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lunedì 24 gennaio 2011

La vita oscena di Aldo Bove (Einaudi). Intervento di Elisabetta Liguori











Nel suo ultimo romanzo, “ La Vita oscena” Einaudi 2010, Aldo Nove, scrittore di culto ritornato al pieno splendore, ci porge a piene mani poesia e pornografia. due realtà identicamente proibite, crudeli, sconfinate. Siamo di fronte ad una autobiografia, questo va detto subito, perché ciò che osceno può esserlo solo se oltre che raccontato è anche vissuto. Oscena è anzitutto la pelle, infatti, a volte dopo lo diventa anche la parola che la descrive. Si tratta comunque di una biografia romanzata, in cui, nonostante il fuoco dell’esperienza, sopravvive l’artificio narrativo. Qui la lucidità sconcertante e arsa di un Fante della seconda ora si mescola alla perfezione di un Salinger trafitto e sconcio. Le storie vengono da un luogo in cui siamo già stati, ma quel luogo resta un’invenzione. Se ciò che si sceglie di raccontare non può essere verità, può però essere sincerità. Il fuoco di Nove, riprodotto in una fiammata sin dalla copertina, attraversa tutta la vicenda ed è sincero. Rimasto precocemente orfano di entrambi genitori, il protagonista scopre la solitudine. Uno stridente rumore di ossa, spiega l’autore, qualcosa di netto e tangibile. Non ancora morte o follia, ma quasi. Vive stabilmente da solo, infatti, salvo la presenza di una zia che gli fa da mangiare, fino a quando, a causa di un maldestro tentativo per aprire una bombola a gas, fa saltare in aria la casa e tutto ciò che contiene. Salvo per miracolo, finisce in ospedale. Qui scopre un’umanità grottesca e tutti i suoi oggetti. Soprattutto quelli più umili, come la bottiglia di plastica, imitazione della più nobile Coca cola, che svetta sul suo comodino. Ne scopre la pietas materiale, il portato povero di felicità mercantile, al quale tutti gli uomini aspirano come forma di sollievo. Fuori da quell’ospedale non c’è altro. È così che arriva l’idea della morte: per privazione. Aldo Nove. protagonista/scrittore tenta di imitare la morte del poeta Trakl, servendosi di una dose inimmaginabile di cocaina e perdendosi in una uguale quantità di giornali porno. Li divora e ne è divorato, precipitando in una dimensione brevissima e infuocata di sesso perverso e violento. Inserzioni sui giornali, uomini, donne, stanze, letti, corpi, coiti e sodomìe, membra umide, confuse e confondenti, strade sconosciute. Il sesso diventa elencazione di orrori estatici. Questo apprendistato al dolore ha la levità lirica e la precisione di un’incisione chirurgica nella carne viva. Precipitando vertiginosamente, passa attraverso quattro fasi distinte: la tragedia, la sorpresa, la comicità e l’oscenità. In ultimo brucia in una fiammata purificatrice. C'era stato un tempo in cui, attraverso la droga si cercavano esperienze mistiche. Lsd, eroina, hashish, servivano a scoprirne nuovi universi. Oggi la cocaina pare essere diventata la droga dell’adeguamento, della socialità. Benché oggi gli operai in fabbrica ne facciano uso per incrementare gli straordinari, nel romanzo di Nove rappresenta, in una visione più anni ottanta, l’ultimo fuoco nel quale ardere come carta. Per non essere parte di sé. Per non appartenersi più. Del resto è lo stesso autore, in molte interviste, ad affermare che l’uomo per tutta la vita, non fa altro che tentare di soffocare i propri fantasmi. Il fantasma dell'altro, lo straniero, soprattutto, salvo poi scoprire che quel fantasma non è che un riflesso in uno specchio.

domenica 23 gennaio 2011

Il libro del giorno: La genesi. Il diario del vampiro di Lisa J. Smith (Newton Compton)





















Un quaderno dalle pagine ingiallite giace in un cassetto. Elena lo trova e comincia a leggerlo. È il diario di Stefan, il suo amore. Tutto ebbe inizio alla fine del diciannovesimo secolo a Mystic Falls, Virginia. La vita dei fratelli Stefan e Damon Salvatore scorreva tranquilla tra splendide proprietà terriere e incredibili ricchezze. Un grande affetto li univa e i due fratelli erano inseparabili. Fino al giorno in cui nella loro vita comparve Katherine, una donna incredibilmente bella e dal fascino magnetico. Da quel momento tutto cambiò tra loro. Stefan e Damon iniziarono a lottare per conquistarla e inevitabilmente divennero rivali. Ma presto scoprirono l'atroce verità: gli splendidi vestiti e i luccicanti diamanti di questa misteriosa donna nascondevano un terribile segreto.

Anne Frank, la biografia ufficiale a fumetti” di Sid Jacobson e Ernie Colòn (Rizzoli Lizard)












Devo ammettere che nonostante qualche brano letto distrattamente lungo il mio personale percorso formativo (ed invero solo per dovere) non ricordavo proprio nulla del “Diario” di Anna Frank. E’ stata una lettura che ho chiuso in “tarda” età e ho avuto l’opportunità di cogliere la portata reale dei significati e della forza di un libro come questo nell’edizione voluta da Einaudi e curata da F. Sessi che presenta tre diverse versioni del diario di Anna Frank, attraverso uno scandaglio ermeneutico delle diverse stesure, con tanto di correzioni, cancellature, editing e censure del padre dell'autrice. Un’edizione splendida anche perché sono presenti plurimi saggi al suo interno dei curatori olandesi che ricostruiscono anche la storia della famiglia Frank e le vicende burrascose del diario. In una parola un lavoro editoriale fondamentale per comprendere il vero volto di un triste destino. Ora La pop Rizzoli Lizard pubblica lo splendido lavoro di Sid Jacobson e Ernie Colón dal titolo Anne Frank La biografia ufficiale a fumetti con la prefazione del magistrale Sergio Luzzatto

Si tratta di un uscita (start/up per il Giorno della Memoria e per il cinquantesimo anniversario dell’apertura al pubblico della casa di Anne Frank) che assume i contorni del “mitologico”: E per raccontare un micro-frammento di una destinalità che continua nella Storia ad essere un punto di riferimento per quanti vogliono “non scordare” gli orrori nazisti, si parte da un efficacissimo fumetto, che racconta la storia di Anne, partendo dai ritratti di famiglia, dalla vita dei genitori Edith e Otto ai primi anni di Anne, dai mefitici albori del nazismo alla fuga dei Frank ad Amsterdam, dagli anni passati nel nascondiglio segreto, all’arresto, alla deportazione sino all’epilogo doloroso. Imperdibile!

