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lunedì 2 agosto 2010

Se la colpa è di chi muore, di Fabrizio Ricci, prefazione di Beppe Giulietti (Castelvecchi). Intervento di Nunzio Festa



















Fabrizio Ricci è un giornalista perugino che ha seguito l’assassinio per mano del lavoro di Giuseppe Coletti, Tullio Mottini, Vladimir Thode e Maurizio Manili. Con “Se la colpa è di chi muore”, di conseguenza, e in virtù d’un’indignazione che non sconvolge la meticolosità professionale della ricerca, il giornalista Ricci mette insieme una ‘controinchiesta’ proprio sul disastro che mise termine, per mezzo d’un’esplosione assurda, il 25 novembre del 2006, a vite innocenti che sono ‘nient’altro’ che un tassello della lista nera e rossa di sangue portatrice dei 1300 nomi che scompaiono ogni anno nei cantieri italiani. Dell’elenco che abbandona famiglie e cari. La preziosa collana “tazebao” dell’editore Castelvecchi, dunque, accoglie un altro volume capace di portare a conoscenza del vasto pubblico e del pubblico più vasto, anche quello che non si scolla e/o incolla a seconda del volere della televisione di stato e contro-stato, la vicenda che dovrebbe aver sconvolto l’Italia intera e per più motivi. Innanzitutto, i fatti. Che i tre dipendenti della Manili si trovavano già da più giorni a lavorare presso, cosa che tra l’altro pure in passato avevano ripetuto, con il titolare dell’azienda (Maurizio) sui silos della Umbria Olii di Giorgio Del Papa di Campello sul Clitunno e per aver innescato un’esplosione grazie all’azione della saldatrice sono volati via e sono stati carbonizzati sul posto d’impiego. Che il fuoco era almeno pari a quello d’un petrolchimico e i silos, lo dimostra una delle foto contenute nel volume, sono volati per decine e decine di metri, come i quintali d’olio scappato hanno imprigionato il fiume Clitunno e inzuppato mortalmente i terreni agricoli dell’area. Che il processo dopo tre anni ancora sarebbe dovuto cominciare. Che il Del Papa, tramite mossa del suo avvocato, ha chiesto alla famiglie delle vittime e all’unico sopravvissuto della strage un risarcimento d’oltre 35 milioni d’euro: “se la colpa è di chi muore”: tutto questo normalmente dovrebbe accadere? L’inchiesta di Ricci, documentata e agganciata ai limiti o alle mancanze della legislazione sulla sicurezza del lavoro, come ugualmente al volere di chi per giunta queste leggi ‘speciali’ – in grado di diminuire l’impatto degli incidenti – puntualmente ostacola. Fabrizio Ricci, leggendo ogni variazione e tutta la regolarità del filo della cronaca, per mezzo d’un linguaggio semplice e appropriato, e persino la scelta d’aprire i capitoli con citazioni e passaggi buoni a sintetizzare quello che s’apprenderà in seguito, presenta a lettrici e lettori ogni tensione e tutta la rabbia di questo esempio che va a braccetto, dannatamente, con il massacro della Tyssen e altri ancora; ricordandoci che di certo, se si continuerà a seguire questa strada, i moniti di Napolitano non basteranno a stoppare la mattanza. In contemporanea, Ricci è stato bravo a far sentire ogni pulsazione emanata da un processo che va lento e procede a colpi di scena, fotografando un pezzo della realtà italica, il peso d’un imprenditore che rivolta l’indice dell’accusa su chi ha subito l’aggressione, i cavilli presi di mira in pezzetti di legge che invece d’essere presi quali salvaguardia del lavoratore e dell’azienda sono fatti sorbire alla maniera del vincolo allo “sviluppo aziendale”. Ciò che sembra, e che riporta il libro del giornalista, è quello che è. Perché l’attento giornalista ha fatto parlare documenti e atti, certezze documentate e non prese di posizione e di parte che sconfiggono il perseguimento della verità storica e, ci s’augura, giuridica, sempre e normalmente contrastata da molti soggetti. Siamo l’Italia. Da amare e da criticare.


Se la colpa è di chi muore, di Fabrizio Ricci, prefazione di Beppe Giulietti, Castelvecchi (Roma, 2010), pag. 187, euro 15.00.

domenica 1 agosto 2010

Il libro del giorno: Chiedi scusa! Chiedi scusa! di Elizabeth Kelly (Adelphi)




















Una grande casa tra le dune di Martha's Vineyard - il rifugio ideale per le vacanze estive della upper class del New England. Ma in questa casa non si tengono party sontuosi, né si scambiano ovattate confidenze: si organizzano semmai meeting di finanziamento delle più disparate iniziative insurrezionali e si combattono schermaglie degne di un pub all'ora di chiusura. Già, perché ad abitarla è il clan dei "fantastici Flanagan", stirpe irlandese emancipata da qualsiasi preoccupazione economica grazie alle sovvenzioni di un distante e temuto patriarca, magnate dei media. Circondati da cani di ogni taglia, Charlie Flanagan, donnaiolo seducente e sconsiderato, e la moglie, bella ereditiera di simpatie sovversive, conducono un ménage insieme crudele ed esilarante. Di crescere Collie e Bingo, i due figli della coppia, si preoccupa lo zio Toni, il fratello di Charlie - perlomeno quando non è impegnato nell'addestramento dei colombi o in qualche concitata rissa verbale. Ma se Bingo, adorabile scavezzacollo, è il degno prodotto di un simile dressage, Collie, il narratore, è diverso: è serio, sensibile e coscienzioso, e decisamente più attratto da ciò che il nonno rappresenta. Certo, la fascinazione di Collie per le ville in stile georgiano, i roseti ben tenuti, i mastini a guardia della proprietà lo espone all'occasionale biasimo dei più stretti congiunti, ma lo rende anche l'unico plausibile erede dell'impero familiare. Sennonché, un giorno d'estate, tutto va a pezzi...

