"Non dico tutti, ma quasi tutti gli uomini, vogliono provare l'esperienza del trans, far girare adrenalina nelle vene sclerotizzate dalla routine. Se penso a chi è passato dal mio letto - avvocati, manager, operai, ragazzi, commercialisti, creativi, baristi, imprenditori, ignoranti e laureati - alla fine sono tutti uguali quando sono qui a casa mia, liberi di chiedere ciò che vogliono perché pagano”. L’eterna lotta tra mister Hyde e il compassato dottor Jekyll si sostanzia tra le pagine di questo libro, quasi fosse obbligatorio e del tutto normale, anzi consueto, per un uomo ai nostri giorni, voler esplorare certe zone d’ombra della sessualità, ovviamente continuando la barocca recita del bravo maritino, o della dolce metà tutta casa e chiesa. E proprio non molto tempo fa ricordiamo per un’insana associazione di idee dopo aver letto questo libro, le cronache di tutti media nostrani che hanno fatto esplodere il caso Marrazzo, generando un vespaio di inquietanti interrogativi da tenere rigorosamente e assolutamente privati, perché a dirli la vergogna sarebbe più pesante dell’essere messi alla gogna: Perché? Perché gli uomini, così tanti poi, anche insospettabili, vanno con le/i trans? Quali sono le prestazioni che richiedono questi maschi ai/alle trans, per risultare così desiderabili, così sessualmente appetibili? Efe (che ha scritto “Quello che i mariti non dicono” per i tipi di Mondadori) è il/la trans più famosa/o e desiderata/o d'Italia. Oltre i duemila uomini, sono stati oggetto delle sue attenzioni/prestazioni, in maniera totalmente e sinceramente democratica e perfettamente costituzionale, proprio come sostenuto dal pilastro dell’art. 3 della nostra Carta, circa la rimozione degli ostacoli di razza, credo o posizione sociale. Per Efe questo è assiomatico in ambito sessuale, kantiano forse. Fondamentalmente questo è un libro schietto e sincero (editing o ghost writing a parte) che racconta le esperienze di questo attore sociale trasversale rispetto a generi e connotazioni, senza la benché minima intenzione di voler necessariamente scandalizzare, ma quasi con la delicatezza di un pettegolezzo al femminile da dirsi in un bar del centro mentre fuori c’è traffico e stress. Una cosa è certa: ne viene fuori uno spettro di situazioni e tipologie maschili sicuramente sorprendente, ma non certo incoraggiante. Anche se il libro non risponde alla domanda del perchè gli uomini sposati vanno a trans c’è da dire che tutto il libro può essere letto come un felice prodotto di costume, un ulteriore tassello per stordirsi dalla crisi che ci attanaglia le viscere, e che sortisce l’effetto di un tonicizzante anti-depressivo rispetto alle solite seratine della nostra piccola povera patria
In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei - As an Amazon Associate I earn from qualifying purchases - Als Amazon-Partner bekomme ich Geld, wenn ihr über meinen Link etwas kauft - Soy Afiliado de Amazon, así que me llevo una parte si compras algo usando mis links - アマゾンで紹介した商品を買ってもらえると、私にも少しおこずりがもらえる仕組みなんです - 아마존 애소시에이트로서 적격 구매 시 수익을 얻습니다.
