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giovedì 25 agosto 2011

Dracula: Mito e fenomenologia. Di Giovanni Sicuranza












1892. Anno di svolta per la letteratura. Anno di svolta per la resurrezione del mito metamorfico e per l'angoscia dell'uomo moderno. Esce "Dracula", dell'irlandese Bram Stoker, ed è subito un urlo di successo che si diffonde in tutto l'Occidente. Migliaia di copie vendute, edizioni su edizioni, adattamenti teatrali, musicali; quindi cinematografici. "Dracula" rappresenta la singolarità del mito moderno, come spiegherò di seguito in un percorso volutamente sintetico, ma spero efficace, da allora solo timidamente eguagliata, ma mai superata in modo innovativo. Prima di fare qualche passo indietro nei secoli, per meglio comprendere quanto affermato, vorrei subito porre questo paletto (e scusate il doppio senso del termine, visto che di vampiri sto trattando): "Dracula" si configura come l'apoteosi di una figura che, dalla trasformazione medievale, dalle prime rappresentazioni moderne ad oggi, non è stata ancora superata per completezza e carica simbolica. A mio avviso, e forse dimenticando briciole sulla strada della citazione, la letteratura che più si è avvicinata alla vetta del romanzo di Stoker è ad oggi rappresentata da:

1) "Io sono leggenda", di Richard Matheson (1954), inquietante ribaltamento della singolarità del mito: il mostro, la minaccia fin troppo evidente, è un essere umano in un mondo popolato pressoché interamente da vampiri (qui il mostro non nasce più da una generica maledizione o tara, ma da una mutazione virale).

2) "Le notti di Salem", o "Salem's Lot", di Stephen King (1975), che, oltre lo stile particolare dello scrittore, ha il pregio di riprendere quelle caratteristiche tipiche di Dracula, ovvero il vampiro affabile, ben integrato nel tessuto sociale, che approfondirò in seguito.

In ogni caso, si tratta di testi che non potevano nascere senza la paternità ideativa di "Dracula", a questo dovendo (anche per stessa ammissione degli Autori) molto del loro "respiro".

Per quanto riguarda i film, sempre nella scia di "Dracula", meritano di essere citati:

1) "Nosferatu, eine Symphonie des Grauens", diretto nel 1922 da Friederich Wilhelm Murnau; uno dei massimi caposaldi del cinema espressionista; 2) "Vampyr", ispirato a "Carmilla" (primo vampiro femminile della modernità), diretto nel 1932 da Carl Theodor Dreyer; 3) "Miriam si sveglia a mezzanotte", diretto nel 1983 da Tony Scott, in cui è forte una caratteristica della modernità: l'amore malinconico; 4) "Nosferatu a Venezia", diretto nel 1988 da Luigi Cozzi e altri, con Klaus Kinski; 5) "Bram's Stoker Dracula", diretto nel 1992 da Francis Ford Coppola; ad oggi la più fedele rappresentazione del romanzo di Stoker con introduzione del personaggio storico che ha ispirato Dracula; 6) "Intervista con il vampiro", diretto da Neil Jordan nel 1994; 7) "30 giorni al buio", diretto nel 2007 da David Slade; questo film, un horror puro, ha in realtà quale unico pregio l'efficacia dell'accentuazione del simbolismo della cosmicità nera, che caratterizza i nostri tempi. Altri film, o serie alla "Twilight", per intenderci, nulla aggiungono, anzi, sottraggono mitologia al vampiro per ridurlo a un giovane di bell'aspetto, con fisico atletico, che usa quale seduzione il flirt e ha l'espressione monotona del "bello e dannato" alla James Dean; insomma, niente più che un perfetto profilo per social network alla "Facebook". Tuttavia un elenco (incompleto, schematico) di libri e film ispirati al romanzo di Stoker non è lo scopo principale delle mie considerazioni. E' tempo dunque di andare indietro nei secoli e scoprire quel parallelismo tra culto dei morti e formazione, anzi, trasformazione, persino sostituzione, del mito del diavolo con quello del vampiro a partire dall'Illuminismo. E, poiché caratteristica del mito è l'eternità, fino a quando costumi, conoscenze e impianti sociali non muteranno, il vampiro è destinato ad essere sempre attuale e motivo di forte interesse, con buona pace per chi afferma di non poterne più di questo argomento (o, con maggiore precisazione, dell'ossessivo mercato che si crea intorno a tale figura; un mercato spesso di flaccida qualità, ma che trova la sua forza proprio nell'inossidabilità del mito).

Il culto dei morti e il potere della Chiesa

Nei secoli III e V d.C., la Chiesa cattolica è ben consolidata nelle città, ma non nei paesi, che, gravidi di tenaci tradizioni, resistono con riti pagani al cristianesimo; la stessa Chiesa, del resto, fino a questo periodo è più interessata a consolidarsi nelle città, centri di potere. Tuttavia il culto dei defunti fa capire ai Ministri della Cristianità che, se vogliono avere il gregge al completo, è ora di agire. Per la Chiesa cattolica il ritorno dei morti, in un corpo incorruttibile, è prerogativa solo dei Santi. Per il volgo, invece, i morti possono tornare, sia con intenti benevoli, che malefici, ogni qual volta lo desiderano, o siano desiderati dai superstiti. La loro apparizione avviene spesso in danze collettive, svolte intorno alle mura della città e guidate dai guerrieri di Odino, i Berseker. Tra questi capeggia un certo Hellequin, che nei secoli, con il culto del Carnevale (nato nelle città medievali), diventerà Arlecchino. La Chiesa non può tollerare ancora che nei villaggi si professi un culto dei morti così distante dalle basi del cristianesimo. Ma, per non privare in modo drammatico, inefficace, la popolazione dalle proprie tradizioni, inventa la soluzione del Purgatorio. Da qui le anime in transizione, in circostanze particolari, hanno il potere di comunicare ancora con i vivi. Accanto a queste, solo i Santi possono farlo. O i demoni tentatori. La Chiesa riesce così a circoscrivere nella propria metafisica il bisogno primordiale dell'uomo di comunicare, per bisogno o per paura, con i defunti. Lo fa con l'arma migliore che le ha sempre dato consenso: non spazzando via le tradizioni pagane, ma trasformandole in culti consoni, in modo che il popolo le accetti, vestendo il vecchio con il nuovo. Ora, dunque, il ritorno dei morti è affidato all'intercessione del Purgatorio. O, in presenza di negatività, al nefasto e ingannevole intervento del Diavolo. Se un morto entra non voluto nel tessuto dei propri cari è perché il Diavolo lo permette. Lo permette anche in senso collettivo, ad esempio con le malattie che colpiscono il bestiame, o con quelle che falciano intere comunità. Ricordiamo che nel mondo pre-moderno la malattia non è espressione del contagio di un microrganismo, ma di una possessione diabolica, che tenta di disgregare la comunità cristiana. E' dunque, prima che un pericolo per l'uomo, una minaccia per il tessuto sociale. Il nuovo potere consolidato dalla Chiesa con l'invenzione del Purgatorio e l'intervento del Diavolo, nel tramite vita - morte, salute - malattia - morte, è però messo in discussione dalla Chiesa Greca Ortodossa, che, contrariamente a quanto affermato da Roma, ovvero che solo i Santi sono incorruttibili, mentre la putrefazione del corpo è elemento necessario affinché l'anima possa serenamente distaccarsi a ascendere al Regno dei Cieli, sostiene che anche morti "comuni" possono non corrompersi. In questo caso, il mancato ciclo putrefattivo porta l'anima e il corpo a un legame indissolubile oltre la morte, impedisce l'ascesa al Regno dei Cieli e apre le porte al ritorno dei non-morti. L'altro scossone alle credenze instillate dalla Chiesa romana lo fornisce il Protestantesimo, antesignano per alcuni aspetti dell'Illuminismo. La Chiesa apostolica e romana ha inventato il Purgatorio per trarre vantaggi economici e di potere. Il Purgatorio non esiste, tuona il Protestantesimo, liberando così le anime dal recinto in cui le aveva collocate la Chiesa per regolamentarne la comparsa ai vivi. La dissoluzione del Purgatorio, unita al messaggio della Chiesa greca, aprono dunque le porte per un nuovo caos, senza ulteriori regolamentazioni, lasciando ancora alle credenze del popolo il rapporto tra i vivi e i morti. Morti che, a questo punto, possono tornare con intenti anche malvagi, in quanto non corrotti, e non solo come illusione del Diavolo. Non è un caso se il mito del vampiro si sviluppa, in epoca pre-illuministica, proprio nei Paesi dell'Est, nei Balcani e in Grecia in particolare, mentre è assente in quelli di influenza cattolica romana. Si tratta ancora di un mito rozzo, primordiale: il vampiro è di bassa estrazione sociale, un contadino, che fa razzia del bestiame o dei propri cari. Viene scoperto, quando, in periodo di morti misteriose, o, ancora più spesso, di malattie, si aprono le tombe, fino a trovare quella di un cadavere fresco, incorrotto, rosso in volto: il vampiro. Il corpo, esumato, subisce il taglio della testa e l'estrazione del cuore e, infine, spesso, viene bruciato. Come forma pestilenziale, la credenza nel vampiro si propaga.

