverà coinvolto da questa scoperta fino a essere risucchiato in una dimensione temporale che lo proietterà nella Grecia di Agamennone tra intrighi, minacce e una missione da compiere per ordine della regina Cletemnestra e di Omero. Calenda ci guida con un romanzo avvincente e intrigante nella Grecia antica, deliziandoci con un linguaggio forbito, che ricostruisce alla perfezione l'atmosfera del tempo con le sue suggestioni e le sue credenze ma anche con le attività quotidiane e le descrizioni di personaggi e luoghi. Lo scrittore infatti si dimostra abile nel delineare i protagonisti del libro: da Strapoulos alla regina Clitemnestra, da Omero a Dinamos. La figura di Robert Zardi inoltre è molto suggestiva: un tipico uomo dei nostri tempi, tormentato dai suoi egoismi e dalle sue fragilità, incapace di prendersi le responsabilità che un matrimonio e un figlio comportano e assillato dalla frenesia dei ritmi contemporanei. Catapultato nell'epoca antica, Zardi curerà se stesso e le sue paure fino a scoprire l'importanza di certi valori che la nostra quotidianità ci porta spesso a sottovalutare. Brama di potere e guerra, lealtà e tradimenti ma anche amore e odio: l'autore attraverso i suoi personaggi affronta temi e sentimenti che sono alla base delle azioni che hanno scritto gran parte della storia occidentale. Consigliato soprattutto a chi ama il genere epico e il fantasy, La porta del tempo è adatto a tutti per qualità ed eleganza di scrittura e per un intreccio ben costruito e sviluppato dal ritmo incalzante.

La porta del tempo di Fabio Calenda

Einaudi, 367 pag, 20 €


giovedì 10 febbraio 2011

Il libro del giorno: L'uomo nel vento di Aniello Ertico (Osanna edizioni)





















L’incontro tra due artisti – Aniello Ertico, Direttore di banca per professione e scrittore per vocazione (la sua prima raccolta di versi è stata con successo tradotta e pubblicata in Spagna) e Antonio Masini, pittore, scultore e incisore (le sue opere sono presenti in varie parti del mondo) – ha dato vita a questa singolare raccolta di versi nella quale il lettore viene invitato, poesia dopo poesia, ovvero, per dirla con l’Autore, “stazione dopo stazione” (“stazione”, s’intende, in senso liturgico) a un confronto serrato tra la parola, non sempre facile e accessibile, e l’immagine che le risponde, talora con espressione altrettanto criptica. Un’opera di innegabile fascino e originalità per chi ama la poesia, per i cultori tutti del bello e dell’arte.

Aniello Ertico è nato nel 1973. Risiede a Genzano di Lucania ed attualmente lavora a Potenza. Esperto d'arte sacra, è conoscitore dei più suggestivi luoghi lucani intrisi di pietà popolare. I riconoscimenti della critica hanno inoltre sottolineato la valenza in ambito artistico quale autore di quadri fotografici. Emissione massiva è la sua prima opera letteraria data alle stampe (www.progettocultura.it)

Autore/i: Aniello Ertico

Editore: Osanna Edizioni

Collana: Poesia

Prezzo deastore.com (info) euro 20.00

Formato: Libro, illustrato

Formiche periferiche di Liliana Guerriero (Statale 11). Intervento di Piergiorgio Focas













"Sarebbe bello se da qualche parte ci fosse un varco nello spazio-tempo come in Donnie Darko, un varco che, una volta attraversato ti riporta indietro nel tempo. Dentro di me il varco è come se l'avessi attraversato la prima volta che ho visto Robert, ma purtroppo è in superficie che tutto rimane tale e quale. Il guscio è invecchiato, ma il frutto e i semi incapsulati all'interno sono pronti per essere gustati. Se non fosse che il guscio è tutto...". Un brano, questo, tratto da un noir ironico, narrato in prima persona da una donna non più giovane, sola , costretta al prepensionamento da un lavoro per altri frustrante, ma che dava un senso alla sua esistenza anodina, passata a stilare elenchi. La storia , narrata in prima persona, dura due settimane in cui la nostra eroina cerca di inventarsi un modo per uscire dal plumbeo universo di solitudine in cui è sprofondata. La sua vita sembra destinata a svolgersi senza sussulti e senza speranza, quando a sparigliare il gioco compare un uomo misterioso, somigliante in modo folgorante a un mito del cinema americano degli anni '50: l'attore Robert Mitchum ultima maniera, versione Philip Marlowe. A questo punto la ruota del tempo riprende a girare e ha inizio una girandola di tragicomici avvenimenti e colpi di scena, che tengono il lettore incollato alle pagine fino allo spiazzante finale. Unici compagni di vita e d'avventura, un gatto di nome Phil, un manichino di nome Bob, e una colonia di formiche insediatesi nell'appartamento, creature di un mondo grottesco, comico e assurdo, che fanno pensare a certi personaggi di beckettiana memoria. Il tutto narrato sul filo dell'ironia e di un allegro cinismo, senza cedimenti alla corda patetica e al sentimentalismo.