Cerca nel blog
martedì 25 maggio 2010
Quello che i mariti non dicono di Bal Efe, Berbenni Stefania (Mondadori)
domenica 23 maggio 2010
Il libro del giorno: La nostalgia languida dell'Ombra di Fabio Cerretani (Edizioni Ilisso). Intervento di Sergio Pent *
Fabio Cerretani ha l’animo del provinciale di lusso, che contempla l’umanità in transito della sua epoca e ne coglie gli umori più intimi, malinconici o depressi. La fortuna di un narratore si gioca spesso, quasi sempre, sulle convenienze e sulle scommesse editoriali. Nella sua sordina, Cerretani è rimasto finora un narratore appartato e poco visibile, com’è tipico di chi si muove da indipendente sul terreno delle majors. Editori piccoli ma attenti gli hanno permesso di entrare in punta di piedi in libreria, anche se i suoi romanzi curiosi, emozionali, severi e scritti con lucida parsimonia non hanno finora trovato i meritati riscontri. Questione di stile? Non diremmo, visto che lo stile di Cerretani è assai più levigato e insinuante ad esempio di quello di un Andrea Vitali, che sta vedendo invece lievitare in classifica le acque del suo lago. Semplicemente, se mancano le giuste sponsorizzazioni, si corre come sempre il rischio di stazionare in un limbo di belle scritture ignorate dal pubblico. Spesso anche dalla critica, complice l’overdose ormai quasi letale di novità in libreria. Le ragazze del Delta e Finis terrae segnavano, ciascuno a suo modo, tappe già fondamentali per misurarsi con la capacità di scrittura di Fabio Cerretani. Tra memoir sentimentale alla Cassola e spruzzate gogoliane, i romanzi tracciavano un percorso esemplare della narrativa di questo autore appartato, alla ricerca di belle storie più che di scommesse azzardate o ammiccamenti sperimentali fortunosi. La nostalgia languida dell’ombra è un discorso ancora diverso, ma l’animo provinciale rimane in primo piano, con tutte le ironie e gli intoppi del caso. Dal delta del Po alle derive metafisiche di Finis terrae, arriviamo alla paciosa provincia umbra di un 1966 segnalato a vista dall’autore, poiché potrebbe benissimo trattarsi dell’altro ieri, nell’ambiguo e ricorrente gioco di tradimenti ed equivoci che portano infine come spesso accade nei deliri dei sensi all’omicidio. I personaggi, caratterizzati quasi sempre da nomi emblematici, ricoprono ruoli di confine in un contesto sociale bizzarro e bizzoso, dove tutto si gioca all’insegna di una grandeur sui generis, come se i destini dell’umanità dovessero dipendere dal chiacchiericcio irrisolto dei diversi interlocutori. Davide Golia, un nome un destino. Protagonista smorto e asettico, il classico “uomo dal vestito grigio” che attraversa il suo tempo in sordina, il mite insegnante di lettere presso il Liceo Classico “Sallustio Amedeo Brandini”, riveste invece un ruolo determinante nello scompigliamento di carte che porta alla morte della collega Cecilia De Maria, tracagnotta arrapante che ama sollazzarsi in amene scappatelle extraconiugali. E’ qui, in questa ironica visione di una provincia buzzurra e velenosa, che a tratti rammenta il geniale film di Germi “Signore e signori”, che si gioca la partita del romanzo di Cerretani, nato come commedia di costume provinciale e dirottato dall’autore sul versante di un noir quasi surreale. La vicenda minima, più grottesca che sensuale, del rapporto fedifrago tra il pavido professor Davide Golia e la vorace Cecilia, serpeggia infatti al di sopra di un sotterraneo contesto strapaesano in cui i notabili della cittadina umbra complottano per spartirsi i proventi della vendita di preziosi reperti etruschi rinvenuti da un rozzo tombarolo nel dedalo di gallerie dei dintorni. Malaffare in giacca e cravatta, sesso spicciolo e deprimente, tradimenti, ripicche e rancori, generano il disegno di una comunità bislacca ma perfida, dove è sempre il più debole a soccombere. Si lascia ovviamente al lettore il piacere di scoprire i piccoli, meschini segreti che covano sotto la cenere dei camini di provincia, ma è necessario rilevare come l’arguzia del narratore riesca a dirottare la trama verso un consapevole disegno di denuncia morale. La grettezze dei diversi personaggi in quel 1966 segnato da piovaschi sempre più dirompenti sfociati nell’alluvione di Firenze si riflette sulla nostra contemporaneità e sui nostri mali più di quanto non si creda. Figurine di un passato quasi remoto, stanno lì a significare malevolenza, invidia, arrivismo, indifferenza alle sorti del prossimo. Proprio come adesso. In questa dinamica da commedia con delitto, il romanzo di Cerretani svolge un suo ruolo sulfureo, a tratti landolfiano, nel delineare l’ottusità arricchita e potenzialmente delittuosa del contesto sociale, in cui ogni dettaglio deve sempre rimanere uguale nei secoli dei secoli. In un mondo di ancora ferventi campanilismi, non c’è tregua né compassione sotto il campanile in cui il povero professor Golia e la sua malcombinata amante trovano il loro unico, tragico punto d’arrivo.
