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martedì 23 marzo 2010

Scassata dentro di Enzo Mansueto (D'If edizioni) vista da Nunzio Festa



















La crosta dei componimenti di Mansueto è spaccata dal rumoreggiare del linguaggio. Tanto è vero che con “Scassata dentro”, in contemporanea, si devono accogliere i tormenti musicali de la Zona Braile; quelle, specifichiamo, vibrazioni di sottofondo che fanno da acqua che non scorre alle stesse poesie di Enzo Mansueto. Dunque, a me che ripudio Cccp e Csi, non fa forse piacere (se piacere davvero dovrebbe provocare). Però già in quella imitazione conosciamo mezzo timbro dell’autore. Ma sono le pagine, per fortuna – e non lo si legga da parziale stroncatura di quello che precede - , a presentare il vero volto del Mansueto. Che stiamo dando favori, in verità, all’autore. Il piccolo volume, curato attentamente dall’attenta e mobilissima Caridei, è appunto una delle pubblicazioni di Vico Lungo Gelso alla napoletana Toledo. Un miosotis. E’ già da qui si capisce che esiste una buona presentazione. Che la selezione è tanta, e ottima. La pelle dei versi di Enzo Mansueto è anticipata da una presentazione, baroccheggiante, che sa quasi d’altri tempi. Ma che nel contempo esprime parte delle belle capacità dell’autore pugliese. L’esteriorità dei versi, si diceva, è tutta sconquassata, d’uno sconquasso praticamente solitario, dalla volontà di dare forza e spiriti a un’attualità fatta e rifatta, strafatta. A leggere o ascoltare i moti della società nostrana. La lingua del poeta assume la forma del contrasto con la musicalità. Assurdo quanto vero. Perché deve reggere il primo scambio con l’interiorità dei versi stessi. E’ dalla posizione successiva, appunto, parte il reale senso involontariamente sinfonico ma volutamente in-fonetica dei testi. “Torniamo a casa stinti dall’inedia. / Nel cavo di una sedia. / Attorno al cavo cranio / un fascio di particole compone / un tronco senza nome. Il corpo estraneo”. Il filo da apprendere, per cominciare, dalle parole riportate è steso fino alla fine della raccolta. Sino a urtare il limite d’un esaurimento. Mansueto fa poesia estenuante. D’una efficacia tale da gridare all’autore provocatorio: che provoca applausi. Giusto, dunque, legge i versi del Mansueto in reading, performance varie. Ma magari senza rincorrere una sciocca emulazione dello scandire i versi eseguendo ritualità d’altri personaggi. Meglio far esprimere le stesse poesie senza imporre loro accenti parrocchiali.


lunedì 22 marzo 2010

Il libro del giorno: Assalto a un tempo devastato e vile. Versione 3.0 di Giuseppe Genna (Minimum Fax)

«Genna è in grado di dare dipendenza».
The Guardian

«Genna scrive con un’energia prodigiosa e agghiaccia il lettore».
The New Yorker

«Genna dimostra di essere lo scrittore italiano che tenta davvero la via di una letteratura civile, che non scompaia a libro finito».
Il Giornale

Assalto a un tempo devastato e vile è il libro cult di Giuseppe Genna, l'opera che al momento della sua prima pubblicazione fece gridare alla nascita di una voce potente e originalissima della letteratura italiana.
Oggi questo piccolo classico della letteratura italiana torna in una nuova edizione riveduta e ampliata.
Utilizzando le forme del racconto, del saggio, del reportage, Genna esplora il cuore delle città in cui viviamo e di un paese intero, componendo un vertiginoso mosaico del nostro tempo. Le storie, le parabole, le analisi, gli ammonimenti che Genna mise su carta sul finire degli anni Novanta oggi suonano paurosamente profetici. La degradazione delle periferie, l'impoverimento economico, il crollo della solidarietà e delle regole di convivenza, e soprattutto la desertificazione etica e spirituale di un intero popolo visti dalla lente deformante di una Milano fredda e inumana sono pugni nello stomaco difficilmente dimenticabili. Ma anche i racconti autobiografici, le riflessioni sulla letteratura, sulla religione, sui più scottanti temi politici e sociali, fanno di Assalto una bussola e un compagno di viaggio per tempi sempre più incerti.

“LEONARDO DA VINCI’S MUSICAL GIFTS AND JEWISH CONNECTIONS di Giovanni Pala e Loredana Mazzarella. Intervento di Luciano Pagano




















L’autore di questo libro, Giovanni Pala, è un musicista che suona ogni tipo di strumento e insegna, in particolare, percussioni. Nel 1999 è stato insignito del Golden Lion Prize al Festival di Venezia. Vive tra gli Stati Uniti e l’Italia. Il titolo originale di quest’opera a dir poco sconvolgente è “LEONARDO DA VINCI’S MUSICAL GIFTS AND JEWISH CONNECTIONS“ (The Americas Group). Perché sconvolgente? Semplice, da una lettura del famoso Cenacolo di Leonardo, visto con gli occhi e le conoscenze del musicista/musicologo, Giovanni Pala ha letteralmente decriptato un filone interpretativo che ci consente di ‘leggere’ un particolare del tutto inedito e che fino a questo momento non era mai stato preso in considerazione dagli studiosi dell’Artista. L’autore rivela così al lettore l’esistenza di uno spartito musicale celato tra le mani, i pani e i frutti raffigurati nell’Ultima Cena, nonché di una preghiera in ebraico nascosta negli spazi e fra le note nel celebre affresco. Come e perché Leonardo ha occultato le note sotto gli occhi di tutti, in un’icona universale come l’Ultima Cena? Questo è forse uno dei quesiti più interessanti mai sorti attorno a questo affresco. Il libro contiene inoltre approfondimenti su dettagli poco conosciuti della vita di Leonardo. L’aspetto più interessante è certamente costituito dal fatto che un’opera per noi così riconoscibile e consueta venga sottoposta a un vaglio critico totalmente inedito, che farà impallidire per protervia critica Dan Brown e affini, dato che la lettura oltre che plausibile è condotta con metodo scientifico e resa in modo divulgativo, quindi accessibile a un vasto pubblico di non specialisti. “Leonardo’s Da Vinci musical gifts and jewish connections“, scritto da un autore italiano e pubblicato per la prima volta negli Usa, è un esempio di divulgazione scientifica di altissimo livello che fa chiarezza su un tema, solo in apparenza, oscuro.

il Cenacolo di Leonardo sul sito di Haltadefinizione

informazioni ulteriori qui: www.davinciexperience.info

Per acquistare il libro su Amazon http://www.amazon.com/Leonardo-Vincis-Musical-Jewish-Connections/dp/0935047719/ref=sr_1_1?ie=UTF8&s=books&qid=1264480993&sr=8-1

Ash di Malinda Lo, collana Scatti (Elliot edizioni)




















Risale al 20 gennaio l’uscita del romanzo d'esordio della scrittrice americana di origine cinese Malinda Lo che è stato pubblicato in Italia da Elliot edizioni. Meglio tardi che mai!