SID JACOBSON (testi) e ERNIE COLÓN (disegni) hanno già pubblicato, in coppia, 9/11 Report: A Graphic Adaptation, bestseller sulla cronaca e gli sconvolgimenti provocati negli Stati Uniti dalla minaccia del terrorismo, e Che: A Graphic Biography, biografia a fumetti di Ernesto Che Guevara.

sabato 22 gennaio 2011

Il libro del giorno: La divisione della gioia di Italo Testa (Transeuropa)













In un’atmosfera di erotismo conturbante, sospesa tra le note dissonanti dei Joy Division e la metafisica silenziosa dei quadri di Hopper, questa raccolta si sviluppa come un poema d’amore di lacerante intensità e bellezza, in cui voci maschili e femminili si richiamano, si scontrano, si cancellano, si confondono. Un dialogo incessante, in cui si alternano tenerezza e abbandono, rapimento e paura della perdita, e che si dirama come il delta del fiume su cui i personaggi si muovono, si lasciano, si ritrovano, tra sfondi naturali e paesaggi post-industriali che ricordano il Deserto rosso di Antonioni. Dialogo teatrale o romanzo in versi? A qualunque luogo appartenga, questo libro batte e ribatte senza sosta, con un ritmo fermo e implacabile, la materia dei giorni, la storia di uno e l’ansia di tutti, il canto che silenziosamente accompagna la divisione del dolore e della gioia.


«e quando nelle insegne luminose
che ritmano i grani dell’asfalto
hai visto il segno certo, il richiamo
ribattuto da ogni nostro passo,

o in una vetrina, controluce
hai scorto sul ripiano le pose,
le ossa spigolose del suo corpo
segnarti senza più un riparo,

come il giorno che stesa sul letto
ti sei girata, tranquilla, e hai visto
le grate che spartivano il vetro,
e alzandoti di scatto hai detto
che non sarebbe successo niente,
che tutto era ancora intatto
e mentre ti guardavo in silenzio
sei sparita nell’angolo cieco:

allora ho visto che nulla torna,
che la fragilità ci insidia
dall’interno, dentro le giunture,
s’insinua nelle vene, riveste
la piega opaca dei discorsi,

allora, chiamandoti in disparte
a fianco del letto avrei atteso,
la pelle a toccare il marmo freddo,
che tutto fosse tornato a posto,
il braccio nascosto tra le gambe,
la luce sulle mie cosce nude,
la mano a coprirti il pube:»


“Monologo di Alda Merini”, 13 Luglio 2008. A cura di Carmen Togni




















“Il 13 luglio 2008, domenica, ero a casa di Alda Merini. D’improvviso ella prese il registratore che avevo in mano e cominciò a parlare… Fu un monologo tutto d’un fiato… Ve lo propongo affinché, nel rispetto della sua figura possiate, voi che leggete, commentare e magari trarre conclusioni che possano portare un arricchimento personale a me oltre che a voi, ed una maggiore conoscenza di questa poetessa eccezionale. Ho chiesto il parere di Flavia su questa postazione, la quale si è detta d’accordo di proporla… Grazie amici, anche a nome di Alda che ha voluto attraverso queste parole lasciare un ulteriore messaggio a quanti la amano…” Carmen Togni (riproposto con il permesso di Flavia Carniti)

qui su Musicaos


Riporto intanto quanto scritto da Luciano Pagano su Musicaos a proposito di questo evento scritturale: "Carmen Togni, che ci ha dato la possibilità di estendere ai lettori di Musicaos.it questo monologo registrato il 13 luglio del 2008 è autrice di diversi libri, l’ultimo dei quali, edito di recente, si intitola proprio “Il sogno di Alda” (Edizioni Del Poggio, 2010). La ringraziamo per averci fatto conoscere questo ‘frammento’ di vita di questa grande poetessa.
“Dopo aver saputo della morte di Alda Merini, sono rimasta in silenzio per tutti i giorni seguenti leggendo e meditando tutto ciò che veniva riportato sulla stampa e mediante internet. Il venerdì successivo, in mattinata, la mia mano, guidata da non so quale input, ha cominciato a scrivere. Le parole sono uscite spontaneamente. Alla fine, quando misi il titolo ‘Canto ultimo per Alda Merini’, la mia mano tremava… L’impressione era che quelle parole me le avesse dettate lei mentre stava continuando il suo viaggio da pochi giorni intrapreso…” (C. Togni)

venerdì 21 gennaio 2011

Il libro del giorno: L'energia del vuoto di Bruno Arpaia (Guanda)


















È notte, su un'autostrada svizzera. Una macchina procede a velocità sostenuta, diretta a Marsiglia. A bordo un uomo, Pietro Leone, funzionario dell'Onu a Ginevra. Accanto a lui dorme il figlio Pietro, una console stretta tra le mani, i jeans a vita bassissima come ogni adolescente che si rispetti. I due sono in fuga, da non si sa bene cosa. La sola cosa che Pietro sa è che da giorni qualcuno sta tenendo sotto controllo i movimenti suoi e della sua famiglia e che la moglie Emilia, ricercatore al Cern, è scomparsa da casa da qualche giorno. La donna stava lavorando, con un gruppo di fisici spagnoli, a un rivoluzionario calorimetro per decifrare le energie di fotoni ed elettroni...

Storie da Città di Solitudine e dal Km 76 di Giovanni Sicuranza (Youcanprint). Un estratto dall'opera





















"Il capriccio graffia le pareti dell’uomo fino a gettarsi nelle sue profondità, riempiendole di note lontane. Lui continua, continua a sottostare all’emozione che libera il suo deserto e suona, silenzio pieno di accordi di violino, davanti ad un pubblico di nulla. Le dita di una mano che camminano sulla tastiera, corrono, si fermano, tornano indietro e ricominciano; quelle dell’altra mano che si arrampicano sull’archetto, lo solleticano, lo ghermiscono e concedono solo lampi di pausa prima di un nuovo inizio. L’uomo è un pendolo libero nello spazio che si muove con le note. Il capo reclinato sulla mentoniera, verso i salti dell’archetto, gli occhi chiusi nell’immagine di una donna
mai conosciuta e di una figlia mai nata, seduti. In ascolto. E all’improvviso, con un singulto di note spezzate, il violino smette di eseguire il Capriccio lento in sol minore di Niccolò Paganini e si affloscia trascinato al suolo dalla caduta del braccio. Il maestro Camillo Fadore, professore di musica in pensione, apre gli occhi, piano, come gli accade sempre in questi casi. Davanti a lui, una porta incrostata di bianco è chiusa su una parete spoglia, dove solo la grafia del gatto randagio del palazzo ha lasciato tracce di vita. La musica riempie l’animo, Camillo Fadore, non le case." (tratto dal racconto Il Violinista)
In una notte sospesa nei nostri tempi, il custode del cimitero di Fine Viaggio termina il suo percorso terreno adagiato tra le dimore dei defunti del paese. Ha una storia che riguarda ognuno di loro, appresa osservando giorno dopo giorno le foto sulle lapidi. Follie,tragedie,amori intensi e malati. I racconti si sviluppano intrecciandosi durante la lucida agonia dell'uomo. Fino all'epilogo, un segreto di morte che riguarda proprio il custode. E dopo la sua morte, al Km 76, che segna il punto in cui la statale lambisce Fine Viaggio, un nuovo tipo di culto dei defunti avrà inizio.

giovedì 20 gennaio 2011

Il libro del giorno: Un sacco di ingiustizie di Giorgio A. Pisano (Edizioni Creativa)
















Kinduku, amicizia, unione, fusione di idee, sensazioni, pensieri, riflessioni dinamiche scaturite dall’Africa e che dall’Africa stessa si diramano. Vademecum sincero, figlio di un’esperienza magica in una terra martoriata che cerca di raccontare se stessa con l’inchiostro del cuore di chi ha toccato la gioia e la sofferenza dell’incontro. Umanità da scoprire, martoriata sul baratro del neocolonialismo e ansiosa di una speranza rigeneratrice, alimentata dalla Parola che si incarna ogni giorno, pronta a varcare i confini su un mare di indifferenza e pronta bussare alle porte delle nostre coscienze.


