Anch’io son curiosa di sapere
come fa ad uscire l’uovo dal frigo. Che c’entra quest’uovo? Sarà forse un
paradosso burlesco per evidenziare agli occhi del lettore quant’è machiavellica
la nostra società? Dove tutto conta e niente è indispensabile alla vita? “Dimmi
che c’entra l’uovo” è il titolo bizzarro del romanzo scritto magistralmente da
Fabio Napoli. Letto tutto in un fiato, vogliosa di giungere alla conclusione del
romanzo, sperando in un lieto fine come nei film o nelle favole, speranza vana.
In realtà, si tratta di uno specchio riflesso dell’esistenza individuale e
sociale precaria. È l’essenza della vita odierna, della ricerca disperata di un
lavoro per guadagnarsi da vivere o sopravvivere come accade a Roberto Milano,
protagonista della storia con altri giovani coetanei nella realtà romana. Una
metropoli che se da un lato può offrire opportunità, dall’altro disorienta,
spersonalizza l’individuo e lo mercifica, descrizione che riporta alla memoria
la quantomai attuale opera “La
Filosofia del denaro” di Georg Simmel. Fabio Napoli romanza
la vita odierna e lo fa con una semplicità strabiliante regalando scene di un
film come se il lettore dovesse farne parte, e purtroppo forse qualcuno dei
lettori si sentirà davvero un soggetto coinvolto. Il protagonista Roberto
Milano, precario, giovane laureato svolge tanti lavori per guadagnarsi da
vivere come comparsa in film porno, insegnante privato, pizza express, tutti
rigorosamente precari; licenziato
puntualmente, ripone l’ultima speranza in un colloquio per lavorare in un
fast-food e pagarsi almeno l’affitto. Qui incontra una ragazza Marianna,
spigliata, affabile, e si lega sia affettivamente che “professionalmente”.
Insieme infatti intendono organizzare una banda per rapine, la cosiddetta
“Banda dei precari”. A quanto pare unico modo, unica via d’uscita per avere
soldi in tempo breve e senza sacrifici. I ragazzi, tuttavia, non hanno fatto i conti con il
destino, il sacrificio infatti c’è ed è grande. È questo cambierà le sorti ai
giovani precari, vivendo nel timore di essere scoperti e presi dalla polizia.
“La banda dei precari” potrebbe anche essere il titolo del libro così come il
titolo della vita di ognuno di noi attualmente precario. L’esistenza è
precaria, gli affetti, il lavoro: tutto diventa parte di un bisogno. Lavorare
per guadagnare e soddisfare dei bisogni. Non esiste un posto fisso, appare un
miraggio, anzi un mito degli anni ’80. Ogni cosa è abitualmente precaria e come
emerge dal romanzo la possibile soluzione per guadagnarsi un “pezzo di pane”
sembra rubare o compiere azioni che non riguardano certamente un lavoro
dignitoso. Potrebbe essere una
provocazione quella dell’autore oppure no. Tuttavia spesso è realtà. Recita
l’art. 4 della Costituzione italiana: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il
diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo
diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al
progresso materiale o spirituale della società». Non è fantascienza, non è
realtà: è raccapricciante pensare che l’articolo appena citato non rispecchi la
società contemporanea dove il diritto al lavoro è una mera chimera, non un
diritto di tutti. È sufficiente ascoltare i TG o leggere i quotidiani per
capire la misera condizione della maggior parte della gente. Aumenta la
sfiducia in sé stessi e negli altri, la paura, la sofferenza o peggio la non accettazione
della precarietà in una non vita rappresentata dal suicidio. a con questo
“Dimmi che c’entra l’uovo”? Qui Napoli s’ingegna a creare un episodio al limite
del reale, è una domanda di un test attitudinale in un colloquio di lavoro al
quale Roberto prende parte per poter lavorare, se superata la prova, in un
fast-food. Insomma un pò come i test che dobbiamo affrontare oggi per qualsiasi
concorso dove un quesito logico rimmarrà irrisolto per l’intera esistenza in
quanto incompreso o incomprensibile. Inoltre, il romanzo è animato da un forte
spirito di solidarietà e di coraggio. Vuole rincuorare il lettore comunicando
che nonostante tutto occorre reagire purchè si possa giungere ad un
cambiamento, ad un miglioramento per una società equa ed uno Stato che
garantisca un lavoro dignitoso a chi ha voglia di lavorare e soprattutto a chi
merita. E la meritocrazia non sia soltanto un appannaggio usato dai potenti e
dai ricchi per illudere e ingannare i poveri.
A proposito della crisi, della precarietà: temi affrontati nel romanzo
di Fabio Napoli, cito una riflessione di Einstein su “Il mondo come lo vorrei”
(1931): «La crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi
perché è proprio la crisi a portare il progresso. La creatività nasce dall’ansia,
come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva,
le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza
essere superato (...). L’unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler
lottare per superarla». Vuole essere un augurio, una speranza.
In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei - As an Amazon Associate I earn from qualifying purchases - Als Amazon-Partner bekomme ich Geld, wenn ihr über meinen Link etwas kauft - Soy Afiliado de Amazon, así que me llevo una parte si compras algo usando mis links - アマゾンで紹介した商品を買ってもらえると、私にも少しおこずりがもらえる仕組みなんです - 아마존 애소시에이트로서 적격 구매 시 수익을 얻습니다.
Cerca nel blog
domenica 30 settembre 2012
Kurumuny Edizioni a Li Ucci Festival di Cutrofiano (Lecce) con “Io scrivo la realtà” di Cici Cafaro e “Ricci i tuoi capelli, arie e canti popolari” di Cannole. Dal 3 al 6 ottobre 2012
Da mercoledì 3 a sabato 6 ottobre a
Cutrofiano, in provincia di Lecce, va in scena la seconda edizione de Li Ucci
Festival, quattro giorni di convegni, workshop, mostre, estemporanee di
pittura, presentazioni di libri e concerti per ricordare i cantori dello
storico gruppo salentino, custode delle tradizioni popolari degli 'stornelli',
dei canti d'amore e di lavoro, spesso improvvisati al ritmo del tamburello.
Uccio Bandello e Uccio Aloisi sono stati depositari e interpreti di una
tradizione raccolta e coltivata da una nuova generazione di musicisti, cantori
e ricercatori. Nel corso degli anni, il gruppo ha coinvolto, oltre ai due
cantori di Cutrofiano, anche Uccio Melissano, Narduccio Vergaro, Uccio
Casarano, Uccio Malerba, Pippi Luceri, Giovanni Avantaggiato e Ugo Gorgoni. Il
Festival, organizzato da Sud Ethnic con la direzione artistica e organizzativa di
Antonio Melegari, con il contributo di Comune di Cutrofiano, Istituto Diego
Carpitella, Grecìa Salentina, Fondazione Notte della Taranta, Fondazione Notte
di San Rocco e con il Patrocinio di Provincia di Lecce, Regione Puglia e
Università del Salento, coinvolgerà anche quest'anno un centinaio tra studiosi,
musicologi, musicisti e musiciste, cantanti, danzatrici e si chiuderà sabato 6
ottobre con un concerto-evento per celebrare, nella sua città natale, la figura
di Uccio Aloisi, straordinario interprete della musica tradizionale salentina,
scomparso il 21 ottobre 2010. Sul palco allestito in Piazza Municipio si
alterneranno i Vecchi Cantori di Zollino, Antonio Amato, Enza Pagliara,
Antongiulo Galeandro, Antonio Castrignanò, Zimbaria, Carlo Canaglia ensemble,
Melegari & i suoi compari, Gianluca Longo, Gianni De Santis, Su’ d’est,
Menamenamò, Dario Muci, Le Sorelle Gaballo, Giancarlo Paglialunga, Kamafei,
Triace, Puccia from Apres la classe, Massimiliano Morabito, Cardisanti,
Orchestra Sparagnina, Alessia Tondo, Emanuela Gabrieli, Edo Zimba, Canzoniere
Grecanico Salentino, Annacinzia Villani, Giovanni Avantaggiato, Andrea
Stefanizzi, Paolo Pacciolla, N.Scott Robinson, Silvia Perrone, Maristella
Martella, Emanuele Licci, Mauro Durante, Stefano Calò e molti altri. Dopo aver
suonato per più di trent’anni al fianco di Uccio Bandello (scomparso nel 1998),
Uccio Aloisi ha continuato a proporre i suoi stornelli in tutta Italia e sul
palco della Notte della Taranta. Negli ultimi anni Uccio è stato un “trait
d’union tra le forme dell’espressività tradizionale e le nuove pratiche
reinventive dei patrimoni tradizionali”, come sottolinea il coordinatore
artistico della Notte della Taranta e consulente scientifico dell'Istituto
Diego Carpitella Sergio Torsello. “Uccio Aloisi era un personaggio chiave del
“paesaggio sonoro” salentino che tuttavia, negli anni dell’iperbolico revival
della pizzica, s’era reinventato un ruolo, una “identità”, rimanendo sempre
fedele a se stesso, alla sua appartenenza a un mondo culturale che ormai non
c’è più. Uccio Aloisi era così. Un maestro senza cattedra, un sontuoso “albero
di canto” cresciuto in una terra amara ma ricca di colori e di suoni. Che
grazie a lui non morirà”. Sono già aperte le iscrizioni al workshop di tamburi
a cornice tenuti nei giorni del festival dal percussionista statunitense N.