Libro sorprendente, originale, atipico, una vera e propria provocazione, che se non fosse per il fatto che si tratta di un libro veramente eccezionale, penserei ad una delle tante trovate da marketing editoriale per vendere un prodotto in realtà scadente. A metterci poi “la carica da 100” il fatto che il libro era stato pubblicato negli U.S.A dagli stessi editori di Twilight. Ora in periodi di rivisitazioni cinematografiche e penso al film Wolfman di Joe Johnston con il grande Benicio Del Toro oppure a ibridazioni meticcianti come il lavoro di Seth Grahame-Smith “Orgoglio pregiudizio e zombie” edito dalla Nord, ecco che non mi stupisce più di tanto la storia di questa Cenerentola singolarissima, nuova, che affronta temi molto delicati e lo fa in maniera eccelsa come la questione della crescita interiore e la ricerca dell’identità tipica dell’universo adolescenziale, e che va al di là dei generi sessuali stessi. E così dopo anche la rivisitazione di Cenerentola “splatter” in riviste specializzate del settore di fine anni 80, ecco Ash, che secondo la critica born in U.S.A. assurge a divenire il simbolo della forza che l’amore scatena in ognuno di noi al di là di qualsiasi languore romantico. Per chi non l’avesse capito stiamo parlano del classico dei classici in fatto di fiabe, ovvero Cenerentola, ma questa volta lesbo. La piccola serva oggetto delle atroci angherie di matrigna e sorellastre come da copione va al ballo di corte con l’aiuto questa volta di un mago anziché della fatina, e incontra il principe azzurro, che perde la testa per lei. Ma lei non ha occhi che per un’altra, e allora …Per farla breve la storia è questa: in un reame fuori dal tempo, Ash vive sola con il padre in una grande casa vicino al bosco. La sua adorata madre è morta da poco e tutto quello che le rimane di lei sono solo le favole meravigliose con cui l’ha cresciuta. Ma per Ash esse non sono soltanto favole, sono il luogo dove la sua mamma continua a vivere, circondata da incantesimi e creature fatate. Un giorno però il padre della piccola decide di risposarsi e a breve sia lui che Ash si trasferiscono in città, lasciando così la foresta in cui lei è cresciuta. Quando, poco dopo, l’uomo muore improvvisamente, la ragazzina viene degradata a una servetta dalla matrigna e dalle due figlie di questa. Ash in varie occasioni riesce ad allontanarsi e a tornare nel “suo” bosco, alla tomba della madre: qui fa due incontri che le cambieranno la vita, il misterioso Sidhean, ambiguo e dotato di poteri magici, e Kaisa, una giovane donna a capo delle Cacciatrici del Re. Desiderosa di incontrare di nuovo la bella Cacciatrice reale, Ash stringe un patto con Sidhean: lei apparterrà a lui, ma questi prima userà le sue arti magiche per trasformarla in una principessa in modo tale che Ash possa partecipare al ballo del Principe e incontrare di nuovo Kaisa. Al ballo, il Principe non ha occhi che per Ash, ma lei preferisce ballare con Kaisa. Almeno fino a mezzanotte, quando dovrà essere di ritorno nel bosco perché lì l’aspetta Sidhean per prenderla… Magico e romantico, Ash è un debutto straordinario che racconta in modo incantato e indimenticabile cosa significhi crescere, scoprire se stessi e innamorarsi.

Malinda Lo è una giornalista americana di origine cinese. Ash, suo primo romanzo, è stato subito salutato da critica e lettori con entusiasmo e ammirazione ed è in corso di pubblicazione in numerosi paesi.

domenica 21 marzo 2010

Manifesto della poesia fenicea di Massimiliano Antonucci


















“Certi poeti rappresentano la realtà
/ ma questo lo sanno fare tutti./ L’unica lirica in grado di saziare lo stomaco/ zampilla acqua e sangue/ come una gallina azzannata da una volpe./ Uno scrittore vero s’infila tra le gambe un pugnale/ per segnare un suono ignoto”.

Capita che guardi e veda acqua. Le ombre dell’Arno si muovono dentro di me dove si trova sempre presente una dimensione parallela a quella del vivere giorno per giorno. L’acqua è una forza che mi perseguita e mi spezza la schiena, si nasconde ma alle volte fa di tutto per emergere in maniera prepotente sotto forma artistica: una sorta di ribellione e riscatto, una potenza vitale che mi rende elettrico come una gatta prima di mangiare. Nella sua voce si nasconde rabbiosa una disperazione fatta arte. Altri poeti hanno preferito scorciatoie, mezzucci per allietarsi l’esistenza, ma hanno finito per produrre una falsa forma di bellezza. Se sei poeta non sei facchino o imprenditore, non sei avvocato, impiegato o macellaio. Sei ladro. Un ladro che ruba dissonanze dentro le perfette costruzioni della mente. E mentre la notte mi invade con una continua richiesta di morte e di rinascita, lo spirito mi viene addosso in una vestaglia di raso rosso e il suo calore è più appagante di mille vittorie. Non abbiamo bisogno di una vita cauta ed infelice. Non abbiamo bisogno di una felicità vuota alla quale tutti possiamo ambire. Abbiamo bisogno di sentire. Di emergere. Per le strade noi vaghiamo oltre l’istinto in situazioni ai limiti della percezione, in luoghi apparentemente sconosciuti dove bruciamo, bruciamo sempre insieme a moschee piene d’odio e a cattedrali dorate che inneggiano falsi dogmi. Adesso che stiamo per scrivere l’anima della notte giunge e si mostra subito irrequieta. La notte ci invidia.

1) Nessuno è in grado di accedere alla propria realtà interiore senza avviare un processo di conoscenza profonda che inizia quando lo spirito s’impone sulla rozzezza della materia.

2) La poesia fenicea scaturisce dalla tensione prodotta dall’uomo-poeta che urta la materia e si oppone alla mediocrità che non vede prigioni.

3) Lo sforzo creativo dell'uomo supera tutte le prigioni della mente costruite sotto il comando impietoso della paura attraverso una differenziazione dell’individuo dallo status quo.

4) Il feniceismo rappresenta un movimento artistico di rottura verso quei comportamenti istintivi che preservano la propria natura dal distruggere le certezze mai discusse, sviluppando nel poeta una ricerca intuitiva che affonda oltre l’assetto consolidato dell’ordine sociale.

5) Gradino dopo gradino il poeta si inoltra al di sotto della soglia del logico per superare gli argini dell’essere statico e le allucinazioni indotte dalla falsità del vivere: egli è nella oscurità, oltre i simboli del giorno, dove è il baratro in cui si trova originario ed intatto un personale senso di verità.

6) La sensibilità di questi scrittori della vertigine si muove verso la scaturigine del bene e del male che compare dentro di sé.

7) Il potere di penetrare tra le ombre dell’esperienza li rende abili a trascendere il visibile; essi stracciano le vesti alla bellezza per imbattersi in quella verità che solamente il corpo ha il potere di raccogliere, nascondendola.

8) Sudore bile lacrime seme sangue plasmano il suono di un nuovo lirismo che non indietreggia al buio, anzi lo attraversa nel segno

di un linguaggio ruvido e non uniforme.

9) I poeti fenicei sono deliranti uccelli senza respiro che trapassano le vette del meraviglioso e profanano le profondità del fantastico

per rivelare l’oscenità di una forma di coscienza primordiale.