Il ricavato della vendita del libro sarà interamente devoluto alla Fondazione Sasa, per la costruzione di un salone ''Agorà - Kinvuka'' (= piazza, luogo d'incontro - = gioia di stare insieme), a Kikwit 4 nella R.D. del Congo a favore dei ragazzi e dei giovani, per la loro informazione (cause della povertà, neocolonialismo, sfruttamento dei paesi del Nord del mondo etc.), formazione umana e cristiana e cultura.

Besa editrice a D/Battiti a cura di ACMElab







BESA nasce con l'attenzione rivolta a quegli ambiti letterari che sono da sempre stati penalizzati dal grande circuito editoriale: il travaglio dei Balcani, il crogiolo multietnico del Mediterraneo, la solarità transnazionale del mondo ispanico dall'Europa alle Americhe. Punti di riferimento di un progetto che intende volgere in lingua italiana le produzioni culturali scaturite da questi grandi bacini di idee, di creatività e d'arte. A queste letterature in continuo divenire che invocano - tanta è la loro fertilità - una riscoperta permanente o, forse, la riscoperta, Besa dedica gran parte delle sue collane, consapevole che proprio da questo universo in attivo fermento proviene il meglio delle scritture contemporanee. La casa editrice si propone, altresì, di valorizzare quelle aree di scrittura della narrativa italiana analogamente ignorate dal pubblico: proposte letterarie innovative e sovente alternative alle scuole consolidate, incluse quelle che si presentano come sperimentali o d'avanguardia. La produzione di Besa è orientata verso un rigoroso rispetto del pubblico: le opere straniere sono tutte tradotte dalle lingue originali per far sì che il lettore italiano fruisca nel modo più diretto dei valori espressivi anche di testi provenienti dalle aree linguistiche meno frequentate. Con la propria attività Besa intende stimolare dibattiti ed iniziative nel campo della scrittura: un contesto che in nome delle nuove tecnologie è considerato quasi in via d'estinzione, mentre è molto probabile che debba ancora conoscere vaste e gratificanti affermazioni, proprio in virtù e con l'ausilio della stessa tecnologia. "D/battiti - fra le righe" è una rubrica letteraria prodotta da ACMElab e curata da Stefano Donno. Novità, curiosità e recensioni dal mondo letterario. Ospite della quinta puntata è Livio Muci di Besa Editrice che presenterà le ultime novità prodotte dalla casa editrice tra cui "La Cerva" di Daniela Palmieri. www.acmelab.it

Qui il video

mercoledì 19 gennaio 2011

Il libro del giorno: India mon amour di Dominique Lapierre (Il Saggiatore)






















Nei primi anni settanta Dominique Lapierre, con Larry Collins, arriva a Nuova Delhi per scrivere la straordinaria storia dell'indipendenza dell'India dall'impero britannico. È l'inizio di una prodigiosa storia d'amore. Al volante di una vecchia Rolls-Royce Silver Cloud - la macchina dei maharaja percorre in sei mesi più di ventimila chilometri. Raccoglie testimonianze e documenti unici, vive avventure rocambolesche, conosce e riesce persino a intervistare gli assassini del Mahatma Gandhi. Ne nascerà "Stanotte la libertà", racconto epico sulla lotta per l'indipendenza indiana. Dopo il primo viaggio, Lapierre ritornerà in India incessantemente, impegnandosi in programmi concreti contro le condizioni di estrema povertà. Incontra madre Teresa di Calcutta; collabora con James Stevens, fondatore del centro Udayan, grazie al quale migliaia di figli di lebbrosi vengono strappati dalla miseria e dalla malattia. L'intervento di Lapierre si rivelerà decisivo per la sopravvivenza e il rilancio di questa istituzione. Seguiranno gli anni vissuti tra i diseredati delle bidonville di Pilkhana, a fianco dell'infermiere svizzero Gaston Grandjean. Anni di grande slancio e di immersione nella sofferenza e nella privazione da cui vedranno la luce un libro e un film celeberrimi: "La Città della gioia". Ripetuti viaggi nei misteri del paese-continente, la vitalità e il fascino dell'umanità incontrata si condensano in "India mon amour".

L'istinto del pane di Annalisa Fantini (LAB di Giulio Perrone editore)








Abbiamo avuto già il piacere di apprezzare il precedente lavoro di quest’autrice con il suo “L’innocenza indecente” (Il Filo) dove si raccontano sedici storie di donne che vivono al margine dell’esistenza, narrazioni che sono lontane nel tempo e nello spazio legate alcune a vicende gestite in prima persona da Annalisa Fantini come giornalista, altre frutto di pura invenzione. Comunque lavoro dedicato alle donne che riscoprono l’importanza del “ritrovarsi” solidalmente quando tutto sembra perduto. Ora per i tipi di Lab di Giulio Perrone editore, nella collana Gli Ulivi diretta da Teresa Romano, esce un nuovo interessante lavoro di Annalisa Fantini dal titolo “L’istinto del pane”. Interessante perché parla di guerra, parla di orrori e atrocità, di dolori che solo la guerra è in grado di procurare. Un libro la cui originalità sta nell’aver però dato voce, corpo e fiato a quelle vite che non hanno mai impugnato un fucile, o non hanno mai diretto operazioni militari, o non hanno mai governato uno stato in tempo di conflitto bellico. E’ il b/side della guerra, quello delle vittime innocenti e della gente comune, forse più autentico, più veritiero perché nessun libro di storia ne darà mai conto.

– Abbiamo detto mai più all’odio, al genocidio, alla violenza… lavoro per migliorare la condizione di questa gente – dice Emilio a Marcello,mentre tra lui e Carolina si accende la fiamma dell’amore, ballando in una notte d’estate piena di stelle e di speranze. Wojtek Pankiewicz

Quest’autrice è brava, di grande talento, perché è in grado di coniugare nella sua scrittura leggerezza, delicatezza e rigore tanto da conferire ad ogni suo libro un’impronta unica che spinge a il lettore a diventare un suo “aficionados”. Assolutamente consigliato!

martedì 18 gennaio 2011

Il libro del giorno: RIAPRIRE LA PARTITA di Nichi Vendola (Ponte alle Grazie)

















Se riteniamo che la qualità della società in cui viviamo sia fondamentale per il nostro buon vivere, non possiamo non interrogarci sul nostro rapporto tra politica e felicità. Ma da dove cominciare? Siamo nel pieno di una crisi d’epoca, in cui non si può rintracciare un modello assoluto, un’ideologia, che plasmi la società a sua immagine. Le antiche costruzioni teoriche e pratiche della sinistra, in Italia e nel mondo, non rispondono più alle domande di senso presenti nella nostra società. Le risposte a questa crisi di senso si alternano tra populismo e tecnocrazia. La complessità è vissuta nella paura delle diversità, nell’abbandono dei pensieri lunghi, nel trionfo dell’anaffettività. «Riaprire la partita» e non «riaprire un partito», dunque, per ripensare alla passione politica come ad una grande azione collettiva necessaria per cambiare il mondo.
Attraverso le parole di Nichi Vendola e quelle del manifesto, proposte nel congresso fondativo di Sinistra ecologia libertà, riemerge l’urgenza di una nuova politica per un’alternativa di società, per restituire senso ad un grande percorso di liberazione: del lavoro, dell’ambiente, dei saperi, ma anche delle parole e degli affetti. Una presenza inedita nel panorama politico contemporaneo, un libro ricco e pieno di suggestioni, una «narrazione» del cambiamento ripartendo dai vissuti, dalle speranze, dalle idee di uomini e donne che non hanno smesso di sognare la concretezza di «un’Italia migliore».