Un altro brano tratto dal libro:

" Ci sono anni tutti uguali, che si confondono nella memoria, e attimi così densi che possono essere vissuti solo dopo, quando si ha il tempo di riviverli. Sono gli attimi senza fine di una vecchia canzone. Attimi pieni di cose, alcune previste, altre no. La pistola, ad esempio: era nel programma, aveva un ruolo da protagonista nel gesto del congedo finale... ".

"Formiche periferiche" è il libro d'esordio di Liliana Guerriero. Un libro che piacerà in particolare agli amanti del vecchio cinema.

mercoledì 9 febbraio 2011

Il libro del giorno: Per sentito dire. Conoscenza e testimonianza di Nicla Vassallo (Feltrinelli)

















Telefoni, cellulari, sms, e-mail, blog, social network, piattaforme varie, wiki. Oltre a conversazioni d'ogni genere, libri, enciclopedie, giornali, riviste, radio, televisione, internet. Senza dimenticare documentari, fotografie, mappe, segnaletiche, cartelloni, e molto altro ancora. Tutte fonti d'informazione che ci consentono di conoscere il mondo e grazie alle quali possiamo muoverci, lavorare, studiare, relazionarci l'uno con l'altro. In filosofia ci interroghiamo su questa conoscenza ottenuta e trasmessa attraverso quella che viene tecnicamente chiamata "testimonianza", la base su cui si regge la capacità di affrontare la vita quotidiana e professionale negli aspetti più
vari, incluse le sue forme più evolute e complesse. È necessario quindi capire la testimonianza, come e cosa ci consente, perché è errato svalutarla, rifugiandosi nell'individualismo, perché in troppi l'hanno voluta e la vogliono controllare nonché manipolare. Senza dimenticare alcuni grandi pensatori che sulla testimonianza hanno riflettuto, "Per sentito dire" è un viaggio filosofico
nella contemporaneità, che ci invita a ragionare, tra l'altro, su astrologi, complotti, credulità, dittature, diverse condizioni e visioni della testimonianza, false testimonianze, gaffe, giornalismo, guerre, inganni, inquisizioni, internet, potere, pubblicità, testimoni affidabili e inaffidabili. Per comprendere come può la testimonianza donarci conoscenze, garantirci la democrazia, evitare che la nostra società si trasformi in quella angosciante e orwelliana del "Grande Fratello". Saggio di filosofia seria e pura, "Per sentito dire" vede così tra i suoi protagonisti Adolf Hitler, Dodi e
Mohamed al Fayed, Facebook, George W. Bush, Giorgio Perlasca, il principe Carlo, la regina Elisabetta II, Lady D, Obama, Silvio Berlusconi, Tony Blair, Vladimir Putin, Wikipedia.


Indice di "Per sentito dire":
Prologo di John Locke; Invito a cena dalla Regina; Arrivare a cena dalla Regina; Conoscenza diretta, competenziale, proposizionale; Conoscere Lilibet, regnare come The Queen, sapere che Elizabeth II è la sovrana britannica; Riccardo sa che Lady D è morta; Perché credi che Lady D è morta?; Svalutare la testimonianza; In principio era il verbo; Individualismo e Inquisizione;
L'errore di Cartesio; L'empirista estremista; La circolarità di Hume; L'intelligent design di Reid; L'astrologo; Colpevole o innocente; The witness; Non dire falsa testimonianza; The most important job is not to be governor, or first lady in my case; La guerra di George W. Bush; Uccidete Lady D!; Il royal blog di Lilibet; Epilogo di George Orwell; Poesie di Paul Celan; Commiato; Note; Bibliografia; Indice dei nomi.


