Spingersi al di ià dei
limiti geografici, solcare acque ignote, studiando venti e correnti, superando
deserti e montagne: che ne è di quel sogno della scoperta che da sempre gli
uomini hanno condiviso? Oggi che quasi tutto è stato esplorato, cartografato, mappato,
cosa rimane per alimentare la nostra fantasia? Dai monaci buddhisti a Marco
Polo, dal musulmano Ibn Battuta sino a Cristoforo Colombo, Hudson o James Cook:
per quanto la mappa sembri infine conclusa, vi sono ancora infiniti elementi di
stupore in serbo per noi, e nuovi spunti da cui ripartire per ricominciare a
sognare.
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mercoledì 22 febbraio 2017
martedì 21 febbraio 2017
Il logista di Federica Fantozzi (Marsilio)
Amalia Pinter lavora
per «Il Vero Investigatore», un piccolo quotidiano della Capitale specializzato
in cronaca nera. Nel suo quartiere, Ponte Milvio, si imbatte in una vecchia
fiamma dei tempi universitari, Tancredi, da cui si lascia accompagnare, in un servizio
per il giornale, a casa di una giovane coppia, vittima di una strage jihadista
durante il viaggio di nozze in un’isola tropicale. Tancredi si è trasferito da
anni a Londra, dove si occupa di logistica di guerra: con la sua società, la
Stinger Ltd, gestisce i trasferimenti di facoltosi professionisti in paesi ad
alto rischio. Un lavoro borderline che lo mette in contatto con servizi segreti
e bande paramilitari. In vacanza a Roma, il ragazzo invita Amalia a cena nel
suo appartamento, ma lei lo trova morto accanto a una bottiglia di whisky e
cristalli di droga. L’ipotesi degli investigatori è suicidio, una pista che
convince anche chi conosceva la vittima: zio Doug, l’unico parente rimastogli
dopo la morte dei genitori; Iris, la bionda fidanzata e socia in affari; Adam,
l’amico libanese con cui si confidava. Amalia riceve però un biglietto:
l’immagine di uno scorpione dai contorni dorati e l’avvertimento di una
minaccia incombente. Di quale segreto era in possesso Tancredi? E quanto tempo
le rimane per scoprirlo? La ragazza inizia un’indagine testarda e solitaria.
Senza sapere che, nelle periferie della sua città, anche qualcun altro è a
caccia.
“The Doors” – The Doors in direzione del prossimo whiskey bar di Giuseppe Calogiuri alla Ergot di Lecce
“The Doors” – The Doors in direzione del prossimo
whiskey bar di Giuseppe Calogiuri, con prefazione di Daniele De Luca
(Unisalento) edito da iQdB Edizioni di Stefano Donno si presenta il 22 febbraio
2017 ore 19,00 presso la Libreria Ergot di Lecce in Piazzetta Falconieri Interverranno
insieme all’autore, la giornalista Leda Cesari, l’editore Stefano Donno.
“Ci vuole coraggio. Sì, ci vuole molto coraggio nel
chiedermi di scrivere una prefazione a un libro su di una band degli anni '60. Perché,
anche a voi che leggete, qual è il primo pensiero che vi viene in mente?
Sicuramente uno di quegli insopportabili gruppi frikkettoni, hippie, pacifisti,
lenti e insulsi sul modello di Mamas&Papas o Jefferson Airplane (ne sono
certo). Per fortuna, anche in quegli anni terribili dal punto di vista musicale
qualche luce affiorava nel buio. E, forse, una luce più di tutte, quella di The
Doors! Ed è di questa luce che questo libro vi parla. Meglio, ve la racconta. E
Giuseppe Calogiuri, conoscendo questa mia debolezza, ha saputo trovare lo
strumento e il coraggio giusto. Ma, forse, è necessario andare per ordine... Il
4 gennaio 1967 The Doors pubblicano il loro primo album omonimo. Non siamo in
un anno qualsiasi, quel 1967 segnerà la storia degli Stati Uniti, prima, e
dell'intero mondo occidentale, poi. Già da qualche anno le forze armate di
Washington combattono lontano da casa una guerra non ufficiale. Dall'inizio del
suo mandato presidenziale, il “progressista” John F. Kennedy ha cominciato a
prendere i ragazzi del suo paese per scaraventarli dall'altra parte del mondo.