Esplorare i propri abissi per ricominciare a vivere, uomini alla ricerca dell'equilibrio degli squali. Intervento di Roberto Martalò












La ricerca di un equilibrio e di un ordine è un'aspirazione caratteristica degli uomini o è uno scopo etologicamente legittimo al quale tutti gli animali tendono? La solitudine, la depressione, la paura di vivere e morire non sembrano condizioni esclusive dell'essere umano ma appartengono anche ad altre specie. Collocato nella collana Elefanti Bestseller della Garzanti, L'equilibrio degli squali di Caterina Bonvicini affronta questi temi con originalità, mettendo in parallelo i comportamenti dei suoi protagonisti con quelli degli squali, che grazie alla pinna caudale trovano la loro stabilità. Sofia Ballarò, giovane pittrice e fotografa, conosce la malattia della depressione: sua madre si è suicidata lanciandosi da un balcone, il suo ex marito Nicola soffre costantemente di crisi e paranoie che lo inducono a desiderare di togliersi la vita. Lontano dal padre, in giro per il mondo per studiare gli squali, e ottenuto il divorzio, Sofia prova a ricostruirsi una vita senza un punto di riferimento vicino: così conosce Arturo, consulente finanziario instabile e preda di crisi di ansia, e Marcello, regista sposato e debole per vocazione e convenienza. Alla ricerca perenne di un equilibrio personale e sentimentale e ossessionata dall'ordine, l'artista riscoprirà chi era sua madre attraverso delle lettere che non aveva mai voluto leggere e che la porteranno a immedesimarsi fino al desiderio di annientarsi. L'autrice ci dimostra con un linguaggio ironico e arguto che tutti hanno i propri demoni da affrontare e abissi da esplorare per poter avere consapevolezza di sé e godere di una felicità che non sia solo una corazza contro l'angoscia. Un romanzo teso e smisuratamente irrequieto che vuole far luce sugli uomini, sui rapporti tra le persone e su certi comportamenti “mostruosi” che ci accomunano molto ai pescecani, tanto misteriosi quanto affascinanti.

L'equilibrio degli squali di Caterina Bonvicini

Garzanti Libri, 237 pag, 9,90€

lunedì 17 gennaio 2011

Il libro del giorno: Diario Sincronico 2010-2013 di Paola Sani e Giovanna Battistini (Wip edizioni)












Diario pratico, interamente illustrato a colori, per un uso giornaliero (fino al 2013), attraverso cui diventa immediatamente chiaro che lo standard armonico di 13 Lune di 28 giorni è qualcosa di più di un semplice calendario. È la chiave che apre la porta ad un’intera nuova realtà, l’ordine sincronico. Questo termine definisce la realtà quadridimensionale del tempo distinta da quella tridimensionale dello spazio. Brillante introduzione al Sincronario che presto sostituirà l’irregolare ed anacronistico Calendario Gregoriano ora in uso. E' un diario di bordo, una mappa del tesoro, che misura e risveglia i moti dell'anima, nel gioco cosmico, universale. Impariamo così a vedere e a seguire il sentiero delle sincronicità, per riunificare la nostra verità individuale a quella divina.

I fuoriusciti di Michele Lupo (Stilo Editrice)












Un pittore che incarna quotidianamente il suo fallimento su più livelli ontologici alle prese con un amore delirante e un infante da accudire (Il babysitter); un uomo di chiesa colmo delle ombre di tante anime, si apre attraverso una missiva oltre il delirio al suo “confessore”, uno psicanalista (Ego te absolvo); il senso di un sud del sud del mondo in una “promenade sulla circonferenza” che ri/traccia una destinalità smarrita di un uomo del meridione (Gatti del Sud); e ancora un maldestro libraio, che una serie di circostanze trasformano in un omicida “vendicatore” (Cimento); e poi l’automutilazione dei sogni e delle speranze di una poetessa in “Congedo”. Solo pochi e sommari ritratti di storie ai confini della marginalità e della deriva, che trasformano questo lavoro in un libro non solo godibilissimo, ma assolutamente da consigliare. Questo racconta Michele Lupo nello splendido lavoro edito da Stilo editrice dal titolo “I fuoriusciti” che narra di come sovente l’inconsistenza del vivere sociale e l’assurdità di certe convenzioni acuiscono interiori fragilità ed equilibri di persone che alla fine non riescono ad orientarsi su ciò che è reale e ciò che non lo è, su ciò che si può fare e ciò che non è consentito. Questi sono i fuoriusciti, mosaico di voci surreali, distonici, distopici dove al peggio quasi – ci sembra voler dire tra le righe l’autore – non c’è mai fine!
Michele Lupo è nato a Buenos Aires e vive a Tivoli, dove insegna nella scuola pubblica. Il suo primo viaggio lo fa in nave, a nove mesi: dura ventinove giorni, dal Sud più remoto del mondo al piccolo Sud d’Italia. Neppure maggiorenne, lavora prima in un ristorante a Berlino e poi in una fabbrica dell’hinterland romano. Prima di laurearsi in Lettere all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, compie studi musicali presso il Conservatorio de L’Aquila. Avendo vissuto in Campania, Lazio e Lombardia, ha constatato, in quello che la tradizione letteraria italiana ha vanamente sognato come il ‘Bel Paese’, la persistenza di molti Sud. Ha pubblicato numerosi racconti su riviste letterarie, il saggio Elementi carnevaleschi nel Decameron (Loffredo Editore, 1992), il romanzo L’onda sulla pellicola (Besa Editrice, 2004). L’ennesimo Sud lo ha raccontato in un reportage sulla Cambogia apparso su «L’Unità» nel 2009 e prossimamente sul numero 13 della rivista «Crocevia» (Besa Editrice). Nel 2011 è prevista anche l’uscita del suo secondo romanzo. Collabora con «Il paradiso degli orchi» (www.paradisodegliorchi.com) e «La poesia e lo spirito» (lapoesiaelospirito.wordpress.com) : vi scrive, con marcata vis polemica, di libri altrui, scuola e disastri italiani diffusi. Il suo blog è michelelupo.blogspot.com. L’indirizzo e-mail: michele.lupo@tin.it

domenica 16 gennaio 2011

Il libro del giorno: Le Beatrici di Stefano Benni (Feltrinelli)















Otto monologhi al femminile. Una suora assatanata, una donna ansiosa e una donna in carriera, una vecchia bisbetica e una vecchia sognante, una giovane irrequieta, un'adolescente crudele e una donna-lupo. Un continuum di irose contumelie, invettive, spasmi amorosi, bamboleggiamenti, sproloqui, pomposo sentenziare, ammiccanti confidenze, vaneggiamenti sessuali, sussurri sognanti, impettite deliberazioni. Uno "spartito" di voci, un'opera unica, fra teatro e racconto. Una folgorazione. Tra un monologo e l'altro, sei poesie e due canzoni.

