Aldo Busi ha una produzione editoriale degnissima e ricchissima, ed in ogni suo lavoro ha avuto il potere di conservare una freschezza e magia nella scrittura tali da entusiasmare i lettori. E di questo non gli si può non dare merito. Certo a qualcuno, a qualche militante severo, a qualche penna austera e impietosa, potrebbero sembrare piccole cose, un guizzo, un’immagine, un modo di porsi elegante nell’esprimere un concetto, un pensiero, uno stupore, un’invenzione, che lo scrittore di Montichiari mette nelle sue pagine. Ma, che cosa possiamo volere di più da una firma bella ed intrigante della nostra italica narrativa. Dopo ben tre anni, Aldo Busi ritorna per Bompiani con “Aaa!”, tre racconti mai piatti, spumeggianti, in una veste editoriale ridotta per formato ma che per il suo essere graficamente un bel ricordo di elementari d’antan, subito magari riporta la mente, e solletica la memoria, a deliziosi momenti delle nostre vite, quando si pensava a far volare gli aquiloni, e si faceva i girotondi con la nostra maestra. In queste 162 pagine, mi sembra che Aldo Busi sia ritornato ad essere se stesso, solo se stesso, e dunque a farsi nuovamente amare. Uno dei racconti presenti nel volume, lo splendido "Il Casto, sua moglie e l'Innominabile" era già apparso nell'edizione 2008 di "Sentire le donne", ma al genio di Aldo Busi, che non ci si stanca mai di leggere e rileggere, glielo si può perdonare. Devo dire che ho molto gradito, il secondo racconto, dove troviamo un’Italia dura e spietata con gli immigrati. Vengono raccontate le “mirabolanti” avventure alla deriva di un misero marchettaro di origini rumene, vera e propria apologia della bestiale stupidità razzista nel nostro stivale; più fashion, anzi radical-chic, il terzo racconto dove Busi si propone come badante alla Carla Bruni Sarkozy. Ora è pacifico che non ci troviamo dinanzi a opere immense come “Seminario sulla gioventù”, o “Vita standard di un venditore provvisorio di collant”, e mi sembra chiaro che per quest’opera non si possano utilizzare gli stessi criteri ermeneutici, o gridare allo scandalo dell’autore che ha ormai smarrito se stesso o che, come ha scritto l’immenso Massimiliano Parente qualche tempo fa, sulle pagine de Il Giornale, ci troviamo dinanzi ad uno scrittore “impantanato in un solipsismo moralistico e macchiettistico e politico e sociale”. “Aaa!” è un libro bello, che ne vorresti di più, dopo tanto silenzio da parte di Busi, e che alla fine nonj ti fa pentire di aver speso anche quegli 11 euro che in tempo di crisi magari fanno tanto! Meglio di così...