Arriva l'Illuminismo.

E il vampiro perde vigore, verrebbe da continuare. Invece, apparentemente in modo paradossale, è proprio l'Illuminismo che, non volendo, ne fortifica la figura e rende moderno il mito. Come scrive Voltaire, tutto è ricondotto alla Ragione, tutto è spiegabile dall'Uomo. Il resto è "superstizione". Eppure, e questa è la mancanza dell'Illuminismo, non si può privare l'uomo del suo ancestrale bisogno di "metafisica", proprio per la consapevolezza che questi ha della morte. Non si può razionalizzarlo in ogni aspetto, senza dargli la possibilità di una struttura che vada "oltre". I miti, ridotti a superstizione, svuotati senza essere adeguatamente rimpiazzati, producono nell'uomo nuovo smarrimento. E lo smarrimento, lasciato libero, crea miti di punizione.

L'Epoca moderna e l'evoluzione del Vampiro.

L'Io, smarrito, elabora un nuovo mito, individualmente e nella collettività. Sviluppa una nuova metafisica in un mondo in cui non vi è una regola, lasciando i morti, i non-morti, liberi di vagare nella Terra. La malinconia del vuoto, rimasta insoluta dall'Illuminismo, in assenza di forti valori che non siano quelli terreni (industrializzazione, capitalismo, arricchimento del Quarto Stato, profitto), porta a un rincorrere ossessivo della felicità. Felicità che non si trova in questo mondo, ma che ormai ha perso i dettami, forti, della religione. E' il senso di una cosmicità nera, che dall'Illuminismo sale fino all'epoca moderna nel cosiddetto horror vacui. Ossessione, smarrimento, infelicità, danno allora slancio alla figura del Persecutore, del Punitore antropomorfico, che non è più il Diavolo, decaduto, ma il Vampiro. E' proprio dall'inizio del XVIII secolo che in Europa, a partire dall'Est, si diffondo le voci di epidemie di vampirismo. Intanto il Vampiro, che assurge a mito dell'angoscia della Modernità, si è trasformato. Prima, come accennato, era il contadino, trovato florido e rosso in viso all'esumazione: il vampiro rosso. Ora, accanto a lui, nasce la più nobile figura del Vampiro Nero. E' il Vampiro primigenio, la fonte del contagio del vampiro rosso, la prima causa dell'epidemia di non-morti. Se la sua completa collocazione mitica avviene in epoca illuminista, la sua figura ha origini più antiche, essendo identificato con le frequenti epidemie di peste nera, veicolata dai topi. L'associazione, per similitudine, con i pipistrelli avviene naturalmente, anche in virtù di due elementi: la peste nera si propaga rapidamente e i pipistrelli sono tanto veloci, quanto padroni dell'aria, elemento etereo. Inoltre, topi e pipistrelli accompagnano le ripetute invasioni dei neri turchi, o tartari ("tartaro", in epoca medievale, era sinonimo di "inferno"), visti dalle atterrite popolazioni europee non come umani, ma esseri di un mondo maledetto. Sono loro la concretizzazione del Vampiro Nero. Infine il Vampiro subisce un'evoluzione di tipo sociale, anche questa determinata, sempre in modo non consapevole, dall'Illuminismo. Infatti, se il Vampirismo è solo superstizione del volgo, altrettanto vero è che esistono veri vampiri in grado di erodere la società. Nascono così espressioni, ancora in parte usate, quando si identifica il vampiro nello sfruttatore del popolo, del lavoratore (vampirismo sociale), nei propagatori del magico (vampirismo superstizioso), nelle razze inferiori, o che producono danni, come quella ebraica (vampirismo razzista). Questo è il vampirismo razionalizzato dall'Illuminismo in poi, ma che, nel mito, poiché identifica nel vampiro personaggi di potere (preti, uomini politici o di affari, etc.), ha l'effetto collaterale di elevare il Vampiro stesso da contadino a uomo aristocratico o borghese. Il Vampiro, dunque, grazie ancora all'Illuminismo e alla Modernità, non solo si fortica, ma sale di rango.

Peculiarità del Vampiro.

A dargli la veste di dandy, malinconico, affascinante, contribuiscono, tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, personaggi come il poeta Byron, a cui Polidori si ispira per "The vampire", primo racconto del mito moderno del vampiro (1819). Amato e odiato, cercato e respinto, persecutore e fonte di persecuzione per l'uomo malinconico. Rinvio al testo stesso, o a altri articoli, per la trama di quest'opera (così come delle altre che seguiranno), limitandomi a fare notare che, appena uscito, "The vampire" riscuote un immediato successo, pressoché in tutta Europa, tanto da spingere, in Inghilterra, tra il 1845 e il 1847, alla "democratizzazione" del mito diventato letteratura: nasce la serie "Varney the vampire, or, the Feast of Blood", che, venduto a puntate, al costo di un penny l'una, affascina per due anni, instancabilmente, chiunque sia in grado di leggere. E' la prima feulliton dell'orrore e sparge il mito in ogni estrazione sociale.

Nel 1872 arriva "Carmilla", di Joseph Sheridan Le Fanu, il primo vampiro femminile, dove sensualità e amore malinconico sono accentuati fino a sfidare le convenzioni sociali (razionali) dell'epoca, in pulsioni dal sapore saffico. Inoltre in "Carmilla" è ben colto il concetto dell'ospitalità, per cui il vampiro può agire solo tra le persone che lo accolgono all'interno della propria dimora, come un virus nel corpo umano. La singolarità del vampiro, la sua massima evoluzione, arriva poco dopo, nel maggio 1897, quando esce "Dracula" dello scrittore irlandese Bram Stoker. Con "Dracula" il mito diviene completo e si stabilizza.

Dracula. Cenni di tradizioni e di Storia

Dracula arriva dall'Est, terra di superstizione per eccellenza del vampirismo, e non giunge per "infettare" il singolo, ma l'intera collettività occidentale, la modernità razionale, nel romanzo rappresentata da Londra. Il vampiro non si introduce in modo manifesto, con violenza, ma con l'intento di assimilarsi al tessuto sociale londinese. E' infatti deciso a comprare una casa in città e dichiara di volersi amalgamare ai costumi dell'occidente. E' proprio il subdolo modo dell'agente infettivo di penetrare nell'organismo. E l'organismo occidentale è ormai privo di anticorpi per il "superstizioso", che l'Illuminismo ha tentato di uccidere, ridicolizzandolo. Il mito, le credenze apparentemente rimosse da un mondo illuminato, irrompono senza che l'uomo moderno sappia fronteggiarle. Eppure Lucy, la prima vera vittima occidentale del Conte, è un simbolo proprio di come il mito sia ancora presente, non riconosciuto. Nel romanzo si apprende che è affetta da sonnambulismo, morbo, si credeva nell'antica Grecia e nel Medioevo, suggestivo per possessione demoniaca. L'altra protagonista femminile, Mina, con la sua ambivalenza passionale-sentimentale tra il marito e Dracula, esprime il sentimento contrastante attrazione-repulsione per il vampiro e, più in generale, per la tradizione, nell'uomo moderno. Per Stoker solo il ritorno a valori metafisici può salvarci dal senso di smarrimento sociale, che l'Illuminismo ha creato e che la Modernità, con la sua rincorsa alla felicità immediata ed effimera, ha accentuato. I miti vanno riconosciuti, valorizzati, non relegati a mera superstizione, altrimenti l'essere umano sarà destinato a soccombere ai propri incubi. Non a caso Dracula è battuto non dalla Ragione, ma dall'unione di Razionalità e Metafisica religiosa, rappresentata dalla figura di Van Helsing, scienziato, sì, ma anche esorcista laico. E l'unico, che grazie alla fede, riconosce la presenza del vampiro a Londra. Strumenti religiosi, come il crocefisso, l'ostia consacrata, sono le armi tradizionali in grado di indebolire questa "nuova" minaccia di derivazione demoniaca.