Prima che il mondo cominci a bruciare di Federico Crosara (La Riflessione - Davide Zedda editore)












Non posso che ritenere un libro come questo, ancora oggi più che mai, fondamentale, per contenuti e per coordinate ermeneutiche fornite per comprendere la realtà del precariato. O forse sarebbe meglio parlare di orizzonte della PRECARIETA’ in cui vengono espulse le odierne generazioni di “lavoratori”. Oltre le considerazioni di rito sulle possibili analisi semantiche del termine PRECARIETA’, emerge da ogni singola pagina di questo lavoro un pervasivo senso di non-compiuto, grazie ad una scrittura asciutta ma dal ritmo sincopato che mette in scena vicende esistenziali di de-significazione totale e selvaggia. L’universo semantico da cui prende spunto Crosara, è il pluriverso dei contratti a progetto, contratti a tempo determinato, lavoro nero, sottopagato, voragini che succhiano slanci ed energie vitali. “Prima che il mondo cominci a bruciare” è un canto di lotta, un urlo in battaglia, affrontato con un risus sardonicus, ironico e autoironico. Un canto che possiede tutta la forza di una voce “dentro” la precarietà, dove si meticciano i tasselli di vite sospese e inquiete.
Federico Crosara sbatte dunque in faccia ai suoi lettori il cancro del lavoro precario, che in Italia, è molto più devastante di quanto viene raccontato persino dai gruppi di tutela dei lavoratori come i sindacati. Ma aspetto ancora più infelice è il fatto che si parla mai di tutti i disagi di deprivazione psicologica e materiale che la condizione del “precario” affronta ogni giorno. E soprattutto questo lavoro lascia un amaro e pauroso interrogativo: quanto potremo/potranno resistere?

sabato 15 gennaio 2011

Il libro del giorno: Tempted di P.C. Cast - Kristin Cast (Nord editrice)

















Mi chiamo Stevie Rae Johnson, ho diciassette anni e un tempo ero la migliore amica di Zoey Redbird, la prima Somma Sacerdotessa novizia della Storia. Adesso che mi sono Trasformata in una vampira, però, ho paura di aver rovinato tutto. A una migliore amica non si dovrebbe nascondere nulla, giusto? Io invece non posso confidare a Zoey i miei segreti, altrimenti rischierei di perderla. Perché ho fatto una cosa terribile: ho salvato la vita a uno dei nostri nemici, Rephaim, il capo dei demoni-corvo. So che lui ha aggredito moltissimi novizi della Casa della Notte, eppure, quando l’ho visto accasciato a terra, spaventato e ferito, ho capito che proprio non potevo lasciarlo lì, da solo. Allora l’ho portato in un luogo sicuro e l’ho curato. Quando inizierà a stare meglio, spero di convincerlo a voltare le spalle al Male e ad aiutarci. Dobbiamo assolutamente scoprire dove si trova Kalona – l’essere immortale che minaccia di distruggere la razza umana – prima che sia troppo tardi. Lui infatti sta usando il suo potere per entrare nei sogni di Zoey: vuole sedurla e farla diventare una sua alleata! E, per lei, ormai è sempre più difficile resistere al suo diabolico fascino...

Il profumo delle foglie di limone di Clara Sanchez (Garzanti)












Ci troviamo in Spagna, e per l’esattezza in Costa Blanca. Splendide spiagge, gente cortese e amabile. Un piccolo paradiso in terra. Siamo in piena estate nonostante il mese di settembre sia quasi alla fine. Tutto è vivificato da un intenso profumo di limoni che si sparge sino al mare. Ecco Sandra, trentenne sul punto di fare i conti con se stessa e con la sua vita. Non sa cosa fare della sua esistenza: senza lavoro, e incinta di un uomo che in fondo sente di non amare. Conosce Fredrik e Karin Christensen, una coppia di “nonnetti” norvegesi tutta sorrisi e affabilità. Li sente suoi, come se fossero stati i suoi di nonni. Quelli che non ha mai avuto. Ma c’è un MA!!! Quegli adorabili vecchietti hanno un passato alle spalle di atrocità, orrore e sangue. Già …! Erano stati i più feroci tra i nazisti: hanno ucciso e torturato senza pietà e misericordia. Ora hanno in mente di ricominciare. E questo lo sa perfettamente Julian, anche lui in Costa Blanca, scampato al campo di concentramento di Mathausen, e cacciatore di SS. Sandra è l'unica che può aiutarlo, anche se sarà difficile farle aprire gli occhi su una terribile verità. Libro splendido che si legge tutto d’un fiato quello di Clara Sanchez uscito per Garzanti, dal titolo “Il profumo delle foglie di limone”. Il ritmo della scrittura è avvolgente, elegante, incalzante e tutto questo contribuisce a renderlo un libro assolutamente consigliabile. Anche perché ci aiuta a capire che spesso sotto un velo di normalità e benevolenza, si possono nascondere degli incubi inimmaginabili.

venerdì 14 gennaio 2011

Il libro del giorno: Incenerire i rifiuti? No grazie! di Gianluca Ferrara (Dissensi edizioni)



















Gianluca Ferrara in questo prezioso manuale spiega, in maniera semplice ma argomentata, come gli inceneritori (erroneamente definiti “termovalorizzatori”) siano l’ennesimo inganno imposto dalla classe politica succube della lobby di turno.
Gli inceneritori sono la risposta funzionale, partorita da un sistema economico malato che ha l’obiettivo di renderci dei consumatori obbedienti ed inconsapevoli. Il messaggio è: “Consuma tanto, poi noi bruciamo tutto!”. Ma gli inceneritori sono molto dannosi per le sostanze che emanano nell’ambiente e più studi dimostrano una stretta correlazione con l’aumento di patologie cancerogene nelle zone circostanti. Inoltre, non convengono dal punto di vista energetico, la loro realizzazione è molto dispendiosa e non producono occupazione a differenza della raccolta differenziata porta a porta. Raccolta differenziata che è incompatibile con la presenza degli inceneritori.
Ma quale soluzione al problema dei rifiuti? La risposta ci è data dall’intervento del professore americano Paul Connet teorico di “Zero waste”, vale a dire creare una società a zero rifiuti che miri al riutilizzo dei prodotti e la messa al bando di tutti quei materiali che non possono essere riciclati. L’esperimento sta prendendo piede in California ma anche in realtà italiane quali Capannori (Lucca) come è ben spiegato dal dott. Rossano Ercolini.
Pag. 102