Toccata dalle tenebre di Karen Chance (Fanucci)















«Capii di essere in pericolo non appena vidi il necrologio. Il fatto che ci fosse scritto il mio nome fu certo più di un indizio». Karen Chance in “Toccata dalle tenebre” (Fanucci): sono uno di quelli che la prefazione se non c’è, è meglio: non è da questa che decido se voglio continuare. Le prefazioni sono come trabocchetti in un “dungeon”: delle volte funzionano alla grande, altre magari “scattano” con un po’ di ritardo, e l’efficacia e la forza degli effetti che si volevano produrre nel lettore vengono depotenziati al massimo. Fortunatamente non è il caso di questo lavoro di Karen Chance dal titolo “Toccata dalle tenebre” edito dalla mitica Fanucci. La protagonista Cassandra Palmer ha il dono della predizione, dunque una chiaroveggente, e può entrare in contatto con i disincarnati (nello specifico delle vicende narrate tra queste pagine, entità innocue, eccessivamente loquaci e terribilmente inclini alla paranoia). Questa peculiarità la rende un facile bersaglio e una “dolce meringa” appetitosa per i vivi e per i morti. Cassandra volutamente ha sempre mantenuto una certa distanza prossemica con i “succhiasangue”, ma la resa dei conti con loro è oramai vicina: soprattutto se poi Tony, una vecchia conoscenza vampiresco/mafiosa (il responsabile della morte dei suoi genitori), è ormai a un tiro di schioppo da lei … ed esige vendetta! Cassandra era sua proprietà, poteva essere la chiave di volta per il dominio sul mondo. Ma qualcosa tra loro non è andata per il verso giusto. Cassandra è costretta allora a chiedere aiuto ad un essere pericoloso e seducente, mentre l’ombra dei vampiri incombe nuovamente su di lei. “Toccata dalle Tenebre“, di Karen Chance è il primo libro del ciclo urban fantasy di Cassandra Palmer, una serie splendida nutrita fortemente di eventi e personaggi che ruota attorno alle “scapigliate” avventure di Cassandra “Cassie” Palmer. Parlando del contesto, l’autrice scrive di un’America abitata da creature bizzarre provenienti da altre dimensioni sconosciute al resto dell’umanità, o meglio che l’umanità crede frutto solo della fantasia: licantropi, satiri, fate solo per citarne alcuni. Un America che nelle sue zone d’ombra più fitte vede scontrarsi sette di magi guerrieri che a secondo della loro scelta etica di vita, si battono a suon di incantesimi di magia bianca o nera. Legifera e normativizza convivenze e regole, e vite, e storie di queste creature il Senato, all’interno della MAGIC (Metaphysical Alliance for Greater Interspecies Cooperation).

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sabato 31 luglio 2010

Il libro del giorno: L'ultima riga delle favole di Massimo Gramellini (Longanesi)



















Tomàs è una persona come tante. E, come tante, crede poco in se stesso, subisce la vita ed è convinto di non possedere gli strumenti per cambiarla. Ma una sera si ritrova proiettato in un luogo sconosciuto che riaccende in lui quella scintilla di curiosità che langue in ogni essere umano. Incomincia così un viaggio simbolico che, attraverso una serie di incontri e di prove avventurose, lo condurrà alla scoperta del proprio talento e alla realizzazione dell'amore: prima dentro di sé e poi con gli altri. Con questa favola moderna che offre un messaggio e un massaggio di speranza, Massimo Gramellini si propone di rispondere alle domande che ci ossessionano fin dall'infanzia. Quale sia il senso del dolore. Se esista, e chi sia davvero, l'anima gemella. E in che modo la nostra vita di ogni giorno sia trasformabile dai sogni.

Viaggio nel Salento di Maria Brandon Albini (a cura di Sergio Torsello) di Kurumuny edizioni. Prefazione di Eugenio Imbriani



