(*) = Scrittore (“Il custode del Museo dei Giocattoli”, Mondadori 2002; “Un cuore muto”, e/o 2005; “La Nebbia dentro”, Rizzoli 2007) e critico de “La Stampa Tuttolibri”. Contenuti del post ricevuti dalla casa editrice Ilisso
Sabbia, di Paul Muldoon (Guanda ). Intervento di Nunzio Festa
La notorietà di Muldoon, soprattutto fuori dall’Italietta che sappiamo e dobbiamo mai scordare, è sempre più grande. Ma, grazie a “Sabbia” sappiamo che ogni ‘complimento’ e tutte le parole di stima e rispetto dirette a uno dei maggiori poeti del nostro tempo sono anche pochissima cosa rispetto al valore reale che s’apprendere verso su verso, verso in verso. Di poesia dentro poesia. Perché, tanto per fare iniziazione con le paroline spicciole e spiccianti, la poesia, anzi tutto il corpo poetico di Paul Muldoon è pieno d’altre liriche, d’altri poeti fratelli dell’autore irlandese. Ovviamente questo non è che un dettaglio. Muldoon è moderno e classico in quanto contiene nelle stesse parole la terra senza lampi e i lampi della letteratura, la storia priva di retorica e la retorica delle storie di donne e uomini come di paese e città e campagne. Con Sabbia, d’altronde, P. Muldoon ha ottenuto il Pulizer nel 2003. Già dal titolo, nonostante si debba andare meglio a vedere l’originale, è possibile capire qual è il contesto se così davvero si può dire – e a maggior ragione per il poeta che è Muldoon. L’analisi della lingua, la teoria per così dire sui termini e sulla terminologia utilizzata dal poeta nordirlandese, devono far affermare senza ombre di dubbi e paura d’illustri smentite che Muldoon è ugualmente in grado di sconvolgere mettendoci di fronte al chiarore della rima, alla purezza del verso libero estremo, all’imperiosità del taglio netto ove è necessario. Impastata, per servire i temi a lui più cari, la spensierata scorrevolezza d’accenni di versificazione discorsiva, accesa da picchi d’evocazione ritmata al fumo d’un’epica mai ma proprio mai stucchevole. Andiamo a scoprire, però, dove la ‘regola’ è rotta. Dove l’evasione da uno schema che non è schema né gabbia, per esempio, si fa evidenza di passaggio letterario. Piano sentiamo, allora, “Lo spaccone”: “Voleva farti credere di aver succhiato / il leggendario sesto dito della fetta / di una sosia di Marilyn Monroe giovane, // e che il maritino si fosse un po’ incavolato / scoprendoli sul sedile posteriore di quel catorcio. / Gli altri giornali prendano nota”. Per continuare, con “La sosta”: “Pensa a questa lapide / come a una sedia bassa e lunga / piazzata strategicamente / sul pianerottolo di una scala”. Non a caso abbiamo scelto questi due componimenti. Non a caso due poesie brevi, fra le più brevi e frammentate del poeta. Che, ma solo apparentemente, spezzano il filo dell’opera. E che invece sono la prova d’omogeneità. Nella prima lirica ci si nutre d’una rapsodia in tono minore, una scansarsi del verbo che deve intercettare l’immagine creata in principio di chiusa. Mentre nel secondo tempo poetico, Paul Muldoon, più che chiaramente, liscia il terreno sempre soffice d’un pensare oltre il vaghissimo ruggito della morte, scherzando effettivamente con questa. E sappiamo che amore e morte sono le tematiche della vita. Per lo meno del suo frangente letterario. Si legga Muldoon, infine, nonostante si debba nel contempo, oppure forse proprio per questa ragione ancora più specifica, riconoscere maggiormente quel maestro Sanguineti di “Ideologia e linguaggio”. In questi giorni che spremono il suo abbandono definitivo e infinito. In questi giorni che un Sanguineti letto da Muldoon o un Muldoon che legge Sanguineti ci fa innamorare costantemente delle poesia.
Il libro del giorno: Giro d'Italia. Gli eroi della bicicletta (Mattioli 1885). A cura di M. Ballestracci
"Scendo. Buon proseguimento" di Cesarina Vighy (Fazi editore). Intervento di Elisabetta Liguori
Mentre leggi non lo diresti affatto che Cesarina Vighy sia morta.
sabato 22 maggio 2010
Il libro del giorno: Quando cade l'acrobata, entrano i clown. Heysel, l'ultima partita di Walter Veltroni (Einaudi)
Io innalzo fiammiferi di Irene Ester Leo (LietoColle). Intervento di Nunzio Festa
Le parole di Irene Ester Leo, frammiste a passione immensa e universale con odore della terra di Sud, è molto semplice ma essenziale, almeno per alcune contemporaneità di contenuti, accomunarle fin da subito con i versi dell’indimenticabile ma sempre poco ricordata Claudia Ruggeri, non casualmente motore e ispirazione della Leo. Non basterà di certo, e non solo all’autrice, spiegare che le ciglia della Irene Ester Leo alimentano il Sud tutt’altro che melanconico o, come vorrebbero i critici oramai sempre più affermati, lagnoso.
venerdì 21 maggio 2010
Prossimamente per Manifesto Libri: Fenomenologia di ANTONIO DI PIETRO Pierfranco Pellizzetti
Il paradosso di un uomo intrinsecamente di destra (l'eroe di Tangentopoli, il fondatore e padrone dell'Italia dei valori) che lancia un'Opa sull'intera sinistra italiana come segnale di una crisi generale della politica nello stallo dei processi di modernizzazione del paese.