Scott Robinson (Tecnica lap style), da Andrea Stefanizzi (tamburello) e Paolo
Pacciolla (tecniche di improvvisazione in India e Tecniche di composizione per
ensemble), che coordineranno l’ensemble di tamburi a cornice “Battere nuovi
ritmi” che si esibirà il 5 ottobre in Piazza Cavallotti (per iscrizioni e
informazioni: info@liuccifestival.it - 3290399779 - 3807025709). Sabato 6
ottobre spazio anche al seminario di danze popolari in collaborazione con Tarantarte
tenuto da Maristella Martella (per info e iscrizioni 3394492300).
L'articolato programma ospiterà
inoltre il convegno Battere nuovi ritmi: il tamburello (3 ottobre), numerose
mostre (tra le quali 'Cornici dal mondo' di Francesco Paolo Manna, in collaborazione
con La Società
italiana tamburi a cornice,e l'Arte nel piatto, dedicata alla lavorazione e
decorazione della terracotta), il concerto 'Ricordando Uccio Bandello' con la
partecipazione dei Cardisanti, di Lina Bandello, figlia del cantore, di Uccio
Casarano (storico organettista del gruppo Li Ucci) e altri ospiti (3 ottobre
nel Parco Verde) e l'esibizione dei Kamafei (4 ottobre al Jack'n'Jill). Il
festival ospita inoltre Bar-Cultura con la partecipazione di Nandu Popu (4
ottobre) e del suo romanzo d'esordio 'Salento, fuoco e fumo' (Laterza) e la
presentazione dei due volumi “Ricci i tuoi capelli” (Le Donne di Cannole) e “Io
Scrivo la realtà” (Cici Cafaro) pubblicate da Kurumuny.
Kurumuny Edizioni a Li Ucci Festival di Cutrofiano (Lecce)
con Io scrivo la realtà di Cici Cafaro e Ricci i tuoi capelli, arie e
canti popolari di Cannole (show case) il
5 ottobre 2012 al Bar Caffè Saracino di
Cutrofiano - ore 18,00
Info
sabato 29 settembre 2012
Novità in libreria: “Angeli dimenticati” (Youcanprint) di Nicola Capecchi
Un terribile incidente ferroviario. La Freccia del Nord A 407
proveniente da Setterville e diretto a Blow City, precipita per cause
misteriose in un canyon. Muoiono circa 300 persone. Poco distante dal luogo
dell’incidente si trova una piccola cittadina, Busyville, dove il Tempo pare si
sia fermato chissà da quanto. Marc Rosendale, avvocato in carriera sull’orlo di
un forte esaurimento nervoso, torna dopo più di trent’anni a Busyville dalla
sua famiglia, un po’ per ritrovare se stesso, un po’ per nostalgia. Qui nulla
sembra essere cambiato, ma circolano voci, a causa di una serie di suicidi
inspiegabili, che quella città sia un posto maledetto. Solo voci? Marc intende
andare a fondo sulla questione, e quello che scoprirà andrà oltre i limiti
dell’umana comprensione…
“Marc, su consiglio del proprio psichiatra, si concede una
vacanza dal lavoro per riposarsi. Egli sceglie di tornare al suo paese natale
per rivedere i suoi genitori, che non vede da trenta lunghi anni. Busyville è
una piccola città con pochissimi abitanti, rimasta ferma a trenta anni prima,
chiusa al mondo esterno progredito, per vivere in una voluta e ostinata vecchia
cultura. Una cittadina di gente per bene e caratterizzata da una grande
tranquillità. Ma ben presto Marc si renderà conto che si tratta di una
tranquillità del tutto apparente, quando in città cominceranno a verificarsi
strani fenomeni, nei quali si troverà personalmente coinvolto. Quali misteri si
nascondono all’interno di questa apparentemente tranquilla cittadina? Cosa
troverà Marc indagando su quanto sta accadendo?
Marc troverà anche l’amore in città, un amore bellissimo,
forte e puro, un amore che andrà oltre ogni difficoltà, un amore che andrà
oltre la morte.”
“Angeli Dimenticati” (Youcanprint) di Nicola Capecchi,
Narrativa, pag. 212, ISBN: 9788866185482
Anna Belozorovitch una nuova ed interessante voce nel mondo della lettere contemporanee
Un
viaggio nella scrittura di Anna Belozorovitch
Vincitrice del Premio Internazionale
2012 - “Sulle orme di Ada Negri”
nella sezione “Narrativa Edita”
con “Banane e fragole”
Finalista del Premio Carver 2012
con “L’uomo alla finestra”
Premio Novità al concorso “Città di
Sassari” 2012
con “L’uomo alla finestra”
Premio ex-aequo al concorso “Massa,
città fiabesca di mare e di marmo”
per il ‘Libro di poesia edito’
con “L’uomo alla finestra”
Anna Belozorovitch, nata a Mosca (1983) e vissuta
tra l’Italia e il Portogallo, è una giovane autrice di origine russa che dal 2005 a oggi ha già
pubblicato diversi libri, una decina, divisi tra poesia e narrativa, a
dimostrazione di una vivida creatività e di una forte capacità di tradurre in
parole l’introspezione dei personaggi e la realtà dell’ambiente che li
circonda. Anna Belozorovitch, che vive in Italia dal 2004, ha pubblicato con
Besa Editrice, dopo il primo “Anima bambina” (2005), un libro dal titolo
“L’uomo alla finestra” (2007). In seguito ha pubblicato “Banane e fragole”
(2010), sempre per i tipi di Besa, dove in una serie di racconti descrive gli
ultimi giorni dell’URSS visti con gli occhi di una bambina. Il riscontro di
pubblico e soprattutto di critica ottenuto dalle opere di Anna Belozorovitch,
dimostra ancora una volta l’efficacia di un lavoro editoriale costruito sulla
scoperta, ma anche sulla continuità nella pubblicazione di alcune delle voci
più importanti della letteratura dell’Est Europa.
Anna Belozorovitch ha scelto da diversi anni di
scrivere in italiano le proprie storie, e comunicare così le proprie emozioni
ai lettori. Una scelta che nell’ultimo anno ha trovato la sua conferma in
diversi concorsi e altrettante manifestazioni dal respiro internazionale.
“Banane e fragole”, edito nel 2010,
ha vinto di recente il Premio Internazionale “Sulle orme
di Ada Negri”, nella sezione ‘narrativa edita’; la premiazione si terrà il 29 settembre 2012 a Lodi. “L’uomo
alla finestra”, pubblicato nel 2007 con Besa Editrice, è stato inserito tra i
dodici finalisti del Premio Carver (premiazione il 7 ottobre a Civitavecchia),
e, sempre lo stesso libro, è stato segnalato presso il concorso “Città di
Sassari”, nell’ambito dell’evento “Ottobre in Poesia”. Anna Belozorovitch, in
questa occasione, riceverà il “Premio Novità” (l’appuntamento è a Sassari il 19
ottobre 2012). Sempre “L’uomo alla finestra” ha vinto ex-aequo il primo premio
al concorso “Massa, città fiabesca di mare e di marmo”, nella sezione “Libro di
poesia edito.” Una delle caratteristiche più interessanti di questo ‘romanzo in
versi’, come notato da Raffaele Taddeo (su “El-Ghibli”), consiste nel calare la
contemporaneità della vicenda, e quindi del romanzo, in una forma che è propria
della poesia. Questo percorso incessante, che alterna la conferma di un proprio
stile alla continua ricerca di nuove forme di espressione, può essere riassunto
in una sua poesia, intitolata non a caso “Il mio viaggio” (in ‘Cinque Passi’,
Greta Edizioni), nella quale è scritto “Il mio viaggio è senza mappa/senza
percorso stabilito, tappa intermedia/senza aspettativa, quindi senza
tragedia./Il punto dove sono/non esiste./Non potrei mai essere triste,/non
lascio nulla./Io voglio sempre e solo oltre./Io spero sempre ancora il dopo”.