10) Tutti quelli che creano senza sapere il motivo, tutti gli invisibili, gli emarginati e gli inconsapevoli che vivono l’arte come una possibilità di redenzione, che rimuovono l’illusorietà dalla finzione poetica e non sanno ancora a cosa appartengono, fanno parte di questo movimento e sono detti poeti della fenice.

11) Il mondo ama l’arte ma odia l’artista che afferma la sua unicità su ogni metodo e tecnica.

12) Chi non vive la condizione di diversità non può capire la dimensione eroica dell’esistenza che traduce la frantumazione della regola

nella formazione di uno stile che aderisce alla più autentica individualità.

13) L’artista si denuda senza compiacersi. Mettere il trucco sopra i volti non è suo affare. Se sapesse farlo non riuscirebbe ad abbracciare l’Osceno. L’esercito della scimmia è contro di lui, l’umanità lo ripudia.

Il libro del giorno: La mamma del sole di Andrea Vitali (Garzanti libri)

La motonave Nibbio, vecchia gloria della Navigazione Lariana, sta effettuando il suo ultimo viaggio. A Bellano sbarca un'anziana donna: sta cercando il vecchio parroco, don Carlo Gheratti. Attraversa a fatica il paese arso dalla canicola estiva, prima di scomparire nel nulla.
Quando arriva la notizia che manca una delle ospiti del Pio Ospizio San Generoso di Gravedona, sulle due rive del lago i carabinieri iniziano a indagare. Un secondo enigma segna l'estate del 1933. Dietro pressante richiesta del Partito e della Prefettura, i carabinieri devono raccogliere informazioni su una "celebre" concittadina, Velia Berilli, madre di quattordici figli, tra legittimi e illegittimi. Perché mai Velia Berilli è diventata così importante? Due misteri, insomma, cui si aggiunge un altro problema: in caserma si è rotto il vetro del bagno, e aggiustarlo non sarà semplice.
Ancora una volta, le pagine di Vitali si animano di una piccola folla di protagonisti e comprimari: dall'equipaggio della Nibbio alle autorità locali, e poi don Gheratti, il sacrestano Bigé e la perpetua Scudiscia. Non possono mancare i carabinieri della locale stazione, vere star dei suoi romanzi: il maresciallo maggiore Ernesto Maccadò, l'appuntato Misfatti, il brigadiere Mannu e il carabiniere Milagra, che segue giorno dopo giorno, con indomita passione, i gloriosi trasvolatori della Seconda Crociera Atlantica.

Una storia coinvolgente, che vede per protagonista ancora una volta l’intera comunità bellanese e il coro delle sue voci. Un romanzo infarcito da una serie di digressioni poetiche e comiche come caroselli e che ricorda le atmosfere dei classici del neorealismo italiano.

Il valore dei giorni di Sebastiano Nata (Feltrinelli)

Sebastiano Nata che con “Il Dipendente” ci ha teorematicamente aperto gli occhi su come gli effetti dell’economia arrivino ad influenzare sesso e società, in materia di denaro, di come ce lo rappresentiamo, di come si auto/rappresenta, delle sue modalità fenomenologiche di creare ricchezza e povertà in un gioco perverso di instabili equilibri, ne sa una più del diavolo.
Quello che questo autore è in grado di fare, è più di una semplice leva di archimede che “solleva il mondo”: egli aiuta a capire meglio il nostro esserci nell’ “universo”, ci fa riflettere sul declino immenso e la scomparsa definitiva della classe borghese con una solidità scritturale che non si vedeva da Moravia e Pasolini. Faccio riferimento all’ultimo lavoro per i tipi di Feltrinelli di Nata dal titolo “Il valore dei giorni”.
Il rumore bianco di sottofondo che aleggia tra le pagine di questo lavoro nasce dal meccanismo perverso della “crisi”, quella iniziata più o meno verso la fine del 2006. Crisi che diventa organismo con tanto di fauci nel febbraio-marzo 2007 e che comincia a divorare le banche d’affari più note nel settembre-ottobre 2008. Lehman Brothers dichiara la bancarotta, Goldman Sachs e Morgan Stanley sub classate a banche normali. Parliamo sottovoce però di crisi dei “B-papers”, una corto circuitazione nata direttamente dal famelico appetito dei banchieri e dalla volontà (effimera) di potenza di ciascuno di noi. In questo romanzo, vademecum forse di sopravvivenza per chi lavora in aziende private (dove una parola è poco e due sono troppe direbbe qualcuno), il protagonista è Marco, manager di successo, possessore di un BlackBerry da cui non si separa mai, sempre tirato a lucido, che da tempo ha perso i contatti con se stesso, a causa dei suoi innumerevoli impegni professionali. Ha un fratello di nome Domenico che vive a Porto San Giorgio, dove gestisce un negozio di infissi, ed è teneramente innamorato di una giovane donna. Tra di loro, quando si incontrano, si accende un fuoco violento e terribile, non riuscendo a vedersi reciprocamente nel verso giusto, e dunque sembra che le due tipologie di esistenze non possano trovare un punto d’incontro. Ma la Morte, come al solito, interverrà tra i due personaggi a riequilibrare sorti e destini, a dare insomma a Marco una luce più chiara, forse una possibilità di redenzione, magari proprio da un piccolo centro di provincia. Ora quello che Nata sembra voler comunicare è che esiste tutto un universo interiore che ci portiamo dentro ogni giorno, che costruisce azioni ed emozioni tendenti ad un unico obiettivo: evitare il fallimento (sotto qualsiasi punto di vista), quella terribile sensazione che irrompe nella vita dell’uomo come un fulmine, sconvolge, annienta e svalorizza ogni esperienza. Ma Nata sa e ce lo racconta attraverso Marco, che la forza si misura sempre nel sapersi rialzare.

sabato 20 marzo 2010

Il libro del giorno: Il Partito dell'Amore di Mario Portanova, Collana Reverse (Chiarelettere edizioni)

“Io sono del parere che se toccano un mio familiare applico la legge delle SS, uno a dieci.”
Giorgio Bettio, Lega Nord, Consiglio comunale di Treviso con riferimento agli immigrati, 2007

"Noi vogliamo che il Bene prevalga sul Male", ha proclamato in diverse occasioni Silvio Berlusconi. Il Bene sarebbe la sua parte politica, il Male gli avversari. Una contrapposizione frontale: "I comunisti controllano tutto... sono da eliminare, se non fisicamente, politicamente".
Chi non è con lui un "nemico", "terrorista", "coglione", "miserabile", "illiberale", "mentecatto"... Seminando odio, il Partito dell'Amore ha screditato le istituzioni, la magistratura, qualsiasi forma di opposizione. Questo libro ricostruisce il clima che sta funestando il Paese e ci sbatte in faccia la volgarità, il razzismo, la violenza verbale, il disprezzo che fa da sfondo alla politica del Pdl e della Lega, amplificata dagli organi d'informazione vicini al centrodestra: Libero, Il Giornale, La Padania, Tg4, Studio Aperto e Tg1. Ecco smascherato chi sta buttando via il patrimonio democratico e civile dell'Italia.