Ma chi è Dracula, oltre il mito?

Anche in questo caso, Bram Sotker mostra di avere oculatamente operato la scelta di una trama carica di messaggi. Non solo metafisici, ma anche storici e tradizionalisti. Come lo stesso Dracula racconta a Harker, la sua stirpe deriva sia dai Berseker di Odino, sia da Attila. Si ricorderà che, nella tradizione dei villaggi pre-cristiani, i Berseker erano a capo delle schiere dei morti danzanti. Attila è noto come "flagello di Dio", terrore dell'Occidente. Condottiero degli Unni, razza assimilata ai Turchi-Tartari, ovvero ai Vampiri Neri. Nello specifico, Dracula è ispirato al personaggio storico di Vlad III, della stirpe degli Szekely, effettivamente di derivazione dagli Unni e, sembra, da discendenti diretti di Attila. Vlad III era figlio di Vlad II, regnante della Valacchia, Transilvania, detto "Dracul", ovvero "Drago" (dal blasone della casata) o "Demonio". Il figlio passò alla Storia con il soprannome di "Dracula", che in rumeno significa "figlio del Drago", o "figlio del Demonio". Lui stesso si firmava "Draculea". Vissuto tra il XV e l'inizio del XVI secolo, fu figura ambivalente per i suoi rapporti con i Turchi (i Vampiri Neri): da un lato, baluardo della cristianità nel fermare la loro avanza in Occidente, dall'altro dagli stessi Turchi allevato nei primi anni dell'adolescenza, quando il padre lo diede in ostaggio. Un elemento senza dubbio di interesse per lo studioso Stoker. Ma c'era un altro particolare che rendeva "Draculea" personaggio adatto per la creazione del mito. Vlad III era soprannominato "Tapes", cioè “l'impalatore”, per il "generoso" ricorso alla tortura dell'impalamento, applicata a nemici interni o esterni. Era un supplizio, che, ben condotto, lasciava la vittima agonizzante per ore, con un palo dalla punta arrotondata, per non ledere, ma spostare organi interni, che, introdotto nell'ano, fuoriusciva da una ferita, in genere in prossimità di una spalla. L'impalamento, applicato al mito del Vampiro, ha duplice significato simbolico: è antitesi dell'arma, il paletto, usata per sconfiggere la creatura del Male; in una prospettiva psicologica e sociale, si inserisce nella fase anale del bambino, come bambina, immatura, smarrita, è la civiltà attuale; una società che, disorientata nell'horror vacui, percependo di avere commesso una mancanza privandosi dei miti, crea la figura del Persecutore. Del padre che, con l'impalamento, punisce. Ancora qualche considerazione, prima di concludere questo schematico excursus sul Vampiro quale mito moderno. L'allontanamento dell'accettazione della Morte, iniziato anch'esso dall'Illuminismo, e proseguito progressivamente fino ad oggi nella civiltà Occidentale, portando al tabù del fenomeno morte, ha ulteriormente alimentato l'horror vacui sociale (vd. miei articoli, già pubblicati in questo e altri siti, a tale proposito). In un contesto in cui la Morte è allontanata, negata, nella civiltà del consumismo, dell'apparenza, il Vampiro Persecutore ha molti motivi per stabilizzare la sua forza di mito, relegandoci a servi non- morti, ma anche eternamente non-vivi.

La soluzione di Stoker e la domanda lasciata senza risposta.

Bram Stoker afferma che il modo per liberarci dal Persecutore è la riappropriazione del mito in chiave metafisica-religiosa. Solo lasciando la mente libera di vedere anche oltre la razionalità, l'uomo riesce a scorgere i mostri della Modernità. Solo affrontandoli con gli strumenti della metafisica, riesce a sconfiggerli. Se questa soluzione, magistralmente narrata in "Dracula", e ad oggi insuperata, è valida per i credenti, allora all'uomo ateo e agnostico non rimane che arrendersi alla spiritualità per non incorrere nel fascino schizofrenico di un nuovo "demone" creato dalla mente (individuale, collettiva) a punizione della sua "arida" ragione, che tutto pretende di spiegare? Abbiamo visto che il ricorrere alla Ragione, come spiegazione del tutto, annichilendo ciò che sfugge come "superstizione", non preserva dallo sviluppo dell'horror vacui e, dunque, dalla nascita di un mito persecutore. Eliminare il mito con la tecnologia ha senso nella finzione in cui il "mostro" è creato dalla modernitá (es. arma batteriologica per cui è necessario creare un antidoto). Non certo per il mito creato dal bisogno metafisico ancestrale, anzi, significa ricalcare l'errore dell'Illuminismo. Credo tuttavia che la risposta non sia la resa. Stoker ha risolto il dilemma per chi vuole credere. Per gli altri, forse, c'è bisogno di un altro antidoto all'horror vacui. Di un nuovo Bram Stoker.

Bibliografia essenziale.

Oltre ai testi citati nell'articolo:

1) "Il mito del Vampiro", Barzaghi; Edizioni Rubettino; 2010;

2) "Simboli della trasformazione", Jung; Edizioni varie;

3) "La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica"; Praz; Edizioni Sansoni; 1982;

4) "Il mondo attuale"; Braudel; Einaudi; 1966.


Il blog di Giovanni Sicuranza

mercoledì 24 agosto 2011

The Foundation Polo Challenge Sponsored by Tiffany & Co.

Watch highlights from The Foundation Polo Challenge including The Duchess of Cambridge's presentation of the Tiffany-designed trophy to a victorious Prince William.

Il libro del giorno (anteprima): The Gap di MICHELE JAFFE (Fanucci)












Quando Jane si trasferisce nel New Jersey, la nuova scuola le sembra una meraviglia: fa subito amicizia con le due ragazze più in vista dell’istituto, Kate e Langley, entrambe ricchissime e bellissime. Il trio diventa inseparabile e il loro tempo trascorre senza preoccupazioni tra la scelta di un abito e i commenti sui ragazzi. Una notte, però, Jane viene scaraventata da un’auto in corsa e finisce priva di sensi in un cespuglio di rose. Quando si risveglia in ospedale, non ricorda nulla di quanto è accaduto e il suo corpo è completamente paralizzato; inoltre riceve strani regali da un ammiratore che rimane nell’ombra e una serie di telefonate minacciose. Tutte le persone che le stanno attorno sono convinte che Jane abbia delle allucinazioni causate dai medicinali, ma un po’ alla volta lei riesce a mettere insieme i pezzi e a ricostruire la sera dell’incidente. Quello che scoprirà sarà lontano da ogni possibile verità e la trascinerà in un incubo che sembra non avere fine…

MICHELE JAFFE è nata a Los Angeles ed è autrice della serie young adults Bad Kitty e di thriller e romanzi per adulti. Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in Letterature Comparate presso Harvard, ha abbandonato il mondo accademico e ha deciso di dedicarsi alla scrittura. Attualmente vive a New York.