Anna Belozorovitch è nata a
Mosca nel 1983, ha
vissuto tra il Portogallo e l’Italia, scrivendo in entrambe le lingue, vive in
Italia dal 2004. Con Besa Editrice ha pubblicato “Anima bambina” (2005),
“L’uomo alla finestra” (2007) e “Banane e fragole” (2010).
Informazioni e contatti:
http://www.besaeditrice.it
ufficiostampa.salentobooks@gmail.com
venerdì 28 settembre 2012
C'era una volta la Fiat. Tutto quello che l'azienda non vuole che sappiate di Salvatore Cannavò (Aliberti). Intervento di Nunzio Festa
Sergio Marchionne è uno dei personaggi più importanti della
televisione finanziara, un soggetto fondamentale della fiction soprattutto
economico-finanziaria italiana; una personalità, va detto per correttezza, che
fa parte però del palinsesto mondiale. Salvatore Cannavò, giornalista del Fatto
Quotidiano e con una lunga esperienza di cronista a Liberazione, ha dato alle
stampe un libro che si basa molto sulla sua esperienza professionale,
"C'era una volta la Fiat",
dove il sottotilo che striza l'occhio, come si dice, al marketing è:
"Tutto quello che l'azienda non vuole che sappiate". Un libro che
guarda nuovamente alle strategie appunto del Marchionne in seno ai resti degli
Agnelli e, fortunatamente, non appoggiato alla tipologia descrittiva del
'manager col poolover' - a differenza di molti suoi colleghi innanzitutto.
L'agile e necessario testo, in tutto lo svolgimento del primo capitolo "La
vittima Marchionne", infatti, illustra come prima cosa gli scenari
immaginati dall'ad 'svizzero'. Che significa, in pratica, Fiat oggi sui mercati
mondiali: specie in Cina, Usa, Brasile. Indugiando sul dato, in primis, che la Fiat guidata da Sergio
Marchionne sul mercato cinese vale davvero poco, mentre vorrebbe, cosa
d'altronde sempre più visibile, spostarsi di braccia e cervello nella terra che
il presidente Obama le ha fatto ben annusare. Le righe di Cannavò sono stampate
dopo il saggio inchiesta di Fabio Sebastiani, penna da "cronista
sindacale" anche questa venuta dal giornale che fu di Curzi e Sansonetti,
"Officina Italia. La Fiat
secondo Sergio Marchionne" (Altrimedia Edizioni, 2011); seguono "Ci
volevano con la terza media. Storia dell'operaio che ha sconfitto
Marchionne", (Editori Internazionali Riuniti, 2011) dell'operaio lucano
Giovanni Barozzino, uno dei tre lincenziati di Melfi; succedono a
"Vestivano alla marinara. Storia della Fiat dalle origini a
Marchionne", (Editori Internazionali Riuniti, 2012), di Antonio Sciotto.
Quindi ad allargare il quadro della situazione e quasi fare attualità. Se su
questo tema, è possibile. Mentre gli stabilimenti italici, persino la Sata di Melfi in Basilicata,
tremano. Quando gli operai rotti e battuti nella lotta di classe vinta dai
padroni, oltre a subire altri continui licenziamenti e abituale soppressione di
diritti, devono sapere che la piemontese Fiat non per molto terrà - a far da
made in Italy - piene le palazzine dirigenziali dell'ex fortezza sabauda
(quest'estate non a caso per due volte gli impiegati di Torino hanno provato le
virtù della cassa integrazione). E "la forza lavoro" deve
scongiurare, ancora, riduzioni del personale e prossime dismissioni. Ché il
"nuovo" meccanismo di distruzione delle forze residue di lavoratrici
e lavoratori inaugurato a Pomigliano d'Arco non è sufficiente. Non è bastato a
Marchionne, insomma, togliere di mezzo l'incombenza Fiom. Nulla si può dar per
sott'inteso e per assicurato, pare ricordarci Cannavò, ma le prospettive sono
nere. L'autore quasi prova poi a chiedere: a questo punto si dovrebbe chiedere
il governo chiami un'azienda estera a tutelare la produzione italiana, se
l'azienda italiana per antonomasia va a tutelarsi fuori dall'ex Belpaese?
Quando il microfono per il racconto, invece, è dato agli opera sentiamo le vite
dai luoghi della lotta e del dolore, dal sacrificio. Il film che supera di
qualità la finzione e la finzione di qualità di cui in principio della lettura.
"Vent'anni di giornate uguali e faticose" a Mirafiori, per esempio.
Dove s'inizia a parlare sulla linea al termine del vero risveglio dalla
levataccia, a ore di distanza dalla sveglia. Nella chiusura di Termini Imerese.
Tantissime storie. Passando dalla battaglie dei tre di Basilicata sputati fuori
dalla Sata (pure se non è letto il rapporto di sudditanza tra Regione e Fiat).
Lavoratori che si "rompono" come i compagni che devono sopportare
sempre gli stessi movimenti e posizioni scomode. Altro che la bellezza dei
robot lanciata dai tg. Il massacro, d'altronde, ha un nome: Wcm. Un sistema che
toglie, per dire, il "camminare". Perché si deve risparmiare tempo.
Senza risparmiare chi lavora.
giovedì 27 settembre 2012
Speed Book: "Amore: storie e vicende di uomini e donne"
Il Presidio del
Libro di Nardò e Spiagge d’Autore
in collaborazione
con il Comune di Nardò,
con la
partecipazione della Compagnia Teatrale “Terrammare”
in occasione della "Festa dei
lettori"
presentano
Speed Book: "Amore: storie e vicende
di uomini e donne"
SABATO 29 SETTEMBRE
CHIOSTRO DEI CARMELITANI - NARDÒ (LE)
- ORE 20.30
Conversazione con
Daniela Palmieri, La cerva, Besa editrice
Bartolomeo Smaldone, Se i tuoi occhi un giorno,
Gelsorosso
Adriana Cavallo, Una storia come tante, Gruppo
Albatros
Anna Grazia Semeraro, La figlia del diavolo, Schena
editore
Conduce Salvatore Cosentino,
magistrato
"Amore: storie e vicende
di uomini e donne", questo è il tema scelto per l'incontro di Speed
Book, che si terrà a Nardò sabato 29 Settembre alle ore 20.30, presso la
suggestiva cornice del Chiostro dei Carmelitani e che vedrà la presenza di
quattro autori, in dialogo con il magistrato Salvatore Cosentino.
Daniela Palmieri, autrice
de “La cerva” (Besa Editrice, 2010), sceglie una storia d’amore per raccontare
le vicende della famiglia di un paese, una storia di umili che vivono al
margine della storia, esistenze che lottano in un silenzio portando avanti la
‘propria’ storia, differente, esclusiva rispetto al gran corso degli eventi.
Anna Grazia Semeraro, con
il suo “La figlia del diavolo” (Schena, 2012), ci riporta indietro di oltre
cinquanta anni, al 1959, raccontandoci la storia di una donna che si macchiò di
omicidio, uccidendo il padre dei propri figli, e meritando così l’ergastolo;
una storia in cui il giudizio dell’uomo e quello degli eventi entrano in
contrasto.
Adriana Cavallo, con il
suo esordio intitolato “Una storia come tante” (Gruppo Albatros, 2011) da voce
a una donna di quarant’anni, che si trova a fare i conti con gli uomini, “l’altra
metà del cielo”, capaci di solcare mari per un primo incontro e incapaci di
portare avanti una storia, con emozioni e dedizione.
