Leo ha sedici anni: vuole stare con gli amici, giocare a calcetto, e non si separa mai dal suo iPod. Di scuola neanche a parlarne, e i docenti non sono altro che dinosauri destinati all’estinzione. Leo viene a sapere che sta per arrivare un supplente di storia e filosofia, e quale occasione migliore, pensa il ragazzo, di fargli capire al prof. “nuovo di zecca”, che anche lui è uno di cui non ci si deve fidare più di tanto perché sta dall’altra parte della barricata, e merita dunque una certa attenzione con tanto di “cerbottanate” preparate ad hoc . Ma la storia è diversa: questo prof. carica di passione le sue lezioni, sollecita l’attenzione e la cura per il sapere e per i propri sogni. Tutto bello certo, ma col bianco che si fa, pensa Leo, che si fa con quel vuoto che sembra ingoiare tutto. Col rosso invece tutta un’altra faccenda: il colore dell'amore, della passione, del sangue; rosso come i capelli di Beatrice, il suo sogno. Un sogno però difficile da coccolare, da tenere tra le braccia, quando scoprirà che il bianco sta per divorare Beatrice, facendola ammalare, regalandole un male duro da inghiottire. Questo splendido libro racconta un anno della vita di un adolescente che oscilla tra ingenuità, voglia di speranza e disperazione, quel tipo di disperazione che un po’ tutti abbiamo problematicamente vissuto sulla nostra pelle. Già perché è facile identificarsi con Leo, sentirlo parte di se stessi, assaporare i suoi pensieri che ci proiettano in altri tempi, e in altri odori, colori e nostalgie. Alessandro D’Avenia ha tutte le carte in regola per diventare un grande scrittore, non certo perché è stato pubblicato da Mondadori. E’ riuscito a strutturare un’opera che si fa leggere volentieri, che arricchisce interiormente il lettore (direi quasi terapeutico) e soprattutto fa pensare in maniera positiva. “Bianca come il latte, rossa come il sangue” oltre ad essere un romanzo di formazione, è un testo scanzonato e brillante, intimo e tormentato allo stesso tempo, che può piacere anche agli adulti, che ne troveranno anzi sicuramente beneficio. Un libro insomma che non può lasciare indifferenti ed anche se pieno di parolacce amalgamate sapientemente con tanto di forza evocativa e immagini poetiche, si insinua nel cuore con delicatezza insegnando che se si vuole capire il perché di molte cose nella vita bisogna assumersi il rischio di tutto anche del dolore.
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lunedì 8 marzo 2010
"Bianca come il latte, rossa come il sangue" di Alessandro D'Avenia (Mondadori)
Leo ha sedici anni: vuole stare con gli amici, giocare a calcetto, e non si separa mai dal suo iPod. Di scuola neanche a parlarne, e i docenti non sono altro che dinosauri destinati all’estinzione. Leo viene a sapere che sta per arrivare un supplente di storia e filosofia, e quale occasione migliore, pensa il ragazzo, di fargli capire al prof. “nuovo di zecca”, che anche lui è uno di cui non ci si deve fidare più di tanto perché sta dall’altra parte della barricata, e merita dunque una certa attenzione con tanto di “cerbottanate” preparate ad hoc . Ma la storia è diversa: questo prof. carica di passione le sue lezioni, sollecita l’attenzione e la cura per il sapere e per i propri sogni. Tutto bello certo, ma col bianco che si fa, pensa Leo, che si fa con quel vuoto che sembra ingoiare tutto. Col rosso invece tutta un’altra faccenda: il colore dell'amore, della passione, del sangue; rosso come i capelli di Beatrice, il suo sogno. Un sogno però difficile da coccolare, da tenere tra le braccia, quando scoprirà che il bianco sta per divorare Beatrice, facendola ammalare, regalandole un male duro da inghiottire. Questo splendido libro racconta un anno della vita di un adolescente che oscilla tra ingenuità, voglia di speranza e disperazione, quel tipo di disperazione che un po’ tutti abbiamo problematicamente vissuto sulla nostra pelle. Già perché è facile identificarsi con Leo, sentirlo parte di se stessi, assaporare i suoi pensieri che ci proiettano in altri tempi, e in altri odori, colori e nostalgie. Alessandro D’Avenia ha tutte le carte in regola per diventare un grande scrittore, non certo perché è stato pubblicato da Mondadori. E’ riuscito a strutturare un’opera che si fa leggere volentieri, che arricchisce interiormente il lettore (direi quasi terapeutico) e soprattutto fa pensare in maniera positiva. “Bianca come il latte, rossa come il sangue” oltre ad essere un romanzo di formazione, è un testo scanzonato e brillante, intimo e tormentato allo stesso tempo, che può piacere anche agli adulti, che ne troveranno anzi sicuramente beneficio. Un libro insomma che non può lasciare indifferenti ed anche se pieno di parolacce amalgamate sapientemente con tanto di forza evocativa e immagini poetiche, si insinua nel cuore con delicatezza insegnando che se si vuole capire il perché di molte cose nella vita bisogna assumersi il rischio di tutto anche del dolore.