Mario Portanova scrive per Il Fatto Quotidiano, L’espresso, Wired e Altraeconomia. Tra i suoi libri: "Inferno Bolzaneto" (Melampo 2008), "Chi ha paura dei cinesi?" (con Lidia Casti, Bur 2008), "Dichiarazia" (Bur 2009). Con Beppe Cremagnani e Enrico Deaglio ha realizzato il documentario "Governare con la paura" (Melampo 2009).

Il Partito dell'Amore di Mario Portanova, Collana Reverse (Chiarelettere edizioni)

Il Buddha bianco di Hitonari Tsuji (Marco Tropea editore)


Hitonari Tsuji nasce a Tokyo. Tutti nell’ “impero del sole” lo conoscono sia come poeta e romanziere che come voce rock. E’ considerato il nuovo guru della letteratura giapponese. Questo libro dal titolo “Il Buddha Bianco” edito in Italia per i tipi di Marco Tropea editore, che gli ha fruttato in Francia il Prix Femina Étranger, accanto ad autori del calibro di Erri de Luca, Javier Marías, Ian McEwan, Sandro Veronesi e Rose Tremain, ha come base ispirativa la vita del nonno. Si tratta di una recente uscita editoriale che arricchirà senza dubbio l’universo bibliografico italiano con un autore che vale la pensa di conoscere. La storia: siamo ad Ono, isoletta nell’estremo sud del Giappone. La famiglia Eguchi ha alle spalle una grande tradizione artigianale come forgiatori di spade, una vera e propria missione che si nutre del coraggio dei primi samurai che occuparono la regione. Minoru, il giovane di casa (siamo nei primi del Novecento) decide volontariamente di divenir prigioniero di tutto quel mondo rurale, colmo di ancestrali tradizioni che si perdono nella notte dei tempi, riuscendo con grande ingegnosità e un incrollabile forza di volontà, a superare gli alti e bassi della sorte e ben due conflitti mondiali. Ma questo sarà solo l’inizio di un percorso iniziatico che lo porterà dinanzi a quelle domande esistenziali ineludibili come il significato della vita e della morte, e il valore del ricordo. A vegliare su Minoru, un maestoso Buddha bianco che fin dall'infanzia lo sorregge nei momenti bui. "Un Buddha immacolato, alto fino al soffitto, stava ritto, immobile, al centro di raggi di luce abbaglianti. Minoru si rendeva conto che si trattava di un Buddha, anche se i lineamenti dell'apparizione rimanevano vaghi, non si distinguevano né gli occhi né la bocca, i particolari si perdevano nella nobiltà complessiva del suo aspetto. L'espressione del volto, tuttavia, si scorgeva chiaramente: serena e di una dolcezza infinita". Questo giovane autore, anche se appartenente al mondo iper-pop giapponese, ha una forza scritturale che lo rende unico, soprattutto perchè tra le righe si legge una vera e propria teoria del silenzio, quella voce interiore che permette ad ogni uomo lungo il corso della sua vita, quell’osservazione consapevole che è luce, e che permette di diradare definitivamente le nubi delle incertezze e dei dubbi. Il “Buddha bianco” è un libro unico, unico e prezioso aggiungerei, uno di quei libri che zippano l’esistenza nelle loro pagine: gioie, dolori, morte, quiete, e ritorno al nulla. Avete presente una Matrioška, quella bambola di origine russa che si compone di pezzi di diverse dimensioni realizzati in legno, ognuno dei quali è inseribile in uno di formato più grande? Beh, l’immagine corrisponde esattamente alla fitta e articolata trama del romanzo: la bambola più piccola rappresenta la storia dei quattro ragazzini nel loro percorso di crescita, la bambola più grande quella della famiglia Eguchi, la bambola ancora più grande che include le altre due la storia dell’isola e, infine, la bambola che le racchiude tutte e tre lo spaccato meraviglioso sulla storia del Giappone nella prima metà del XX secolo. Un’opera di grandiosa profondità, che vi terrà incollati alle sue pagine.

venerdì 19 marzo 2010

Il libro del giorno: Veleno per Michelangelo di Massimo Boccuzzi (D'If edizioni)












Firenze 1494. I francesi di Carlo VIII sono alle porte, i Medici in fuga, Savonarola vuole istaurare una repubblica teocratica. Michelangelo inizia a scolpire una statua di… neve. Una setta di incappucciati, che semina il terrore in città, vuole avvelenarlo. Ma Nencia degli Uberti, la sua piccola amica di tredici anni, lo salverà. Nella storia non mancano dame, magnati e armigeri; intrighi, amori e lussurie; e… le prediche di fra Girolamo Savonarola.

PERCHÉ QUELLE STRANE GOCCE DI SANGUE SUL CORPO DI BAFEFIT?. Intervento di Angela Leucci




















Mostruosi bianconigli ed eroine sanguinarie o sanguinolente. Si può riassumere così il suggestivo universo delle illustrazioni di Bafefit (al secolo Raffaele Iodice), che dopo alcune pregevoli mostre dei suoi “mostracci” (pupazzi ricavati con scarti di stoffa) in Italia, è giunto all'attenzione delle riviste statunitensi di settore. Abbiamo voluto utilizzare un titolo che parafrasasse un universo che si confa a quest'artista, che assomigliasse un po' alla trama splatter di un film, come “Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer?”, con Edwige Fenech. Eppure lo splatter, come sappiamo, ha un ipertesto di finzione, un dizionario non scritto che segna il confine, la differenza sottile in quel contesto, tra fantasia e realtà.

Un po' quello che capita con le illustrazioni di Bafefit. Un immaginario che sembra ispirato a quello burtoniano, ma che invece è crudamente originale nei suoi chiaroscuri di sangue e lacrime, tra rovi che decapitano e carcrashing con inebetiti testimoni di laghi di sangue. Carta in cui immergersi ed emergere nuovi, pur nella vecchiezza di una cellulosa targata XIX secolo, che Bafefit recentemente utilizza per i soggetti cui tiene di più.

Tutto questo e molto altro. Perché nei mille particolari che Bafefit imprime sulla carta c'è un po' di noi stessi, delle nostre paure, quello che ci differenzia gli uni con gli altri. Tutti dettagli che non si possono esprimere, perché l'animo umano stesso prova scandalo a sentirsi nudo.

giovedì 18 marzo 2010

Il libro del giorno: Bastasse grondare di Alessandro Bergonzoni (Libri Scheiwiller)

















Un Bergonzoni così non si era mai visto. L’imprevedibile e poliedrico artista bolognese, grande affabulatore, visionario virtuoso della parola, ci fa dono di una nuova opera degna del suo eclettico talento.
Dopo Non ardo dal desiderio di diventare uomo finché posso essere anche donna bambino animale o cosa (Bompiani 2005), Bergonzoni ritorna nelle librerie con questo nuovo libro/non libro.

Un volume d’artista senza precedenti, libero dai confini di genere e dalle gabbie, anche da quelle della pagina. I testi scritti da Alessandro Bergonzoni si alternano alle immagini da lui realizzate senza esserne didascalia ma tessendone, nell'incompletezza, le pagine.
Un libro disegnato dalla scrittura e scritto dai disegni, dove immagine e parola, sguardo e lettura si rimbalzano in un originalissimo gioco onirico e straniante, da sognare e sfogliare. i lettori con questo libro avranno occasione di scoprire o riscoprire un nuovo aspetto dell'inesauribile e vulcanica creatività di Alessandro Bergonzoni.