Infine Bartolomeo Smaldone,
con “Se i tuoi occhi un giorno” (Gelsorosso), ci parla di un altro tipo di
amori, quelli incompiuti, che molto spesso hanno la forza per dare un senso a
tutta la nostra esistenza.
Il magistrato Salvatore
Cosentino condurrà l’incontro, dialogando con i quattro autori, allo stesso
tempo offrendo agli spettatori una versione dei testi e del tema che fa da
sfondo a questo appuntamento dello Speed Book, questo evento della rassegna è
caratterizzato dalla presenza della Compagnia Teatrale “Terrammare”; gli attori
leggeranno alcuni estratti dei romanzi, selezionati appositamente dagli autori.
L'evento cade in occasione della
"Festa dei lettori" (per chi legge, per chi non legge, per
chi leggerà), manifestazione organizzata dai Presidi Del Libro per il 29
settembre, su tutto il territorio nazionale, e che impegnerà in Puglia 48
comuni, con letture animate, spettacoli teatrali, presentazioni di libri,
eventi e mostre.
Info:
http://www.besaeditrice.it
mercoledì 26 settembre 2012
LA LUCE SUGLI OCEANI – M. L. STEDMAN (Garzanti 2012). Intervento di Vittoria Coppola
Leggo pagine fatte di carta e ho, vivo
negli occhi, il viso paonazzo di una bimba che strilla per la mancanza della
sua mamma. Mi lascio andare in un
andirivieni per la stanza e percepisco sotto i piedi scalzi la sabbia di
un’isola lontana. Torno alla realtà rimpiangendo l’immaginazione. Mi avvinghio
all’inchiostro come fosse linfa vitale. Tutto questo mi porta a dire che il
romanzo dell’australiana esordiente M. L. Stedman è l’opera di una donna dotata
di sensibilità estrema. La Luce sugli oceani (Garzanti 2012) è una
storia degli anni venti, di tutto ciò che ne consegue e del carico storico che
si porta con sé. Tuttavia, parla
d’amore: un sentimento provato e nutrito nel profondo dell’anima. Un amore tra uomo e donna, madre e figlia. Un
palpito ingannato dal senso di colpa. Ma è anche la storia di un sentimento
privato – nel senso che non viene, deliberatamente, concesso – ad una madre
naturale senza colpa. Rimando di giorno in giorno il mio appuntamento con
l’ultima pagina di questo libro, che inevitabilmente ne segnerà la fine, perché
ho ancora necessità di nutrirmi di quell’amore. Voglio riuscire a consolare quella bambina
innocente, desidero parlare a quella madre. Pretendo da me stessa di salvare quel padre.
Voglio carezzare il viso smunto di quella giovane donna che ha perso tanto,
troppo, per essere ritenuta colpevole. La
luce sugli oceani è uno dei più bei romanzi che io abbia mai avuto il
piacere di leggere. Semplicemente magnifico. Quell’isola potrà anche essere
immaginaria (“non poi tanto”, come ha affermato la stessa autrice), ma le
emozioni superano di gran lunga i luoghi: esse sì, sono autentiche. E qualcuno
provi a sollevare il benché minimo dubbio.
Il 28 settembre 2012 esce per Chiarelettere L'Illusionista
Il 28 settembre 2012 esce per Chiarelettere
L'Illusionista a cura di Pino Corrias, Renato Pezzini e Marco Travaglio.
Il regno di Umberto Bossi politico – già barista, fattorino,
installatore di antenne, impiegato all’Aci, supplente, inferm
iere,
finto medico, cantante – è durato un ventennio. Come quello di
Mussolini, come quello di Berlusconi. Ora che la marcia trionfale che lo
ha portato dalla provincia lombarda alla conquista di Roma si è
esaurita e un’intera stagione politica si sta chiudendo, è tempo di
raccontarne la storia.
Pino Corrias è giornalista e scrittore. Già inviato speciale del quotidiano “La Stampa”, collabora con “la Repubblica”,“il Fatto Quotidiano” e “Vanity Fair”. Dirigente Rai, è sceneggiatore e produttore di film (LA MEGLIO GIOVENTÙ, Rai1 2003). Tra i suoi ultimi libri,VICINI DA MORIRE (Mondadori 2007) e IL CONTABILE E LE MURENE (Feltrinelli 2012).
Renato Pezzini è giornalista de “Il Messaggero”. Ha fondato e dirige “Oblò”, mensile di informazione libera realizzato con i detenuti del carcere di San Vittore. Con Pino Corrias per Rai2 ha curato l’inchiesta MANI PULITE.
Marco Travaglio è vicedirettore de “il Fatto Quotidiano” e collaboratore de “l’Espresso” e della trasmissione di Santoro SERVIZIO PUBBLICO. Dopo il successo di PROMEMORIA, è in scena con lo spettacolo ANESTESIA TOTALE insieme con Isabella Ferrari. Il suo ultimo libro è BERLUSMONTI (Garzanti 2012).
L’ILLUSIONISTA è il primo titolo dei PROTAGONISTI DELL’ANTIPOLITICA, una nuova serie della collana Reverse dedicata ai politici che hanno distrutto la politica e ci hanno portato alla rovina. Economica, politica e morale. Le loro vicende appartengono già alla storia, per questo vale la pena fissarle in un fermo immagine che ne faccia vedere tutti i contorni in un racconto per parole e fatti da non dimenticare. E conservare a futura memoria per ricordarci quanto l’Italia è caduta in basso.
Pino Corrias è giornalista e scrittore. Già inviato speciale del quotidiano “La Stampa”, collabora con “la Repubblica”,“il Fatto Quotidiano” e “Vanity Fair”. Dirigente Rai, è sceneggiatore e produttore di film (LA MEGLIO GIOVENTÙ, Rai1 2003). Tra i suoi ultimi libri,VICINI DA MORIRE (Mondadori 2007) e IL CONTABILE E LE MURENE (Feltrinelli 2012).
Renato Pezzini è giornalista de “Il Messaggero”. Ha fondato e dirige “Oblò”, mensile di informazione libera realizzato con i detenuti del carcere di San Vittore. Con Pino Corrias per Rai2 ha curato l’inchiesta MANI PULITE.
Marco Travaglio è vicedirettore de “il Fatto Quotidiano” e collaboratore de “l’Espresso” e della trasmissione di Santoro SERVIZIO PUBBLICO. Dopo il successo di PROMEMORIA, è in scena con lo spettacolo ANESTESIA TOTALE insieme con Isabella Ferrari. Il suo ultimo libro è BERLUSMONTI (Garzanti 2012).
L’ILLUSIONISTA è il primo titolo dei PROTAGONISTI DELL’ANTIPOLITICA, una nuova serie della collana Reverse dedicata ai politici che hanno distrutto la politica e ci hanno portato alla rovina. Economica, politica e morale. Le loro vicende appartengono già alla storia, per questo vale la pena fissarle in un fermo immagine che ne faccia vedere tutti i contorni in un racconto per parole e fatti da non dimenticare. E conservare a futura memoria per ricordarci quanto l’Italia è caduta in basso.
martedì 25 settembre 2012
Resident Evil: Retribution ... al cinema!
In Resident Evil: Retribution il T-virus mortale della società farmaceutica Umbrella Corporation continua a devastare la Terra, trasformando la popolazione mondiale in legioni di zombie affamati di carne umana. Alice (Milla Jovovich), l'unica e ultima speranza per la razza umana, si risveglia all'interno della struttura segreta della Umbrella e svolgendo indagini approfondite, scopre alcuni segreti del suo misterioso passato. Senza un rifugio sicuro, Alice continua a cercare i responsabili dell'epidemia; un inseguimento che la condurrà da Tokyo a New York, Washington D.C. e Mosca, un viaggio che culminerà con una sconcertante rivelazione che la costringerà a rimettere in discussione tutte le sue certezze. Con l'aiuto di nuovi alleati e vecchi amici, Alice dovrà combattere per sopravvivere abbastanza a lungo da sfuggire ad un mondo sull'orlo dell'oblio.