Il libro del giorno: Per l'alto mare aperto di Eugenio Scalfari (Einaudi)
Boing Generation di Luca Sacchieri (Edizioni della Sera). Un estratto
Pietro, tassista culturista, è aitante, equilibrato quasi in modo zen e amato dalla gente intorno a sé che non vede altra figura in lui se non quella del gigante buono. Rosco è un uomo attraente che è capace di amare e prodigarsi per la sua donna con una profondità e una premura di gesti e parole che sembrano d’altri tempi. Davor Crema è una rockstar di fama mondiale, che ama ciò che fa – la musica – e che viene costantemente ripagato da questa genuina passione che gli dona un’inesauribile scorta di combustibile emotivo. “Il narratore”, personaggio indolente di cui si raccontano le vicende in prima persona, sembra non riuscire a fare altro che lagnarsi, ma senza riuscire a prendersi mai sul serio (“...ero uno che si stava lamentando perché non aveva niente di cui lamentarsi. Quindi, un coglione.”). Vite queste, di gente più o meno realizzata, vite più o meno semplici, vite più o meno normali. Vite, comunque, tutte inattaccabili, come pretende la società odierna, che ti vuole senza punti deboli, in una gara che non sai nemmeno tu quando hai iniziano né perché e nemmeno cosa ci sia in palio. Ma noi le vediamo da fuori, le loro vite, da una distanza di sicurezza. E non ci stupiamo che siano così, poiché, vivendo in quella stessa società, sappiamo che sono il semplice prodotto di un determinato ambiente. Quattro varianti, su chissà quanto. Forse però sono proprio loro che vogliono farcele vedere così. Forse sono proprio loro che vogliono vederle così, le loro vite. Ma chi sono davvero Pietro, Rosco, Davor Crema e “il narratore”, loro lo sanno meglio di chiunque altro. Altrimenti per quale ragione, dopo pochi capitoli, Pietro si ritroverebbe a scarrozzare uno losco spacciatore e a sniffare cocaina con la Polizia che gli fa gli appostamenti sotto casa? Per quale ragione Rosco scaricherebbe l’ennesima ragazza, eliminandola dalla sua vita con la stessa facilità con cui la eliminerebbe dalla rubrica del suo cellulare? Per quale ragione Davor Crema, devoto fino alla morte a sua moglie e a sua figlia, verrebbe abbandonato di punto in bianco? Per quale ragione “il narratore” si ritroverebbe sul davanzale della sua finestra, pronto per buttarsi giù? Sull’orlo di un precipizio, per qualcuno più letterale, per qualcun altro un po’ meno, i quattro protagonisti si ritrovano quasi per caso (o per destino) nel taxi di Pietro con un solo scopo: andare. Andarsene. Ma non sarà un viaggio alla scoperta di nuovi orizzonti, nessuna romantica partenza alla ricerca di se stessi. Sarà la fuga istintiva da chi è braccato da un predatore più grande e affamato. Sarà la fuga animalesca ed ingenua di chi pensa di poter risolvere i propri problemi semplicemente mettendo più distanza possibile tra sé e loro. Ma, se c’è un qualche animale a cui l’essere umano può essere metaforicamente accostato, questo è il canguro. Quest’ultimo, di natura, nel marsupio di porta dietro la propria vita. Avete mai visto un canguro che va in giro lasciando a casa il marsupio? E per quanto si sforzeranno – Pietro, Rosco, Davor e “il narratore” – di frapporre asfalto tra loro e le loro vite quotidiane, per quanto proveranno ad allontanarsi da quello che sono, alla fine in un susseguirsi di tuffi nel passato si ritroveranno – loro malgrado – ad avvicinarsi a ciò che erano. E che li ha resi così. Un’infanzia comune, un amico “collante” che verrà a mancare, un progressivo allontanamento, una laboriosa costruzione di una propria corazza dorata, per una società fatta di specchi che ti vuole forte (più forte di chi ti sta accanto), ma al tempo stesso brillante, pieno di successi personali (almeno più di quelli di chi ti sta accanto). E poi droga, risse, rock, inseguimenti, scene talmente surreali da non poter essere che vere. Si ritroveranno faccia a faccia, i quattro canguri, con il loro passato, quello condiviso e quello personale. Merito o colpa proprio d quello stesso gioco di specchi che li ha allontanati l’uno dall’altro e sovraccaricati di frustrazione. Quindi si affronteranno, i canguri, tra loro e dentro di loro. E, finalmente, si accetteranno. Certo, per riuscirci servirà ritrovarsi in Australia (o meglio, Ausiralia: desolato paesino sperduto nell’entroterra italiano le cui insegne sotto vittime dell’umorismo scaccia-noia dei ragazzini del posto), ma in fondo sempre di canguri stiamo parlando. Servirà una notte lunga una vita, servirà cogliere un segno nel cielo ad un passo dall’ultimo salto, servirà la donna giusta al momento sbagliato, servirà improvvisare un concerto e passare una notte in cella. Ma tutto questo, alla fine permetterà un ritorno, lì dove nemmeno era stata prevista un’andata. E finalmente i canguri troveranno il coraggio per fare una promessa.