Ma il cielo è sempre più su? Di L. Bianchi e G. Porvenzano (Castelvecchi). Intervento di Nunzio Festa



















Le ossessioni benefiche dei meridionalisti, di tanti che non vivono più e dei pochi superstiti, bevono alla fonte data Bianchi e Provenzano. Perché con l’analisi di “Ma il cielo è sempre più su?”, servita da una dotazione forte e motivata di numeri, cifre, donne e uomini, non è possibile girare la testa dall’altra parte. Noi, che siamo il frutto nato morto da una classe dirigente ben codificata dai ricercatori, dalla coppia di autori del libro che per sottotitolo ha una lunga è spigolosa questione aperta (forse anche più del titolo stesso), noi che sappiamo il significato di questo Meridione descritto e letto da Luca Bianchi e Giuseppe Provenzano possiamo dirci la testimonianza portata dalle stesse argomentazioni del volume. Niente importa, comunque, che il 2009 per Napolitano eccetera sia stato l’anno – di nuovo – della riscoperta del Sud; perché meglio è, o sarebbe, tenere nella mente le segnalazioni storiche di personalità dai nomi indimenticabili: Mazzarone, Scotellaro, Levi, Ross-Doria, De Martino. La marginalità, sappiamo da tempo, non è più salvifica. Da tanto è certo pure dello spopolamento, della disoccupazione, dell’abbandono vero e proprio della vita. Della resa. Estenuanti ed estenuanti si deve abdicare oramai alla vendetta portatrice di liberazione e autonomia. Per mezzo delle fisime dei notabili, nuovi e vecchi. Come della mancanza di forza e motivazioni dei piccoli di questa grossa e amara terra. Le parole messe in fila da Bianchi e Provenzano, oltre a essere appunto un’analisti lucida e tagliente, con proposta annessa e concessa ai dibattiti veri e non a quelli da verificare, hanno oltre a una forza propositrice, il sapore lento e indimenticabile, implacabile d’una coltellata inserita nell’addome del malato. E’ non sia, ovviamente, per colpa degli autori. Che, va aggiunto, hanno veramente tentato di dare indicazioni di riscatto. Il dolore però sta nella stessa ricerca alimentata e studiata. Nella sensazione di buio che inaugura il contatto con i documenti vissuti dai due attenti esperti della Svimez (Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno). Il sequestro di futuro descritto da Bianchi e Provenzano è nella stessa domanda retorica “Ma il cielo è sempre più su?”. Oggi che continuiamo a smarrire pezzi di comunità e le comunità sono fatte a pezzi. Oggi che è sempre più difficile resistere, per esempio economicamente, in tanti anfratti del Mezzogiorno. Il libro di Luca Bianchi e Giuseppe Provenzano, dunque, oltre a essere ingaggiato quale testo possibile per idee d’uscita dalla valvola della morte, lo si ascolta per la sua natura tutta di quadro della situazione generale. Non a caso, tanto per citare, s’apprende che fra qualche decina d’anni al Sud solamente una persona su quattro avrà meno di trent’anni. Come che, e interviste potrebbero aggiornare questa verità al secondo esatto dentro il quale la si legge, due volte a Sud veniamo praticamente ammazzati: pagando il Nord per il mantenimento dei figli e dei figli dei figli, togliendoli dalla possibilità di riabilitazione, lenta ma da tentare, del territorio e dei territori in secca. Ovviamente non si deve pensare a una pubblicazione vista per riparare facendo i conticini con il Nord che assale, seppure così veramente per tanto tempo e per molti versetti è stato, ma d’una saggio indispensabile per ragionare del Meridione. Nelle pagine, è questo non lo si può annullare tra parentesi, lettrice e lettore riprendono in mano il filo tortuoso e di dannazione della stessa Storia del Sud. Quella che sente il Mezzogiorno azzannato dalle partenze praticamente costanti e dagli svenimenti al sole di tutte le possibili e probabili crisi, a tutte le idee di sviluppo da altri marcate. Infine, ed è doveroso rinnovare conferma agli autori, è certo che i vizi e/o le abitudini al servilismo, al clientelismo, alla svendita per un piatto vuoto sono di noi meridionali più che d’altri privilegiati.


Ma il cielo è sempre più su? L’emigrazione meridionale ai tempi di Termini Imerese. Proposte di riscatto per una generazione sotto sequestro, di Luca Bianchi e Giuseppe Provenzano, Castelvecchi (Roma, 2010), pag. 208, euro 14.00.


mercoledì 17 marzo 2010

Il libro del giorno: La donna gigante di Lidia Ravera (Melampo editore)

Il 3 aprile: nel 1985, nel 1995, nel 2005. Il racconto di un giorno nella vita di una donna. Lo stesso giorno, la stessa donna: a trent'anni, a quaranta, a cinquanta. Il "bisogno di tempo" che si intreccia con i legami familiari, la carriera, l'impegno politico, i dubbi.
E poi gli altri racconti ad alta temperatura "politica": la guerra, la guerra di religione, la guerra alla comprensibile, ma non per questo perdonabile, intolleranza fra "noi" e "loro", fra i fieri oppositori dell'Italia televisiva e amorale e quelli che la adorano.
Protagoniste assolute, donne sull'orlo di una crisi d'identità: appassionate, intelligenti, contraddittorie, esigenti, pazienti, ironiche, ambiziose, a disagio, materne, leggere. Consapevoli della propria fragilità. E per questo più forti. Donne giganti?

Gli aderenti al forum del 19 marzo 2010 alle Cantelmo di Lecce "Salento 2010 - Convergenze possibili"







Prima sessione - ore 9:00-13:00 - Politica/Innovazione/Comunicazione
Moderatore: Prof. Stefano Cristante

Vander Tumiatti (consulente Unep), Antonio Corvino (Osservatorio Banche e Imprese); Andrea Morrone, Flavia Serravezza, Mario Maffei (Il Tacco d’Italia); Roberto Guido (Dirett. Resp. QuiSalento); Tommaso Dimitri (Dirett. Giornale dei Giovani); Tonio Tondo (Redattore La Gazzetta del Mezzogiorno); Francesca Angelozzi, Gabriele De Giorgi (Incima S.r.l. Salentoweb.tv); Giovanni Chiriatti, Francesco D’Autilia (Kurumuny); Andrea Ferreri, Luca Chiriatti, Simone Rollo (Bepress edizioni); Angela Calcagni, Annamaria Mangia (Cognitiva); Claudia Mangé (Centro C.B. Guglielmo Marconi - Vernole); Dott. Pasqua Flore, Dott.ssa Ilenia Colonna (OCP Università del Salento); Andrea Riezzo (La repubblica delle banane - On line Free blog); Felice Blasi (Editorialista Corriere del Mezzogiorno); Dott. Daniele Ferrocino (Vice Presidente CSV Salento); Alessandra Bianco (Redattore La Repubblica Bari); Mauro Marino (Editorialista Paese Nuovo); Luciano Pagano (Musicaos On line Free blog); Antonio Trecca (Il Salentino Editore); Dott.ssa Serenella Molendini (Consigliera Pari Opportunità Prov. Lecce); Graziella Gardini, Angela Passaseo (SME Italia S.r.l.); Sara Foti Scevaliere, Laura Longo (Ripensandoci.com); Daniele Viva (Pinfo); Dott. Antonino Di Vita (Assoc. Culturale Nuove Periferie Surbo); Pino Montinaro (Pino Montinaro Blog’s Revolution);