Su Nicla Vassallo, quarantasette anni, professore ordinario di Filosofia

Fiume di tenebra, l'ultimo volo di Gabriele D'Annunzio (Castelvecchi) di Massimiliano e Pier Paolo Di Mino. Intervento di Silvia Agogeri












Fiume di Tenebra è più di un romanzo, è molti romanzi. O meglio, è un romanzo a strati. A un primo sguardo, si tratta della ricostruzione di una pagina tanto peculiare quanto oscura della storia italiana: dopo la Grande Guerra, si fa strada in alcuni animi italiani l’idea della vittoria mutilata; il poeta soldato D’Annunzio, incapace di porre fine ai suoi ardori guerriglieri, entra a Fiume con il suo gruppo di soldati Arditi a cui nulla è rimasto da perdere se non la vita per un ideale. Il sogno patriottico di D’Annunzio si trasforma però in qualcosa di distorto, confuso e paradossale, e Fiume diviene un “mondo a parte”, che non piace alle autorità italiane. In questo contesto, la storia racconta di un fallito attentato ai danni di D’Annunzio che avrebbe preso le mosse da un gruppo di cospiratori. Fiume di Tenebra è questa storia, ricostruita dall’interno; è il racconto di Italo Serra, comandate nato e sopravvissuto, che parte per Fiume con una missione da compiere: uccidere D’Annunzio. Basato su fonti storiche, testimoni dell’attentato al Vate, questo romanzo costruisce una storia di uomini affranti dalla Grande Guerra, di soldati bambini incapaci di ritornare alla vita e di italiani entrati a Fiume Città di Vita, a Fiume la Santa, per sostenere un sogno poetico di libertà.

Senza dubbio incuriosisce che il romanzo prenda il via da fatti reali; il legame con una realtà storica di per sé discussa e forse mai del tutto chiarita, così come la presenza di nomi che richiamano un’identità storica e culturale, suscita necessariamente interesse in ogni lettore italiano. Esiste una complessità tipica delle narrazioni di vicende contraddittorie come quella di Fiume, che consiste nel rischio di situarsi ideologicamente da una parte, finendo per dare una visione soggettiva della storia. Gli autori di Fiume di Tenebra riescono a evitare questo giudizio di valore, e a trasmettere la complessità della vicenda lasciando aperta ogni possibilità. Scrivendo a quattro mani ma con un unico stile, Massimiliano e Pier Paolo di Mino depositano nelle mani di Italo Serra le contraddizioni di Fiume che sono anche quelle della natura umana, un congeniale Italo Serra preda di traumi interiori ed esteriori, indecisioni, tentennamenti, incongrue amicizie, riflessioni introspettive che indubbiamente non trovano spazio neanche nei migliori libri di storia.

Nella seconda parte del romanzo, Italo Serra si trova a Fiume, coinvolto nella vita quotidiana di alcuni soldati sostenitori del Vate. La narrazione, che avviene sempre dall’interno, si nutre di un linguaggio forte, crudo, sorprendente, che catapulta il lettore indietro nel tempo, spettatore inerme di episodi drammatici e profondamente umani. I personaggi storditi dalla storia si muovono in atmosfere deliranti, rinnegano i bisogni primari dell’uomo in nome di un nuovo essere, per il quale il cibo e il sonno altro non sono che veleni che distolgono l’attenzione dalla loro teatrale missione militare e poetica. La ricerca della verità si nutre di cocaina e di droghe che imitano la funzione dell’oppio nei poeti visionari, coloro che fumano per vedere aldilà della pelle del giorno, coloro che, come dice Cocteau, si drogano per scendere dal treno espresso che corre verso la morte. La poesia copre come un velo la totalità del romanzo, trasformando il patetico in mistico. Essa eleva la ricerca di una giustizia al di sopra dei confini della storia, una giustizia naufragata nell’ingiustizia della condizione umana. È qui che il romanzo si separa dalla storia e diviene atemporale, perché Fiume si trasforma in un simbolo della ricerca di un’umanità perduta.