giovedì 20 maggio 2010
Il libro del giorno: Innocente di Scott Turow (Mondadori)
Dizionario di fate, gnomi, folletti e altri esseri fatati, di Katharine Briggs (Avagliano). Intervento di Nunzio Festa
Lo scrittore Riccardo Reim è sicurissimo nell’asserire come “la tradizione contadina afferma che si tratta di angeli caduti: non tanto cattivi per essere dannati, ma neppure abbastanza buoni per essere salvati… Del resto, la loro natura bizzarra sembrerebbe deporre a favore di tale ipotesi: sono capricciosi, incoerenti, stizzosi, lunatici, dispettosi, suscettibili, ma anche disponibili, simpatici, allegri e generosi – quasi mai maligni”. Un’informazione prima dell’uso nel vero senso della parola, quella di Reim. Una coincisa quanto essenziale noticina, poche righe e pennellate, che aumentano il desiderio d’entrare nel corpo del dizionario che fu stampato per la prima volta nel lontano ‘76; e che, coraggiosamente, Avagliano decide di mandare nuovamente in libreria in anni meno a disposizione di favole e fiabe. Che fate gnomi folletti dovrebbero essere, da quanto si capirà in seguito, proprio caratterialmente come con cura e meticolosità li descrive Reim. “Firbolgs: secondo un’antica tradizione, i primi abitanti d’Irlanda furono i Firbolgs che, in seguito, furono conquistati e confinati nell’Ovest dai Tuatha de Danann. I Firbolgs divennero, così, i primi esseri fatati dell’Irlanda, creature simili a giganti (Giants) di aspetto grottesco. Essi e i Tuatha de Danann possono essere equiparati ai Titani e agli dèi olimpici dell’antica Grecia”. Oppure: “Grateful Fairese (Gratitudine degli esseri fatati): Gli esseri fatati furono sempre gentili con coloro che prediligevano, generalmente per le buone maniere (Good maners) e la discrezione che questi mostravano nei loro confronti. Le fate usavano ringraziare sia con atti di pura cortesia sia con doni che portavano fortune e prosperità.(…)”. Le definizioni raccolta dal robusto dizionario possono essere descrizioni di ‘specie’ di fate o folletti come possono essere, addirittura, le descrizioni del carattere di questi, d’atteggiamenti, d’abitudini. Il dizionario della Briggs, corposa opera che lungo lavoro costò alla studiosa e ricercatrice inglese è la perfetta rappresentazione d’un vero e proprio mondo a parte. Se il tanto osannato, seguito, giustamente studiato Tolkien fu grandioso per aver inventato mondi su mondi e gnomi su gnomi, la Briggs ha creato un libro che il frutto d’un’interminabile operazione di scavo. Viaggiando su binari paralleli, le pagine di Katharine Briggs possono essere comunque unite a quelle, sicuramente più numerose, di Tolkien. Lo studio, lavorato da due attentissimi e fini traduttori, come si sono mostrati Casorati e Iovane, è indispensabile sia per i cultori di questo genere di ‘folklore’ sia per quante e quanti vogliono avere “informazioni” utili su terre solcate da esseri simili in tanto ai nostri monacelli. Eppure tanto diversi da noi brutti, sporchi e fetenti esseri umani.