Seconda sessione - 15:00-17:40 Cultura/Ambiente/Turismo

Moderatore: Pierpaolo Lala

Andrea Ferreri, Luca Chiriatti, Simone Rollo (Bepress edizioni); Angela Calcagni, Annamaria Mangia (Cognitiva); Claudia Mangé (Centro C.B. Guglielmo Marconi - Vernole); Dott. Daniele Ferrocino (Vice Presidente CSV Salento); Arch. Francesco Pellegrino (Pellegrino & Associati S.r.l. Società di Ingegneria); Prof. Giuseppe Botrugno (Pres. Pro Loco Salento - Casarano); Dott.ssa Manuela Miglietta, Antonella Mangia (Soc. Coop. Meltingfood); Dott. Fernando Perrone, Vittorio Tapparini, Massimo Schito (Ass. Tracce Arte Contemporanea); Franco Ungaro, Antonio Giannuzzi (Cantieri Teatrali Koreja), Lino De Matteis (Glocal Editrice); Dott.ssa Anna Blasi (Ass. Cultura Comune di Trepuzzi); Dott. Enrico Capone (Capone Editore); Paola Scialpi, Angela Totaro Aprile, Rita Cesari, (Laboratorio di ricerca sull’arte contemporanea); Prof. Ferdinando Boero (Corso di laurea in Scienze Biologiche - Università del Salento) Dott. Antonino Di Vita (Assoc. Culturale Nuove Periferie Surbo), Dott. Livio Muci, (Casa Editrice Besa - Edizioni Controluce); Dott. Cosimo Lupo, Simone Miri, Antonio Miccoli, Raffaella De Donato (Lupo Editore); Osvaldo Piliego Antonietta Rosato (CoolClub); Massimo Rota (Asso Turismo – Puglia); Stefania Mandulino (Apt – Lecce)

Il pesce pietra di Maddalena Mongiò (Giulio Perrone Lab)




















Conosco da tempo Maddalena Mongiò e ho avuto modo di apprezzare il suo lavoro edito da Manni dal titolo “Il portone sulla piazza” ( con cui è stata finalista al premio Regium Julii come opera prima), un libro singolare a metà strada tra tradizione e innovazione scritturale, carico di coazioni e ossessioni, dove si parla di un Sud fondamentalmente lancinante. Ora la scrittrice salentina porta alla luce una nuova opera dal titolo “Il pesce pietra” per i tipi di Giulio Perrone LAB di Roma, primo volume della collana “Gli ulivi” diretta dall’infaticabile editor Teresa Romano. Il protagonista è Luca Zante, giornalista freelance, che in un giorno come tanti (di quelli in cui non puoi mai immaginare che ti crollerà il mondo addosso), riceve una telefonata dove gli viene annunciato che sua moglie Mara è stata arrestata per associazione a banda armata. Un inizio che scatenerà tutto un fitto intrecciarsi di vicende e destini che si incrociano e si perdono negli interstizi del tempo, in un turbinio di eventi tra alta moda, sesso senza limiti, affari multimiliardari condotti con spregiudicatezza, lotta armata, pesanti “inciuci” tra politica, affari, amanti e … qualcosa che ha a che fare con l’imponderabile.

Zante ricorda tutto dopo ben cinque anni da quella maledetta telefonata, e lo fa attraverso un colloquio confidenziale con i lettori. Spesso emergono dalle viscere della narrazione i tracciati esistenziali di personaggi come Taylor, Marco, Mara, Susanna, Evelina o di intere famiglie come i Saronne o i Lombardi Tanone, inconsapevoli attori di una farsa pericolosa e malevola. Il mosaico che la Mongiò intende presentare a chi avrà l’opportunità di leggere questo lavoro, incalzante e ben scritto, è un mondo fatto di intrighi, tradimenti, grandi bugie, e un omicidio frutto di una delle tante corto-circuitazioni che a ciascuno di noi possono accadere nella vita. In fondo la Mongiò consegna un romanzo dal forte impianto socio-antroplogico, dove va a descrivere le zone morte di una classe sociale alto-borghese oramai alla deriva, e soprattutto lo fa con l’intento di dimostrare come si è fondamentalmente smarrito il senso dell’amore, a maggior ragione quando a parlare è la sete di arrivismo, e la bulimia del potere. In questa seconda prova letteraria l’autrice affronta un romanzo corale in cui i personaggi si raccontano e si mostrano senza alcuna riserva e nessun pudore.

Ora per leggere questo libro non è necessario aver provato l'incandescente esperienza di vita di guidare una Porsche in estate lungo le vie di Positano mentre si assapora l'odore e il colore dei soldi nei luoghi cult dell'establishment vacanziero radical chic da V. I. P. , non è necessario vantare tra i propri avi almeno un conte, un barone o un principe, o aver fatto parte della storia della lotta armata negli anni di piombo, non è necessario insomma avere questo background ontologico, ma è necessario prepararsi a leggere un libro che vi terrà inchiodati con gusto dalla prima all’ultima pagina.

martedì 16 marzo 2010

Il libro del giorno: Romano Bianco, Manlio Castronuovo, "Via Fani ore 9,02 - I testimoni oculari raccontano l'agguato ad Aldo Moro (Nutrimenti)

In occasione della ricorrenza del sequestro di Aldo Moro, la casa editrice Nutrimenti pubblica "Via Fani ore 9.02": un modo per ricordare quel tragico giorno attraverso le voci di coloro che quella mattina, loro malgrado, si trovavano lì. Per la prima volta i testimoni dell’agguato di via Fani parlano tutti insieme: passanti occasionali, residenti della zona, inconsapevoli protagonisti che hanno potuto osservare il rapimento di Moro, l’uccisione della sua scorta, la fuga del commando brigatista. Testimonianze a ridottissimo rischio di manipolazione, rese nelle ore immediatamente successive ai fatti, prive delle distorsioni e delle ritrattazioni frutto del lungo percorso giudiziario. Parole passate al setaccio, che permettono la messa a fuoco di molti particolari, spesso inediti, raccolti in ‘presa diretta’. Le deposizioni ufficiali sono integrate da un ampio apparato di mappe della zona che ha fatto da scenario al sequestro, all’interno delle quali è stata ricostruita minuto per minuto la posizione di tutti coloro che hanno assistito all’agguato, alle sue fasi preparatorie o alla fuga, riportando rigorosamente cosa ognuno dei testimoni ha detto agli inquirenti di aver visto; il mosaico del più grave attentato della storia dell’Italia repubblicana viene così ricomposto attraverso lo sguardo di chi vi ha assistito. La voce narrante e le voci dei testimoni si integrano in un’inchiesta tra saggio e noir, eccezionalmente documentata, che offre nuovi spunti di riflessione. In primo luogo sul motivo per il quale i brigatisti, contrariamente a come hanno raccontato di aver agito, abbiano abbandonato le auto in Via Licinio Calvo in tre differenti momenti: un codice di comunicazione interno del commando, che sancisse l’esito positivo di tre singole fasi dell’azione (primo trasbordo di Moro; tutti i brigatisti al sicuro; Moro nel covo). E ancora, nuovi elementi: come la certezza che l’Alfasud beige, accorsa sulla scena pochi istanti dopo l’operazione, fosse a tutti gli effetti un’auto in borghese appartenente alla Questura; e la figura di Bruno Barbaro, testimone rimasto nell’ombra per quindici anni, e recentemente scoperto legato al colonnello Pastore Stocchi, direttore del centro di addestramento dei ‘gladiatori’ di capo Marrargiu.