“L’inferno del romanzo. Riflessioni sulla postletteratura” di Richard Millet (Transeuropa Edizioni). Intervento di Vito Antonio Conte
Ci vuole anche un libro come questo. Di uno scrittore che
non conoscevo. Che la dice tutta sulla postletteratura (su chi scrive ignorando
chi e cosa lo ha preceduto…). Dal suo punto di vista. Ovvio. Ma tutta. Dai suoi
punti visuali, anzi. Di scrittore. E di editor. Di chi predica e cerca di
praticare purezza. E di chi finisce, in un modo qualunque, per “omologare”
quella altrui. Uno scrittore francese. Del quale –probabilmente- non leggerò
altro. Ché leggerlo significherebbe rinverdire le mie (già scarse) conoscenze
della lingua francese. E, all’evidenza, approfondirle. Rimangono lì dove sono,
invece. In un angolo remoto dei miei studi liceali. E in un altro, ancor più
remoto, di qualche mese della mia prima infanzia. La Francia e la straordinaria
Prof Consenti rimangono ricordi. Adesso, non ho voglia né tempo per la lingua
francese. Dunque, non leggerò Richard Millet! Se lo facessi nelle traduzioni
italiane non potrei apprezzarlo (o disprezzarlo) per quel che per lui sembra
importare di più: la qualità della lingua! Al punto da far coincidere lo stile
con la qualità letteraria della lingua. Sembra che null’altro importi. Ma
“L’inferno del romanzo. Riflessioni sulla postletteratura”, Transeuropa Edizioni
(2011, pagine 220, € 18,90), con una bella “nota” di Carlo Carabba, non è un
romanzo e, quindi, non mi sono perso niente. A meno che nei frammenti in cui il
libro si snoda, spesso capocchiosamente, non voglia rinvenirsi un qual che del
romanzo… Qualcosa, di sicuro, ho guadagnato: un pensiero onesto e scomodo,
onestamente espresso in 555 momenti in forma di aforisma, reiteratamente
urticante, com’ogni verità! Credo, diversamente da Millet e –paradossalmente-
in sintonia con lo stesso, che la lingua (proprio come tutto il resto) non è
immune al passaggio del tempo e del tempo è espressione. Credo, anche, che la
supremazia di una lingua sulle altre non cancelli (né possa cancellare) queste
ultime. Che la diffusione planetaria dell’inglese segni la morte del romanzo è
ancor meno vero. Che possa obliare le altre lingue è una possibilità che si
deve evitare. Che l’editoria internazionale, con l’uso dell’inglese nelle
traduzioni…, “riduca” la probabilità di sopravvivenza (o, addirittura, stia
celebrando il funerale) del romanzo è opinabile. È, invece, fuori dubbio che il
francese è sempre meno utilizzato come lingua universale. La “grandeur” è
sempre più piccola. E questo, vivadio, non è morte d’uomo! C’è, com’è sempre
stato (e -forse diversamente- sempre sarà), che la letteratura è una sola e se
il romanzo ha fallito, non è finita la letteratura. C’è che si spendono troppe
parole. C’è che bisogna penetrare il mistero della parola. E re-imparare a
usarla. Senza arroccarsi nel fortino di quel che resta della parola. Senza
tentare sortite in terreni estranei. Senza inventarsi il niente. Ce n’è già
abbastanza dappertutto. Mancava, invece, una denuncia (che a tratti rasenta
l’improperio) verso la letteratura e la superfetazione editoriale attuale che
fornisse spunti di riflessione e approfondimento su: perché si scrive e si
pubblica quel che si scrive e si pubblica? E dintorni! “Scrivere: un segreto
che invoca il segreto”, è una bella risposta, ma ha già un padre (aforisma n.
555)! Ne avete altre?
lunedì 24 settembre 2012
Il Rosso e il Blu
Il nuovo film di Giuseppe Piccioni con
Margherita Buy, Riccardo Scamarcio e Roberto Herlitzka. Il Rosso e il
Blu è una commedia sul mondo della scuola, un racconto corale che unisce
sentimento e ironia. Ad intrecciarsi sono le storie di un professore di
storia dell'arte che ha perso la passione per il suo lavoro ed è
inseguito da una sua vecchia alunna, di un giovane supplente di lettere
che ce la mette tutta e cerca di "salvare" una studentessa eccentrica e
ribelle, e di una preside rigida e inappuntabile costretta a occuparsi
di uno strano alunno dimenticato dalla madre... "Nella scuola c'è un
dentro e un fuori e noi ci dobbiamo occupare solo di ciò che è dentro"
secondo la preside interpretata da Margherita Buy: ma è proprio da fuori
che sembrano arrivare per tutti le lezioni più importanti
Litanie dell’acqua di Daniela Liviello (LietoColle)
La poesia della Liviello ti rimane impressa e non puoi
dimenticarla, non ne puoi fare a meno, se sai di cosa stai parlando, se conosci tutto quel retroterra
simbolico, poetico, di cui si è nutrita e che fa parte di una memoria
collettiva lirica che appartiene non a un sud del sud del mondo generico, no…
tutt’altro! Esso è l’esplodere ritmico del veleno della ragna tarantolante e
del mare di Idrusa, è l’avvelenata di Antonio Verri che s’aggrappa tenace al sogno del “fate fogli di poesia
poeti…”, della rabbia demonicamente barocca di una Claudia Ruggeri, di un odio benevolo di un immenso Salvatore Toma
verso la creaturalità bestiale e blasfema che si annida nelle notti di luna piena sulle scogliere di Badisco,
sulle menzogne dei vicoli e delle chiese di Lecce. (dalla prefazione da me curata)
domenica 23 settembre 2012
Candidato a sorpresa
Seguici su http://www.facebook.com/candidatoasorpresa
Quando l'onorevole di lungo corso, Cam Brady (Will Ferrell) commette una enorme gaffe pubblicamente, prima di una imminente elezione, una coppia di ultra milionari trama contro di lui spalleggiando un candidato rivale per ottenere la maggioranza nel loro distretto della Carolina del Nord.
Il prescelto è l'ingenuo Marty Huggins (Zach Galifianakis), direttore del locale Ufficio del Turismo. Inizialmente, Marty sembra essere la scelta meno appropriata ma, con l'appoggio dei suoi nuovi benefattori, oltre a quello di una vecchia canaglia della politica ed alle connessioni politiche della sua famiglia, diventa ben presto un degno rivale di cui il carismatico Cam dovrà preoccuparsi.
Con l'avvicinarsi delle elezioni, i due si trovano coinvolti in un'atmosfera incandescente, con insulti che si trasformano rapidamente in ingiurie, finché il loro unico scopo sarà quello di distruggersi a vicenda, in questa commedia in cui si getta fango, si pugnala alla schiena ed altre catastrofi, dal regista di "Ti presento i miei", Jay Roach che porta l'attuale circo della politica al suo logico livello superiore. Se pensavate che l'etica nelle campagne politiche avesse già toccato il fondo, questo film vi farà ricredere, dimostrando che c'è ancora molto da scavare.
Quando l'onorevole di lungo corso, Cam Brady (Will Ferrell) commette una enorme gaffe pubblicamente, prima di una imminente elezione, una coppia di ultra milionari trama contro di lui spalleggiando un candidato rivale per ottenere la maggioranza nel loro distretto della Carolina del Nord.
Il prescelto è l'ingenuo Marty Huggins (Zach Galifianakis), direttore del locale Ufficio del Turismo. Inizialmente, Marty sembra essere la scelta meno appropriata ma, con l'appoggio dei suoi nuovi benefattori, oltre a quello di una vecchia canaglia della politica ed alle connessioni politiche della sua famiglia, diventa ben presto un degno rivale di cui il carismatico Cam dovrà preoccuparsi.
Con l'avvicinarsi delle elezioni, i due si trovano coinvolti in un'atmosfera incandescente, con insulti che si trasformano rapidamente in ingiurie, finché il loro unico scopo sarà quello di distruggersi a vicenda, in questa commedia in cui si getta fango, si pugnala alla schiena ed altre catastrofi, dal regista di "Ti presento i miei", Jay Roach che porta l'attuale circo della politica al suo logico livello superiore. Se pensavate che l'etica nelle campagne politiche avesse già toccato il fondo, questo film vi farà ricredere, dimostrando che c'è ancora molto da scavare.