“Finalmente una storia che, per l’accurata caratterizzazione dei personaggi, si distingue da una sfilza di romanzi per adolescenti in cui eroine innocenti vengono risucchiate nella trappola della popolarità da ragazze ricche con cuori malvagi.” (Publishers Weekly)

“Michele Jaffe sa arrivare dritta al cuore del suo pubblico adolescente. Una lettura da non perdere.” (Kirkus Review)

“Morte di un'assassina”: il complicato rapporto tra Bene e Male costringe l'uomo a interrogare se stesso. Intervento di Roberto Martalò













Che cosa è il male? È qualcosa di facilmente definibile, tangibile? Infine, è realmente separato dal bene o vi è indissolubilmente legato? Gli interrogativi che accompagnano l'uomo da millenni e che sono al centro di grandissime riflessioni filosofiche e teologiche fanno capolino anche nella mente dell'agente di polizia Billy Tyler allorquando l'imprevista telefonata del sergente Phil gli assegna un incarico tanto semplice quanto carico di ricordi e suggestioni negative: sorvegliare per un doppio turno il cadavere di una donna che diversi anni prima aveva sconvolto tutto il Regno Unito per una serie di cruenti omicidi, compiuti con il suo partner, di bambini. Suggestionato dalle sensazioni negative della moglie e dalla morbosa curiosità dei giornalisti, che si accalcano all'uscita dell'ospedale pur di avere una qualsiasi notizia sulla defunta, Billy passerà una nottata a ricordare eventi della sua vita legati all'assassina e a chiedersi cosa è il male, qual è il limite tra essere colpevole e vittima e, soprattutto, quanto bene e quanto male c'è in ognuno di noi. Inevitabilmente, vengono fuori i suoi ricordi più remoti e la consapevolezza che nell'armadio di chiunque ci sono scheletri da nascondere. Rupert Thomson consegna ai lettori un thriller dell'anima, con forti tinte noir a creare un'ambientazione suggestiva seppur semplice: è nella fredda sala d'obitorio dell'ospedale che tutto si svolge ma è proprio quella sala inquietante che favorisce il ricordo a Bill; ricordo inteso sia come recupero del passato per regolare i conti con sé stesso, sia come evasione da una situazione quasi opprimente. “Morte di un'assassina” è un romanzo che ci costringe a guardarci dentro, a interrogarci sulla condizione dell'uomo e a riflettere sulla coesistenza in ognuno di noi di Bene e Male. Perché il lato oscuro è insito in ogni uomo..

Morte di un'assassina di Rupert Thomson (Einaudi)

martedì 23 agosto 2011

LG Optimus 3D (P920) - LG in the Box

Con LG Optimus 3D le immagini escono dallo schermo e sono ancora più reali! Vivi un'esperienza 3D mai vista prima: CREA video in 3D stereoscopico e in HD; GUARDALI in 3D direttamente sullo schermo da 4,3'' e senza occhiali; CONDIVIDILI su YouTube 3D oppure sulla TV 3D in alta definizione con il cavo HDMI; GIOCA con 3 videogame in 3D precaricati e con altri 10 disponibili sul catalogo. Il nuovo LG Optimus 3D offre tutte le potenzialità 3D racchiuse in un super-phone con processore Dual-Core e architettura Dual-Channel per una velocità straordinaria.

• Sistema Operativo Android 2.2 (aggiornabile a 2.3 entro il 2011)

• Display 4,3" 3D con tecnologia Parallax Barrier

• Connettività HSDPA 14,4/HSUPA 5,7, Wi-Fi b/g/n

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• Doppia fotocamera 5 Megapixel streoscopica per registrare in 3D

• Memoria 8GB

• Upload video 3D su YouTube

• Connettore HDMI con cavo incluso

Il libro del giorno: Spegnete la Tv! Di Lucia Rizzi (Rizzoli)



Possiamo educare i nostri figli facendoli divertire e, perché no, divertendoci assieme a loro? La risposta di Lucia Rizzi, ormai da anni un sicuro punto di riferimento per i genitori italiani, è un entusiastico "sì!". D'altra parte, il "lavoro" di madre e di padre è un impegno continuo, che non conosce pause, e anche il tempo libero può essere finalizzato all'apprendimento di corrette abitudini, senza con questo perdere in piacevolezza e spasso per tutti. Anzi! Dopo aver affrontato in generale iltema dell'educazione da 0 a 15 anni nella serie bestseller Fate i bravi!, la tata più famosa d'Italia propone questo nuovo volume pratico che offre un'ampia e variegata serie di giochi e attività che, pur mantenendo sempre carattere ludico, favoriscono una crescita serena e il consolidarsi di positivi rapporti familiari. Come bloccare il capriccio del piccolo di 2 anni che non vuole uscire di casa? Semplice: basta proporgli La telefonata. Che gioco è adatto a un bambino di 5 anni che urla un po' troppo? È perfetto / rumori attorno a noi. E, se poi ne volete stimolare la mente già vivacissima, provate con Sequenze di lettere e numeri. Chi scatta per primo? è invece solo una delle otto attività per allenare i bambini fra i 6 e i 10 anni a diventare Bravi Sportivi, ovvero ad acquisire tutte le attitudini necessarie per giocare bene in una squadra, ma anche in famiglia e a scuola.

La gallina, di Fabrizio Ottaviani (Marsilio) . Intervento di Nunzio Festa












Gli accadimenti di “La gallina”, romanzo d'esordio del critico Fabrizio Ottaviani, succedono quasi interamente in un appartamento. Seppure non è facile comprendere perché questi dovrebbero essere per forza d'una casa dell'Europa del Nord. E le scene decisive, per così dire, sono addirittura poche. Ma grazie a un 'linguaggio' molto teatrale, dunque altamente, appunto, “scenico”, potremmo dire che la piccola situazione, diventata grandissimo e grandioso fuoco del romanzo, è legittimata da un approccio borghese - anzi moraviano - al piccolo mondo della borghesia, diviene quasi una commedia di Eduardo senza, in un certo modo, la commedia degli equivochi eppure con l'incarnirsi dell'equivoco nella macchinata commedia. Il tutto, poi, sorretto da un linguaggio computo e attrezzato a dovere con una sfilza di dialoghi più che attenti a fare da compagnia illustre al montaggio lessicale. Il momento temporale nulla conta. Quello che conta è una vecchia signora vestita proprio comune uno spaventapasseri che riesce, letteralmente, a piazzare nella casa dei De Giorgi: una gallina viva anzi vivissima e agitata alquanto. I padroni, dotati di cameriera cuoca e maggiordomo un po' scemo o stonato, sono ricchissimi e in città hanno (una) posizione di grido. Che dovrebbero sempre proteggere. Mentre la gallina produce una serie di conseguenze che stravolgono lo status quo. A parte, in effetti, che davvero non si scoprirà facilmente chi cavolo ha portato e, soprattutto, per quale ragione la gallinaccia in casa De Giorni, accadono vicende che i personaggi non sempre sono capaci di gestire. Tranne alcuni di questi. Che qui, va precisato, potremmo persino parlare d'eroi e antieroi. Oppure, più tranquillamente, di buoni e cattivi. Però queste vite di facoltosi sono cattive cattive nonché animate da sotterfugi su sotterfugi. Più volte s'usa, per il romanzo d'Ottaviani, la parola “farsa” quando non il termine puntuale “burla”. Propriamente, per esser sinceri fino all'osso disossato, qui è molto peggio di questo. Ottaviani, infatti, con uno sguardo glaciale, freddo e distante in ogni instante, privandosi d'umanità come i narrati, riesce a descrivere quando l'umanità vien a mancare. Inizialmente, pare che del libro ci s'appassioni poco. Mentre dopo le primissime pagine già si devono necessariamente studiare e attendere le mosse della gallina magica. Un libro di mirabile valore.

lunedì 22 agosto 2011

BARRACUDA (FABI GROUP) – Fall Winter 2011

Il fondo a cassetta viene rivisitato e si arricchisce di nuove varianti, sia di materiale che di colore: il sapore è sempre quello vintage del "lavato" tinto in capo, ma la modelleria si scalda grazie agli interni in pelo e ai bordi in castorino. Gustosi anche i colori in cui si declina questa famiglia di prodotti dal look giovane e tuttavia habillé: castagna, blu cobalto, asfalto, biscotto, burgundy. Per l'entrée-de-saison Barracuda propone inoltre la sneaker ultraleggera di soli 280 gr., nuovo concept di scarpa tecnica e nondimeno molto cittadina: forma e volumi sono molto equilibrati, il fondo gradevole e con personalità, la scelta dei pellami davvero da intenditori, le fodere in cotone quadrettato o in flanella: insomma un mix & match imperdibile per tutti coloro che vogliano calzare in maniera comoda e ipertrendy! Per i mesi più freddi, invece, la Maison ha pensato all' evoluzione chic del biker classico: forma piena, suola pesante e cucita, impunture a contrasto, altezze alla caviglia e finanche al polpaccio ma, soprattutto, tomaie di montoncino a taglio vivo dai colori scuri e finiture a mano, un sapore un po' "aviator" per dandy metropolitani. L'offerta Barracuda per la stagione A/I 2011/12 si completa infine con i modelli dal look un po' British, vuoi per la scelta dei camosci ingrassati e sferrettati a mano in tonalità come il fondente, il tundra e il cognac, vuoi per la sobrietà nelle proporzioni: polacchini stringati con fondo antiscivolo in gomma color miele/fango e interno in morbidissima lana antracite.