«La stessa donna che mi recitava nel Salento le strofe dei lamenti funebri in cui sentivo ribattere ad ogni verso il nome di Caronte, mi raccontava due minuti dopo come e perché figlie e nipoti sue emigrino come operaie, nelle valli del Rodano, in Svizzera, dove imparano a difendersi aderendo ai sindacati. E le stesse ragazze che si occupano della cernita del tabacco negli stanzoni dei baroni leccesi, e che spesso fanno sciopero per ottenere aumenti di salario, cantano, per ritmare il loro monotono lavoro, strofe di cinque secoli fa»: sono parole con cui, nelle pagine conclusive di Mezzogiorno vivo (Milano, Ercoli, 1965, opera uscita due anni prima in francese, Midi vivant, Paris, PUF), Maria Brandon Albini affronta un grande tema del meridionalismo, quello della trasformazione sociale e culturale, in particolare delle classi più povere; e lo fa assumendo una posizione critica, articolata, autonoma, una volta che è riuscita a sottrarsi da un lato al fascino dei luoghi e delle persone incontrate nelle regioni del sud italiano che così tanto ama, frequenta, studia, dall’altro a qualche profezia apodittica pronunciata da grandi intellettuali della sinistra italiana, relativa alla morte di quelle pratiche ed espressioni della cultura popolare che qualcuno ancora si ostinava a studiare. Brandon Albini legge invece i segnali di grande vitalità di quelle forme, che, oltretutto, nel dopoguerra hanno permesso un formidabile rinnovamento della produzione colta, dal romanzo alla poesia al cinema, che hanno sfruttato con larghezza temi e linguaggi del mondo popolare, riprendendo, peraltro la lezione di Verga, Pirandello, D’Annunzio. Data di discrimine è il 1945, quando finisce la guerra ed esce Cristo si è fermato a Eboli; il memoriale di Levi descrive un mondo trascurato, colpevolmente dimenticato nell’epoca fascista, e lo pone sotto gli occhi miopi o disattenti dei lettori borghesi e cittadini; esso accende l’attenzione, in Europa e oltreoceano, sulla Basilicata e, per estensione, sull’Italia meridionale, povera, contadina, che si direbbe ancorata a modelli di vita arcaici, addirittura precristiani, immersa in un tempo primitivo, circolare, che non impone cambiamenti. Ebbene, è facile cogliere la deriva mistificatrice di questa concezione: il mito dell’immobilismo, ricavato a torto, afferma l’autrice, dall’opera leviana, presente in molta letteratura successiva e nel neorealismo (penso, per esempio, al commento scritto da Salvatore Quasimodo per il film La taranta di Gianfranco Mingozzi), in generale, configura un discorso fatalista, cieco di fronte alle aspre condizioni sociali ed economiche che hanno rallentato o impedito i processi di trasformazione. Sappiamo bene, infatti, che nel dopoguerra il movimento contadino in Lucania era caldissimo e molto organizzato, così come in altre regioni del Mezzogiorno; conosciamo l’efficacia e i risultati dell’occupazione delle terre, conosciamo la forza d’urto dell’organizzazione delle tabacchine, particolarmente nel Salento. Per apprezzare queste contraddizioni, il potere e l’incombere dei retaggi culturali, la loro forza sottile e pervasiva e nello stesso tempo il faticoso e duro insorgere dei cambiamenti, bisognava mettersi in viaggio, programmare incontri, intavolare dialoghi con le persone del luogo. La conoscenza prodotta in questo modo, come è ovvio, non è solo libresca, e l’approccio critico tiene conto delle situazioni e dei problemi reali, vissuti. Il Viaggio riproposto in queste pagine da Sergio Torsello rappresenta in modo esemplare un approccio del genere, tanto più leggibile in quanto la scrittura ha l’andamento leggero e il piglio quasi occasionale degli appunti, onestissima, ma non ancora costretta nel rigore analitico, frutto di una rimessa in ordine di annotazioni «prese di giorno in giorno, attorno alle quali si sono annodate le mie riflessioni» non definitive: spunti che meritano altre meditazioni, luoghi che meritano dei nuovi viaggi. All’autrice interessa particolarmente la persistenza di modelli culturali arcaici in un contesto estremamente composito, laddove vecchi linguaggi e strane credenze convivono con realizzazioni di una cultura cittadina molto raffinata, le chiese barocche ospitano varianti di culti mal sottomessi alla dottrina cattolica, le leggende incrociano le storie di santi, si canta la morte con toni, gesti e parole profani. C’era un universo sommerso che conveniva esplorare, sorprendentemente ricco, e la Brandon Albini vi si immergeva lasciandosi orientare da guide sapienti e discrete, intellettuali colti, spesso giovani, studiosi della storia e delle consuetudini locali; ma se pietrefitte e lamenti funebri rinviano a un «mondo immemoriale», a «una eredità di tradizione e di civiltà rurale e magica», ecco che a Castrignano dei Greci, in casa della vecchia Concetta, prefica e maga, proprio lì, si apre il capitolo della lotta sociale, si toccano i temi dell’emigrazione e del lavoro: è lei, infatti, la donna con cui ho aperto queste poche pagine, che appare come testimone privilegiata in Midi vivant, dopo aver ricevuto la visita della scrittrice, raccontata nel Viaggio: «Son tutti emigrati in Svizzera, mi dice una delle giovani nuore di Concetta: ci vanno da marzo a novembre, anche le donne, a coltivare i campi, a potare, raccogliere frutta e legumi, a metterli in cassette, e via dicendo. Guadagnano bene, tornano qui alla fine della stagione, ripartono l’anno seguente. Dei loro salari vive la famiglia. E poi portano qui idee nuove: il sindacalismo, le leggi di difesa operaia… Impariamo a vivere». La realtà degli «interessi presenti» si fa più forte dei meccanismi tradizionali, ed è interessante scoprire giovani donne impegnate a fuggire le pratiche più antiche, la mancanza di istruzione, a cercare maggior sicurezza nel lavoro. Brandon Albini, coglie, insomma, l’avvio di una vera e propria rivoluzione, di un cambiamento radicale, di un movimento che subirà una forte accelerazione; le formiche, per citare Tommaso Fiore, non sanno star ferme: esse riescono in imprese che spaventerebbero un popolo di giganti. Alcune leggende parlano della presenza dei giganti nel Salento, ma nessuno di essi è sopravvissuto.

venerdì 30 luglio 2010

Il libro del giorno: Un'adorabile coppia di Virginia Rowans (Mursia)



















Lei è Mary. Quando insieme a John abitava nel piccolo appartamento di New York faceva l'arredatrice. Ora vive a Riveredge, l'esclusivo quartiere residenziale sull'Hudson, e fa la moglie. Tutto sembra andare per il meglio fino alla mattina in cui Lui manda in frantumi la caffettiera e la sveglia urlando e l'accusa di non fare niente. Comincia così questa travolgente commedia che mette in scena la crisi matrimoniale di una coppia newyorkese. Quando insieme a Mary abitava nel piccolo appartamento di New York sognava di diventare uno scrittore. Ora vive a Riveredge, l'esclusivo quartiere residenziale sull'Hudson, e fa il pubblicitario. Tutto sembra andare per il meglio fino alla mattina in cui la caffettiera va in frantumi e Lei lo manda al diavolo rinfacciandogli tutte le sue debolezze... Virginia Rowans è uno degli pseudonimi di Edward Everett Tanner III scrittore americano che ha pubblicato, complessivamente, sedici romanzi firmandoli con diversi pseudonimi, il più famoso dei quali è Patrick Dennis.

Aspesia Blues di Andrea Fantini (Enzo Delfino editore)













Anni 90. Ovvero gli anni della Generazione X , di Sentieri e Visitors, di Twin Peaks e Beverly Hills dei primi Co.Co.Co., che la guerra l'ha fatta (Kosovo, Afghanistan, Iraq, ecc.), che ha urlato nelle piazze NO NATO, che ha capito da subito come funziona un videoregistratore e che ha pensato che Internet potesse rendere il mondo un posto più democratico. Una generazione che si è emozionata con Superman ed ET, che ha bevuto il Billy e mangiato le Big Bubble, che ha avuto sotto mano i Puffi, Voltron, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l'Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l'ascensore. La generazione che non ha avuto la Playstation, il Nintendo 64, ma che se la spassava tirandosi gavettoni. Il lato B di questa generazione ce lo racconta Andrea Fantini, con Aspesia Blues per Enzo Delfino Editore, dove in un asfittico e periferico universo della provincia laziale, che ha per nome Aspesia, si cerca di far luce su un black out spazio/tempo di una notte. Mentre in sottofondo un rumore bianco fatto di voci catodiche, la musica dei Cure, vuoto, stress, paranoia, ansia, Pietro non riesce a mettere insieme i tasselli di un puzzles che più trascorrono le ore, meno è in grado di ricostruire. Il lettore viene così catapultato in un’atmosfera nuda e cruda, dove ogni pagina è un cazzotto nello stomaco, e dove le voci dei cinque protagonisti diventano voragini di senso che si nutrono di antieroismo, mancanza di identità, e no future. Il libro si lascia apprezzare per la scrittura ad alto potenziale di aggressività dell’autore, che sapientemente giostra tra un riduzionismo stilistico sub/semanticamente “slangale” e toni smaccatamente diretti come solo la strada e chi la abita è in grado di rendere. Libro interessante, se si vuole capire come funzionano certi meccanismi di violenza e deriva in una delle tante province d’Italia.


giovedì 29 luglio 2010

Il libro del giorno: Beatles Anthology (Rizzoli)



