GLI AUTORI - Romano Bianco, giornalista, si interessa al caso Moro da quando, bambino, un suo compaesano venne trucidato in via Fani. Dall’adolescenza legge tutto quello che viene pubblicato sull’argomento. È al suo primo libro.

Manlio Castronuovo, saggista, ha pubblicato Vuoto a perdere. Le Brigate Rosse, il rapimento, il processo e l’uccisione di Aldo Moro (Besa, 2007), giunto alla seconda edizione. Sul sito www.vuotoaperdere.org ha promosso il blog NonsoloMoro, un tentativo collettivo di chiusura degli anni di piombo.

Troglodita Tribe S.p.A.f. (Società per Azioni felici). Seconda parte a cura di Daniela Cecere




















Come funziona l’Interstellare degli editori casalinghi?


L’Interstellare è una libera congrega di persone che si fanno i libri propri, serve per mantenere contatti tra colleghi, serve per scambiare libelli creativi, serve per creare libelli collettivi e libelli circolari o per dar vita a collaborazioni. Chiunque abbia realizzato almeno tre titoli con una tiratura minima di dieci esemplari per titolo è benvenuto. Chiaramente stiamo parlando di editoria creativa, quindi i libelli devono avere degli interventi manuali (anche minimi) su ogni esemplare. L'adesione è felicemente gratuita.

Quali libri o casa editrice preferite del circuito “classico”? Cosa vorreste veder pubblicato?

Che opinione avete dell’editoria in genere?

Per noi, in principio era il Libro. Amiamo i libri nel senso più vasto che riusciamo ad immaginare e a concepire. Li leggiamo, li scambiamo, li scriviamo, li facciamo, li regaliamo, li vendiamo, li recuperiamo quando vengono buttati e li utilizziamo anche per la realizzazione di installazioni come, ad esempio, la nostra Libraffa: una bestia di più di due metri con corpo di libri e faccia di giraffa.
L’editoria ordinaria è certamente una bella cosa, ha dato al mondo la possibilità di diffondere su larghissima scala un oggetto come il libro, un oggetto che può letteralmente e letterariamente cambiarti la vita.
L’editoria ordinaria, però, ha dei precisi vincoli legati al mercato del libro, alla serialità e, per esempio, non potrà mai permettersi il lusso di pubblicare libelli creativi. Gli editori,poi, soprattutto quelli di qualità, sono quasi sempre strozzati da necessità economiche ed è molto difficile che riescano a diffondere ciò che amano davvero. L’editoria ordinaria, però, ha monopolizzato il concetto stesso di libro fino al punto che nella mente di una persona il libro è solo ed esclusivamente quello che esce da una tipografia, cioè un prodotto industriale. In realtà, un libro può essere autoprodotto con tante diverse tecniche senza che, di certo, perda la sua dignità di libro. Inoltre basta pensare a Depero con il suo Libro Imbullonato o a Bruno Munari con i suoi Libri Illeggibili per comprendere che un libro è molto, molto di più. Non abbiamo editori preferiti, ci piace pensare ai libri più che alle linee editoriali. E poi quando leggi tanto, il concetto dei “preferiti” è veramente troppo largo. Noi spaziamo da Virginia Woolf a Stefano Benni, da Bruce Sterling a Henry Thoreau, da Kafka a Hakim Bey, da Luce Irigary a Carla Lonzi. E poi ci piacciono i libri per bambini, i gialli degli anni cinquanta e la fantascienza di Ursula Le Guin. Ma se proprio vuoi un favorito possiamo offrire “Il bambino dai pollici verdi” di Maurice Druon della Sellerio. Lo mettiamo scherzosamente sul podio soprattutto perché lo abbiamo letto ad alta voce più di una volta con dei bambini ed è stato un grandissimo piacere! E poi, non possiamo esimerci dal segnalare un vero poeta di strada, Silvestro Sentiero e il suo meraviglioso libro: “Nude Passeggiate” La Pannocchia Editrice. Lo metteremmo insieme al Grande Fosco Maraini con il suo “Gnòsi delle Fànfole” Baldini e Castoldi Editore.

Che rapporto avete con le arti visive? Girate per mostre? Avete un artista preferito?

Le mostre, le performance e gli eventi artistici in genere ci hanno sempre interessati, sono una forma di nutrimento molto importante. Da un po’ di anni, però, da quando abitiamo sulle colline, è abbastanza difficile riuscire a spostarsi e seguire l’arte contemporanea che, purtroppo, gira soprattutto nelle città. Per quanto riguarda le nostre preferenze, si situano decisamente in una zona dadaista, quasi patafisica con qualche spruzzo di indispensabile paroliberismo futurista. I dadaisti ci hanno sempre affascinato per il loro approccio fortemente provocatorio, per l’uso sfrenato del collage, per la loro innata predisposizione al demenziale, al dissacrante. Già dagli anni venti avevano un’invidiabile lucidità antiartistica e giocosa e si permettevano sperimentazioni che, ancora oggi, lasciano stupiti. E poi, nel mondo dada, da Picabia a Duchamp, non c’era lo spazio per il mito del Grande Artista, anzi sono stati proprio loro a farlo rotolare a terra tra le risate generali.
Spesso diciamo di amare così tanto l’arte da permetterci di prenderla in giro! È per questo che abbiamo realizzato un libello dal titolo “L’arte come merda, la merda come arte (Non adatto agli artisti troppo seri)”.

Come dovrebbe essere, nella vostra visione, l’evento culturale ideale?

L’evento culturale ideale è per noi una festa del libro che prenda in considerazione l’editoria in tutte le sue infinite e ricchissime sfaccettature. Una festa che abbia il coraggio di invitare e mostrare tutte, ma proprio tutte quelle entità che ruotano intorno al concetto di libro: piccoli editori, microeditori, autoproduzioni, fanzine, libri d’artista, libelli creativi, autoeditori, fumettari, sperimentatori, libri antiartistici, etichette indipendenti, collezionisti, poeti di strada, book-crosser, reading, collettivi di scrittrici, poesie dorsali, bloggers, installazioni libresche, libri introvabili, libri antichi, libri mai mai visti...Un festa del libro, però, che non diventi un piccolo disastro ambientale, quindi niente piatti e bicchieri di plastica e niente cibo che causi la morte degli animali. E poi, questa poliedrica e multiforme follia dovrebbe svolgersi in parte all’aperto, ma in parte al chiuso perché i libri temono molto sia la pioggia che il sole cocente. Un evento culturale del genere scatenerebbe una serie infinita di connessioni, complicità, amicizie, collaborazioni. Sarebbe il metodo migliore per dar l’avvio alla Nuova Libresca Età dell’oro.