Dizionario di fate, gnomi, folletti e altri esseri fatati, di Katharine Briggs, traduzione di Cecilia Casorati e Giovanni Iovane, con una nota di Riccardo Reim, con illustrazioni, Avagliano (Roma, 2009), pag. 495, euro 36.00.
mercoledì 19 maggio 2010
Il libro del giorno: Il viaggio d'inverno di Amélie Nothomb (Voland)
L'appetito vien leggendo
PROGRAMMA DELLE SERATE:
20 maggio ore 19.30: verrà presentata la casa editrice PENSA MULTIMEDIA con l’intervento del prof. Vito D’Armento e dell’autrice Katia DE ABREU CHULATA autrice del volume “Palavras”. Introduce Stefano Donno (appuntamento rinviato per i primi di giugno);
21 maggio ore 19.30: KURUMUNY con il libro di ANTONIO ERRICO dal titolo “Le ragioni della passione”. Presenterà l’autore Vito Antonio Conte.
22 maggio ore 19.30: presentazione del libro di Anna Maria DE LUCA dal titolo “Di Vento” (LUPO editore) e Compagnia intercomunale del Nord Salento.
23 maggio ore 19.00 :Il bar degli appuntamenti mancati” Reading musicale in duo tratto dalla raccolta di racconti brevi “Senza Storie”di Luisa RUGGIO (BESA Editrice)
Ore 20.00 BHOOMANS con il libro di poesie “Più luce” di LARA CARROZZO. L’autrice sarà presentata da Rossella Bufano della rivista culturale Ripensandoci.
Titania – Brand Consulting
di Pizzi Alessandra
Via Pasquale Cecere, n. 1
73100 Lecce
tel/fax +39 0832393212
Tutte le donne di Manara. Intervento di Angela Leucci
In mostra ancora per poco le tavole originali del maestro Milo Manara, a Maglie presso il secondo piano di Candido fino al 21 maggio. Da “Viaggio a Tulum” a “Tutto ricominciò con un’estate indiana”, si tratta di un evento eccezionale, anche se magari, per passione, abbiamo seguito con meticolosità tutte le fasi e i cambiamenti di un’artista che si è rivelato senza svelare. Come in alcuni episodi de “Il gioco”, i cui capitoli finali celebrano un’evidente disillusione nella giustizia, una cupezza nel osservare la morbosità che è nell’essere umano. Una caratteristica non riscontrata nell’opera “canonica” di Manara, dove esiste un senso spiccato del ludico, in particolare in quelle storie che traggono ispirazione dai classici della letteratura, come “I viaggi di Gulliver”, divenuto dalla sua matita “Gulliveriana”, e “L’asino d’oro” di Apuleio, tradotto in immagini per certi versi di gusto felliniano, con una fedeltà quasi devota al mondo che la latinità di matrice fescemnina tramanda. Al vernissage, che si è tenuto lo scorso 25 aprile, Manara ha raccontato della sua vita e soprattutto della sua opera. “Sono tante le collaborazioni che ricordo con affetto – ha raccontato – ma in cima c’è sicuramente quella con Hugo Pratt. Mentre quella che ricordo con più gratitudine è quella con Fellini, che per me è stata un’ottima scuola. Ma se si parla di affetto, io e Pratt eravamo un po’ come due fratellastri”. L’arte di Manara presenta dei modelli femminili dalla grande personalità, molto indipendenti ed emancipati, ma senza essere seriali, se escludiamo l’esperienza con il personaggio maggiormente caratterizzato, quello di Miele. “Non ho personaggi seriali – ha commentato - perché la serialità non mi attrae, ma il personaggio fisso diviene una gabbia da cui l’autore non riesce ad uscire. Ciò che mi affascina maggiormente del mio lavoro è la possibilità di viaggiare nel tempo e nello spazio, una delle libertà più grandi che ci siano. In certi casi, il personaggio fisso può aiutare la figura del suo creatore, ma non sempre, è accaduto, com’è naturale ad esempio a Corto Maltese, Valentina o Zanardi”.
martedì 18 maggio 2010
Il libro del giorno: La dea cieca di Ann Holt (Einaudi)
“Anche a Buddha piace il blues” di Mauro Righi (Perrone Lab). Recensione di Mary Nicole
Se anche a Buddha il Blues non piacesse chissenefrega. A noi piace. Ogni nota risuona nell’esofago mentre deglutisco saliva e mi appassiono alle vicende di Claudia e Giuliano, Alberto e Simona. Vi sono tanti piccoli personaggi che fanno da sfondo, creano la cornice appropriata per un innamoramento lampo degno dell’omuncolo sognatore, Giuliano. E assistono alla delusione più sfrenata operata dalla più cinica e stronza, la finta alternativa, banchiera e carrierista Claudia.