In questo volume Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr hanno acconsentito a raccontare la loro storia e, insieme con Yoko Ono Lennon, hanno messo a disposizione i testi completi della serie televisiva "The Beatles Anthology", realizzata fra il 1995 e il 2000. Grazie a una minuziosa ricerca è stato possibile riportare anche le parole di John Lennon. "The Beatles Anthology" è un libro speciale: ogni pagina è arricchita da racconti in prima persona e da preziose foto originali. Le immagini "rubate" agli album di famiglia ci riportano ai giorni in cui John, Paul, George e Ringo erano semplicemente dei ragazzini di Liverpool. Seguendo il filo della memoria, i Fab Four raccontano la loro sorprendente storia: le prime incerte improvvisazioni, l'affermazione internazionale, l'evoluzione sociale e musicale nell'epoca di maggior successo, lo scioglimento del gruppo. Dal giorno in cui Ringo cercò di portare a casa su un autobus la sua batteria all'attesissimo incontro con Elvis, dalla realizzazione dell'album Sgt Pepper all'ultimo servizio fotografico di gruppo a casa di John, "The Beatles Anthology" è una raccolta unica e irripetibile di ricordi. Alla memoria dei componenti del gruppo si intreccia quella dei compagni d'avventura, come il manager Neil Aspinall, il produttore George Martin e il portavoce Derek Taylor, mentre fa parte della ricca selezione di immagini il materiale messo a disposizione dalla Apple e dalla EMI.

Per volare … OLTRE L’ORIZZONTE: intervento di Erica Angelini su "Oltre l'orizzonte di Antonello De Sanctis (No Reply)



















Antonello De Sanctis è un paroliere romano che ha scritto 40 anni di musica italiana vestendo di parole le più belle canzoni, da Padre Davvero di Mia Martini ad Anima mia dei Cugini di Campagna, da Tu mi rubi l’anima dei Collage a Laura non c’è di Nek e molte altre: ultimamente si è dedicato alla scrittura più a lungo respiro senza però perdere di vista il ritmo e le risonanze delle parole che le canzoni pretendono.

Grazie alla mia passione per la musica, conoscevo il suo nome e lo stimavo per tutto ciò che aveva saputo donare con i suoi testi e per come aveva saputo arricchire l’anima degli ascoltatori. Circa tre anni fa, leggendo la sua autobiografia “Non ho mai scritto per Celentano”, scoprii la semplicità di un uomo che si stava mettendo a nudo davanti ai lettori ed è inutile dirlo, la mia stima nei suoi confronti cresceva sempre di più.

Sapevo che l’8 maggio sarebbe uscito il suo primo romanzo “Oltre l’orizzonte” e lo attesi con curiosità ripromettendomi di leggerlo mantenendo però le mie capacità critiche come cerco sempre di fare. La sera che lo acquistai tornai a casa e iniziai a sfogliarlo incuriosita da quel formato quasi tascabile e dall’originale copertina che rappresenta una cassetta dalla quale fuoriesce un nastro aggrovigliato.

Iniziai a leggere e mi sorprese il fatto che una pagina ne tirava dietro un’altra, non riuscivo a staccarmi e lo terminai la sera stessa, avvinta dalla trama e dalle coinvolgenti tematiche che vengono toccate nel romanzo.

Matteo Di Salvo, il protagonista, è un quarantenne che da ragazzo aveva mille sogni. Voleva fare il cantante, lo scrittore, l'attore, ma poi la vita l'ha portato dove ha deciso lei. Adesso fa il direttore di un ristorante alle porte di Roma, ma non ha rinunciato alla voglia di lasciare in giro qualche traccia di sé. Decide allora di raccontare la sua vita a un registratore affidandogli i suoi ricordi e le sue memorie.

A scombinare in parte questo progetto, una sera lo va a trovare nella casa dove vive da solo Marta, sua madre, che è affetta da un grave tumore.

Intorno a lei si riunisce l’intera famiglia Di Salvo e insieme, tra delusioni e nuove speranze, cercano di affrontare quei momenti terribili. Il finale, commovente e inatteso, mi ha finalmente restituito il senso del titolo del romanzo e di quel nastro aggrovigliato che sta sulla copertina. “Oltre l’orizzonte” mi ha colpito molto per lo stile fluido ma pieno di concetti importanti, per il rapporto intenso che lega la madre al figlio, per i valori positivi e di speranza che la storia richiama. Il prezzo di 10 euro, volutamente contenuto, è di gran lunga inadeguato alla qualità del romanzo, tra l’altro l’autore ha deciso di devolvere parte del ricavato dalla vendita del libro alla ricerca per i tumori: io ritengo questo un motivo in più per andarlo a comprare. Un libro che consiglio davvero e che certamente vi farà volare oltre l’orizzonte!


mercoledì 28 luglio 2010

La mummiona e altre storie di Nicoletta Santini (Prospettiva editrice)

















ll libro - Un libro di favole modernissime e dinamiche. Le pagine scorrono con una totale libertà d'invenzione; di tutto può succedere (e succede) alla stramba comitiva che, sfuggita alla routine domestica, e viene invece travolta da situazioni paradossali, come sfuggire da un'enorme mummia appena risvegliatasi, andare a caccia di uno spiritello da chiudere in un vaso, salvarsi dai gatti-zombi, dissuadere uno strano corteggiatore della gatta Panino, per nulla propensa ad una storia d'amore. La narrazione è quasi esclusivamente affidata alle battute dei personaggi, con un dialogo ininterrotto che sembra la sceneggiatura di un cartoon, e li rende simpatici e fortemente caratterizzati. Ognuno si esprime in modo diverso, con un suo intercalare tipico, così che sembra di sentire le voci di questi animali umanizzati e pieni di risorse.


L'AUTRICE - Nicoletta Santini è una pittrice surrealista e dipinge con varie tecniche su diversi supporti per creare una rappresentazione evocative della relazione colore-luce. Partecipa attivamente alla vita artistica nazionale con mostre personali e collettive, ottenendo riscontri critici positivi. I suoi lavori sono presso collezioni private e pubbliche. Altra sua passione è la scrittura che l’ha portata a vincere diversi premi letterari come:Lorenzo Montano Anterem”. Ha pubblicato con la Prospettiva editrice nella stessa collana anche il romanzo dal titolo “Le avventure della gatta Panino-Panino” – 2002.