IL SITO


Il libro del giorno: Qualcosa di nuovo di G. Wodehouse Pelham (Guanda)












Un filo sottile unisce il numero 7/a di Arundell Street, Leicester Square, zona "depressa e fatiscente" di Londra, al sontuoso castello di Blandings. L'aria frizzante della primavera è infatti foriera di cambiamenti: per Ashe Marson, annoiato scrittore di gialli, ma anche per la sua vicina, Joan Valentine, che è stufa di tirare a campare fra le catapecchie del 7/a. I due si ritroveranno a partecipare, nell'improbabile ruolo di investigatori, al ricevimento indetto da Lord Emsworth nel castello di Blandings per festeggiare le nozze imminenti fra il suo figlio cadetto, l'onorevole Freddie Threepwood, e la bella Aline Peters, figlia di un milionario americano. I futuri consuoceri non potrebbero essere più diversi. Lord Emsworth è lo stereotipo di una certa nobiltà britannica: imperturbabile e svagato, ha come unico interesse i fiori e le piante della sua tenuta, affidata alle cure maniacali del segretario, l'efficiente Baxter. Il signor Peters è invece un uomo d'affari che, costretto da una fastidiosa dispepsia a rallentare i ritmi, si rilassa solo quando parla della sua collezione di scarabei. E proprio la scomparsa del pezzo forte della serie, il prezioso Cheope della Quarta Dinastia, mette a repentaglio la pace del castello. Mentre Ashe e Joan cercano di recuperare l'oggetto tra loro nasce del tenero, e al tempo stesso l'idillio tra Freddie e Aline è insidiato dallo spudorato corteggiamento di George Emerson, poliziotto di servizio a Hong Kong invaghito della promessa sposa.

Helena Rubinstein. La femme qui inventa la beautè di Michèle Fitoussi (Grasset)












La giornalista Michèle Fitoussi ha pubblicato in Francia da poco una biografia dal titolo “Helena Rubinstein. La femme qui inventa la beautè”, per i tipi di Grasset. Un libro che attraverso questo personaggio non convenzionale, racconta l'emancipazione delle donne nel ventesimo secolo. E’ la storia di una piccola/grande donna che ha lasciato la sua natia Polonia per l'Australia con poco più di 12 vasetti di crema. Il suo obiettivo, conquistare il mondo. Ma questo libro non è solo una semplice storia di successo, ma una campagna “rivoluzionaria” per portare la bellezza ovunque. Ma c’è dell’altro … Helena Rubinstein, per tutta la sua esistenza, ha contribuito a promuovere i più grandi artisti del suo tempo utilizzando come “officine creative” i suoi istituti, ed esponendo nel mondo “opere d’arte altre” attraverso le sue pubblicità o le sue bottigliette. I nomi? Raoul Dufy, Salvador Dalì, Maria Larencin, Christian Bérard, Jacques Helleu, Man Ray. Quando morì nel 1965 a 93 anni, aveva nel suo appartamento in “quai de Bethune” a Parigi, è stata trovata una delle più grandi collezioni di dipinti al mondo, sculture, oggetti, mobili. Helena Rubinstein è stato il primo marchio di cosmesi (oltre alla concorrente d’oltreoceano Elizabeth Arden), a professare una forte tendenza al rispetto di canoni estetici vicini a una bellezza più naturale. Ma soprattutto Helena Rubinstein ha inventato la professione dell’estetista, a cui oggi molte donne e tanti uomini non riescono più a rinunciare. In poche parole un mito!

domenica 21 agosto 2011

Il libro del giorno: Ho seguito il mio maestro di Alessandro Meluzzi (Piemme)












C’è qualcosa di profetico nella difficile arte dell’educare. Il profeta non è un veggente, e tuttavia sa intravedere: prevede perché prepara. Il profeta è colui che parla in nome di qualcuno, che è Dio, a qualcun altro che cerca la liberazione. E in questa accezione la figura dell’educatore e la figura del profeta sono in un certo senso affini. Entrambi conducono fuori da una forma di schiavitù verso una maggiore e matura, quindi libera, consapevolezza di sé. Oggi la vocazione dell’educatore si scontra con la destrutturazione del mondo che rende caotiche e confuse le scelte di chi vuole seguire comunque ogni sua inclinazione momentanea. L’educatore spesso svolge compiti che prima erano affidati alla famiglia, assumendo un aspetto genitoriale. Stiamo diventando tutti genitori gli uni degli altri, padri e madri di noi stessi e dell’altro al di là dei legami tradizionali. La qualità profetica dell’educazione è misteriosa ma va rivelata. La profezia educativa oggi appare come l’impellente necessità di un evento creativo dell’Assoluto e del Divino incarnato in Gesù, unico vero Maestro dell’umano e del suo senso ultimo oltre che presente.

Mr. Trump's 757 … ovvero l’aereo “d’oro” di Donald Trump presentato da Amanda Miller

“C'è chi, come il Daily Mail, l'ha definito un "santuario della decadenza" e in molti non hanno risparmiato critiche al magnate americano Donald Trump per questo video diffuso su Youtube in cui mostra, anzi, ostenta il suo ultimo "giocattolino": un Boeing 757 da 100 milioni di dollari, acquistato dal co-fondatore della Microsoft Paul Allen e poi ristrutturato a suo gusto.” (Matteo Marini – La Repubblica)

Giancarlo De Cataldo con "Traditori" (Einaudi) il 23 agosto a S. Maria al Bagno












Nell’ambito della programmazione culturale estiva Spiagge d’autore, il Presidio del Libro e il Comune di Nardò per una lettura a km 0 presentano Giancarlo De Cataldo con “Traditori” (Einaudi) che martedì 23 Agosto alle ore 21.00 sarà in Piazza Nardò a Santa Maria al Bagno e dialogherà con il magistrato Salvatore Cosentino e con il “lettore” a Km 0 Marcello Risi. Giancarlo De Cataldo, stimato come Giudice della Corte d’Assise di Roma è in realtà più conosciuto, in tutta Italia e all’estero, per la sua attività di giornalista e scrittore per la televisione, nonché autore di alcuni dei romanzi più interessanti e amati dai lettori. Bastano pochi titoli, uno su tutti, “Romanzo criminale” (Einaudi, 2002), per rendersi conto di quanto la scrittura di De Cataldo abbia influenzato il nostro stesso modo di rapportarci al passato paese, in un impasto materico di realtà e fiction che ha fatto scuola. Giancarlo De Cataldo è autore e attore consapevole di una vera e propria rinascita dell’interesse, da parte dei lettori, nei confronti della nostra storia recente. Il suo ultimo romanzo, “Traditori”, è ambientato nel periodo del Risorgimento e i suoi personaggi hanno nomi e cognomi che hanno scritto la nostra storia, nella consapevolezza che a un grande disegno si accompagnano spesso esigenze più grette e giochi di potere. Giuseppe Mazzini, Carlo Pisacane, Camillo Benso conte di Cavour, Francesco Crispi, Felice Orsini, Thomas Carlyle e il pittore Dante Gabriel Rossetti ma anche Griffin McCoy, reporter americano, il guerriero sardo chiamato Terra di Nessuno o la Striga, creatura delle foreste.

Un salto nel passato recente condotto con la stessa lucidità cui ci ha abituati l’autore dei romanzi che indagano l’Italia di oggi con la lente del crimine, lo stesso De Cataldo afferma infatti che “è più facile spiegare le contraddizioni di un paese attraverso il giallo che la storia d’amore”.