“Questa storia non è mai successa a nessuno” esordisce il romanzo. Una frase che racchiude un doppio significato: da un lato rifiuta la definizione di “romanzo storico”, dall’altro innalza la storia sopra la storia, trasformandola in mito, in momento simbolico dell’Italia, dell’uomo. La simbologia religiosa ritorna costante e violenta nei dialoghi dei personaggi, richiamando un sentimento primordiale di peccato e redenzione insito nella morale cristiana, prigione dell’uomo libero. Allo stesso tempo, si situano come riferimenti credibili in un’Italia del 1920, nella quale i soldati partivano per la guerra forti di una solida fede religiosa.

I simboli religiosi si alternano a quelli pagani, attraverso i quali si riversano la rabbia e il timore ancestrali nell’uomo che diventa bestia. La bestia-poeta è la grande contraddizione di Fiume e dell’uomo; è la contraddizione di D’Annunzio, che si fece amare e odiare da un popolo intero. La terminologia animalesca utilizzata per descrivere i soldati non può non ricordare la figura mitologica del centauro, metà uomo e metà animale, possessore di tutti i pregi e tutti i difetti dell’uomo. Gli autori di Fiume di Tenebra scrivono con la zappa in mano, con quella brutalità necessaria a scavare nella memoria della specie, nei sentimenti di distruzione atavici dell’uomo. All’inizio della seconda parte del romanzo, diviso in due parti e numerosi capitoli brevi e incalzanti, compare una citazione di Carl Gustav Jung: “Il segreto è che solo ciò che può distruggere se stesso è vivo”. Ecco come si esprime la ricerca dei soldati, che nel delirio arrivano a fare chiarezza sulla condizione umana.

L’introspezione presente nelle riflessioni del tenente Keller, di Giuliano, di Comisso, dello stesso Serra, si manifesta spesso per metafore che si nutrono di elementi naturali rappresentativi di sensazioni e disagi umani, come la nebbia, l’acqua, le tenebre, o ancora attraverso oggetti tipici della ricerca psicanalitica, quali gli specchi, artefici della costruzione della natura illusoria dell’uomo. I riferimenti al mondo antico e agli eroi greci sono numerosi e conferiscono un carattere epico all’opera e all’impresa di Italo Serra. Nell’ultima parte, si rivive un altro incontro mitico, quello tra Eros e Thanatos, intesi in psicologia come la pulsione di vita e la pulsione di morte ma teorizzati da Bataille e dai filosofi francesi del ‘900 come stretta e naturale relazione tra l’erotismo e la violenza.

Colpevole di questo incontro-scontro tra Eros e Thanatos è la bella Ada, una donna che come Italo Serra progetta la fine dell’esperienza fiumana. La casa di Ada, nella quale Serra viene trascinato, è un ambiente estraneo a tutto il resto, profondo, assurdo, incomprensibile. É la tana del Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie, descritta minuziosamente, con porticine che conducono ad altre porticine sulle note di un pianoforte in fondo all’oceano, un mondo parallelo a quello in superficie, un mondo di terrore e di gioco, ma di gioco mortale. “Questa storia non è mai successa a nessuno”, non è mai successa a nessuno ma più di altre narra una verità nascosta. Così è l’arte, per dirlo ancora con Cocteau: un paradosso che rivela la realtà, o più semplicemente, una menzogna che dice sempre la verità.

Recensione di Silvia Agogeri su ARGONLINE


martedì 8 febbraio 2011

Il libro del giorno: Terra d'Africa, carità no, giustizia sì. (Edizioni Creativa) di Giorgio A. Pisano





















Introduzione di Padre Alex Zanotelli

Il viaggio in Africa, nella Repubblica democratica del Congo, ha inciso profondamente nel mio cuore! Quando vai in Africa tocchi con mano le povertà e le ingiustizie causate da un sistema di vita occidentale consumistico e in continua difficoltà a reggere. Le immagini televisive di tante morti nei paesi del Sud del mondo, le informazioni “geneticamente modificate” (I.G.M.), ti inducono a credere che niente possa cambiare, tutto sembra diventare distante mille anni luce ed un senso d’impotenza ti assale… cambi canale e ti dimentichi di tutto ciò che i tuoi occhi hanno visto o meglio rimuovi il problema! Il block notes, scritto durante la permanenza in Congo, è composto da tante storie di sofferenza, d’ingiustizia e da racconti di gioia e di festa.