Oggi Messi a 90 (Manni) presso Shadè a Lecce




















Per ogni Maradona, centinaia di brocchi senza talento. Per ogni numero 10, migliaia di mediani e stopper dai piedi di legno. Per ogni Italia Germania 4-3, decine di 0-0 con la palla che non si muove dal centrocampo. Questi racconti entrano nel mito del calcio a gamba tesa, diritti sugli stinchi neanche fossero Marco Materazzi. Quelli di Baini, a ricordare ciò che sarebbe bene dimenticare; e le storie surreali e folli di Argentina, che dalla verità, quella della zona d'ombra e dei calci d'angolo, prendono piede. Moviole di cronaca dal passato, scarti dai mondiali di tutti i tempi che aiutano a non prendere troppo sul serio lo sport più serio che c'è.


Gli autori:
Cosimo Argentina è nato a Taranto nel 1963 e vive in Brianza dal 1990 dove insegna Diritto ed Economia politica. Ha esordito con il romanzo Il cadetto (Marsilio 1999) e l'ultimo, pubblicato con Manni nel 2008, è Maschio adulto solitario.
Fiorenzo Baini è nato a Milano nel 1959 e insegna Lettere in un istituto superiore della Brianza. Ha pubblicato saggi di Storia dell'Arte, collabora al sito www.ilrestodelpallone.com.


oggi mercoledì 28 luglio ore 20.30 presso Shadè
in Viale Oronzo Quarta 18 Lecce Cosimo Argentina presenta "Messi a 90" Le partite più raccapriccianti dell'Italia ai Mondiali e altre storie di ordinaria follia calcistica (manni). Con l'autore intervengono Pierpaolo Lala, Piero Manni
a cura della Libreria dello Studente


Il libro del giorno: Vincere senza combattere di Pierre Fayard (Ponte alle grazie)




















Capacità di analizzare situazioni e contesti, uso dell'astuzia e della creatività, decifrazione dei segnali che annunciano il cambiamento, attenzione a non sprecare energie e ricerca dell'armonia: queste le doti dello stratega come emergono da due grandi libri sapienziali cinesi, "L'arte della guerra" di Sun Tzu e "I 36 stratagemmi". Fedele all'essenza profondamente pragmatica dell'antico pensiero cinese, Pierre Fayard ha scritto questo libro con il proposito di rendere espliciti all'orecchio e alla mente di noi occidentali i contenuti originariamente espressi in formule poetiche e metaforiche, creando così un ponte tra mentalità orientale e sensibilità occidentale. Utilizzando storie esemplari, antiche o modernissime, lontanissime vicine alla nostra quotidianità, questo libro spiega, chiarisce, approfondisce le massime alle quali sempre più, nel nostro mondo complesso e globalizzato, si ispirano coloro che vogliono coglierne le sfide, nelle decisioni che riguardano la propria vita di tutti giorni, o che hanno a che fare con i massimi sistemi della politica e dell'economia.

Non mi uccise la morte, di Luca Moretti e Toni Bruno, con un saggio di Cristiano Armati (Castelvecchi). Intervento di Nunzio Festa




















“La notte del 15 ottobre del 2009, il giovane Stefano Cucchi, geometra e, purtroppo per lui ma soprattutto per le divise ex tossico ed epilettico, viene fermato da una pattuglia dei Carabinieri nei pressi del Parco degli Acquedotti di Roma e trovato in possesso di una piccola quantità di hashish. I militari, dopo aver perquisito l’abitazione di Cucchi, arrestano il ragazzo e lo portano in caserma.
Al momento dell’arresto – contrariamente a quanto si è sostenuto – Stefano gode di ottima salute e frequenta quotidianamente un corso di pre-pugilistica. Il giorno dopo il suo arresto, processato per direttissima nel tribunale di piazzale Clodio, ha il volto segnato ma sta ancora bene. Quello è l’ultimo momento in cui i genitori di Stefano Cucchi hanno la possibilità di vedere loro figlio. Perché, una volta condotto nelle celle di sicurezza del tribunale e, da lì, nella sezione penale dell’ospedale Sandro Pertini, Stefano Cucchi emergerà dall’incubo in cui è precipitato soltanto grazie a una serie di immagini raccapriccianti: gli occhi incavati e la mascella rotta come uniche testimonianze di un trattamento crudele e disumano”. Stefano Cucchi, lo dimostrano soprattutto le fotografie che i coraggiosi genitori del ragazzo riescono a scattare dopo insistenza e file per essere autorizzati, è stato prima massacrato di botte e poi lasciato a morire. “Non mi uccise la morte”, lavoro di Luca Moretti e Toni Bruno, è formato, a parte alle foto fatte dai genitori di Stefano Cucchi, da un resoconto che è una narrazione dei fatti, d’una sequenza a fumetti che sintetizza l’amara storia, d’un saggio su altre violenze che poliziotti assassini hanno prodotto nelle carceri italiote. Il libro di Moretti e Bruno ci mette in testa una rabbia potente nei confronti delle divise di turno che si permettono il lusso di fare tutto e più di quello che sognano e vogliono in quanto sono dalla parte della forza. Oltre che essere, in vero, la ‘forza dell’ordine’. Per fortuna, in questo caso, e come per altri atrocità, una parte dell’Italia pur sempre clerico-fascista è insorta. E chiede giustizia. A provare a ragionare di: giustizia e verità. Organi di stampa, perfino, come “Il Fatto Quotidiano” o altri giornali, vedi il solito “Manifesto”, per esempio, sostengono la lotta della sorella (alla quale Stefano Cucchi sapendo di morire chiese d’affidare il suo cane) e chiaramente i genitori stessi del giovane. Fa impressione comprendere, per esempio, come i contenuti di questo libro ci spieghino che invece di dare garanzie alla famiglia – di vedere un figlio – il personale di guardia si permetteva d’assicurare bugie su bugie. Sotto sotto, poi non troppo, infine, si sono fatti atti falsi e indecisi verbali sulle condizioni di salute di Cucchi. Addirittura, appare il coraggio incivile d’alcuni che hanno affermato per iscritto che “il ragazzo si è lasciato morire”. Come se potesse accadere. Come se non fosse noto che quando un incarcerato è costretto a dire che è vittima d’una caduta dalla scale significa che è stato picchiato. Abbiamo capito, e devono pagare i colpevoli, che alcune guardie carcerarie hanno massacrato di botte Stefano Cucchi e che il resto dei complici ha terminato l’assassinio. Un altro assassinio di Stato.