domenica 7 marzo 2010
Il libro del giorno: Ad personam di Marco Travaglio (Chiarelettere)
Michele Serra
Corrompere giudici e testimoni, falsificare bilanci, frodare il fisco. E non essere processati. Sedici anni di leggi prêt-à-porter (1994-2010) ad personam, ma anche ad personas, “ad aziendam”, “ad mafiam” e “ad castam” per pochi potenti illustri. Dai decreti Conso e Biondi dopo Tangentopoli alla Bicamerale (“Il piano di rinascita democratica? Me lo stanno copiando con la bozza Boato”, esultava Licio Gelli). Per continuare con le leggi sul falso in bilancio, le rogatorie, le intercettazioni, con le norme pro Sofri e Dell’Utri, pro Sismi e Telecom, e con i condoni fiscali ed edilizi, con l’indulto del centrosinistra, con i lodi Schifani e Alfano, gli illegittimi impedimenti e il processo breve che fulmina gli scandali Mills, Cirio, Parmalat, Fiorani, Unipol, Calciopoli e le truffe della clinica Santa Rita. Tutti salvi. Sedici anni per tornare a Tangentopoli e a Mafiopoli, cancellando Mani pulite e
Marco Travaglio, editorialista e cofondatore de “Il Fatto Quotidiano”, collaboratore
fisso di Annozero, ha scritto fra l’altro "Mani sporche" (con G. Barbacetto e P. Gomez), "Se li conosci li eviti" (con Gomez), "Italia Annozero" (con Vauro e B. Borromeo), "Bavaglio" e "Papi" (con P. Gomez e M. Lillo), tutti editi da Chiarelettere. Per Editori Riuniti ha pubblicato una nuova edizione de "L'odore dei soldi" (con E. Veltri). Di grande successo il suo tour teatrale con "Promemoria" (Libro e dvd, Promomusic). Da poco in libreria il dvd "Democrazya 2009" (Casaleggio Associati). Cura anche un blog, voglioscendere.it, con Gomez e Pino Corrias.