Viola Di Grado "Settanta acrilico, trenta lana" (Edizioni E/O)











Questo non è un esordio. E se lo si dovesse catalogare come tale, si verrebbe sconfessati se non dalla quantità di premi letterari che riuscirebbe a vincere, sicuramente da un grandissimo successo di pubblico e di critica (in primis Giovanni Pacchiano, Sandra Bardotti, Massimo Maugeri solo per citarne alcuni). Queste cose si capiscono dalle prime pagine, quando subito ti accorgi che questo notevolissimo romanzo non è la solita puntata sul tavolo delle scommesse letterarie di un editore in stile Giordano o Avallone. Il libro di cui sto parlando è il primo lavoro editoriale di Viola Di Grado (Settanta acrilico, trenta lana – Edizioni E/O). Quest’opera è di grande respiro, matura, calibrata, impressionante per la mole di energia poetica che riesce a conservare su ogni pagina. Lei ha 23 anni, si è laureata in lingue orientali e ora studia a Londra. Viola Di Grado scavalca la routine del romanzo di formazione, fatto di tanta provincia italiana e qualche trucchetto da mestierante o di alta prestidigitazione editoriale. Non posso accostarla per onestà intellettuale ad alcun genere o associarla ad alcun tracciato scritturale, sebbene già circolino le prime comparazioni con la Amélie Nothomb, o con le suggestioni gothic/noir alla David Lynch. No, per salvarla dal tritacarne delle definizioni o degli incasellamenti, alla Di Grado, per rispetto a lei e alla sua scrittura, occorre riconoscerle una sua autonomia, una sua forza, una sua originalità, una sua identità, un suo splendore. Viola di Grado nelle pagine di “Settanta acrilico, trenta lana” dimostra che l’esistenza vista con una forte e pervasiva monomania di un’esoterica tendenza al colore rosso (il sangue, i capelli rossi dell’amante del padre, il colore fondante delle nozze alchemiche) ed una nevrotica fissazione verso i buchi (paura dell’oltrepassamento della soglia), non è in grado di dotarsi di tutti quegli strumenti per conoscere onticamente il mondo, e dunque il suo esserci nel mondo è costitutivamente precluso alla sua stessa conoscenza. La storia riguarda una vita soffocante cucita addosso a Camelia che vive con la madre a Leeds (U.K), in una casa vicino al cimitero. Lei si occupa di lavatrici (ovvero transla i manuali), la madre è ossessionata dai buchi che fotografa nervosamente. I loro incroci di vita si basano sulla grammatica degli sguardi e del silenzio. Poi arriva Wen, nella vita di Camelia, un ragazzo cinese che le insegna la sua lingua. Da quel momento comincia il viaggio in un’altra dimensione fatto di crudezza e angoscia del vuoto

Viola Di Grado ha ventitré anni. È nata a Catania, si è laureata in lingue orientali a Torino e studia a Londra.

lunedì 7 febbraio 2011

Il libro del giorno: Il Grinta di Charles Portis (Giano)

















Nel secolo del mitico far west, nelle terre selvagge dell'Arkansas, al confine con lo sterminato Territorio Indiano aggira Mattie Ross, un'impertinente "mocciosa di quattordici anni... capace di andarsene di casa in pieno inverno per vendicare la morte del padre". Mattie si presenta un giorno al cospetto di un vecchiaccio con un occhio solo, un abito nero impolverato e un distintivo sul panciotto. È Reuben Cogburn, detto da tutti il Grinta... lo sceriffo più cattivo, duro e spietato che vi sia, uno che non sa che cosa sia la paura, l'uomo giusto, insomma, per scovare l'assassino del padre e restituirlo all'altrettanto dura legge del giudice Parker. Cento dollari e Cogburn sarebbe bell'e che assoldato se non comparisse all'orizzonte LaBoeuf, un ranger texano, un bel tipo sulla trentina che sta dando la caccia allo stesso assassino per conto della famiglia di un'altra vittima, seduce il Grinta con la prospettiva di una lauta spartizione della taglia, e a Mattie non resta che rassegnarsi alla sua presenza. Un vecchio sceriffo, un altezzoso e affascinante ranger e una ragazzina partono dunque per una caccia che potrebbe essere senza ritorno, ma a cui nessuno dei tre accetterebbe mai di rinunciare. Un romanzo che ha attratto intere generazioni di lettori e noti cineasti, da Henry Hathaway, che ne fece un film che valse a John Wayne l'unico premio Oscar della sua carriera, fino ai fratelli Coen, con la loro trasposizione cinematografica.