Non mi uccise la morte, di Luca Moretti e Toni Bruno, con un saggio di Cristiano Armati Castelvecchi (Roma, 2010), pag. 111, euro 12.00.

lunedì 26 luglio 2010

Il Patto di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci (Chiarelettere) PREFAZIONE di Marco Travaglio. Un estratto



















20 luglio 1992.

Sono passate poco più di dodici ore dall’eccidio. Due agenti della Criminalpol venuti da fuori sono in via D’Amelio. La prima cosa che cercano di capire è dove si siano appostati gli attentatori con il

telecomando che ha fatto esplodere l’autobomba. I due escludono subito i palazzi che si affacciano su quel tratto della strada: sono sventrati, se si fossero posizionati lì, i killer si sarebbero esposti a un rischio troppo alto. Lo sguardo si posa poco più in là, oltre un muro che separa la via da un grande giardino. Gli agenti mettono a fuoco un palazzo di dodici piani appena edificato. Percorrono poco più di cinquanta metri, entrano nello stabile e salgono le scale. Si imbattono nei due costruttori del palazzo, i fratelli Graziano. Si fanno portare nel loro ufficio e abbozzano una sorta di interrogatorio.

“Avete visto qualcosa?”. Poi chiedono loro i documenti per un controllo via radio: vogliono sapere se hanno precedenti. Nell’attesa, uno dei poliziotti sale fino alla terrazza, rendendosi subito conto

che da lì la visuale su via D’Amelio è perfetta. Per terra, nota un mucchio di cicche. Dalla centrale intanto comunicano che i costruttori sono schedati come mafiosi. Sono due dei sei fratelli Graziano, una progenie di imprenditori edili legati ai Madonia e ai Galatolo... Ce n’è abbastanza per portarli in

centrale e proseguire gli accertamenti, ma sopraggiunge all’improvviso una squadra di poliziotti.

“Colleghi, è tutto a posto. Ce ne occupiamo noi, adesso”, dicono ai due agenti della Criminalpol. Che se ne vanno perplessi, fanno ritorno in centrale e stilano comunque un rapporto dettagliato. L’indomani ricevono un ordine di servizio: devono rientrare al comando di origine. Il loro lavoro a Palermo è concluso. Dei fratelli costruttori qualche mese dopo la strage parlano pentiti del calibro di Gaspare Mutolo e Francesco Marino Mannoia... La testimonianza degli agenti della Criminalpol è finita oggi nella nuova inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla morte di Borsellino e della sua scorta. Per tutti questi anni i due poliziotti hanno creduto che qualcuno avesse vagliato il loro rapporto, che quella pista fosse stata battuta. Invece il rapporto è sparito dalla questura di Palermo. Le indagini hanno però appurato che nel palazzo, poche ore dopo che gli agenti della Criminalpol si erano allontanati, era arrivato un gruppo di carabinieri. Nella loro relazione risulta tutto a posto, tutto normale. E il palazzo della mafia su via D’Amelio sparisce. Come l’agenda rossa di Paolo Borsellino.


Il Patto di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci (Chiarelettere)

PREFAZIONE di Marco Travaglio

Il libro del giorno: L'uomo che smise di fumare di P.G. Wodehouse (Guanda)





















Se ti trovi a Londra, all'Angler's Rest, magari verso l'orario di chiusura, non hai scampo: devi sapere che assieme al tuo bicchiere di whisky ti verrà servita una storia incredibile e divertente da parte del più instancabile fra i chiacchieroni del locale, il signor Mulliner. Seduto accanto agli altri avventori, come Birra scura alla spina, Pesce persico e Doppio whisky e poca soda, farai conoscenza con la sterminata famiglia Mulliner, nipoti, cugini e lontani parenti compresi, sempre al centro di strampalate avventure. Come quella di Archibald, alle prese con la lettura di Shakespeare e di Bacone per impressionare la zia dell'amata Aurelia Cammerleigh, salvo poi scoprire che la ragazza trova questo genere di cose di una noia mortale; o quella in cui Ignatius decide di conquistare Hermione smettendo di fumare: una prova d'amore difficile (e non richiesta... ); fino ad arrivare ai racconti dedicati alla terribile Roberta "Bobbie" Wickham e alle peripezie che devono affrontare i suoi pretendenti, come trovarsi dei serpenti infilati fra le lenzuola da chissà chi o gettarsi in rocambolesche fughe dalla finestra alla rincorsa del famigerato treno del latte, primo mezzo utile per scappare dalla casa di famiglia della giovane donna, teatro di spassosi equivoci. Nove racconti che rappresentano ognuno un piccolo mondo, ritratti con il consueto, irresistibile umorismo senza tempo di P.G. Wodehouse.

Ettore Toscano, Poesie scelte 1970 - 2009 (Lupo editore)





















Nasci e t'incorolli
alla tua specie:
rifulgono sicure
e miti quelle
prime liliali ore ...

Tepore alita a te
intorno, solari culle
entro cui stupefatto
ti pasci di abbandoni ...

I germogli dischiusi
il creato sostenta:
i vibranti colori,
gli inebrianti profumi,
in ardenti umori converte ...

Ma il tempo, poi, le sue ...
vizze "nature morte".

Ecco presso Lupo editore una antologia di «Poesie scelte 1970 - 2009» dell’attore e scrittore tarantino Ettore Toscano, curata da Pasquale Vadalà (224 pagine, 14 euro). Liriche dai quattro volumi di versi precedentemente pubblicati si alternano a nuovi versi, restituendo una immagine completa e sfaccettata di un intellettuale dai molti interessi, che alle passioni artistiche salda anche quelle civili.

domenica 25 luglio 2010

Il libro del giorno: Caterina. Diario di un padre nella tempesta di Antonio Socci (Rizzoli)




















Settembre 2009, Caterina, ventiquattro anni, la figlia maggiore di Antonio Socci, è in coma dopo un arresto cardiaco. Attorno a lei e alla sua famiglia si crea una straordinaria catena di solidarietà e di preghiera, uno spettacolo di fede e amore offerto non solo dagli amici, ma anche dai numerosi lettori del blog di suo padre. Fra di loro molti sono atei e agnostici, eppure l'esperienza di Caterina spinge queste persone a riscoprire il significato e il valore della preghiera, a ritrovare il senso di una fede perduta o lasciata in disparte. Ma sono soprattutto i suoi genitori e gli amici più cari che, giorno dopo giorno, malgrado la durezza della prova a cui sono sottoposti, si affidano con ancora maggior certezza a Gesù Cristo. Il loro è un atto di fede che ottiene presto segni di speranza: il cuore di Caterina riprende a battere da solo e il suo respiro non ha più bisogno di macchine. Di lì a poco, in una sera del gennaio 2010, mentre sua madre le sta leggendo un divertente passo del "Giovane Golden", Caterina si lascia andare a una bellissima e contagiosa risata. Da quel giorno, un po' alla volta, riprende conoscenza e intraprende un faticoso cammino di riabilitazione, sia pure pieno di incognite. In questo diario, Socci ci mostra che con la fede (nella presenza viva di Gesù fra noi) e la preghiera possiamo trovare un aiuto straordinario per superare i momenti più drammatici della vita.