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distionzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
Art. 3 della Costituzione italiana
L'Accademia dei Vampiri di Richelle Mead (Rizzoli)
Se dobbiamo parlare di “politicamente corretto” dovrei essere sincero e dire che lo è solo questo primo volume della serie Vampire Academy (negli Usa già al quinto volume) della scrittrice Richelle Mead, visto che tutti le altre pubblicazioni utilizzano un linguaggio a volte nudo e crudo e descrivono scene per niente adatte al pubblico di “giovani adulti” a cui ipoteticamente è destinata l’opera. “L’accademia dei vampiri” è nel nostro paese edito da Rizzoli. L’originalità di questa scrittrice sta soprattutto nell’aver creato due tipologie di vampiri assai differenti tra loro: i primi sono i Moroi buoni, vivi e soggetti alla Morte come tutti gli altri comuni mortali, tollerano la luce del sole e si nutrono solo del sangue di “volontari”; i secondi sono gli Strigoi, non-morti e immortali, insolenti, perfidi, notturni e desiderosi di nutrirsi sangue Moroi. L’alternativa genomatica è rappresentata dai Dhampir metà vampiri e metà umani, che sono stati “programmati” per divenire i guardiani dei Moroi. Queste ultime due specie sono soliti muoversi in coppia, frequentano la stessa accademia, studiano più o meno le stesse materie. Le vicende raccontate in questo libro riguardano la bella Lissa Dragomir, principessa Moroi, “succhiasangue” mortale, vessata dalle minacce degli Strigoi, vampiri più pericolosi, agguerriti, nonchè immortali. Rose, la sua custode, è una Dhampir, “una mezzosangue”. Le due ragazze, dopo due anni a contatto con la dura realtà (viaggiando tra Portland e Chicago) vengono riportate a St. Vladimir's, l'Accademia dei Vampiri. Solo leggendo l’intero romanzo, il lettore potrà scoprire perchè le due ragazze sono fuggite, le gerarchie di casta e i rapporti che ci sono tra i vari studenti dell’accademia, quali sono poteri di cui è dotata Lissa e molto, molto di più il tutto tra una fitta serie di impegni delle protagoniste che comprendono balli, nnamoramenti, flirt con i più anziani, fascinosi coach e conflitti senza esclusione di colpi con gli insidiosi Strigoi . Senza ombra di dubbio si tratta di una bella sorpresa questo romanzo della Mead, sotto ogni punto di vista sia scritturale, che ideativo. La prima cosa che mi è venuta in mente leggendola è che si trattava di un esperimento da laboratorio meravigliosamente riuscito che lo collocava a metà strada tra Harry Potter e Twilight. Ad ogni modo dire che è per un pubblico di 12 anni mi sembra azzardato. Imperdibile per gli amanti del genere!
"Fuori i secondi" di Vito Antonio Conte (Luca Pensa editore) visto da Elisabetta Liguori
La lettura degli scritti di Vito Antonio Conte, in particolare, riporta alle origini. Rende innocenti e come tale più fragili. E’ nudità che si espone e restituisce alla vista le radici, come acqua che cade dall’alto abbondante e, nutrendo la pianta, scopre svuota il vaso che la contiene. Non a caso il luogo principe in cui gli eventi (i pochi), i pensieri (i tanti), le suggestioni contenuti in questa raccolta, trovano corpo è il motel. Il non luogo per eccellenza. Non un “dove” fisico ma un concetto astratto. Un’entità che si oppone agli abituali luoghi antropologici, proprio per il suo non essere identitaria, relazionale in senso sociale, né storica. Un luogo nudo nel quale, meglio che altrove, si può far scrittura. Scrittura radicale. Per comprendere immaginiamo qualcosa di simile a quanto teorizzato da Marc Augè. O qualcosa di vicino allo sguardo di Hopper. Immaginiamo una sosta, un transito, un ristoro solitario. E un uomo che vi scrive dentro. Immaginiamo la scrittura generata da quella nudità, scaturita per reazione grazie alla sensibilità estrema e modernissima (la surmodernità di cui scriveva Augè appunto) che