Tra la palpebra e l'occhio di Vito Russo (LietoColle)
















.. niente è lasciato al caso nell’accumu­lazione apparentemente casuale e caotica di oggetti ed eventi e luoghi e momenti e sensazioni e persone e ricordi e nomi, tutti evocati per virtù di parola dalla melassa della quotidianità e infilati un verso dopo l’altro, come in uno svogliato inventario, a far da cornice alla rasse­gnazione e al lasciarsi andare ai capricci della sorte. Sono impressioni volute, generate apposta dall’effetto tonale della voce poetica, dall’uso scaltrito del linguaggio, dello stile. Dunque impressioni menzognere, come tutto, nella rappresentazione letteraria, è invito alla menzogna: menzogna buona, si capisce, per meglio demistificare la realtà e snidare il vero che in essa si celi. Niente di meno rassegnato di chi cerca un senso nel caos.
[…]
In quell’invisibile intervallo tra palpebra e occhio rivive così tutto il film insensato del mondo esterno, e insensato resta finché non passa attraverso il filtro della parola poetica, attraverso la rappresentazione di un mondo altro, riscattato dal buio, dal silenzio, o al contrario dalla chiassosa insignificanza, rinnovato dal pensiero, vivificato dal senti­mento, offerto ad altri col bisogno di relazione. Insomma un ‘vissuto’ che non perde affatto consistenza di realtà oggettiva, anzi acquista co­scienza e parola, assume spessore morale, si lascia afferrare come corpo vivo, vive di un’altra vita in cui non siano spersi per sempre il senso e la speranza.
Dalla prefazione di Carmine Tedeschi

Tra la palpebra e l’occhio
le unità di misura
il tempo e lo spazio la carne
e le carte da gioco l’asso di denari
la scintilla dei fuochi d’artificio
i dialoghi coi nomi poi il lavoro
le leggi del mercato la televisione
tra quello che si vede e non si vede.

domenica 6 febbraio 2011

Il libro del giorno: Il (grande) sogno inglese. I Sex Pistols e il Punk. ...E tutte le interviste di Jon Savage (Arcana)



















Inghilterra, 1977: la disoccupazione dilaga, gli hippie sono passati di moda, arriva Margaret "Thatcher. I circuiti underground rispondono a questo grigiore mescolando rivoluzione e nichilismo, fai-da-te e anarchia, apocalisse e creatività: è nato il punk. Le strade di Londra si riempiono di ragazzi che sfoggiano creste colorate e vestiti strappati, le fantine autogestite diventano la voce dei giovani arrabbiati, ai concerti scoppia la moda di sputare e pogare. A oltre trent'anni di distanza, i favolosi protagonisti di questa irripetibile stagione non sono affatto sbiaditi: Sex Pistols, Damned, Siounsie e Clash, insieme a Iggy Pop e Ramones, formano un ponte immaginario che va da New York a Londra, dalla factory di Andy Warhol alle geniali invenzioni di Vivienne Westwood. Ton Savage ne racconta la sfolgorante epopea allargando le ricerche fino alla grafica e alla moda, che vennero per sempre cambiate da quel terremoto. Pubblicato la prima volta nel 1991, "Il sogno inglese" è l'opera definitiva sul punk britannico: sghemba corona di rabbia, veleno e spazzatura, come quella che i giovani inglesi regalarono alla Regina Elisabetta per il suo primo Giubileo. In questa nuova edizione, "Il sogno inglese" diventa grande e si completa con l'inserimento delle trascrizioni integrali delle 58 interviste che avevano costituito la base del monumentale lavoro di Savane che lo stesso autore ha recentemente pubblicato in Inghilterra in un volume intitolato "The England's Dreaming Tapes".