Lo sfondo è Milano, una Milano pregna di lavoro nero, falso misticismo, nevrosi, alcool e solitudine. Una Milano che inghiotte persone come Simona venuta da Messina, che per amore di Giuliano perde il suo sorriso, ma non la sua bontà e ingenuità. Milano che ospita individui con scopi diversi, ma li accomuna tutti sotto la pallida stella del Blues, con il suo malinconico narrare la vita.
Un libro a tratti comico, a tratti divertente e dissacratore, in cui il serio si mescola al grottesco e al faceto, in cui impera il poster con il faccione del Che e la pila di cd e vinili. Tra fiumi di birra, cocktail pazzeschi e atmosfere notturne Giuliano decide di andare, di partire per altri luoghi. Il viaggio come via per ritrovare se stessi e, nel momento in cui si trova nuovamente di fronte Claudia, scappare di nuovo. Ma sarà davvero una fuga?
Sconsigliato: a chi ha smesso di bere e fumare da poco, a chi ha pensieri suicidi, a chi cerca delle risposte nella vita.
“Il cuore dei briganti” di Flavio Soriga. 3 Giorni di presentazioni nel Salento
L’Associazione Culturale “Trilli di blu” e la casa editrice Lupo editore organizzano per Salento del libro un ciclo di presentazioni de
"Il cuore dei briganti" di Flavio Soriga (Bompiani, 2010). Incontro con l’autore Flavio Soriga. Introduce Roberto Vetrugno
Cavaliere errante, brigante di passo, filosofo innamorato degli ideali di libertà che sconvolgono il “secolo dei lumi”, Aurelio Cabrè di Rosacroce è nato nobile, ma adesso corre l’Isola di Hermosa a raddrizzare i torti e punire l’arroganza dei baroni. Tra gelosie invincibili, amori traditi, traffici di contrabbando, attacchi dei pirati, intrighi di palazzo e battaglie contro l’invasore, Aurelio vive, corre, lotta, desideroso di costruirsi un destino e farsi giustiziere, sulla scorta delle attese utopiche innestate dalla Rivoluzione francese. Flavio Soriga ripropone la magia del romanzo storico e di quello picaresco, connettendosi all’immaginario avventuroso che si annida in tutti noi, e che viene da lontano, dal profondo favoleggiare della narrativa moderna, e ci consegna un piccolo gioiello narrativo, un libro tutto racchiuso in una lingua ricca e fantastica e in uno stile nervoso e scattante. Una grande avventura fuori dal tempo, un variopinto, trascinante atto d’amore alla forza inarrestabile della storia e della ragione.
Flavio Soriga è nato a Uta, in provincia di Cagliari, nel 1975. Vive a Roma.
Ha pubblicato:
Diavoli di Nuraiò (Il Maestrale , 2000, Premio Italo Calvino); Neropioggia (Garzanti, 2002 Premio Grazia Deledda Giovani); Sardinia Blues (Bompiani, 2008, Premio Mondello Città di Palermo); L´amore a Londra e in altri luoghi (Bompiani, 2009, finalista Premio Pen Club, vincitore Premio Piero Chiara); Il cuore dei briganti (Bompiani, 2010).
Le date:
venerdì 21 maggio 2010, ore 19, 30 a Maglie (LE),
Libreria “Universal Service”, via Ospedale 28
Info: 0836 428768
libreriauniversal@alice.it, annauniversal@gmail.com
sabato 22 maggio 2010, ore 20,00 ad Alessano (LE)
Libreria “Idrusa”, palazzo Legari
Info: 0833 781747
www.libreriaidrusa.it, libreriaidrusa@libero.it
domenica 23 maggio 2010, ore 20,00 a Lecce
Manifatture KNOS, via vecchia Frigole 34
Info: 0832 394873
www.manifattureknos.org, info@manifattureknos.org,
Info: Tel. 0832 931743 – info@lupoeditore.com; redazione@lupoeditore.com
domenica 16 maggio 2010
Il libro del giorno: Chronic City di Jonathan Lethem (Il Saggiatore)
Mam nonga Afrique di Federica Iezzi (Onirica edizioni)
“Mam nonga Afrique” è un infuocato viaggio nella rossastra terra africana. Teli variopinti, odori astri e pungenti, grida di bambini, case di fango e paglia, zuppe di miglio, fanno da contorno alla disperata ricerca di allontanare la malattia. Ero ancora imprigionata nella facoltà di Medicina, quando presi quell’aereo che mi condusse in Burkina Faso. Un nuovo orizzonte: terra arida, aria secca, poca acqua e poco cibo. Zanzare che come feroci bestie assetate si posavano sulla pelle, senza distinguerne il colore, e in cambio lasciavano prurito, gonfiore e rossore per giorni. L’anticamera alla malaria. I bambini piangevano e le loro lacrime bagnavano la polvere asciutta. Le donne barcollanti portavano grosse e pesanti otri d’acqua sulla testa. Ho lavorato per mesi, perdendomi nella vita africana, nei dispensari (quelli che noi conosciamo come reparti di pronto soccorso), nei centri materno-infantili, nei lebbrosari, negli ambulatori chirurgici, nelle carceri. L’Africa ti permette di avere per un attimo la sensazione di aver contribuito a salvare la vita incerta di un bambino, la famiglia sospesa di una donna, e l’attimo dopo ti permette di pensare che ogni cosa tu possa essere in grado di fare, sia vana. Racconto cosa significa per gli africani avere davanti agli occhi una “nassara”, una bianca. Racconto cosa significa veder crescere di peso i bambini malnutriti, bambini che a cinque anni pesano poco più di dieci chili. Racconto le estenuanti trattative per i permessi alle vaccinazioni. Parole delicate e dure che portano il lettore su una jeep, tra i villaggi solitari del continente africano, negli ingressi chirurgici, tra i bambini guariti dalla malaria, tra le mamme inesperte e coraggiose. (F.I.)