La bambina che imparò a non parlare di Yasmine Ghata. Tradotto per Del Vecchio Editore da Angelo Molica Franco
Scrivere
un libro sul silenzio è osare. Una figlia senza nome perde il padre
all’età di sei anni e comincia a vivere nei mondi che la madre,
eccentrica scrittrice, costruisce per lei con le parole. La madre
esorcizza il lutto allontanando la realtà dalle parole, la figlia lo
dimentica. Di giorno non si cercano: una è alla macchina da scrivere,
con la sua tazza di caffè turco, l’altra, a letto fino a tardi, occupa
le sue giornate immaginando la vita. La notte si ritrovano, dormono
nello stesso letto, abbracciate, con le gambe intrecciate. Trovando un
giorno la pipa del padre, il suo tabacco, i suoi dischi, i suoi
documenti, le sue lettere, la bambina si identifica con lui e comincia a
guardare la madre in modo diverso. Yasmine Ghata regala ai lettori un
moderno e luminoso roman à clef che intreccia il vero e
l’immaginario con consapevolezza e coraggio. È un’opera sul silenzio
nudo ed eloquente, sull’amore mai espresso a parole, sulla bellezza
sublime, timida e muta dei gesti e degli odori.
venerdì 21 settembre 2012
BARONE DI S. GIUSEPPE DELL’OLMO
“La terra fu acquistata nel 2001 dall’ attuale proprietario
che dopo la laurea in giurisprudenza con la tesi in diritto commerciale sulla
nuova figura dell’imprenditore agricolo,trasferendosi da Roma in Offida, ha
voluto realizzare il suo sogno trasformandolo in realtà.Dopo il primo anno
dedicato al cambiamento della potatura delle viti nel 2002 si passò alla
realizzazione della cantina,realizzazione che è stata possibile grazie al
consulto di esperti che hanno saputo indirizzare il proprietario sulle migliori
ed innovative tecniche di lavorazione e vinificazione.
La vendemmia - Dopo un diradamento che varia a seconda delle
specifiche annate e che si effettua al momento dell’invaiatura e dopo il
controllo tecnico sulle uve attraverso le curve di maturazione ,si giunge
finalmente alla vendemmia che si svolge tra l’ultima decade di settembre e la
prima di ottobre,tempo di vendemmia che è comunque soggetto alle varianti
climatiche di ogni specifico anno. La vendemmia è rigorosamente svolta a
cassetta,al fine di non disperdere il mosto e far si che l’acirno arrivi intatto
sopra i nostri tavoli di cernita per poi compiere tutto il circuito che lo
trasformerà in mosto…”
Arriva in Italia la nuova letteratura Macedone
Besa Editrice porta in Italia,
con tre appuntamenti imperdibili, dal 24 al 26 settembre 2012, la nuova
letteratura macedone. Tre tappe, a Roma, Bari e Lecce, vedranno come
protagoniste assolute le nuove voci di una geografia letteraria vitale e
ancora, per certi versi, tutta da scoprire.
Il volume edito da Besa Editrice
dal titolo “Macedonia: la letteratura del sogno” a cura di Anastasija
Giurcinova vuole presentare al lettore italiano la nuova letteratura macedone,
precisamente quella degli ultimi vent’anni, tramite una scelta delle pagine più
interessanti della narrativa e della poesia contemporanea prodotte da autori
macedoni, alcuni dei quali si sono già imposti per la loro bravura.
Si è cercato in queste pagine di
presentare diverse “generazioni”, “tendenze” e “poetiche”, che fanno parte del
variopinto mosaico della letteratura che si sta producendo oggi nell’ambiente
macedone. Viene così presentato uno spaccato degli ultimi venti anni della
letteratura macedone contemporanea, così nuova e “giovane” all’occhio
occidentale, ma contemporaneamente anche “antica” ed erede di note tradizioni
culturali (prevalentemente di provenienza paleoslava).
I testi letterari presentati in
questo volume, nella loro pluralità di stili e linguaggi diversi, affrontano e
riflettono alcune tra le più importanti questioni etniche, nazionali,
artistiche e culturali che fanno parte dell’identità macedone di oggi.
Gli appuntamenti, organizzati da
Besa Editrice con la collaborazione e il
patrocinio della Società Dante Alighieri
a Roma (in collaborazione con il Comitato Dante Alighieri di Skopje),
l’Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia, l'Università di Skopje –
Dipartimento di Italianistica e il
Ministero della Cultura Macedone.
Ecco, nel dettaglio, i
partecipanti
24/09/2012 - Roma
Macedonia.
La letteratura del sogno. AA.VV. - Besa/Controluce
Roma
- Galleria del Primaticcio - Palazzo Firenze - Piazza Firenze, 27 - ore. 18.00
Interventi: Alessandro Masi,
segretario generale della Società Dante Alighieri,
Aleksandar Prokopiev,
scrittore, vincitore del premio BALKANICA 2012
Anastasija Gjurcinova,
presidente del Comitato Dante Alighieri di Skopje e Livio Muci
25/09/2012 - Bari
Macedonia.
La letteratura del sogno. AA.VV. - Besa/Controluce
Bari
- La Feltrinelli,
via Melo 119 - Ore 17.30
Interventi: Silvia Godelli,
Ass. al Mediterraneo Reg. Puglia
Anastasija Gjurcinova, dirett.
Dip.to di italianistica Università di Skopje
Irina Krotkova, Direttore
Relazioni Internazionali del Ministero della Cultura della Macedonia e Livio
Muci
26/09/2012 - Lecce
Macedonia.
La letteratura del sogno. AA.VV. - Besa/Controluce
Lecce
- Cantieri Teatrali Koreja, Via G. Dorso 70 - Ore 18.00
Interventi: Anastasija
Gjurcinova, dirett. Dip.to di italianistica Università di Skopje
Irina Krotkova, responsabile
relazioni internazionali del Ministero della Cultura della Macedonia, e lo
scrittore Aleksandar Prokopiev, vincitore del premio BALKANICA 2012.
Dialogheranno con l'autore Anna Amendolagine, direttrice Istituto
Italiano di Cultura a Sofia e Salvatore Cosentino magistrato.