“Traditori” - Da Palermo a Londra, da Roma a Torino, da Venezia alla Transilvania, nelle carceri inglesi e nei boschi della Calabria, tra pittori preraffaelliti e camorristi promossi poliziotti, tra mercanti di carne umana e lord irrequieti, giovani uomini e donne sognano, combattono e amano. E tradiscono. Ognuno va incontro al suo destino. A qualcuno tocca in sorte una nuova vita. Alcuni diventano faccendieri e delinquenti. Alcune donne guardano piú avanti, piú lontano. Gli ideali piú puri si fanno gretta convenienza. Le organizzazioni criminali si innervano nella nazione che nasce. I mafiosi intraprendono. I tagliagole tagliano gole. E Mazzini tesse la sua tela di sangue e utopia. Eppure, tra battaglie e cospirazioni, tra vite leggere e amori complicati, si compone potente e netto il disegno di una stagione e di un ideale che è sempre possibile. E che di nuovo ci attrae, con l’innocenza di una forza giovane che non possiamo dissipare.

Giancarlo De Cataldo - Giancarlo De Cataldo è Giudice di Corte d’Assise a Roma, città nella quale vive dal 1973. Scrittore, traduttore, autore di testi teatrali e sceneggiature televisive, ha pubblicato come autore diversi libri, per lo più di genere giallo. Collabora con «La Gazzetta del Mezzogiorno», «Il Messaggero». Il suo libro più significativo è Romanzo criminale (2002), dal quale è stato tratto un film, diretto da Michele Placido, e una serie televisiva, diretta da Stefano Sollima. Nel giugno del 2007 è uscito nelle librerie Nelle mani giuste, ideale seguito di Romanzo criminale, ambientato negli anni ’90, dal periodo delle stragi del ’93, a Mani Pulite e alla fine della cosiddetta Prima Repubblica. Nel 2006 cura per la Rai il progetto "Crimini", una serie tv scritta da grandi autori italiani, chiamati a trasporre in film di 100 minuti l’estrema diversità, e il fascino, delle realtà locali italiane. Del 2010 è "I Traditori", romanzo ambientato durante il Risorgimento italiano.

Salvatore Cosentino - Giudice di provata esperienza, magistrato inquirente per l’esattezza, è docente universitario e critico letterario di grande acume e sottigliezza. Nella sua carriera ha seguito diverse inchieste e scritto numerosi saggi.

Marcello Risi avvocato di 44 anni, una vita spesa per la politica, credendoci davvero. Attualmente Sindaco di Nardò e fervente sostenitore della lettura a Km 0

Annamaria Cammilli Firenze … My exclusive world!

My exclusive world is the new collection of Annamaria Cammilli. Unique and refined atmosphere for a real design jewel.

Annamaria Cammilli - Apprende l'arte orafa ed accende ai suoi segreti, è stata più un destino che una scelta. Annamaria dipinge, quando negli anno Sessanta incontra l'amore ed entra a far parte di una famiglia dalla lunghissima tradizione orafa, la famiglia Renai di firenze. L'inesauribile vena creativa e la passione per l'oro danno frutto già alla fine degli anni Settanta, quando presenta la sua prima collezione di gioielli. Nel 1982 nasce la Annamaria Cammilli Gioielli.

(fonte Severino Lo Po – gioielli dal 1921 - http://www.severinolopogioielli.com/it/0/1/index.html)

IL SITO DI ANNAMARIA CAMMILLI


Poesia Oggi ... si parte da Facebook!








Si fatica a trovarla sugli scaffali delle librerie e non compare nelle classifiche di vendita, ma la poesia oggi è più che mai viva e necessaria: quasi ogni giorno riempie di significato, e spesso anche di un numero inaspettato di persone, luoghi e non luoghi di quest’Italia in crisi (di identità prima che economica), nonché le piazze virtuali di Internet. Poesia Oggi, che parte al momento come gruppo su Facebook, è un progetto nato da un’idea di Pietro Berra (comasco) e da una collaborazione con chi vi scrive (salentino d.o.c.), ispirati da due maestri del recente passato: il fabbricante di sogni salentino Antonio Verri, che negli anni Ottanta diede vita al Quotidiano dei Poeti, riuscendo a stampare e diffondere in Italia un giornale che fosse solo di poesia e che sapesse parlare la lingua dei poeti, e il giornalista scrittore toscano Tiziano Terzani, secondo il quale nel mondo odierno «sono i poeti i veri rivoluzionari, perché solo loro dicono la verità». L’obiettivo è far nascere un network poetico, che parli e aggiorni su ciò che in Italia la Poesia crea e regala. Ciascun membro del gruppo potrà condividere news, recensioni, segnalazioni e… poesie! Chi disponesse di spazi web, e volesse partecipare al progetto mettendoli a disposizione per pubblicare (discrezionalmente) contributi poetici, segnalazioni e recensioni, potrà farlo postando in bacheca l’indirizzo del sito o blog e indicando la mail a cui inviare il materiale.

La “Poesia Oggi” parte da facebook ... QUI!

sabato 20 agosto 2011

L'ULTIMO TERRESTRE (Fandango film)



Gli extraterrestri arrivano in un paese stanco e disilluso, in crisi economica conclamata e gravissima. Le reazioni delle persone alla venuta degli extraterrestri vanno dalla reazione razzista (Adesso ci ruberanno il lavoro, come hanno fatto i cinesi prima di loro!) ad interpretazioni mistico religiose strampalate. Questa è l'ambientazione che ospita la nostra storia.
Ma noi non raccontiamo la storia di un popolo, seguiamo invece la vita di Luca Bertacci, un uomo con enormi problemi di relazione, un uomo che , abbandonato dalla madre quando era piccolo, è cresciuto nell'odio per le femmine. Nella diffidenza e, soprattutto, nell'incapacità di provare sentimenti. Questa chiusura emotiva ne ha fatto un emarginato senza passioni e senza sogni, Luca spende la sua vita tra il lavoro (barista in una sala bingo), rari pranzi con il padre (che ogni volta rinnova il dolore per l'abbandono della madre, quella femmina maledetta..) e un attrazione segreta e inconfessabile per una vicina di casa. Un sentimento che Luca non può e non vuole permettersi, e che cerca di reprimere in ogni modo. Ma l'arrivo degli extraterrestri cambierà tutto. Nella storia questa venuta assumerà sempre di più le caratteristiche di una vera e propria "rivelazione" per il nostro protagonista. Questi alieni, che nella forma e l'atteggiamento sono tanto simili ai "grigi" di incontri ravvicinati, ma che si distinguono soprattutto per la loro capacità di sapere "che cosa è Bene e cosa è Male", agiscono ai margini della vicenda modificando la vita di Luca, innescando eventi che lo porteranno a scoprire una verità inaspettata e sconvolgente sulla madre e il suo "abbandono", fino a dargli una nuova possibilità di vita e una speranza di felicità.
Difficile al termine della storia non pensare che questi extraterrestri con il loro arrivo tanto simile ad un "giudizio universale" siano alla fine venuti sulla terra solo per lui. Come un regalo.