caratterizza alcuni scrittori, a volte incapaci di affidarsi a confini temporali angusti o a banalizzazioni geografiche. Immaginiamo di trovarci in luogo bianco dove tutte le diversità diventano una, semplice, sola vita. Un luogo primitivo ma attuale, colto nell’istante più precario e a quello inchiodato. Immaginiamone lo stordimento e la gioia. Il piacere assoluto e breve. Per Vito Antonio Conte è “non luogo” anche un cellulare, una bicicletta, l’Orient Express, una via come quella dei Cavamonti nella Valle della Cupa. Immaginiamo forme pure, simboliche, incorporee, del sé. Ecco, è quel non luogo a parlare: il poeta è solo un fruitore. La sua unica responsabilità resta quella nei confronti di se stesso e del proprio viaggiare. Nei viaggi di Conte, le luci sono coperte dai foulard. Le parole non hanno maiuscole. La musica canta il mondo. Tutto si muove naturalmente senza fini imposti, al ritmo del respiro e del cuore, e non ha alcun senso chiedere e chiedersi: come stai? Qui la scrittura semplicemente sta. È nelle cose. Si muove con le cose. Le strade sono note, si attraversano con il naso all’insù. E’ il camminare che conta. Non la strada, ma è il ritmo dell’andare, che fa da guida alla narrazione. Questo andare costruisce una certa idea di uomo. Passo dopo passo, l‘uomo di Vito Antonio Conte ha le sue intuizioni jazz (qualcosa che ricorda le acrobazie musicali del sommo maestro Paolo Conte). C’è il mondo in quelle intuizioni. Tondo ed enorme. Come molti di coloro che si dedicano alla scrittura per necessità vitale, Vito Antonio Conte si sforza di raggiungere quella intuizione, di toccarla con le dita nella terra nuda, ma è fatale: ogni volta che egli si avvia sulla sua bicicletta, col vento che gli dà coraggio e abbrivio, finisce sempre per scoprire che l’intuizione è dietro di lui. Irraggiungibile, inviolabile. “Un giorno ti lasciai per un interno folle miraggio e me ne andai lontano. E me ne andai per ogni suolo estraneo cercando amore. E l'amore cercai, l'estate e il verno… e sempre andai cercando amore. Corsi cercando amore, ma l'amor non scorsi, e da casa tornai malato in cuore”, sussurra il Bell’Antonio di Brancati rivelando la sua impotenza. La stessa impotenza della bellezza torna nelle pagine di Vito Antonio Conte con lo stesso struggimento. Non è ovviamente un’impotenza sessuale, ma ugualmente dolorosa, sommersa e dolce. A volte sorniona, a volte incantata. Perché, moderno Sisifo, il vero poeta può raccontare soltanto la sua illusione.
sabato 6 marzo 2010
Il libro del giorno: La morte del Papa di Luis M. Rocha (Cavallo di Ferro)
Luís Miguel Rocha è nato a Porto. Lavora per le televisioni portoghese e inglese come sceneggiatore. Il suo primo romanzo Um país encantado è stato pubblicato in Portogallo e all'estero con grande successo.
Il carezzevole di Massimo Lugli (Newton Compton)
Roma negli anni ’70,
A rendere più intrigante il tutto, “Il Carezzevole” sceglie come sua personale e affidabile cassa di risonanza per amplificare le sue “gesta” proprio Corvino, il quale sarà costretto a toccare il fondo, a scandagliare senza filtri e pudori la parte più oscura di se stesso, prima del “duello” finale. Questa è solo l’inizio della storia de “Il Carezzevole” (Newton Compton) di Massimo Lugli, autore di “La legge di Lupo Solitario” e “L’istinto del Lupo” (finalista al Premio Strega). Questo suo nuovo romanzo è crudo, crudele, scioccante è dire poco, soprattutto per il fatto che nasce da tutto quell’universo della nera, che ancora molti incubi ha da rivelare. Una scrittura, scarnificante, con dialoghi incalzanti e imbottito di una suspence malevola. Bel libro senza ombra di dubbio!
venerdì 5 marzo 2010
Il libro del giorno: Contro l'ora di matematica di Paul Lockhart (Rizzoli)
Regola n°2 - Non esiste nulla di più idealistico e poetico, nulla di più radicale, sovversivo e psichedelico della matematica.