Crolli emotivi Romanzo tragicomico per uso esterno di Sandro Montalto (Edizioni CentoAutori)















Un romanzo comico e tragico, esilarante e disperato, popolato da marionette stralunate e grotteschi uomini comuni la cui vita si snoda tra le amare riflessioni dell’autore sull’esistenza.
Anarchiche e dolenti, le vicende di questo libro riflettono sull’angoscia e su ciò che significa ridere, sull’idiozia comune e sulla vacuità dell’eccellenza. E mentre stritolano convenzioni e illusioni ridono e scherzano, proclamando con un fuoco di fila di battute che l’esistere è per sua natura uno scandalo.

L’Autore

Sandro Montalto vede la luce a Biella nel 1978. Tutt’ora abbagliato, svolge la professione di bibliotecario, è direttore editoriale delle Edizioni Joker e dirige le riviste «La clessidra» (rivista di cultura letteraria) e «Cortocircuito» (semestrale di cultura ludica). Redattore e consulente di molte altre riviste, critico per alcuni giornali, ha anche scritto di musica e di cinema. È fondatore e giurato di alcuni premi letterari, autore teatrale, musicista, umorista (Smemoranda, Le formiche…) e appassionato di giochi di parole. In volume ha pubblicato le raccolte poetiche Scribacchino (Joker, 2000), Pause nel silenzio (Signum, 2006) e Esequie del tempo (Manni, 2006); i saggi Compendio di eresia (Joker, 2004), Beckett e Keaton: il comico e l’angoscia di esistere (Edizioni dell’Orso, 2006; in corso di stampa negli Stati Uniti), Forme concrete della poesia contemporanea e Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea (Joker, 2008); la raccolta di aforismi L’eclissi della chimera (Joker, 2005); la commedia Monologhi di coppia (Joker, 2010; andata in scena al “Piccolo Teatro” di Milano). Ha curato molti volumi, tra i quali Umberto Eco: l’uomo che sapeva troppo (ETS, 2009) e Fallire ancora, fallire meglio. Percorsi nell’opera di Samuel Beckett (Joker, 2009).

sabato 24 luglio 2010

Il libro del giorno: Un giorno di David Nicholls (Neri Pozza)





















È l'ultimo giorno di università, e per due ragazzi sta finendo un'epoca. Emma e Dexter sono a letto insieme, nudi. Lui è alto, scuro di carnagione, bello, ricco. Lei ha i capelli rossi, fa di tutto per vestirsi male, adora le questioni di principio e i grandi ideali. Si sono appena laureati, l'indomani lasceranno l'università. È il 15 luglio 1988, e per la prima volta Emma e Dexter si amano e si dicono addio. Lui è destinato a una vita di viaggi, divertimenti, ricchezza, sempre consapevole dei suoi privilegi, delle sue possibilità economiche e sociali. Ad attendere Emma è invece un ristorante messicano nei quartieri nord di Londra, nachos e birra, una costante insicurezza fatta di pochi soldi e sogni irraggiungibili. Ma per loro il 15 luglio rimarrà sempre una data speciale. Ovunque si trovino, in qualunque cosa siano occupati, la scintilla di quella notte d'estate tornerà a brillare. Dove sarà Dexter, cosa starà combinando Emma? Per venti anni si terranno in contatto, e per un giorno saranno ancora assieme. Perché quando Emma e Dexter sono di nuovo vicini, quando chiacchierano e si corteggiano, raccontandosi i loro amori, i successi e i fallimenti, solo allora scoprono di sentirsi bene, di sentirsi migliori. Comico, intelligente, malinconico, Un giorno cattura l'energia sentimentale delle grandi passioni: i cuori spezzati, l'intricato corso dell'amore e dell'amicizia, il coraggio, le attese e le delusioni di chiunque abbia desiderato una persona che non può avere.

Sinsigalli (con gronchi, carrubi e mistizzi), di Fabio Pusterla, disegni di Carmine Rezzuti (Edizioni D’If). Intervento di Nunzio Festa











Molto più che un divertissement, grazie in aggiunta alle immagini di Rezzuti, il piccolo tassello tratto dalla piccola serie di creazioni letterarie di Fabio Pusterla, autore dell’a dir poco incantevole “Corpo Stellare”, il piccino “Sinsigalli” mi permette, per una delle poche volte, oltre che di riferire in primissima persona, d’accennare a un curioso evento accaduto in premessa a questa lettura. In pratica, quando alla cortese e attenta Nietta Caridei ho chiesto copia del volume, pensavo, cosa simile a quella raccontata dallo stesso autore in sede d’introduzione dell’opera, d’entrare in possesso d’uno scritto ‘dedicato’ al poeta lucano Leonardo Sinisgalli; evidentemente, oltre ad aver letto troppo velocemente lo spezzone dal quale avevo tratto l’interessamento, avevo ripetuto l’errore, in seguito. E, per giunta, in seguito, la pur sempre attentissima Caridei non s’era accorta, oppure aveva accettato quale refuso, il mio almeno imbarazzante errore. Per dire, su tutto, come le affermazioni di Pusterla, e soprattutto la sua originale idea di fare addirittura un libro su questo, se pur piccolo piccolo in quando a dimensioni tipografiche, sia frutto di brillante intuizione. Il racconto di Pusterla, ovviamente imbevuto del fluido dei versi e assistito dalle terre della poesia, porta sconquassi lieti nell’immaginazioni. La trama, se così si può dire per una pubblicazione di questo genere, vede fermentare la nascita divertentissima, con accenni al pauroso, persino, di creature tutte sottratte alla metafora grande della vita. Che, insomma, se i Sinsigalli sono parto d’un vero e proprio refuso, allo stesso tempo sono ‘animaletti’ fantastici. E infine non possono che essere, di contro e insieme ai malvagi e tremendelli carrubi (m’auguro di non sbagliare, e potrebbe essere davvero per merito del programma di scrittura utilizzato), la rappresentazione in forma allegorica, appunto, del bene. Quando i carrubi – è ovvio – del male. Il gioco diventa sempre più bello proprio quando la lotta, per i Sinsigalli apparentemente tutta in difesa, fra i primi e i secondi. Che i persecutori sono i carrubi. Perché la lite perenne, anzi la volontà dei carrubi (ex carruggi) che non s’accentano è quella di prendersela coi buoni per eccellenza. Il mondo degli errori. Fabio Pusterla: poeta svizzero intriso d’amore per ogni essere vivente: spiega con brio e delicatezza.