The Golden One (citando The Human League), figlio di una famiglia arricchitasi
spropositatamente grazie al commercio illegale di alcol, ha precipitato gli
Stati Uniti nel fango del Vietnam. Il suo successore, Lyndon B. Johnson, ha
continuato il lavoro. Anzi, lo ha portato alle estreme conseguenze. Il 7 agosto
1964, il Congresso americano – approvando la H.J. Res. 1145 (conosciuta come la
“Risoluzione del Tonchino”) – ha consegnato al Presidente un assegno in bianco
per portare le truppe ovunque ritenesse necessario. È l'inizio della presidenza
imperiale. E' anche l'inizio, in pratica, della coscrizione obbligatoria per i
giovani americani. Quella carne fresca serve. È indispensabile per combattere
nelle paludi e nelle giungle del sud-est asiatico. Nel 1968, saranno ben
500.000 i soldati impiegati in Vietnam (con infiltrazioni anche in Cambogia e
Laos per inseguire i charlie). In questo clima, le Università sono le
istituzioni che, più di altre, risentono della guerra. I ragazzi che “vincono”
alla perfida lotteria della coscrizione hanno solo tre scelte: 1) accettare
l'arruolamento; 2) scappare, magari in Canada (come Jack Nicholson); oppure 3)
scegliere la strada dell'obiezione di coscienza. La terza è una scelta
difficile, ti mette fuori dalla società e, per questo, ci vuole un coraggio
enorme. Un campione sportivo all'apice della carriera rifiuterà più volte
l'arruolamento e il 20 giugno del 1967 sarà giudicato colpevole di tradimento.
Quell'uomo era Muhammad Ali! Una nuova strada doveva essere trovata. E qui la
musica sarà fondamentale come mezzo di aggregazione per tutti coloro i quali
volevano fare qualcosa. Il 1967 regalerà alla costa occidentale degli Stati
Uniti la Summer of Love e al Vecchio Continente la spinta alla rivolta
studentesca, che in Europa inizierà nel maggio dell'anno dopo. La scintilla
partita dall'Università di Berkeley, in California, diventerà fiamma viva in
altri atenei, per trasformarsi in incendio a Parigi. Il Monterey Pop Festival
del giugno 1967 sarà il pretesto che permetterà agli studenti di unirsi,
confrontarsi e cogliere tutti i segnali che artisti come Jimi Hendrix o The Who
sputavano dal palco. Segnali che, in un modo o in un altro, volevano dire
rabbia. Beh, The Doors sono figli e, insieme, strumento di quella rabbia e di
quella società americana che è confusa e terrorizzata dai suoi stessi leader.
Una società che ha visto cadere i propri miti politici con l'assassinio di
Kennedy, o quelli sportivi, con l'arresto di Ali, e che vede, continuamente,
partire i propri ragazzi verso luoghi lontani e impronunziabili per tornare,
poi, in casse avvolte dalla bandiera a stelle e strisce. Una generazione di
giovani e adolescenti che si rifugia sempre più nelle droghe. Magari nuove
droghe come l'LSD, che aprono nuove porte. E queste porte sono quelle già
narrate da William Blake e che Jim Morrison, Ray Manzarek, Robby Krieger e John
Densmore faranno proprie e attraverseranno con l'arroganza, l'incoscienza e la
rabbia dell'età. Arroganza, incoscienza e rabbia che non si possono non
condividere e abbracciare. Abbracciare anche da parte di chi, come me, è
cresciuto con e nel punk, prima, e nella new wave, dopo. Un triade di valori e
sentimenti che tutti insieme risiedono in quella prima prova discografica e
che, qui, Giuseppe Calogiuri analizza e descrive con sapienza tecnica
assolutamente invidiabile (almeno da parte di chi crede che conosciuti due
accordi si possa e si debba formare una band!). Quello che avete tra le mani non
è un ennesimo libretto sulla band di Los Angeles, no. Sono pagine che vi
faranno fare un passo avanti sulla strada della conoscenza di un album
fondamentale. Un disco con veri gioielli. E alcuni sono gioielli sfrenatamente
gotici: come non citare la bellezza fulminante di The Crystal Ship. Pezzo che,
per il chiaro riferimento a leggende celtiche, avrebbe sicuramente fatto
innamorare i membri della Confraternita Pre-raffaellita di vittoriana memoria.
Il dolore che trasuda freddo e umido da End of the Night o l'incestuoso sangue
che sgorga da The End. Pezzo, quest'ultimo, che non può non ricordare In Cold
Blood di Truman Capote e a causa del quale, soprattutto, sono certo, il Re
Inchiostro Nick Cave avrebbe venduto l'anima per poter scrivere una murder ballad
come quella. Insomma, ora basta, inutile aggiungere altro. Giuseppe Calogiuri
vi ha invitato, vi ha aperto le porte e, come avrebbe cantato Ian Curtis: “This
is the Way... step inside!” (Prefazione di Daniele De Luca)
Giuseppe Calogiuri (1978) è nato a Lecce e qui vive e
lavora come avvocato specializzato in diritto d’autore e degli artisti. Alla
professione affianca l’attività di chitarrista ed ha all’attivo un decennio di
militanza nella prima tribute band salentina dei Doors, con la quale ha portato
il sound della band di Los Angeles in giro per la Puglia. Giornalista e
scrittore, tra i suoi lavori “Una buona giornata” (premio “Corto Testo”),
“Tramontana” (Lupo Editore, 2012), “Cloro” (Lupo Editore, 2016).