Nuovi progetti? Cosa bolle in pentola?

Da un po’ di tempo, tutte le domeniche, andiamo al canile di Camerino, un cittadina a qualche chilometro da casa nostra, per dare una mano. La cosa più importante è portare i cani fuori per una passeggiata. Molti, purtroppo, non escono dai box per settimane. Questa esperienza ci ha dato l’ispirazione per realizzare un libello sull’argomento. Si tratta di un breve romanzo dal titolo Vita da canile. È una storia di fantasia che ha per protagonisti Logan, un cane ritenuto pericoloso perché addestrato con metodi violenti e maltrattamenti vari al combattimento, e Furio, un giovane volontario del canile che cerca di recuperarlo. Con questo libello abbiamo tentato di esternare le strane emozioni che si provano trascorrendo qualche ora in un canile, vivendo a stretto contatto con questi animali, tutti con una loro spiccata personalità, tutti con una particolare e difficile storia.

Poi stiamo ampliando le varie opzioni di assistenza per chi decide di passare all’azione e farsi il proprio libello creativo. Per chi è agli inizi, ad esempio, possiamo realizzare l’impaginazione e l’originale cartaceo. In questo modo l’autore diventa indipendente e, con qualche fotocopia e altri piccoli accorgimenti, già parte con la prima tiratura. Oppure forniamo il libello già fatto che potrà essere utilizzato come campione per proseguire in autonomia. Ma le opzioni sono tante e tutte da esplorare. Poi stiamo progettando un nuovo libello collettivo sul futuro del libro, sugli e-book che, questa volta, entreranno davvero nel nostro quotidiano. In effetti, pare che, tra i venticinque milioni di italiani che navigano in rete, uno su due cerchi informazioni sugli e-book. A noi interessa il discorso dell’ipotetica smaterializzazione dell’oggetto libro con tutte le sue conseguenze.


Scenderete a trovarci in Puglia, se ci sarà l’occasione?

Certo, se organizzate il nostro evento culturale ideale, non mancheremo!

Lasciate un messaggio pubblicitario, se volete.

Qualcuno ci sta facendo fessi. Qualcuno, da anni, sta cercando di farci credere che noi non possiamo farci i nostri libri, che non possiamo diffondere le nostre idee, le nostre visioni, le nostre storie, le nostre invenzioni, le nostre follie che, imbizzarrite, saltano lo steccato alla volta di nuove dimensioni. Vogliono farci credere che tutte queste nostre righe lanciate nella più intrigante e incontenibile libertà, se davvero aspirano al nobile rango di libro, debbano essere domate e ricondotte alla ragione, alla logica, alla coerenza. Che debbano essere rivedute e corrette per diventar presentabili agli occhi degli Specialisti in Materia. Noi dichiariamo la libertà dei libri! Noi, che da anni ci facciamo i libri nostri, dichiariamo che chiunque può fare altrettanto per partecipare alla festa dell'editoria creativa casalinga: un nuovo livello libresco che sovvertirà l'ordine editorial-globalizzato dell'universo. E dunque è a gran voce che aggiungiamo: Fatti i libri tuoi! Chiuditi nel tuo bugigattolo pieno di scartoffie, ritagli, carte, cartoni, cordine. Prendi i tuoi testi stonati che intonano inni spregiudicati e, invece di educarli al bon-ton-editorial-seriale, trasformali in magici pezzi unici, in preziosissime tirature limitate, in liberi libri che si librano come libellule belle fino alle stelle.

Tratto da “Fatti i libri tuoi (Breviario di Editoria Creativa Casalinga)” di Troglodita Tribe S.p.A.f. Libello arricchito con interventi manuali, strappi e collage. Lo trovi solo su http://trogloditatribe.wordpress.com

lunedì 15 marzo 2010

Il libro del giorno: L'acchiapparatti di Francesco Barbi (Baldini & Castoldi)

Pochi a Tilos conoscono il nome di Ghescik. Lui è soltanto il becchino, l’ometto gobbo e storpio che vive al cimitero, ai margini del paese. Pochissimi sanno che coltiva una passione insana per la feldspina e gli scritti antichi. Solo lo strambo acchiapparatti gli è amico.
Notte fonda. Al sicuro tra le mura della casa-torre diroccata, Zaccaria sta rimproverando uno dei suoi gatti quando qualcuno bussa alla porta. Il becchino si presenta con un libro rilegato in pelle scura, che sostiene di aver vinto grazie a una scommessa con lo speziale. Risale a epoche in cui la magia non era stata ancora messa al bando e sembrerebbe contenere le memorie di un defunto negromante. Ghescik non fa parola dello strano diadema rinvenuto in un sotterraneo della «torre maledetta», ma ha un solo modo per scoprire se certi suoi sospetti sono fondati: far tradurre il libro a Zaccaria che, inspiegabilmente, ha sempre avuto grandi doti come decifratore delle lingue arcane…
Inseguiti dagli sgherri dello speziale, becchino e acchiapparatti verranno catapultati nei meandri di una vicenda terribile che non coinvolgerà i soliti eroi, ma una compagine di personaggi inconsueti: un cacciatore di taglie sfigurato, una prostituta dalle molte risorse, un gigante che parla per proverbi sgrammaticati e una schiera di feroci tagliagole. Ma quale legame esiste tra il misterioso diadema e la terrificante creatura rinchiusa da secoli nelle segrete di Giloc?
Un viaggio rocambolesco, tra presagi e inganni, esecuzioni ed evasioni, attraverso atmosfere cupe e sanguinarie che rievocano gli aspetti più grotteschi dell’Alto Medioevo. Una storia avvincente, tanto insolita quanto indimenticabile, in cui convivono suspense e orrore, tenerezza e ilarità.

«Furti, razzie, stupri, omicidi. Numerosi erano i crimini commessi in quell’epoca nelle Terre di Confine. Poiché scelleratezza e barbarie imperversavano in ogni dove, le punizioni e le condanne, sommariamente assegnate, non potevano che essere molto dure…
Ogni paese aveva il suo sistema. A Brunosco l’esecuzione si attuava tramite impiccagione, una pratica piuttosto banale. A Burik il reo veniva interrato fino al petto e quindi lapidato dalla folla. Sulle mura di Tambulin i condannati erano lasciati a penzolare per giorni in gabbiotti di ferro. A Fontecheta si legava il malcapitato a un masso e lo si gettava nel Riomaggiore, mentre sulle piazze centrali di Fortevia e Valbel erano sempre pronti i patiboli per le decapitazioni. Nel fossato di Tilos, infine, il condannato correva nel vano tentativo di sfuggire a un branco di cani affamati. Ma era il signore di Giloc a vantare lo spettacolo di gran lunga più eccitante. Qui, la pena di morte si chiamava Il Buco.»

Francesco Barbi è nato a Pisa nel 1975. Laureato in Scienze Fisiche, è insegnante di matematica e fisica nelle scuole superiori. Da sempre inventore e costruttore di storie, scrive per dar voce ai suoi personaggi interni, imbrigliare e condividere le sue «visioni».

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