Invisibile di Paul Auster (Einaudi)
Ricordo che l’ultimo libro che ho letto di quest’autore è stato "Un uomo nel buio", e devo dire che mi aveva lascito senza fiato. Poi quest’ultimo libro denso, dove l’autore fa agire i suoi personaggi in maniera immensamente lucida, anche nelle situazioni più bizzarre. E questa non può essere che definita grandezza totale. La storia vede come attore principe un poeta americano, Adam, (siamo nel 1967) che scrive le sue memorie ancor prima di morire. Auster è geniale nel far dubitare sulla veridicità delle cose scritte dal poeta in questione, sino all’ultimo. Adam è incestuosamente innamorato della sorella, Adam scopa con la francese Margot più matura di lui e che ha un amante di nome Born. Un “quadrangolare” che offre innumerevoli scenari, e che questo grande scrittore riesce a comporre e scomporre a suo totale piacimento. Che Paul Auster sia difficile da capire è fuori questione, soprattutto perché la sua è una tipologia narrativa complessa, piena di innumerevoli zone d’ombra, che paiono create per disorientare più che guidare il lettore pagina dopo pagina.
Ma per noi è più che sufficiente quanto sostenuto da Clancy Martin del New York Times sull’ultimo lavoro di questa grande, grande penna: «Appena finito di leggere Invisibile, lo si vorrebbe leggere di nuovo perché il romanzo si muove velocemente, con disinvoltura, quasi sinuosamente, e finisci per preoccuparti di avere letto alcuni buoni passi troppo in fretta. La prosa è un esempio della scrittura americana contemporanea al suo meglio: fresca, elegante, vivace. Dà quella illusione di facilità che viene solo da una ferrea disciplina. E come accade spesso quando si è nelle mani dei maestri, si legge la frase successiva quasi senza avere finito quella precedente. Se, come nel mio caso, una delle ragioni per cui leggete è il grande piacere di innamorarvi di una storia, allora leggete Invisibile. È il romanzo più bello scritto da Auster».
giovedì 4 marzo 2010
Il libro del giorno: Ho bisogno del tuo amore di Byron Katie (Edizioni Il punto d'Incontro)
Lulù Delacroix di Isabella Santacroce (collana 24/7, Rizzoli)
Ho lasciato Isabella Santacroce, a “V.M.
mercoledì 3 marzo 2010
Brooklyn brucia per il rock. Intervento di Maria Beatrice Protino
Al Market Hotel (www.myspace.com/markethotelnyc), uno dei locali più cool della scena indie-rock di Brooklyn, alle nove di sera, in un grande loft con colonne di cemento armato tipicamente newyorkesi, luci basse e vecchi divani, si suona rock’n roll dietro un organizer attento come Todd P (ovvero Todd Patrick).
La risposta è stata senz’altro superiore alle aspettative: Todd P riceve moltissime e-mail al giorno di gruppi che mandano i loro pezzi chiedendo di potersi esibire.
Oggi il rock ha lasciato la costosissima Manhattan per trasferirsi proprio dall’altra parte del ponte, dove suonano bands dai nomi più fantasiosi e ossessionati dall’idea di autenticità, come i Dirty Projectors, gli Animal Collective, i Liars.
Il libro del giorno: "Non so che viso avesse. La storia della mia vita" di Francesco Guccini (Mondadori)
“Un’estate fa” di Camilla Baresani (Bompiani)
martedì 2 marzo 2010
Il libro del giorno: Storia dei disastri naturali di Henrik Svensen (Odoya edizioni)
Storia dei disastri naturali affianca alle storie personali le risposte dei diversi campi scientifici: geologia, antropologia, sociologia, ecc. con un risultato che è istruttivo e commovente.
Henrik Svensen è Senior Researcher al Physics of Geological Processes Centre dell’Università di Oslo. I suoi studi ruotano principalmente attorno ai processi metamorfici e vulcanici. Dai suoi lavori emerge in modo particolare il legame tra processi geologici e cambiamenti climatici.