Cartoline dai morti, di Franco Arminio (Nottetempo). Intervento di Nunzio Festa












Tra l'aforisma e il racconto brevissimo, tra la levità della poesia e la claustrofobica dichiarazione d'essere in disaccordo con le idee di lettura solite di vita e morte nasce l'ultimo libro del paesologo di Bisaccia, Franco Arminio, “Cartoline dai morti”. Con 128 testi, per l'esattezza 128 pezzi di vita, più ovviamente un'altra, quella dell'autore stesso, che sono la vita stessa riassunta senza transigere dalla spietatezza del poeta Arminio, il mercato qualunquista deve vedersela con una nuova opera impossibile da annegare nel calderone. Prima di confessare che, soprattutto, gli scritti sono frutto di momenti dell'ipocondria che ad Arminio sappiamo, lo scrittore e poeta, il battagliero viaggiatore dei luoghi al margine c'insegna che le esistenze comuni, accanto al passaggio della morte, o quindi subito prima e maledettamente subito poi, hanno nella semplicità il loro capogiro. Fanno stordimento con la drammatica facilità con la quale si può e/o potrebbe morire. Ovviamente l'editore non poteva che portare l'accostamento all'Edgar Lee Masters dell'”Antologia” per esaltare ulteriormente l'opera. Ma il libro non né avrebbe, in assoluto, avuto bisogno. Eppure, per chiarezza, qualche somiglianza passa fra i sommi testi. Che, per esempio, anche Franco Arminio, molti anni dopo, ci da la sensazione di voler ambientare la sua opera in piccole quanto grandi territori al limite. Di provincia, si potrebbe dire. Nonostante mai capiamo, dagli scritti, luoghi e contesti. Forse per una dannazione tutta nostra, allo stesso tempo, l'intuiamo. Queste brucianti cartoline, a quattro anni di distanza dal “Circo dell'ipocondria”, sono lasciti di chi parte e non da dove arriva. Come se si stesse in un etere. Se non avessi già letto in anticipo qualche testo, “Cartoline dai morti” avrebbe sicuramente fatto in me anche più dolore di quanto sia riuscito a farne. Eppure quel malore temporaneo non è che un effetto desiderato. Anzi l'indesiderato che diviene effetto in virtù delle vite normali spiaccicata al vuoto da una morte solitamente improvvisa. Non potendo sorride durante la lettura, per accortezza specifica, comunque si spieghiamo che di nuovo il destino di morire (al di là d'ogni santa e meno santa paura): lotta contro la morte: sconfigge l'idea più diffusa di morte. Senza ombre e ombrette di dubbio, Arminio avrà pure voluto dire molto altro. C'è tempo.

giovedì 13 gennaio 2011

Il libro del giorno: Scrivere è un gioco di Stefano Giovinazzo (Edizioni della Sera)














Una conversazione eccellente sulla scrittura. Dopo Dacia Maraini, un altro grande nome si racconta per la collana “Le Bussole”. Enfant prodige della letteratura, Paolo Di Paolo, seppur giovanissimo, oggi è uno degli scrittori italiani più talentuosi e apprezzati in Italia. In questa conversazione con Stefano Giovinazzo, argomento chiave è la scrittura, passione che Di Paolo ha iniziato a coltivare già da bambino e che si è sviluppata a dismisura nel tempo, che si proietta in una cultura letteraria invidiabile, un approccio quasi viscerale al libro e ad un legame fortissimo con la lingua italiana. Il critico letterario delinea i caratteri di un mondo e di una passione, la scrittura, che è catarsi, continuo confronto fra chi scrive e chi legge, e “riflesso di un’ipersensibilità che si esercita, anche ossessivamente, su dettagli che molti trascurano”. Di Paolo ci fa penetrare in un mondo, la scrittura, svelandone i segreti in modo acuto e stimolante.
«Nell’intervista Paolo parla dell’epifania che a lui per primo riserva la sua scrittura, il suo gioco di prestigio. Chiunque scriva per interna necessità e disposizione sa che questo è vero: la scrittura rivela sempre a se stessi qualcosa di sé e del suo stare al mondo. Ma i giochi, anche di prestigio, sono una cosa seria e chi scrive con l’essenzialità con cui scrive Paolo non può non essere che un giudice serio e severo del suo stesso “gioco”». dalla prefazione di Giulia Alberico.

Lettera a D. Storia di un amore di André Gorz. Intervento di Elisabetta Liguori











Poiché l’amore è tema sempre di gran moda e l’uomo sembra continuare ad averne bisogno come di una zattera per navigare il mondo, è giusto farsi ogni tanto un paio di domande a tema. Quanto dura esattamente? Ha una data di scadenza come lo yogurt? Come si modificano nel tempo le sue particelle organolettiche? Cosa ne resta in vecchiaia? Sarebbe bello poterlo chiedere ad Andrè Gorz. Purtroppo, e forse non a caso, Gorz è morto suicida nel 2007, assieme alla moglie Dorine, affetta da un morbo degenerativo. La sua è ormai, come quella di altri, la voce di un mito. «Ebreo austriaco», come amava definirsi, nato a Vienna nel 1923, trasferitosi prima a Losanna, poi a Parigi, dove iniziò la carriera di giornalista e saggista, arrivando fino alla direzione di «Les Temps Modernes», la rivista di Sartre, e alla fondazione con Jean Daniel del «Nouvel Observateur», fu uno dei grandi intellettuali di Francia. Con opere come “ Il traditore” influenzò l’esperienza di tutta sinistra europea (anche se non mancò chi, come sempre accade per i liberi pensatori, seppe rintracciare tra i suoi gli ideali tipici della destra) . “Lettera a D. Storia di un amore”, pubblicato da Sellerio, è la sua ultima opera. Una dichiarazione appassionata indirizzata alla moglie, che ne fa oggi una sorta di maìtre à penser del sentimento. Con questa lettera l’amante spiega all’amata, e a se stesso, come è nato il loro amore, quanto difficile è stato riconoscerlo, fino a dove si è spinto e perché. Quello di Gorz per la sua Dorine, infatti, è un amore durato 58 anni. Un amore senza data di scadenza, quindi, che in questa sua metafisica ostinazione sembra opporsi ad ogni legge razionale, ad ogni principio di politica sociale, ad ogni approfondimento intellettuale. Leggendo questo brevissimo trattato di antropologia, s’intuisce che, per il realizzarsi dell’amore duraturo, due sono i picchi caratteriali richiesti: fragilità e fascinazione. Gorz, pur nella sua estrema lucidità da filosofo, appare divorato da un vuoto che solo l’assoluta e costante dedizione alla moglie sembra colmare. Questo vuoto trasforma il suo amore in una cura e in un’ossessione. Un vuoto dinamico, auto rigenerante, che consente a due individui, di per sé refrattari ai ruoli che la collettività sembra voler imporre loro, di creare dimensioni alternative e appaganti. Dimensioni reciproche, simili a certe cantilene che si cantano a due voci: comincia uno, l’altro segue e ripete, poi si ricomincia in ordine inverso, ipnotico. E ancora e ancora. Andrè non riesce ad immaginarsi, se non con Dorine: in questo segreto, che Gorz riesce a svelarci solo da vecchio, si celano forse le risposte che cercavamo. L’amore dura nel tempo quando va a sanare una ferita personale e antica, quando consente a chi crede di non averlo, di trovare un posto sicuro nel mondo. Anche periodicamente diverso, ma ugualmente solido. Solo così l’amore può trasformarsi senza perdere vigore; solo così può diventare fatto narrabile e dunque diverso e vero ad ogni diverso tentativo di narrazione. Continuo è il parallelo che Gorz fa tra amore e scrittura. Scopo della vita dello scrittore non è ciò che si scrive, non il soggetto trattato in sé, ma il bisogno di scrittura. Il raggiungimento della consapevolezza che, quando tutto sarà stato detto, tutto resterà ancora da dire. Così con i sentimenti dunque: vince l’amore che ha bisogno d’amore e che nel tempo continua a volersi riscrivere. Al di là e al di qua della stessa esistenza materiale.
André Gorz - Lettera a D. Storia di un amore
pp. 68, euro 9 - Sellerio, 2008

mercoledì 12 gennaio 2011

Il libro del giorno: Li romani in Russia di Simone Cristicchi, Elia Marcelli, Niccolo Storai (Rizzoli Lizard)





