Il libro del giorno: Non esiste saggezza di Gianrico Carofiglio (Rizzoli)
Corpo Mistico (Lab - Giulio Perrone editore): un estratto
Wewelsburg, 24 dicembre 1933
Leopold Haushofer, ordinario di Scienze Mistiche e Religiose all’Università di Heidelberg e allievo del leggendario Franz Anton Mesmer, ha delineato nella sala dei Dodici, gli aspetti teorici propri della nostra ricerca. Secondo quanto da lui sostenuto, citando inoltre fonti abbastanza accreditate in questi ambiti, esiste una bio/energia trans-psichica, scaturente da una materia sottilissima che si sprigiona sul piano karmico individuale. E’ come se le anime di tutti gli abitanti del nostro pianeta, siano in grado, se adeguatamente canalizzate, di confluire in uno o più soggetti prescelti, dotandoli di poteri e facoltà straordinarie tra cui la criptomnesia, il Ganzfeld, la psicometria, la pirobazia, la precognizione, la xenoglossia, nonché la bilocazione e il viaggio nello spazio e nel tempo. Lo strumento, sempre secondo Haushofer, in grado di scatenare un potere del genere, è già dentro ciascuno di noi. Si tratta di una forza latente chiamata Volontà Mesmerica in grado di lavorare in maniera manipolativa non solo sulle cause e gli effetti nella realtà, ma anche su dimensioni parallele a quella che agiamo, fino ad oggi da tutti ignorate. Per attivare una risorsa interiore di tal sorta, la nostra squadra verrà istruita attraverso delle pratiche di meditazione indù e tibetana, in grado di ampliare cognizione e percezione, e in più ci verranno somministrate per via orale dei composti a base idro-salinica potenziati da un componente alchemico da poco creato nei nostri laboratori, in grado di sostenere prolungati sforzi fisici e mentali anche in condizioni di assoluta tensione sia psichica che organica. Domani intanto giungerà dall’India al nostro quartier generale, il maestro di realtà e illuminato Gopi Yogananda, il quale ha ricevuto l’incarico formale di essere nostro mentore per alcune sedute di addestramento speciale, direttamente da Her Himmler. Mio caro Karl, l’uomo è oramai giunto a un giro di boa: l’uomo nuovo sta sorgendo condannando la vecchia tipologia di specie ad un’esistenza minore. L’intera e indivisibile energia creatrice sarà concentrata nell’uomo nuovo. Presto i due tipi si separeranno. Uno diverrà sub-umano l’altro diverrà un dio in terra. Una nuova era di interpretazione magica del cosmo sta per cominciare. Dio è con noi: un solo Regno, un solo Popolo, un solo Condottiero!
Tuo
Jorg
sabato 15 maggio 2010
Il libro del giorno: Il piacere degli occhi di François Truffaut (Minimum Fax)
I prodotti qui in vendita sono reali, le nostre descrizioni sono un sogno
Cerca nel blog
My Hero Academia: Oltre l'eroismo, un'esplosione di poteri e valori
PUBBLICITA' / ADVERTISING Un mondo di supereroi, ma non come lo conosciamo In un futuro non troppo lontano, il mondo di My Hero Academ...
-
VIII Edizione de Le mani e l'ascolto a cura di Mauro Marino e Piero Rapanà Fondo Verri, via S. Maria del Paradiso 8, Lecce Show case di ...