“La banda degli onesti” è diventato un dramma teatrale di straordinario spessore. Questo grazie anche all'adattamento di Mario Scarpetta, figlio d'arte, che ha trasposto il celebre film con Totò in una commedia degli errori interpretata da un magistrale Giacomo Rizzo, che è andata in scena a Maglie durante la kermesse estiva “Chiari di luna”. Rizzo è conosciuto maggiormente per aver interpretato numerosi film del filone comico erotico, dagli anni '60 agli '80: ha lavorato con numerose icone femminili e maschili di quegli anni, da Lilli Carati a Alvaro Vitali.
Meglio il teatro o il cinema?
La cosa più bella che mi è capitata con “La banda degli onesti” è che il pubblico mi è venuto a dire, sotto al muso, che lo spettacolo è piaciuto più del film. Mario Scarpetta ne ha fatto una riduzione mettendo il meglio della pellicola, ma io ho accentrato la storia su questi uomini, avvalendomi della professionalità di una compagnia che ho diretto con molto piacere.
Com'è confrontarsi con un mostro sacro come Totò?
Mi dicono tutti che sembro Totò. Indubbiamente, se non fossi napoletano non potrei somigliargli, certo abbiamo tempi uguali, ma in scena sono io non ci penso a Totò, io sono io. In teatro non funziona come al cinema, perché in teatro faccio quello che dico io, si dice infatti che il cinema è del regista il teatro è dell'attore.
Molti attori di cinema, come Franca Valeri, a un certo punto abbracciano il teatro...
Per il cinema, bisogna avere la faccia. Io ho imparato la tecnica del cinema e credo che se si è misurati si fa anche il teatro. Prendiamo Eduardo, lui era molto esagerato, molto teatrale, e al cinema non ha avuto successo. La mia misura non mi porta lontano dall'immagine davanti alla macchina da presa.
Con quale regista ci sono state maggiori difficoltà?
La difficoltà è nata con Paolo Sorrentino (con cui ha girato "L'amico di famiglia", ndr), che ha un modo di fare il cinema di oggi. Però ha una grande genialità, è uno che conosce anche il lavoro dell'attore, sa come farlo muovere e ha la fortuna di avere talento.
Quale ruolo avrebbe voluto portare sul grande schermo?
Sono dispiaciuto di non aver fatto il protagonista in una commedia all'italiana, soprattutto senza fare questa cosa brutta che è il caratterista, che poi è un termine brutto che hanno inventato gli italiani. Il termine non mi appartiene. Sono un attore che fa tanti ruoli, se poi per caratterista si intende uno brutto con la faccia che si ricorda... In Italia il caratterista non può essere protagonista, ma ci dimentichiamo che attori come Totò, Peppino e Eduardo erano caratteristi.