“La ragazza dai piedi di vetro” di Ali Shaw (Fazi editore)
lunedì 1 marzo 2010
Il libro del giorno: Il dio delle anime di Alan Campbell (Nord editrice)
Alan Campbell è nato a Falkirk, in Scozia, e ha studiato all’università di Edimburgo. Dopo aver lavorato come designer informatico - è stato tra i creatori di uno dei videogame più venduti al mondo, Grand Theft Auto -, ha deciso di dedicarsi alle sue due grandi passioni: la fotografia e la scrittura. Con Il dio delle anime si conclude la trilogia di Deepgate, che comprende anche Il raccoglitore d’anime (Nord, 2007) e Il dio delle nebbie (Nord, 2008)
Un uomo, una donna. 1915-1918. Un epistolario di guerra della Val di Posina di Giorgio Havis Marchetto (Meridiano Zero). Intervento di Nunzio Festa
Il libro “Un uomo, una donna” che principalmente è l’epistolario fra Pietro ed Elisa è documento unico e insostituibile, opera davvero unica nel suo genere. Il libro di Havis Marchetto si serve delle fotografie conservate dal Museo Civico del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza, alcune decine d’illustrazioni che presentano scenari utilissimi alla storia narrata dalla scambio di missive. Una storia di corrispondenza, e corrispondenze, che conduce direttamente nel mondo della Storia. Per farci osservare il dramma e i drammi, i dolori, e i patimenti, i desideri dei soldati che sui fronti della Prima guerra mondiale dovettero mettere le loro anime. A servire il pugnale del destino. Come per non sottrarsi alla canna della pistola del potere. Dell’imposizione che li spediva a difendersi e ad aggredire. In mezzo a tormenti. Nel cuore delle malattie. E fatti di malattie al cuore; l’abbandono: della casa, delle parentele, delle amicizie. Sono le sembianze umane e disumanizzate che spingono alla diserzione. Al pacifismo. La tensione affettiva riprodotta, anzi custodita, dalle centinaia di lettere della moglie di Pietro, uno dei tanti che fecero il ‘15/’18, s’allaccia alla scia delle frasi destinate a chi sta lontano per esigenza d’altri. L’unicità del volume è nella certezza che l’archivio di scritti di chi sta a casa ad aspettare difficilmente è stato portato avanti dal tempo. Perché per esempio finiva troppe volte, la maggior parte delle vote capiamo che è successo, con la fine del soldato. Con la morte fisica dell’uomo. Il volume di Giorgio Havis Marchetto è valido strumento da conficcare nelle mani degli irriducibili ancora disposti a perorare la causa persa della guerra giusta. Havis Marchetto, con la sua documentata è attenta ricerca, scova nei cassetti dei decenni decomposti il fiato ancora intatto d’anime pronte a testimoniare cosa fu davvero
Un uomo, una donna. 1915/1918. Un epistolario di guerra della Val Posina, di Giorgio Havis Marchetto, presentazione di Mauro Passarin, Meridiano Zero (Padova, 2009), pag. 168, euro 25.00
domenica 28 febbraio 2010
Il libro del giorno: La principessa di ghiaccio di Camilla Läckberg (Marsilio)
Ma il ritrovamento del corpo di Alexandra, l’amica d’infanzia, in una vasca di ghiaccio riapre una misteriosa vicenda che aveva profondamente turbato il piccolo paese dell’arcipelago molti anni prima. Erica è convinta che non si tratti di suicidio, e in coppia con il poliziotto Patrik Hedström cerca di scoprire cosa si nasconde dietro la morte di una persona che credeva di conoscere.
A trentacinque anni, con la sensazione di non sapere bene cosa volere nella vita ma stimolata da un nuovo amore, approfitta del suo status di scrittrice per smascherare menzogne e segreti di una comunità dove l’apparenza conta più di ogni cosa. Tra gli ultimi clamorosi fenomeni del poliziesco svedese, Camilla Läckberg è stata in patria l’autrice più venduta per tre anni consecutivi; grazie ai suoi personaggi così ricchi di sfumature e alle trame attente agli aspetti più oscuri della psicologia umana è stata definita dalla critica la nuova Agatha Christie del Nord.
Camilla Läckberg (1974), prima di diventare una delle più celebri e vendute autrici di polizieschi della Svezia, ha lavorato per diversi anni nel marketing. Oggi, madre di due figli, vive a Stoccolma dove continua a scrivere la sua fortunata serie tradotta in ventisette paesi, che ha venduto finora nel mondo più di sei milioni di copie. Da questo primo episodio della serie, vincitore in Francia del Grand Prix de Littérature Policière, sarà realizzato un film.