Li Romani in Russia è poema, racconto, ricordo, denuncia: testi monianza unica, e partecipata, di uno dei momenti più drammati ci del Novecento, resa in prima persona da uno dei suoi protagonisti . Un meraviglioso aff resco epico in ott ave classiche, crudo come la tragedia che narra, forte come lo spirito di chi non si arrende, struggente come il saluto a una giovane vita che parte per non tornare mai più. Firmata da uno dei più grandi poeti romaneschi della nostra epoca, quest’indimenti cabile opera sulle vicende dell’esercito italiano durante la terribile Campagna di Russia – una “guerra di invasione senza pretesto” – è oggi, grazie alla sensibilità dell’apprezzato cantautore romano Simone Cristi cchi, graphic poem e spett acolo teatrale. E torna con tutt a la sua forza a stupire, commuovere e segnare le coscienze, nel nome di centi naia di migliaia di vite sacrifi cate all’odio e al delirio di potere.

Simone Cristicchi nasce a Roma nel 1977. Vincitore di premi presti giosi tra cui la Targa Tenco per il Migliore Album d’esordio e il Premio Giorgio Gaber, nel 2007 vince il Festival di Sanremo con il brano Ti regalerò una rosa e pubblica il volume Centro d’igiene mentale, che ispirerà una serie di concerti teatrali dal lui stesso diretti e interpretati. Nel 2009 porta in teatro Canti di miniera, d’amore, vino e anarchia con il coro dei Minatori di Santa Fiora, spettacolo che alterna monologhi e canti popolari e che culmina nell’esibizione al concerto del 1° Maggio a Roma. Nel 2010 torna sui palcoscenici con Li Romani in Russia, adattamento teatrale del poema epico di Elia Marcelli, per la regia di Alessandro Benvenuti.

Elia Marcelli (1915 – 1998) è stato poeta, regista e sceneggiatore. Ha partecipato come sott otenente a quatt ro campagne di guerra, in Francia, Jugoslavia, sul fronte greco-albanese e infi ne in Russia, da cui tornò invalido. La sua copiosa produzione lett eraria comprendente opere narrati ve, poeti che, drammati che, sceneggiature teatrali e cinematografi che, è stata catalogata e raccolta negli Archivi Lett erari del ’900 della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.

Niccolo Storai, nato a Prato nel 1978, è autore di fumetti e cartoni animati, nonché illustratore di libri per bambini. Ha lavorato per Nicola Pesce Editore, Tunué, Double Shot, fi rmato storie per le riviste “Heavy Metal” (USA), “FornoMagazine” (Israele), “Mono”, e collabora in qualità di colorista a “Il Giornalino”. Assieme agli animatori Riccardo Corsi e Marco Morresi ha fondato lo studio di animazione Dramph, che realizza cartoni animati e commercial per tv.

“The Rabbits” di John Marsden e Shaun Tan (Elliot)












“I conigli arrivarono molti nonni fa. All'inizio non sapevamo cosa pensare. Ci somigliavano un po'. Alcuni di loro erano gentili. Ma gli anziani ci misero in guardia: state attenti.”. L’incipit di un piccolo libro, preziosissimo, terribile anche nel suo essere favola. Parliamo di un libro illustrato “The Rabbits” di John Marsden e Shaun Tan, pubblicato da Elliot. Ma di favola essenzialmente ci ho visto poco, se non per lievi accenni di sceneggiatura e di tratto, che “more geometrico” costruiscono una storia complessa e drammatica. In poche pagine si parla di colonizzazione nel senso più forte del termine, ovvero l’immissione forzosa di culture, tradizioni, tecnologie “aliene” che coprono ritualità, civiltà, memorie. In una parola invasione. Non so se esattamente si può individuare una storia appartenente ad un popolo, ad una nazione specifici, ma con certezza il messaggio contenuto in questa pubblicazione può dare molto da pensare. I conquistatori sono rappresentati da orde di conigli che arrivano, consumano, distruggono, depredano, devastano. Opera iper/visionaria, splendida. Chi volesse poi saperne di più in fatto di colonizzazione, consiglio “I cortili dello zio Sam” di Noam Chomsky (Gamberetti) testo scorrevole ma scioccante, che in fatto di “invasioni” può dare molte dritte!

martedì 11 gennaio 2011

Il libro del giorno: Il vangelo nella discarica di Daniele Moschetti (Dissensi edizioni)












Con contribuiti di Don Luigi Ciotti e Padre Alex Zanotelli. Tutto il ricavato della vendita sarà devoluto ai bambini di strada della comunità di Korogocho
“Il libro di Padre Daniele raccoglie le sue lettere e le lotte degli anni da lui trascorsi a Korogocho dal 2001 al 2008. Sette anni duri, difficili, di missione nella baraccopoli di Korogocho, una delle tante baraccopoli di Nairobi. Korogocho è una collina di un km quadrato dove sono accatastate 100-120 mila persone. Non ci sono particolari servizi da parte del comune eccetto l’acqua potabile che viene portata in baraccopoli e poi rivenduta; questo è sconcertante e costituisce un grande problema. I poveri pagano l’acqua molto più dei ricchi che la usano a Nairobi per riempire le loro piscine. Nelle baraccopoli non c’è una cosa che noi riteniamo fondamentale, infatti per ogni baraccopoli dovrebbe esserci almeno un bagno. Ecco dimentichiamoci la parola bagno parliamo di “cesso” ed anche la parola “cesso” è onorifica tanto è il degrado che abbiamo a Korogocho. Qui abbiamo un “cesso” ogni trenta quaranta famiglie. In una baraccopoli vicino Korogocho, la baraccopoli di Huruma, c’è un “cesso” ogni mille persone”.

Padre Alex Zanotelli

“Le lettere scritte da padre Daniele Moschetti, raccolte in questo volume, sono preziosi messaggi in bottiglia che chiedono di essere letti e fatti propri. Soprattutto, ascoltati con il cuore. Missive provenienti da un “altro” mondo, giacché Daniele, missionario comboniano, ha vissuto e lavorato a lungo a Korogocho. Si tratta di una tra le oltre duecento baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenia; un paese dove sei abitanti su dieci sopravvivono con un dollaro al giorno. Si tratta di un mondo che non conosciamo, perché troppo spesso di fronte a esso − all’umanità dolente che lo abita − preferiamo chiudere gli occhi, zittire i sentimenti, distrarre la mente”.
Don Luigi Ciotti - Pag.238

Il libro di Padre Daniele raccoglie le sue lettere e le lotte degli anni da lui trascorsi a Korogocho dal 2001 al 2008. Sette anni duri, difficili, di missione nella baraccopoli di Korogocho, una delle tante baraccopoli di Nairobi. Korogocho è una collina di un km quadrato dove sono accatastate 100-120 mila persone. Non ci sono particolari servizi da parte del comune eccetto l’acqua potabile che viene portata in baraccopoli e poi rivenduta; questo è sconcertante e costituisce un grande problema. I poveri pagano l’acqua molto più dei ricchi che la usano a Nairobi per riempire le loro piscine.
Nelle baraccopoli non c’è una cosa che noi riteniamo fondamentale, infatti per ogni baraccopoli dovrebbe esserci almeno un bagno. Ecco dimentichiamoci la parola bagno parliamo di “cesso” ed anche la parola “cesso” è onorifica tanto è il degrado che abbiamo a Korogocho. Qui abbiamo un “cesso” ogni trenta quaranta famiglie. In una baraccopoli vicino Korogocho, la baraccopoli di Huruma, c’è un “cesso” ogni mille persone”.