Cast tecnico

REGIA -GIAN ALFONSO PACINOTTI
SOGGETTO E SCENEGGIATURA-GIAN ALFONSO PACINOTTI
Liberamente ispirato al romanzo a fumetti Nessuno mi farà del male di Giacomo Monti
(edizioni Associazione Culturale Canicola)

DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA-VLADAN RADOVIC
SCENOGRAFIA-ALESSANDRO VANNUCCI
COSTUMI-VALENTINA TAVIANI
SUONO-ALESSANDRO BIANCHI
ORGANIZZATORE GENERALE-LUCIANO LUCCHI
AIUTO REGISTA-ALESSANDRO CASALE
MONTAGGIO-CLELIO BENEVENTO
MUSICHE-VALERIO VIGLIAR
SUPERVISORE ALLA PRODUZIONE-VALERIA LICURGO
PRODUTTORE DELEGATO-LAURA PAOLUCCI
PRODOTTO DA-DOMENICO PROCACCI
UNA PRODUZIONE-FANDANGO IN COLLABORAZIONE CON-RAI CINEMA

Cast artistico

LUCA BERTACCI-GABRIELE SPINELLI
ANNA LUINI-ANNA BELLATO
GIUSEPPE GERI-TECO CELIO
L'AMERICANO-STEFANO SCHERINI
PADRE DI LUCA-ROBERTO HERLITZKA
WALTER RASINI-PAOLO MAZZARELLI
ROBERTA-LUCA MARINELLI
ALIENA-SARA ROSA LOSILLA
GABRIELE DEL GENOVESE-VINCENZO ILLIANO
CARMEN-ERMANNA MONTANARI

L’Imperativo categorico di Jean-Luc Nancy (Besa editrice)












L’imperativo categorico è il testo che segna una vera e propria svolta nel pensiero di Jean-Luc Nancy. L’opera viene realizzata all’inizio degli anni Ottanta, raccogliendo una seria di saggi che Nancy scrive per alcune conferenze. Oltre ai temi principali, quelli della legge e del giudizio, il libro affronta la questione spinosa del soggetto (dalla quale prende le mosse quel movimento del pensiero francese che oggi viene ricordato come poststrutturalismo), ma anche la funzione etico-politica della filosofia. L’imperativo categorico rimanda a qualcosa che riguarda l’assunzione di una responsabilità dinanzi al mondo perché, come ci dice l’autore, l’imperativo categorico significa che il concetto di un mondo è indissociabile da quello di un imperativo e allo stesso tempo il concetto di un imperativo puro è indissociabile dal concetto di un mondo. “Ciò che deve essere è un mondo e nient’altro che un mondo deve, assolutamente, essere messo in opera”.

Jean-Luc Nancy (Bordeaux, 1940) è professore emerito di filosofia presso l’università di Strasburgo. Assieme a Jacques Derrida può essere considerato il maggior esponente del decostruzionismo. Di Nancy in Italia sono stati recentemente pubblicati M’ama, non m’ama (2009), Cascare dal sonno (2009), Il peso di un pensiero (2009), Sull’amore (2009), Verità della democrazia (2009) e Corpo teatro (2010).

Breitling e John Travolta

Il libro del giorno: Vacanze matte di Richard Powell (Einaudi)












I Kwimper, una famiglia di sfaticati che vive di sussidi per la disoccupazione, composta da padre, tre figli e una baby-sitter, durante un viaggio in auto prendono per sbaglio una strada in costruzione e si ritrovano, senza benzina, nel cuore del nulla americano. Una terra di nessuno che non figura nemmeno sulle carte geografiche, e che dunque può essere colonizzata, reclamandone la proprietà. La situazione ideale per cominciare da capo, come veri pionieri, e costruirsi un nuovo mondo: peccato che la terra promessa vada difesa dalle pretese di due funzionari del governo fin troppo zelanti, e di una banda di gangster da strapazzo... Pubblicato nel 1959, salutato da un clamoroso successo di pubblico, "Vacanze matte" mantiene intatta la sua carica comica e dirompente. La guerra che i Kwimper, balordi di irresistibile testardaggine, ingaggiano con le autorità e il crimine organizzato, la loro disarmante ingenuità rischiano di diventare il simbolo vincente di una resistenza al conformismo dominante che mai come oggi appare necessaria.

‘The Mirage Man: Bruce Ivins, the Anthrax Attacks, and America's Rush to War’ by David Willman (Bantam)












Tre anni fa proprio in agosto dopo l’attentato alle Torri Gemelle, ci furono due terribili attacchi all’antrace, ovvero il primo assalto nella storia americana con armi biologiche. Una manciata di politici e media hanno ricevuto per posta delle buste che contenevano spore di antrace mortali. In tutto, cinque persone sono morte, e altri 17 esponenti dell’establishment americano sono stati lievemente intossicati. Pesanti accuse erano state rivolte a Bruce Ivins (definito personaggio fortemente antisociale ma scienziato di grande ingegno e talento), dal momento che un ceppo di antrace conosciuta come RMR-1029 trovata in quelle buste sotto esame degli inquirenti, era stato collegato direttamente a Bruce. Lo scienziato non sopportando il disonore si tolse la vita. Il nuovo libro di David Willman, "The Man Mirage", è destinato a far scoppiare una bomba mediatica. Willman, premio Pulitzer per il Los Angeles Times, fornisce un vero e proprio resoconto dietrologico, su una delle più grandi indagini del nuovo millennio dell’'FBI.

L'FBI stessa aveva identificato il ceppo di antrace ed era risalita ad un laboratorio dell'esercito statunitense nel Maryland. Primo sospettato un medico-ricercatore di nome Stephen Hatfill che aveva lavorato nello stesso laboratorio di Bruce Ivins. Ma Hatfill aveva da sempre lavorato con virus come l’Ebola, e non con i batteri come l'antrace, e soprattutto non aveva avuto accesso al laboratorio per più di due anni prima degli attacchi alle Torri Gemelle. Inoltre Willman scrive che l'FBI si è avvalso di un servizio singolare ma efficace: una squadra di segugi dalla California del Sud. erano stati addestrati specificatamente per fiutare RMR-1029. Un novello commissario Rex, di nome Tinkerbelle aveva "puntato il naso" su Hatfill, e sul suo appartamento dove erano stati trovati numerosi ma non sufficienti indizi … Il caso è ancora aperto!

venerdì 19 agosto 2011

Demi Moore for Helena Rubinstein

Los Angeles, March 3rd 2009. Demi Moore for Helena Rubinstein New Fragrance : WANTED // Photographers : Mert & Marcus // Stylist : Rachel Zoe. Visit the website for more information : http://www.helenarubinstein-wanted.com

Il libro del giorno: Il prossimo villaggio di Lorenzo Esposito (CaratteriMobili)













Racconti popolati di angeli e demoni, lettere spedite da zone di frontiera, donne e uomini che resistono alla logica del caos, identità ed esilio, città in declino e mondi smarriti. Il prossimo villaggio parla del tempo e dello spazio, della loro scrittura e persistenza politica, della parola e dell’immagine. Trentadue capitoli – di volta in volta fantastici, surreali, politici – che costituiscono l’organismo di un’unica architettura, la materia di un unico romanzo. Trentadue microcosmi luminosi, scritti, fotografati, filmati in vertiginosa alchimia e in forsennato romanticismo. «Procede solenne e agile, scanzonato e rispettoso, sentenzioso e balbettante, con titoli migranti e incrociati, spostati fra film e altro. Tagliente e indifeso, si sbarazza della ripensabilità ovvia del cinema e con lo scafandro si avventura nella ricerca e nel wake di una sua redwitch» (dalla prefazione di Enrico Ghezzi)

L’AUTORE: Lorenzo Esposito (Roma, 1974) fa parte della redazione di “Fuori Orario-RaiTre” e del direttivo di “Filmcritica”. Si è subito occupato di cinema, sperando che la scrittura lo aiutasse a disoccuparsene. Con questa speranza, fra molte singolarità e svariate presenze collettanee, ha negli anni pubblicato il saggio Carpenter Romero Cronenberg. Discorso sulla cosa (Editori Riuniti, 2004) e la raccolta di aforismi Il digitale non esiste. Verità e menzogna dell’immagine (Liguori, 2009).

L’AUTORE DI PRE E POST FAZIONE: Enrico Ghezzi, critico cinematografico, è uno dei creatori di Blob e ideatore del contenitore televisivo Fuori Orario-Rai Tre. Autore di numerosi saggi sul cinema, ha diretto a lungo il Festival cinematografico di Taormina.