venerdì 23 luglio 2010

Il libro del giorno: Uccio Bandello, La voce della tradizione a cura di Luigi Chiriatti (Kurumuny)



















Per capire la storia di un popolo bisogna conoscerne il ritmo, la musica, la poesia: tutti quegli aspetti che di solito non sono contemplati nei libri di storia propriamente detti ma che fanno parte integrante dell’essere uomini e sono perciò fondamentali per conoscersi, capirsi e aprirsi all’accoglienza dell’altro, portatore a sua volta di altri ritmi, altre musiche, altra poesia. Nella storia della musica di tradizione del Salento si leva la voce possente e straordinaria di Uccio Bandello, finissimo cantore e depositario della memoria di tutto un popolo. Persona schiva e riservata, ma autorevole e maestosa quando cantava, Antonio aveva un dono prezioso e con la sua voce riusciva a incantare tutti intorno a sé: durante la prigionia in Africa Bandello ottenne dagli inglesi cibo per lui e per tutti gli altri prigionieri in cambio delle sue esibizioni canore per i sottufficiali. Si racconta che cantasse anche quando tornava a casa in bicicletta da Collepasso (Le) e la gente lo aspettava sull’uscio per complimentarsi. La pubblicazione di questo libro con CD musicale, che contiene diciannove brani tra stornelli, canti di lavoro e di questua, ci restituisce quella malia di voci che fa di Bandello e degli Ucci alberi di canto e della cultura della tradizione salentina.


Autore:
Luigi Chiriatti (a cura di)
Prezzo: € 15.00 Pagine: 64
Note:
Libro con cd musicale contenete 19 tracce; f.to 13,5x13,5 cm
Interventi di: Tonio Bandello, Sergio Blasi, Luigi Chiriatti, Flavia Gervasi, Sergio Torsello.

TATEMIJE di Assunta Finiguerra (Mursia)
















Sono convinto che un giorno chi legge, chi farà cultura, chi produrrà senso insomma, verrà guardato con disprezzo, verrà additato come un morbo che vuole distruggere la società con le sue “dotte” farneticazioni, e questo per quanto riguarda letteratura e arti figurative … figuriamoci poi chi indosserà le vesti sacre della Poesia. Altro che Salem! Ma forse sono solo semplici e puerili fantasie di un caldo mattino d’estate. La Poesia rimane ancora un terreno minato, e sinceramente si incontrano sempre meno buoni libri di versi, sia perché ci sono sempre meno poeti o “sognatori” di un certo spessore, sia perché spesso si fa confusione nel classificare un lavoro come poetico. Di recente la casa editrice Mursia mi recapita un libretto davvero splendido, che ho letto tutto d’un fiato. Il titolo è “Tatemije” di Assunta Finiguerra (1946/2009), poetessa nata nel dopoguerra, neorealista, inserita nel progetto editoriale della casa editrice milanese all’interno della collana Argani, inaugurata da Franco Loi e poi da Guido Oldani, due maestri della Poesia contemporanea. Tatemije (Padre mio), raccolta uscita postuma di una donna nata come sarta e poi divenuta (piuttosto tardi, nel 1995 per la precisione) una vestale del verso. La sua lingua, il suo dialetto, il lucano, assurge al ruolo di lingua idonea a far sentire il respiro della poetessa lucana, la sua ironia, il suo voler scomporre il reale in frammenti di disperazione più piccoli, tollerabili per chi ha una soglia del dolore molto bassa. Ogni componimento (il lettore troverà il testo a fronte che non fa perdere la bellezza e la freschezza nel ritmo) è una lama che lacera l’infinito, e lo fa senza troppi fronzoli. Come in un gigantesco rogo la Finiguerra canta qualsiasi cosa perchè tutto è degno di essere cantato, perché tutto deve essere detto a qualsiasi costo. Poetessa europea, e lo si può affermare con assoluta serenità, insegna come la leggerezza, spesso è sostenibile, e senza necessariamente una lobotomia!

mercoledì 21 luglio 2010

Il libro del giorno: Libero chi legge d Fernanda Pivano (Mondadori)




















Herman Melville, Edgar Lee Masters, Jack Kerouac, Ernest Hemingway, Charles Bukowski, J.D. Salinger. Ma anche Raymond Carver, John Fante, Kurt Vonnegut. Fino a Philip Roth, Chuck Palahniuk, Don DeLillo, Bret Easton Ellis, David Foster Wallace, Jonathan Safran Foer... Questo è un libro sulla libertà, la libertà che si conquista attraverso la lettura. E questi sono i suoi alfieri disarmati, i suoi profanissimi santi protettori. Questo è un libro sui libri, un'ultima lezione di Fernanda Pivano a tutte le nuove generazioni, un testamento di speranza proiettato verso il futuro. È la biblioteca ideale della Nanda, i cento titoli che i ragazzi di tutte le età dovrebbero leggere per scoprire, godere, crescere, ognuno descritto da una scheda introduttiva. In alcuni casi sono riprodotti gli originali (e inediti) giudizi di lettura. Era il 1957 quando Fernanda Pivano, giovane come è sempre stata, in un giudizio di lettura caldeggiò con forza e passione la pubblicazione di "On the Road", scritto da un allora sconosciuto Jack Kerouac. Da allora la mitica Nanda non ha mai smesso di combattere per promuovere tutto quello che sapeva di nuovo, di libero, di rivoluzionario, per contagiare tutti con la sua passione. Con un progetto sempre chiaro in testa, che questo libro riassume e realizza: "Tutti i miei testi sono soltanto lettere d'amore; se scuotono dall'indifferenza qualcuno e lo inducono a interessarsi ad almeno uno dei libri descritti e al loro autore hanno raggiunto il loro scopo".

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Nightcrawler: Il Diavolo Blu degli X-Men

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