Avete dato avvio alla vostra attività editoriale nel 1993, quando il concetto di impegno ambientale era ancora “limitato” alla pulizia delle spiagge malcurate, o alla salvaguardia delle specie animali a rischio. Le vostre pubblicazioni ponevano attenzione, già allora, alla urgenza di un’informazione che indagasse tutti i contesti coinvolti nel rapporto comunità umana/dimensione naturale, in primis quello economico. Come sono stati gli inizi di questo sentimento differente?
(MM) Complicati ed entusiasmanti. Complicati perché si trattava di far conoscere contemporaneamente un marchio editoriale nuovo ed un tema che stava prendendo forma in quello stesso momento, tema che sin dall’inizio abbiamo affrontato in modo ampio, cercando di rivolgerci a tutti i soggetti che in diverso modo sono toccati dal tema “ambiente”. Quindi non solo il mondo dell’ambientalismo, ma anche le imprese, i settori professionali e produttivi che con questa tematica si confrontano quotidianamente, senza dimenticare enti e amministrazioni locali e centrali, oltre all’università. Una molteplicità di soggetti che rispecchia la quantità di saperi, competenze, campi di attività e di ricerca, che attorno alla parola “ambiente” si coagulano e si intrecciano. Entusiasmanti perché ci rendevamo conto di avere di fronte un ambito di lavoro veramente enorme e destinato ad acquisire via via maggior peso negli anni. C’era la consapevolezza di esserci collocati su quello che sarebbe diventato gradualmente “il” tema, centrale per la cultura, l’economia e la società. La parola attorno a cui tutto avrebbe iniziato necessariamente a ruotare.
Che ruolo hanno avuto, ai vostri esordi, le associazioni ecologiste presenti in Italia? Si è creata da subito una comunità di sostegno, un “fare rete” che provasse ad attuare, attraverso la lettura d’impegno, anche un’evoluzione socio-culturale fatta di reali coerenze quotidiane?
(MM) La collaborazione con le associazioni ambientaliste risale addirittura a prima della nascita di Edizioni Ambiente ed è una aspetto che ha caratterizzato fortemente la nostra attività editoriale. Tuttora alcuni dei nostri titoli più autorevoli nascono da questa collaborazione, in particolare con Legambiente e WWF Italia. L’intento comune era evidentemente quello di far crescere la sensibilità del pubblico rispetto ai temi dell’ambiente, qualcosa che si traducesse in un effettivo cambiamento a livello socio culturale. La capacità di “fare rete”, di veicolare verso la base di soci e simpatizzanti i contenuti che venivano prodotti è invece ancora un “lavoro n corso”, anche se, soprattutto con Legambiente, si sono raggiunti buoni risultati. Di maggiore efficacia è stata a volte la collaborazione con associazioni più piccole, che si rivolgono ad un settore di pubblico molto identificato, come nel caso di ANAB, l’associazione nazionale per l’architettura bioecologica, con cui sono state attuate iniziative editoriali di grande successo. L’impatto sulla cultura dei professionisti è stato senza dubbio più “palpabile” e si traduce in un effettivo cambiamento, nel consolidamento di quelle che definisci “reali coerenze quotidiane”.
Uno dei vostri progetti, VerdeNero, è articolato in tre collane: Noir, Romanzi, Inchieste. La prima propone storie - riprese dai fatti denunciati nel Rapporto Ecomafia - dalla struttura piuttosto elaborata, che ben rende la sofisticatezza di vicende animate da deviazioni criminal-politiche e scandali ambientali. Perché trasportare la realtà nella forma del noir ecologista? La denuncia è percepita con più efficacia?
(AI) Siamo giunti alla scelta di genere quasi spontaneamente. Già lo svolgimento delle inchieste raccolte nel Rapporto Ecomafia di Legambiente alludevano inconsapevolmente al noir. Inoltre una buona parte degli autori che avevo in mente di coinvolgere e che sapevo essere sensibili alle tematiche ambientali, erano noiristi. Il noir da sempre è il genere più adatto a disvelare i meccanismi del potere.
Si può parlare di “narrativa critica militante”?
(AI) Mi pare eccessivo, nel senso che parlerei più volentieri di autori che si sono messi al servizio di una denuncia condivisa. La narrativa militante mi richiama ad un livello di partecipazione intellettuale che in questo momento non scorgo nel nostro paese.
Come hanno reagito ai vostri inviti gli scrittori contattati? Qualcuno ha rifiutato, timoroso dei possibili esiti di una presa di posizione – un autentico atto politico - così evidente?
(AI) Devo dire che hanno tendenzialmente reagito tutti bene, tanto che oggi sono gli autori a proporci le loro idee. I pochi che hanno declinato l’invito non l’hanno fatto per motivi politici, fosse altro perché scegliamo esattamente chi non dovrebbe avere di questi problemi. Di solito si tratta di impegni con altre case editrici, o più banalmente problemi di budget,
Siete comunque una casa editrice tematica, il che può comportare il “rischio della nicchia”. Avete scelto di collaborare con Einaudi anche per sciogliere questo nodo?
(AI) La questione paradossalmente è inversa. Non siamo noi che collaboriamo con Einaudi, ma è la casa editrice torinese che ha chiesto a noi se poteva riprodurre la collana VerdeNero nei Tascabili. Quando siamo riusciti a strappare il nostro marchio in quarta di copertina, ho capito che era un’operazione senza precedenti e per noi una vetrina promozionale importante.
(MM) La nostra strategia è stata quella di rivolgerci a quante più “nicchie” di pubblico possibile. Per arrivare negli ultimi anni, consapevoli della maggiore penetrazione del tema nella quotidianità, ad accettare la sfida del “grande pubblico”, elaborando diverse linee di prodotto mirate. Le collane Verdenero e la nuova serie dei Tascabili dell’Ambiente vanno in questa direzione. Evidentemente la cosa non è passata inosservata e il rapporto con Einaudi ne è una prova. Di fatto, la riproposta di alcuni nostri titoli da parte di una casa editrice così importante non fa che favorire la maggiore percezione del tema in fasce di pubblico che per noi sarebbero difficili da raggiungere. Un “effetto megafono” che non può farci che bene. Di “rimbalzo”, ci aiuta ad attenuare il rischio dell’effetto nicchia.
Per concludere, tutte le vostre pubblicazioni sono dei quadri reali spiazzanti, capaci di veicolare non solo delle informazioni accuratissime, ma anche una dose insostenibile di indignazione. Una vostra novità “portatrice di rabbia sana”?