"Antigua, vita mia”, di Marcela Serrano (Feltrinelli). Intervento di Vito Antonio Conte
sabato 27 febbraio 2010
Cristi polverizzati di Luigi Di Ruscio (Le Lettere, collana "fuori formato" diretta da Andrea Cortellessa)
G. W. F. Hegel, Prefazione alla
Parto difficilissimo, spesso si nasce venendo stritolati, lo shock dell’aria freddissima rispetto al calore del ventre materno, la luce vivissima, i rumori assordanti, la poesia retrocede verso la prima angoscia, potevano immaginare che l’elettroshock rimettesse le cose al loro posto perché era come se lo shock iniziale si ripetesse, l’angoscia di rimanere rinchiusi in un ventre per sempre, l’essere che dilegua nel nulla è il passare e morte, il nulla che dilegua nell’essere è il sorgere e la nascita, la morte è un ritornare nella condizione prenatale, quando ero il niente che viveva il niente e di questa condizione mai nessuno si è lagnato. Certi nascono da una vagina apertissima ed escono come imperatori dalla porta sacra tutto oliato e pronto per l’esposizione. Certi come ghigliottinati e fucilati morivano al centro di un festoso cerimoniale. Ero immerso nelle acque fetali, sono immerso in questa acqua sociale. Certi con rendite stupefacenti morivano torturati da costosissimi interventi chirurgici, straziati da speculate operazioni chirurgiche, certi muoiono agli angoli delle strade avvolti da una calma stupefacente. Siamo nati e poteva anche non nascere niente, una volta mia moglie mi disse che non dovevo disperarmi tanto, noi siamo nati e tanti neppure riescono a nascere. Mi è stato raccontato che prima di nascere eravamo nel pensiero d’Iddio, poteva non nascere niente, non facciamo confusioni tra il niente e il vuoto, il niente non può essere neppure riempito. Il niente può solo trapassare nell’essere più spettacoloso. Oppure come nelle bellissime svalutazioni quando milioni si tramutano in milioni di niente. Mia moglie rimaneva continuamente incisa, incinta, nonostante che non facevo che adoperare gomme di tutti i tipi conosciuti e pensavo di chiamare la mia ultima raccolta dentro il ventre del mostro, chiuso per sempre nella società dello sfruttamento e dei mangiatori di uomini. Gli eletti, i migliori si divertivano in bellissimi massacri, se non appartieni al popolo d’Iddio sarai prima o poi un assassino, se appartieni ad un popolo separato sarai prima o poi assassinato, così vedevo le cose ed invece era tutto più complicato e terrificante, non è detto che la vittima sia una persona per bene, tante volte prima d’ammazzarli li abbrutiscono e perdevo tempo con poesie che sembravano macchinette verbali produttrici di niente. Tentare di cambiare il mondo con una forsennata scrittura, anche questa cazzata ho immaginato, a Milano perfino l’aria è diventata pericolosa e pensano alle poesie, per la mancanza di aria respirabile non ci saranno proteste, potremo agitarci solo per i mali immaginari. Nonostante che mai ho avuto un’auto e spengo a sproposito i radiatori e non consumo neppure l’energia della dinamo della mia bicicletta. Siamo tutti peccatori e il miracolo della vita in questo pianeta non è cosa eterna e un miracolo sarà necessario per la sopravvivenza degli insetti più corazzati e il sottoscritto inabile in tutto può permettersi il lusso di scrivere le poesie.
ricevo dell'autore e pubblico volentieri la prima pagina, e la copertina con l'opera di Osvaldo Licini.
Il libro del giorno: Il tempo che vorrei di Fabio Volo (Mondadori)
299+1 di Leo Ortolani (Panini Comics)
Nel periodo che va da maggio ad ottobre
I prodotti qui in vendita sono reali, le nostre descrizioni sono un sogno
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