Pubblicato per la prima volta a
Berlino nel 1921, Le straordinarie avventure di Julio Jurenito resta con ogni
probabilità il miglior romanzo di Il’ja Erenburg, giornalista, poeta,
commediografo e romanziere russo scomparso nel 1967 dopo essere rimasto
ininterrottamente alla ribalta della vita letteraria sovietica e
dell’emigrazione con la versatilità di un ingegno inquieto, brillante,
originale e quanto mai libero da visioni precostituite. Vera e propria
enciclopedia satirica, il libro ha una sua originale fisionomia di roman
philosophique, uno stampo volterriano animato da una estrosa, ininterrotta
girandola di trovate. Parigi, 1913. In un caffè su
boulevard Montparnasse il giovane Erenburg incontra l’enigmatico Julio Jurenito
con la sua pipa olandese, e di primo acchito lo identifica nientemeno che con
il Diavolo in persona… un diavolo che beve birra, per giunta, e nella cui
comica apparizione in un contesto tanto prosaico non possiamo non riconoscere
il successivo Voland di Bulgakov. Jurenito però si schernisce: “No, scherzi a
parte, io non sono il diavolo. Lei mi lusinga”. Il ritmo del racconto è quello
svelto e concitato dell’avventura che si muove attorno al gran personaggio di
Julio Jurenito, messicano geniale e poliglotta, uomo di mille esperienze, gran
provocatore la cui saggezza cela un nucleo amaro e pungente sotto il brillio di
un disinvolto scetticismo, profeta di una non-filosofia che richiamerà al suo
seguito un’assortita setta di devoti nichilisti. Tutto il mondo sarà
rappresentato nel bizzarro seguito:
- Il’ja Erenburg: “avatar” dello
stesso autore, giovane e squattrinato scrittore russo molto critico nei
confronti del suo popolo e del suo paese, si autoelegge evangelista e biografo
di Julio Jurenito, destinato a tramandare ai posteri vita e miracoli
dell’estroso Maestro.
- Mister Cool: miliardario
americano dall’eccezionale senso manageriale, portatore del verbo del dollaro e
della bibbia.
- Aiscia: dolce e ingenuo
senegalese adorato dal Maestro proprio perché non ancora contaminato dalla
società occidentale.
- Aleksej Spiridonovič Tišin:
intellettuale russo patriottico, astratto e intimista, autoreferenziale,
depresso e perennemente assorto in trastulli esistenziali.
- Ercole Bambucci: spavaldo
libertino romano, scioperato di professione, tiratore scelto di sputi, dalla
capacità tutta italica di restare a galla in ogni situazione.
- Karl Schmidt: razionalissimo
tedesco determinato a portare ordine nel caos del mondo, avvantaggiato in ogni
situazione e sempre inquadrato nei ranghi.
- Monsieur Delhaie: edonista francese,
gran viveur, innamorato della vita nella sua semplicità (medio) borghese,
attivissimo nel business delle pompe funebri.
A interagire con i protagonisti,
sempre colti nel luogo e attimo fuggente tra gli scenari della convulsa storia
mondiale di inizio secolo, le audaci comparse di personaggi reali
dell’intellighenzia: da Diego Rivera a Pablo Picasso, da Vladimir Majakovskij a
Charlie Chaplin. Nell’Europa in tumulto di questi densi decenni i nostri
attraverseranno innanzitutto la
Prima guerra mondiale, prodigandosi a mettervi rimedio con
afflato pacifista, poi la
Rivoluzione d’Ottobre del ’17, colta dapprima con ingenuo
entusiasmo, poi con grande allarme e disillusione, nell’entropia di
sovvertimenti governativi, file per i beni razionati, appartamenti
sovraffollati, dettami sulle direttive dell’arte e della scrittura del realismo
socialista, piani di produzione stakanovisti, sabati comunisti, dibattiti e
conferenze su ogni inezia. Il Maestro, un “arrabbiato” e un “apocalittico” ante
litteram, prima di scegliere di morire a 33 anni “per un paio di stivali”,
annoiato da un mondo che non accenna a cambiare le sue regole, guiderà la sua
setta di comici discepoli attraverso le contraddizioni della storia,
identificando il giogo politico con un bastone (non importa chi sia a tenerlo
in mano), e l’intera società civile con un aeroplano che non vola, in attesa di
un armonia ancora ben lontana da venire. E proprio in questo consistono i suoi
insegnamenti: nell’imparare a escogitare originali strategie di sovversione
dirette a colpire i miti tanto della vecchia società borghese quanto del “nuovo
mondo” bolscevico: religione e papato, Internazionale Socialista e
nazionalismo, capitalismo americano e democrazia francese, arte elitaria e
consumismo di massa, in una esilarante satira eretica e libertaria il cui
sarcasmo è permeato di rara umana empatia. Ed è con straordinaria preveggenza
che Erenburg poggia la sua penna agile, colta e leggera su religione,
prostituzione, marketing, matrimonio, sterminio della razza giudaica, concorsi
a premi, comunicazione giornalistica, procreazione assistita, ordigni di
distruzione di massa, dissacrando ogni ideologia e arrivando ad anticipare
l’Olocausto e Hiroshima. Se il riso nasce dal contrasto improvviso tra l’idea e
la realtà empirica, di fronte ai quotidiani inciampi della sgangherata macchina
sociale, esso si trasforma amaramente in sarcasmo sotto l’influsso dello sdegno
appassionato di chi veda continuamente offesa la sua fede in un mondo migliore
e più saggio. Questo libro appare così come la vendetta di un idealista russo,
di un poeta al cui spirito profetico il mondo presente appare irrimediabilmente
illogico e cieco. Di qui nasce la satira di Erenburg, che non risparmia
nessuno. Per capire l’uomo dietro a un’opera così unica nel suo genere invito
alla lettura della prefazione di Gian Piero Piretto, in cui si legge, tra le
altre cose: Figura costantemente a cavallo tra adesione e rifiuto, entusiasmo e
biasimo, oscillazioni non certo dettate dall’incostanza o da una superficialità
emotiva, ma piuttosto dalla capacità e volontà di non perdere mai la
fondamentale dote della distanza dall’oggetto di indagine, dello sguardo che i
formalisti russi in quegli stessi anni avrebbero teorizzato come “straniato”,
non contaminato dalle passioni, dall’abitudine, dalla convenienza. Le
avventure, davvero straordinarie, di Julio Jurenito costituiscono pertanto un
vero classico dimenticato della letteratura di tutti i tempi, di incredibile
attualità profetica e da troppi decenni scandalosamente assente sugli scaffali
delle librerie italiane. Senza leggerne dei brani è ad ogni modo difficile
entrare nello spirito di questo volume: trova una serie di estratti in
allegato. Per l’occasione pubblichiamo una nuova traduzione completamente
rivista e aggiornata da Caterina Ciccotti. Lo Jurenito di Erenburg non si
riproponeva dal 1969 (Einaudi). Sarà in libreria il 7 Novembre a 18 €.