iQdB edizioni di Stefano Donno (i Quaderni del
Bardo Edizioni di Stefano Donno)
Sede Legale e Redazione: Via S. Simone 74 - 73107
Sannicola (LE)
Redazione - Mauro Marino
Segreteria Organizzativa – Dott.ssa Emanuela
Boccassini (ema.boccassini@gmail.com)
Public Relations – Raffaele Santoro
Social Media Communications - Anastasia Leo, Ludovica
Leo
lunedì 20 febbraio 2017
La genesi del Mein Kampf. 1924: l'anno che cambiò la storia di Peter Ross Range. Traduttore: F. Cenciotti (Newton Compton)
Quando si parla
dell'ascesa al potere di Hitler in Germania, è importante ricordare che è
esistito il 1924. Quello è l'anno in cui Hitler si è definitivamente
trasformato in salvatore della patria e leader indiscusso, e ha cominciato a
interpretare e distorcere la tradizione storica della Germania per sostenere la
sua idea del Terzo Reich. Tutto ciò che è venuto in seguito - lo sviluppo di
un'idea incredibilmente malvagia - ha origine da quell'anno. L'anno in cui
Hitler è stato rinchiuso in carcere, insieme a chi aveva partecipato con lui al
Putsch di Monaco. Un anno di letture e scrittura. Un anno di processo in aula
per tradimento, un anno passato a definire la sua ideologia, lavorando
febbrilmente al Mein Kampf. Finora questo periodo unico e fondamentale della
vita di Hitler non è mai stato preso seriamente in considerazione. Mentre esso
contiene tutto ciò che serve per capire l'uomo e la brutalità con cui ha
cambiato il mondo per sempre.
Sideralgia di Marta Vigneri (iQdB Edizioni di Stefano Donno) alla Libreria Palmieri di Lecce
Sideralgia di Marta Vigneri (iQdB Edizioni di Stefano
Donno) sarà presentato dal giornalista e scrittore Raffaele Polo con le letture
di Mauro Marino (Fondo Verri) il 21 febbraio 2017 ore 18,30 presso la Libreria
Palmieri di Lecce in via Salvatore Trinchese, 62 a Lecce. Interverrà l’editore
Stefano Donno
DALLA PREFAZIONE di FRANCESCA TUSCANO - “Che poesia è
dunque LA poesia di Sideralgìa? Ma sarebbe meglio dire cosa non è: non è poesia
del sentimento, inteso come necessità espressiva di un’intimità non mediata,
ingenua (…) La poesia di questa raccolta è invece densa di sottotesto, mediata,
e se di sentimento parla lo fa con evidente consapevolezza formale, oltre che
tematica. Non è poesia per signore con cagnolino da grembo (come avrebbe detto
Majakovskij). La poesia di Marta (qui il nome non è dell’autrice, ma della voce
che agisce, nella raccolta) è poesia dell’urlo (comunicativo), che nasce dal
suo opposto, l’afasia che ha conosciuto, carnalmente, l’Ospite, e la sua
distruzione. E perciò la scelta linguistica diventa discrimine (come sempre è
nella poesia, peraltro, quando è poesia). La scelta (ideologica) di Marta è
quella di chi avverte il dovere, oltre che la necessità, di definire il reale
attraverso un sistema di indagine non semplicemente percettivo. Esistono molte
lenti per mezzo delle quali si assume il reale (…). Marta usa lenti che non
riproducono in nettezza, ma in profondità.”
DALLA POSTFAZIONE di MARCELLO BUTTAZZO – “La sua è poesia filosofica, d’un progressivo incedere, d’un elegante procedere. Filosofica perché va a fondo dell’essere, scava intimamente nelle scaturigini dell’esistente, rivelando e mostrando sempre tracce consistenti di vita vissuta. Quella di Marta Vigneri è poesia di fisica ponderatezza. Il corpo balena, respira, parla, declama, evoca, echeggia. “Il corpo violato è padrone miserabile del tempo fortuito, trafitto dal ferro azzurro e affilato”. . Versi dell’alterità quelli di Marta, perché l’Autrice non si rinchiude mai in uno sterile fortino di egocentrismo: tutt’altro. Con le sue parole d’amore, di gioia e di dolore, getta un ponte conoscitivo e prolifico con l’altro da sé. I suoi versi non sono uno specchio di vacuo egotismo, ma un veemente e intenso treno in corsa, con cui la poetessa ci invita al viaggio.”
iQdB edizioni di Stefano Donno (i Quaderni del
Bardo Edizioni di Stefano Donno)
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