Info
Recensione di Alessandra Peluso su “C’è da giurare che siamo veri ... “ di VINCENZO CALÒ (Albatros)
Meditando i versi di Vincenzo Calò “C’è da
giurare che siamo veri ...”, ho percepito immediatamente un’atmosfera di
illusioni, delusioni, sofferenze, precarietà dell’esistenza con una voglia di
liberarsi e liberare gli altri da queste condizioni destabilizzanti. Già il
titolo e i versi decantati nella copertina del libro comportano una sosta dando
adito a riflessioni di non poco conto: «Pensare è un dolore / a cui non posso
credere. / Segno la mia persona / rivolta ai processi dove / non v’è legge che
ti soccorra / ma riserve assolutamente incontestabili». È un’animo inquieto e non certo poeta
dell’equilibrio e del giusto mezzo, al quale forse non interessa giungere, ma
ciò che è assolutamente incontestabile è il poeta, l’artista della verità. Mira
a raggungere la verità, ossia l’amore per ciò che un uomo è e non vorrebbe
diventare assumendo maschere e recitando parti di un attore solo per apparire,
“per farsi manipolare in finti corsi di recupero”. I versi di Vincenzo Calò
quantomai realistici invitano a riflettere anche sul tema del dolore al quale
ognuno vorrebbe sottrarsi, ma che puntualmente arriva e se “tu” non sei
consapevole e capace di affrontarlo, ti devasta. Il dolore, tuttavia, la
sofferenza aiutano a migliorare la propria identità, a renderci veri, a non
lasciarci condizionare. Al contrario del titolo, ironico e pungente, “C’è da
giurare che siamo veri ...” come nell’intera silloge in cui appare una sottile
venatura di ironia e sarcasmo comprenetrante con i comportamenti menzogneri
dell’individuo contemporaneo. È complesso
essere veri oggi, nella società consumistica, dell’apparire, del potere: ognuno
di noi infatti spesso crede di essere vero, lo giura, ma finge alle volte
coscienziosamente, altre no pur di omologarsi, di sentirsi parte della
modernità. «Lo si fa infatti per stare al centro dell’attenzione se pur in modo
banale». (p. 24). Si legge: «Nasciamo per donarci al di fuori / Per calcolare
una vergogna / Dietro ai caos organizzati / con caratteristiche fisico-chimiche
intorbidite / ... ». (p. 24). “L’immagine che ci siamo creati ha assunto una
Vita propria ...” incisiva ed esaustiva la breve summa che Vincenzo Calò pone a
capo di ogni poesia come l’epilogo di un episodio della sua, della nostra
esistenza. È straordinario notare come il poeta non si ponga al di fuori di
questo assurdo meccanismo ma parla di un “noi”, nell’intera opera compare un
“tu” e un “noi”, facendo chiaramente pensare ad un animo sensibile, umile, che
non osa estromettersi da una realtà che vorrebbe non farne parte ma che
maledettamente ne è parte, esiste e non si erge per considerarsi migliore in
questo mondo fatto di apparenze e maschere. L’uso della maschera, il gioco
delle apparenze, pertanto, sono temi trattati ampiamente da filosofi moderni
quali Simmel, Niezsche, Ortega, e grandi letterati come Pirandello che nelle
sue opere narra la perdita dell’identità, la spersonalizzazione di se stesso in
ogni altro che ognuno vuol vedere. Basti pensare al grandioso “Uno, nessuno,
centomila”. Il reale che si intreccia col surreale, ciò che è si trasforma in
ciò che non è: «Nell’ingenuità dell’amore / Fatti guidare dalla scoperta di un
legame / Il consulente al tuo fianco / ... ». (p. 26) e ancora «Ti senti il più forte del mondo / E tieni
conto di nessuna stima /Tra l’igiene del tuo badante / E il grado d’onestà dei
datori di lavoro / Dando appuntamento al video-fonino / Per ringraziare di
persona / Il Sole che si leva sulla tua libera isola». (p. 27). Non si può non
citare D’Annunzio per sfuggire al perbenismo della borghesia, alla sua morale e
al consumismo, assume la maschera dell’esteta. La sua diviene così un’esistenza
costruita artificialmente per realizzare l’ideale del “vivere inimitabile”, per
essere diverso, comprendendo poi che la maschera non lo porta a nulla di buono
se non alla menzogna e quindi alla crisi del’estetismo, mettendo in evidenza la
debolezza della persona che non riesce a realizzare i propri obiettivi. Non
vuole essere maestro per nessun individuo - Vincenzo Calò - anzi forse sembra
chiedere a chi maestro lo sia a dare una soluzione per lui e per la società
perchè si riesca a vivere nella verità e non nella menzogna. «Sull’isola della
verità / Sul mio telefonino / Trovo un’occupazione a tempo vuoto / Le nostre
vite a dura prova / Tra gli eccessi di un uomo / Per risultare innovazione /
Sperando di giocare ancora / A correre con un popolo /... / Per proporsi alla
perfezione / Per farsi pubblicità / ... / Passare per solitudine / Alla
scoperta delle origini / Di un’ombra solidificata». Così prosegue nel percorso
esistenziale l’autore sostenendo che ognuno deve fare la sua parte, perchè
molti non trovano la chiave dell’umanità e proseguono a passaggi. Il nostro
sport preferito è farci male da soli. E come dargli torto? Siamo bravi a farci
male da soli. Si individuano negli altri i limiti, gli errori, pur di rialzare
le nostre fragilità, sbagliando. Da
questa amara riflessione si avvia alla conclusione - “C’è da giurare che siamo
veri ...” -provvisoria, visto che l’esistenza è provvisoria e precaria, con uno
sguardo del poeta nè ottimistico nè fiducioso: «Ufficializzato il clima
d’insicurezza, incorporiamo una vera e propria decadenza, soffrendo il rifiuto
d’aiutarci, che c’impedisce di vedere attorno». E a tal proposito tuonano i
versi: «Appesi al testo di una canzone / Come incontenibile ispirazione / Per
gli ospiti di una metafora / In forma extralarge. / Alle nitide immagini /
Applichiamo il passato sbaragliato / Firmato dal dsinteresse / Di paesi
fluidici nelle linee editoriali / Come piccoli e gracili indiani / Con la
frusta dei record / Prodotti dall’insieme / Per spiegare semplicemente la
nostra crescita / Tra le perdite di colore / ... / ». E con metafore e allegorie la vita scorre tra
maschere e menzogne!
giovedì 20 settembre 2012
GASTRONOMIA MIGLIORI
“L’azienda - Zè Migliori, testimonial della gastronomia
ascolana e delle tradizioni locali, è tornato nelle campagne del territorio a
ricercare le mitiche olive ascolane oggi difese dal marchio DOP, a procurarsi
personalmente il frutto quasi scomparso, base della famosa ricetta 'Oliva
ascolana del piceno in salamoia DOP', integrando la personale produzione del
proprio uliveto. MIGLIORI, nel corso del tempo, ha arricchito l'offerta creando
varianti nella farcitura delle olive e un ventaglio di altri prodotti tipici
del "fritto all'italiana".
Questo trionfo di sapori è apprezzato a livello
internazionale: vanto della tipicità e della raffinata gastronomia delle
Marche.”
VOLPE PASINI
“Il cuore dell’azienda, con i suoi uffici e le cantine, è
composto da una villa padronale, il cui impianto originario risale al 1596, e
da uno splendido complesso di immobili che circondano la villa stessa.
All’interno della proprietà di 20 mila metri quadrati si trovano, inoltre, il
parco secolare ed un piccolo vigneto di Ribolla Gialla che ricorda la vocazione
enologica dell’azienda. Al XVII secolo
risalgono i primi documenti testimonianti con certezza la produzione
vitivinicola sulla proprietà. L’azienda, da allora, ha sempre espresso una
vocazione prettamente agricola, che nella seconda metà del ’900 è divenuta
sempre più esclusivamente enologica. Negli anni ’70, insieme a pochi altri
“produttori pionieri”, la
Volpe Pasini ha portato l’enologia friulana in Italia e nel
mondo e, uscendo dalla logica del vino in damigiana, concentrò le proprie
energie nella ricerca qualitativa dell’eccellenza e nel vaglio di nuovi sbocchi
sui mercati internazionali (soprattutto tedesco e statunitense). Attualmente la Volpe Pasini vende il
50% dei suoi prodotti all’estero, attraverso una rete commerciale solidissima
ed ultratrentennale. Oggi l’azienda si presenta più vitale e competitiva di
prima, avendo ritrovato quelle solide basi e quella volontà innovativa che ne
hanno fatto, nel corso dei decenni, una delle più importanti del Friuli Venezia
Giulia”
Heartist "Disconnected"
Dall'EP di debutto "Nothing You Didn't Deserve", disponibile (in digitale) dal 16 ottobre 2012.