Le ginocchia sbucciate di Maria Grazia Casagrande (Harmattan Italia)





















REPLICA D'AUTUNNO

L'odore acre della terra
più buia, rivela alfine
tutta la sua linfa,
segregata ed oppressa
dal tuo peso imponente.

I suoi densi granelli
s'infiltrano, tormentosi,
nell'ordinato dedalo
bianco, umiliando
l'elegante profilo della
tua ossea sfera, che ora
tristemente riappare
come fuoriuscita da
un utero sterile ed acquoso.

Il mio finto perdono si
gonfia di collera, ed il
fango che infuria sul
mio viso, non basta a
raggrumare le mie lacrime.



Maria Grazia Casagrande - Nel 2005 hapubblicato con l'Harmattan Italia una raccolta di poesie intitolata "Le ginocchia sbucciate" ed intorno a questa raccolta ha costruito uno spettacolo che vede la lettura delle poesie alternate a brevi spazi teatrali e tanta musica che canta accompagnata dai suoi musici di fiducia. Spettacolo che ha più volte presentato in biblioteche, librerie, scuole e piazze della città. Collabora saltuariamente e con brevi racconti, all'inserto della Stampa Torinosette. Collabora inoltre con il giornale on-line Il Giornalaccio - www.ilgiornalaccio.net - con recensioni letterarie, ed i suoi ultimi lavori sono visibili entrando nel sito del giornale, cliccando sul pulsante rosso e scegliendo l'opzione 'Gioielli da scoprire', ed in particolar modo riguardano:
- Alessandro Cora, con la raccolta di poesie "Poi qualcuno mi dirà cos'è l'amore" - l'Harmattan Italia editore
- Allegra Nasi, con il racconto Fantasy "L'ultimo dei Vanderloo" - Sovera edizioni
- Serena Avezza, con il racconto "Il filo rosso del destino"- Uni service libro edizioni
- André Aciman, "Chiamami col tuo nome" - Guanda edizioni.

Ha lavorato per l'artista albanese Artan Shabani - la cui pittura si basa sui temi della sua terra - curando una recensione per una sua opera provocatoria intitolata "La bambola".
Ha curato la recensione per "Torino sommersa" opera del pittore torinese Andrea Gatti.
Ha curato la recensione per l'opera 'Istmi' del musicista Sandro Masoni.

http://digg.com/music/Sandro_G_Masoni_Istmi_album_Digital_physical_CD_Baby

Continua la sua produzione di poesie, e parallelamente lavora alla stesura di un romanzo.

sabato 5 febbraio 2011

Ricevo il Sunshine Award 2011 e ne segnalo altri 12






















Da Appunti di una scrivente ricevo l'indicazione di aver ottenuto il Sunshine Award 2011 come blogger. Onorato! Il Sunshine Award è un premio in forma di catena di Sant'Antonio, riservato ai blog - in particolare letterari e culturali, ma non solo - ritenuti più meritevoli, a cui viene assegnato un simbolico "raggio di sole". La regola vuole che chi riceve la segnalazione, a sua volta faccia da passaparola per altri dodici blog.
Ecco quindi il mio contributo alla "ghirlanda":

1) Letteratitudine

http://letteratitudine.blog.kataweb.it/

2) Luciano Pagano – Musicaos

http://lucianopagano.wordpress.com/

3) La Repubblica Bari – Città 2.0

http://libri-bari.blogautore.repubblica.it/

4) Puglialibre

http://www.puglialibre.it/

5) Booksblog

http://www.booksblog.it/

6) Luisa Ruggio – Dentro Luisa

http://luisaruggio.blogs.it/

7) All the word di Luciana Cameli

http://alltheword.blogdo.net/

8) Blanc de ta nuque

http://golfedombre.blogspot.com/

9) Futurix di Christian De Poorter

http://www.futurix.it/

10) Percorsi di donna di Paola Scialpi

http://www.paolascialpi.blogspot.com/

11) Lankelot

http://www.lankelot.eu/

12) Studio 83

http://studio83.splinder.com/

I prodotti qui in vendita sono reali, le nostre descrizioni sono un sogno

I prodotti qui in vendita sono per chi cerca di più della realtà

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Nightcrawler: Il Diavolo Blu degli X-Men

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