Padre Alex Zanotelli

Le lettere scritte da padre Daniele Moschetti, raccolte in questo volume, sono preziosi messaggi in bottiglia che chiedono di essere letti e fatti propri. Soprattutto, ascoltati con il cuore. Missive provenienti da un “altro” mondo, giacché Daniele, missionario comboniano, ha vissuto e lavorato a lungo a Korogocho. Si tratta di una tra le oltre duecento baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenia; un paese dove sei abitanti su dieci sopravvivono con un dollaro al giorno.
Si tratta di un mondo che non conosciamo, perché troppo spesso di fronte a esso − all’umanità dolente che lo abita − preferiamo chiudere gli occhi, zittire i sentimenti, distrarre la mente”.

Don Luigi Ciotti
Pag.238

Con contribuiti di Don Luigi Ciotti e Padre Alex Zanotelli
Tutto il ricavato della vendita sarà devoluto ai bambini di strada
della comunità di Korogocho

Per un’ecologia della scrittura di Vander Tumiatti








Trovo che il Salento sia un territorio ricco di storia e con grandi opportunità da valorizzare in termini di risorse umane e naturali. Ho investito ed investo nel Salento (dal 1992) e credo nel suo futuro. Ho preso una certa dimestichezza, io veneto di origine, torinese di formazione (dal 1953) ed imprenditore (Sea Marconi, azienda che opera dal 1968 in oltre 40 paesi) innanzitutto con i luoghi del piacere turistico ed enogastronomico, che qui spesso raggiungono “vette altissime”. Ma apprezzo molto la sua cultura editoriale attenta alla tutela del paesaggio e alla diffusione di una “Ecologia della Scrittura” ricca di solidi spunti di analisi. Occupandomi professionalmente di sviluppo sostenibile globale e di bioenergie ho frequentato con “parsimonia” le librerie del capoluogo salentino (Liberrima, Palmieri, Icaro, Mondadori in Piazza S. Oronzo,Giunti in corso Vittorio Emanuele, la piccola Gutenberg). Ed è stato così che mi sono imbattuto in due libri del Professor Ferdinando Boero editi da Besa e Controluce. L’autore, zoologo marino dell’Università del Salento, in soli due anni è riuscito a pubblicare due libri che, pur non avendo nulla di scientifico nel senso consueto del termine, affascinano come una splendida avventura di pura finzione, non presentando note, citazioni erudite, linguaggio specialistico, insomma tutte le caratteristiche delle pubblicazioni accademiche, che spesso tediano anziché incuriosire il lettore. Il primo titolo “Ecologia della bellezza” mi ha interessato perché cerca di lanciare un messaggio molto più che positivo, ovvero che l’uomo vive in un mondo bellissimo, dove tutto è proporzione, funzionalità eco/sistemica e che forse tanta bellezza può essere l’oggetto di una scienza della bellezza (la scienza unisce anziché dividere) che gli scienziati possono sviluppare e condividere con il genere umano. Il secondo libro, che ho letto in due giorni, è stato “Ecologia ed evoluzione della religione”, un’opera che secondo le intenzioni dell’autore si vuole chiedere se il genere umano sia una specie geneticamente religiosa e perché tutte le religioni siano diffuse così radicalmente in tutte le culture. Mi ha affascinato la risposta che ha dato Boero, ovvero che “l’uomo è un animale sociale e ha sviluppato la cultura proprio per comunicare, ed è forse proprio la religione il primo motore di questo processo”.

Finendo la lettura di questi libri, faccio un bilancio preliminare (metafora dei“conti della serva”) ,e riscontro che la realtà dimostra la distanza con gli scenari rosei proposti. Risulta stridente la contrapposizione tra la realtà dei fatti quotidiani con i diversi mondi della “Cultura, della “Scienza”,della “Comunicazione” e della “Impresa”.Il primo, dove si intessono le relazioni e si origina il sapere, dove gli uomini formalizzano i loro modelli derivanti dalle loro esperienze di vita, il secondo, quello dove si applicano le leggi della scienza(fisica, chimica, economia, statistica,ecc), il terzo dove si verifica l’informazione e si formalizza rigorosamente la realtà dei fatti ed il quarto dove si misurano gli effetti qualitativi e quantitativi delle “soluzioni sostenibili”(prodotti offerti e/o utilizzati) in grado di soddisfare le esigenze del/i consumatore/i in termini di funzioni, qualità/prezzi,costi/benefici/rischi e disponibilità nel tempo richiesto. Nel Salento, dove la natura si è data con grande generosità, la distanza tra questi mondi risulta ancora più evidente che altrove. Un territorio come questo, in cui i quattro elementi di Empedocle: terra, aria, acqua e fuoco si fondono in proporzioni mirabili, meriterebbe di essere religiosamente protetto e valorizzato, non dico facendone un santuario, ma almeno salvandolo dalla miopia di chi irresponsabilmente ne ha fatto e continua a farne scempio. In che modo? Soprattutto favorendo la cultura dello sviluppo sostenibile focalizzata sinergicamente e concretamente sui fattori tecnologici,economici ed ambientali in senso lato, dove siano considerati e valorizzati tutti gli aspetti reali e concreti che contribuiscono a migliorare la qualità della vita dei cittadini e delle imprese. Purtroppo, ciò che ho ripetutamente constatato in questi ultimi anni sembra andare in direzione opposta. Ogni giorno nuove ferite vengono aperte in questo meraviglioso Salento, ad opera di poche persone ed organizzazioni irrazionali, incapaci e rapaci che lo sfruttano senza ritegno, indisturbate, vanificando ogni progetto di sviluppo.

E a volte accade che proprio quando, in apparenza, sembrano emergere maggiore attenzione e sensibilità, si creano ad arte allarmi ingiustificati il cui solo scopo è di distogliere l’attenzione da chi opera nell’ombra perseguendo i propri inconfessabili interessi. In questi casi si realizza una saldatura, tra un “Ambientalismo Talebano” ed alcuni poteri che traggono ciascuno vantaggi dal pericolo evocato e dai “Falsi Allarmismi”propinati. E l’ambiente? Ridotto a mero strumento di soldi e potere di una ristretta casta.

Vander Tumiatti esperto UNEP (United Nations Environment Program-Ginevra) ,Ass. Secretary IEC (International Electrotechnical Commission- Ginevra), Imprenditore e Fondatore della Sea Marconi Technologies Italia(www.seamarconi.com).

fonte Paese Nuovo

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