Facebook: http://www.facebook.com/heartistband
"Disconnected" free download: http://www.heartistband.com
La collera di Andrea Di Consoli (Rizzoli). Intervento di Nunzio Festa
E' sicuramente un caso che
abbiamo letto il nuovo sublime romanzo d'Andrea Di Consoli, "La
collera", nei giorni della morte del poeta post-novecentesco del
Novecento, Roberto Roversi e mentre sentivamo ancora la presenza del Damìn del
Volponi del "Lanciatore di giavellotto" (non ci crederete, comunque
solamente dopo aver scritto queste righe abbiam incrociato la notarella di
Paris) e quando un'altra idea di Mezzogiorno è proposta e riproposta, per
esempio, dal paesologo Arminio. Però tutto questo, sicuramente, in qualche
maniera ha a che fare con il libro di Di Consoli. Fra fenomenologia
dell'emigrazione, prima del concetto stesso di 'migrazioni', proprio quindi
niente a che vedere col De Luca, racconto dell'allontanamento dalle origini e
illustrazione crudele del cordone ombellicale attaccato da ovunque e sempre
alle origini, Pasquale Benassìa è l'estraniato. Un personaggio che divora chi
legge, certo, ma di facile analisi. Perché, innanzitutto, per quanto il
protagonista della Collera abbia la maschera del forza originale che vien dal
Sud senza voler quelle compromissioni della maggioranza silenziosa e
"catarrosa" del Meridione, lo stereotipo voluto dal poeta nato a
Zurigo e di discendenza della Rotonda di Lucania è rintracciabile viaggiando
nei tempi e nei modi di Calabria, Basilicata, Puglia. Ché il narratore fa del
suo manichino una figura da teatro della realtà. Ne conosciamo, dunque, di
fascisti sui generis. Posizionati e rintanati nei paesi. Tipo dopo aver subito
una sonora sconfitta: vedi, appunto, il dramma del rancoroso Benassià. Insomma
Pasquale Benassìa dice d'odiare infinitamente la sua terra, le Calabrie e il
Paese dei Mori. Tutto il Sud di "mendicanti, miserabili e
vigliacchi". D'asserviti al potere di turno. Quando i comunisti e i
sindacalisti son vissuti alla stregua del male peggiore che possa esistere e il
potere del Mancini della Calabrie e d'altri socialisti in forma di potere che
compre e corrompe. La famiglia di Pasquale è una famiglia di pastori. Pasquale,
invece, rifiuta il contatto diretto con la terra e insieme ai suoi pacchetti di
sigarette prova a varcare la soglia della Fiat di Valletta e Agnelli. Eppure
son gli anni Settanta. Eppur la politicizzazione, specie di sinistra, della
fabbrica è forte. Eppure l'operaio Benassìa non pensa che a studiare, da
autodidatta puro, i pensatori che fortemente gli piacciono e a faticare senza
catapultarsi negli scioperi rossi. Tanto da entrare, per dire, nelle grazie
d'un capetto che rappresenta in faccia a Benassìa il nobile Nord dei buoni di
spirito e ultima ricaduta del lascito delle monarchie da lui tanto vantate e
sperate. Fino a quando tra l'incontro col capo-turno e una maestrina di Rivoli
si mette una giovane siciliana che fa sentire la furia del suo corpo
appassionato e appassionante. Una rovina, in pratica, per il Benassìa
integerrimo - che dall'impatto con la forza vera del sesso è messo all'angolo.
Quanto, ovviamente, dalle conseguenze, che non starem di certo qui a riportare,
della dipartita improssiva della giovine. Sta di fatto che l'estraniato, certo
inconsapevolmente, si trova costretto a fuggire. A tornare in Patria. A
riprendere i favori che stanno ad attendere, è chiaro, dove l'erba trema.
Perché lo Stato, come a lui stesso è dimostrato, non tutela e non protegge; le
autorità non sono forti. Il lirismo di Di Consoli si palesa dove le prove del
"tramonto da bestia macellata" abbracciano la rivolta sostanzialmente
interiore di Pasquale Benassìa. Quasi celato, il lirismo. E questo scarto della
società, Benessìa, non può che farsi annegare dal narratore onniscente che
possiede trama e vocazione dell'opera (per questo il poetico è più in ombra).
Quarant'anni or sono, pare dirci Andrea Di Consoli, stavamo quasi come oggi.
L'Italia e il Sud sono posti massacrati da tanti mali. Qui un Benassìa, tra
macchinette mangiasoldi e solitudine che il fascista fiero invoca quale valore
aggiunto, deve per forza soccombere. L'autore, furioso polemista, nel suo
personaggio carica tutta la rabbia e la disperazione che è possibile sentire.
Per questo Pasquale Benassìa ci sbrana. Mettendo in ridicolo, tra l'altro,
persino le figure più importanti che galleggiano nell'ambientazione del romanzo.
Il confronto con la potenza del protagonista, su tutto, manco è retto dal dott.
Anile o dai vari padroni socialisti di sottofondo. Lo scrittore, ancora una
volta diversamente dall'indimenticabile romanzo d'esordio, "Il padre degli
animali", si fa dare il destino dal suo Meridione.
mercoledì 19 settembre 2012
VALLE REALE
“La
Famiglia Pizzolo - C'era una volta una terra, e un uomo
appassionato della coltivazione del tabacco... Nel primo dopoguerra Giovanni
Alberto Pizzolo decide di investire i risparmi accumulati in diversi anni di
attività di fattore per acquistare ì primi terreni. La famiglia è molto
numerosa e abita in un piccolo paese ai confine fra la provincia di Verona e quella
di Vicenza chiamato Zimella.
L'attività agricola inizia con la coltivazione di ortaggi
per poi concentrarsi sulla produzione di tabacco da vendere nelle aste
governative del monopolio di stato. Giovanni Alberto è coadiuvato dall'aiuto di
quattro dei suoi figli, Augusto, Giuliano, Floriano e Giorgio. L'attività
prosegue bene per molti anni fino a quando i figli si vedono costretti a
prendere la gestione completa dell'attività del padre ammalato di asma. Siamo
negli anni sessanta e la famiglia ha già più di ottanta dipendenti che lavorano
le proprietà nel frattempo allargate.
I Pizzolo decidono di dedicarsi all’allevamento del bestiame
e alle aziende agricole, abbandonando definitivamente la produzione del
tabacco. Alla fine degli anni ottanta decidono anche di iniziare l’attività di
produzione ed importazione di pesce da proporre alla ristorazione e alla grande
distribuzione. Oggi il Gruppo Pizzolo è un gruppo agroalimentare complesso con
poco meno di 400 dipendenti. Le attività spaziano dall’agricoltura alla
produzione di carne chianina venduta direttamente alla ristorazione qualificata
attraverso una rete di agenti con il marchio Corte Pizzolo.
Leonardo Pizzolo - Leonardo Pizzolo nasce a Verona il 28
maggio 1969. Laureato in Economia e Commercio matura le prime esperienze
nell’azienda di famiglia affiancando Giorgio Pizzolo nell’attività di
imbottigliamento rilevata agli inizi degli anni novanta.
Nel 1998, Giorgio e Leonardo, iniziano a coltivare un
vecchio vigneto di proprietà sito all’interno dei Parco Nazionale della Majella
dove la famiglia ha due allevamenti di trote fra i più importanti d’Europa. La
passione per l’agricoltura ereditata dal nonno li spinge a mettersi in contatto
con l’Università di Milano, nella persona del Prof. Leonardo Valenti per
iniziare uno studio del Montepulciano d’Abruzzo riscoprendo le sue antiche
origini di vitigno pedemontano in una zona ancora incontaminata. Infatti le
prime tracce dell’esistenza di questo vitigno si trovano proprio ad un passo
dall’azienda. Nasce così il progetto agronomico Valle Reale.
Luciana Biondo - Responsabile Agronomo vigneti di Popoli e
Capestrano
Luciana Biondo nasce a Verbania il 19 novembre 1967. Si
laurea in Scienze agrarie all’Università degli studi di Milano nell’anno 1993
con una tesi sulla gestione integrata del vigneto e consegue nello stesso anno
l’abilitazione alla libera professione di Dottore Agronomo.
Inizia subito una collaborazione con l’Istituto di
Coltivazioni Arboree della Facoltà di Agraria di Milano, nel team del Prof.
Leonardo Valenti, occupandosi di diverse tematiche inerenti ad una moderna
gestione dei vigneti (selezione clonale di vari vitigni italiani, confronti tra
sesti d’impianto e forme di allevamento, valutazione di differenti tecniche
colturali).
Dal 1996 al 1999, oltre alla collaborazione con
l’Università, inizia ad occuparsi di assistenza tecnica alle aziende viticole,
dapprima tramite un Consorzio di tutela in Lombardia poi nell’ambito di
un’Associazione di produttori nelle zone di produzione delle DOCG Ghemme e Gattinara.
Nel 2000 diventa responsabile agronomico dell’Azienda
Cottanera a Castiglione di Sicilia (Ct), dove matura una buona esperienza sulla
conduzione di nuovi impianti vitati e sulle problematiche inerenti alla
coltivazione dei vitigni internazionali. Dall’inizio del 2004, insieme a Giulio
e a Leonardo, lavora al progetto di un grande Montepulciano a Valle Reale.”
Iscriviti a:
Post (Atom)
I prodotti qui in vendita sono reali, le nostre descrizioni sono un sogno
I prodotti qui in vendita sono per chi cerca di più della realtà
Cerca nel blog
Apollo Creed: Il campione che ha illuminato Rocky
PUBBLICITA' / ADVERTISING Apollo Creed, l'istrionico campione del mondo dei pesi massimi interpretato da Carl Weathers nella saga ...
-
VIII Edizione de Le mani e l'ascolto a cura di Mauro Marino e Piero Rapanà Fondo Verri, via S. Maria del Paradiso 8, Lecce Show case di ...