IN COPERTINA: immagine di Giuseppe Incampo

Un tempo berlinese di Mohamed Magani (Besa editrice)





















Un tempo berlinese racconta la storia di un algerino, emigrato da circa 25 anni in Germania, che ritorna nella sua terra negli anni Novanta, alla vigilia della discesa del paese all’inferno. Dopo che un amico di Berlino gli ha riferito gli echi di un dramma avvenuto in Algeria al tempo in cui si trovava nella Legione Straniera – dramma che a priori avrebbe travolto tutti i componenti di una famiglia – l’emigrato pur avendo rimosso ogni traccia della sua storia naturale, crede di ravvisare nei fatti riportati dall’amico la sorte della sua stessa famiglia, dimenticata e messa da parte per tutto il tempo dell’emigrazione. Deciso ad approfondire, vivrà il ritorno sui binari, e tra un treno e l’altro registrerà e osserverà i primi segni dello sconvolgimento del paese. Finisce così per lasciarsi raccontare la sua stessa biografia da un viaggiatore, un sedicente – o autentico – “amico d’infanzia”, che nella speranza di essere riconosciuto come tale, insegue e assilla la vittima nei vari spostamenti. A costui, però, il protagonista oppone il proprio passato ricostituito a Berlino, il proprio spazio-tempo della memoria.

Mohamed Magani è nato nel 1948 a El Attaf, Algeria. Per molti anni ha vissuto in esilio in Europa come scrittore perseguitato. Attualmente è docente presso l’università di Algeri e presidente del Pen Algeria.

Il nome giusto, di Sergio Garufi (Ponte alle Grazie). Intervento di Nunzio Festa












Il fantasma del narratore, ovvero il narratore fantasma di “Il nome giusto” percorre e ripercorre il pieno traboccante di dolori lievi e passioni elevate che hanno significato la sua pre-morte; perché Sergio Garufi col suo primo romanzo, ma non dimentichiamo il racconto pubblicato per Senzapatria e i vari scritti 'occasionali', fa rivedere le storie e le vicende, tornando persino alla formazione completa del protagonista delle avventure, che per mezzo dei libri di crescita hanno condizionato e strutturato le manie e le volontà del praticamente fresco-morto; perché, appunto, è il fantasma di un quarantasettenne che non fa in tempo a compiere il nuovo compleanno a dirci la storia intera. Da una specie d'ottica alternativa ai mondi extra-terreni, allora, il fantasma tanto per iniziare spia la sua ex biblioteca divenuta patrimonio dell'amico che vende libri usati. I capitoli nei quali la trama è fatta sviluppare a balzi temporali precisi e accattivanti, all'indice infatti sono spiegati da titoli di libri che hanno condizionato l'esistenza dell'attuale mezzo/esistente, mentre nel corpo del narrare questi sono come espunti: a significare, ci pare di capire, che il romanzo è un flusso vitale puntellato da testi letterari più che simbolici mentre “alla fine” va ottenuto un risarcimento da chi legge e da chi legge e lo fa scandendo i sospiri della crescita di luoghi e ambienti stretti. Giustamente, diversi, come d'altronde chi scrive, dall'inizio della lettura notano la somiglianza con Vasta. Ma, a questo proposito, e marcando di nuovo che siamo in un congegno a orologeria, diamo la differenza tra l'altro indicato dalla stesso autore. Ovvero che in Il nome giusto abbiamo un mosaico moderno emblema della frammentazione e mancanza d'un'identità definita delle cose. Un po' come Nicole, che oltre a non avere il nome giusto per il futuro fantasma, cambia nome proprio a seconda delle esigenze. Il romanzo di Garufi, fatto da una lingua che appassiona, da una scrittura che cresce pagina dopo pagina e propone persino spunti indimenticabili in alcune pagine, non ci propina solamente avventure avventurose e molto più che avvincenti, quanto più un'altra chiave di lettura di certi contesti sociali e una gamma colorante di citazioni che consegnano immaginazioni dell'anima e il senso d'un animo che segue un tracciato di riflessioni da compiere e infine ri-avanzare. Come un memoir. Molto più di tanti tentativi di memorie morte. Il quasi barocco, quindi non alla Giorgio Vasta, di Sergio Garufi porta eventi nell'essere madre, nell'essere padre, nell'esser figlio. E nelle ricadute a questi stati vitali.

giovedì 18 agosto 2011

PIERO GUIDI … angeli del nostro tempo!

Il libro del giorno: Diario di una scrittrice di Virginia Woolf (Minimum Fax)












Nel 1941, dopo aver donato alla letteratura del Novecento alcune delle sue opere più memorabili, da La signora Dalloway a Gita al faro a Le onde, Virginia Woolf si toglie tragicamente la vita. Nel 1953, Leonard Woolf decide di raccogliere in volume una selezione tratta dai diari della moglie, incentrata sulla sua attività di romanziera e critico letterario. Ne esce un libro affascinante, in cui si intrecciano ricordi, aneddoti, riflessioni sulla scrittura, ma anche amare considerazione su un mondo lacerato dalla guerra, espressioni di sfiducia e di entusiasmo per il proprio lavoro, sfoghi, confessioni: a metà strada fra vita e letteratura, queste pagine ci offrono il ritratto più diretto e suggestivo di una grandissima scrittrice e della sua epoca.
“1918 . Lunedì, 4 agosto. In attesa di comprare un quaderno nel quale annotare le mie impressioni, prima su Christina Rossetti e poi su Byron, è meglio che io le scriva qui. Tanto per cominciare non ho quasi più soldi, avendo comprato Leconte de Lisle in quantità. Christina ha la grande qualità di essere una poetessa nata, come lei stessa sembrava sapere perfettamente. Ma se dovessi fare causa a Dio, questo è uno dei primi testimoni che citerei. È una lettura malinconica. Prima si privò dell’amore, cioè della vita, fino a consumarsi; poi fece lo stesso con la poesia, in omaggio a ciò che credeva un’ esigenza della sua religione. Aveva due ottimi pretendenti. Il primo, senza dubbio, aveva le sue stranezze. Una coscienza, per esempio. Lei poteva sposare solo un cristiano di una data sfumatura. E lui poteva assumere quella data sfumatura solo per qualche mese alla volta. Infine lui cominciò a tendere al cattolicesimo e fu perduto. Ancora peggio fu il caso del signor Collins: un delizioso umanista, un eremita distaccato dalle cose terrene, un devoto adoratore di Christina, che tuttavia non si lasciò in nessun modo assorbire nel gregge. Per questo motivo lei si limitava a fargli visite affettuose a casa, abitudine che durò sino alla fine dei suoi giorni. Anche la poesia venne castrata. Christina si dedicò a mettere in versi i salmi e ad asservire alla dottrina cristiana tutta la sua poesia. Di conseguenza, credo, mortificò sino all’austerità più emaciata un bellissimo dono originale, che chiedeva solo di assumere una forma assai più fine di quella, diciamo, della signora Browning.”

Giusy Ferreri – Il Mare immenso

Music video by Giusy Ferreri performing Il Mare Immenso. (C) 2011 Sony Music Entertainment Italy S.p.A. on VeVo

La notte sotto il gelsomino di Maïssa Bey (Besa editrice)












La notte sotto il gelsomino rappresenta il sogno della donna che lotta e va alla ricerca di se stessa nella routine di una società dove il maschio la fa da padrone. Undici racconti in cui si ritrovano i temi cari a Maïssa Bey: l’amore, la solitudine, la sofferenza e la morte. Ma soprattutto l’Algeria. Donne, figlie, madri, amanti, sorelle che dormono, amano, piangono e muoiono sotto lo sguardo dei loro uomini. Racconti sorprendenti che rapiscono subito il lettore, e lo portano a mettersi nella pelle delle eroine e a percepirne le emozioni più esclusive. Pur toccando temi scottanti e attuali, l’autrice riesce, con il suo stile, ad accordare frasi taglienti e parole che scorrono come un dolce mormorio, senza mai cadere nella ridondanza.

Maïssa Bey è nata nel 1950 a Ksarel-Boukhani, nel sud dell’Algeria. È autrice di romanzi, racconti e opere teatrali, per i quali ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Tra le sue pubblicazioni più importanti Nouvelles d'Algérie (ed. Grasset 1998) per cui ha vinto il Grand Prix de la nouvelle de la Société des gens de lettres ; Surtout ne te retourne pas (ed. l’Aube et Barzakh 2005) che si è aggiudicato il Prix Cybèle; Pierre, Sang, Papier ou Cendre (ed. l’Aube 2008) vincitore del Grand Prix du roman francophone SILA, L’une et l'autre (ed. l’Aube, 2009) e il recente Puisque mon cœur est mort (ed. l’Aube, 2010) trionfatore al Prix de l’Afrique Méditerranée/Maghreb 2010.

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