“Le regole della D.O.C.G. - Non tutto il vino prodotto in
Chianti è Chianti Classico. Per avere diritto a una denominazione non è
sufficiente, infatti, la provenienza da un determinato territorio, ma devono
anche essere rispettate tutte le regole previste dal disciplinare di
produzione, che stabiliscono le condizioni e i requisiti necessari perchè un
vino possa fregiare della D.O.C.G. Chianti Classico.
CHIANTI CLASSICO Oltre alla zona di produzione, altro
requisito fondamentale riguarda la base ampelografica – ovvero i tipi di uva
che possono concorrere alla realizzazione di un vino – che prevede una
percentuale minima dell’80% di Sangiovese, il vitigno a bacca rossa tipico
della zona.
Insieme al Sangiovese possono essere presenti, in una
percentuale massima del 20%, altri vitigni a bacca rossa tra quelli autoctoni,
come il Canaiolo e il Colorino, e quelli “internazionali”, come il Cabernet
Sauvignon e il Merlot, raccomandati e/o autorizzati nella zona di produzione.
Tra le principali caratteristiche organolettiche indicate dal disciplinare
troviamo il colore rubino che può divenire talvolta, secondo l’origine, intenso
e profondo; l’odore con note floreali di mammole e giaggiolo unite a un tipico
carattere di frutti rossi; e il sapore armonico, asciutto, sapido, con una
buona tannicità che si affina col tempo al morbido vellutato. Altri requisiti
richiesti sono la gradazione alcolica minima di 12 gradi per il vino giovane e
di 12,5 gradi per la Riserva,
l’estratto secco netto minimo di 24 g/l e l’acidità totale minima di 4,5 g/l.
Oltre a questo, il disciplinare impone importanti fattori produttivi: ad
esempio, stabilisce che la resa dell’uva a ettaro non può superare i 75
quintali dopo 4 anni dall’impianto e che la resa dell’uva in vino non può
essere superiore al 70%, ovvero 52,5 ettolitri di vino per ettaro. Inoltre,
stabilisce che le operazioni di vinificazione, conservazione e imbottigliamento
devono avvenire esclusivamente all’interno della zona di produzione e che
l’immissione al consumo è consentita dal 1 ottobre successivo alla vendemmia.
Per la Riserva
è previsto un invecchiamento minimo obbligatorio di 24 mesi, di cui almeno 3 di
affinamento in bottiglia. Anche per quanto riguarda l’etichetta, il
disciplinare detta alcune regole che si aggiungono a quanto già stabilito dalle
specifiche norme vigenti in materia. In primo luogo, l’etichetta deve riportare
l’indicazione “Chianti Classico” con la specifica di “Denominazione di Origine
Controllata e Garantita” ed evidenziare l’annata di produzione delle uve. Il
nome del vino può identificarsi con quello dell’azienda o di un marchio, oppure
può essere un nome di fantasia o l’indicazione del vigneto di provenienza. In
ogni caso, non possono essere utilizzati i termini extra, fine, scelto,
selezionato, superiore, vecchio e simili.
Il Sangiovese: l’anima del Chianti Classico - Presente con
una percentuale che da un minimo dell’80% può giungere fino al 100%, il
Sangiovese è la vera anima del Chianti Classico. Si tratti di terreno o di
clima, il Sangiovese è un’uva molto sensibile ai fattori esterni ed è davvero
difficile individuare un altro vitigno che sappia così bene interpretare le
caratteristiche di un suolo e modificare i propri profumi a seconda del terreno
in cui nasce. Così, un bouquet floreale rimanda alle arenarie, l’aroma di
frutti di bosco al calcare e il profumo di tabacco fresco al tufo, ma sempre,
quale che sia la zona di origine, si deve ritrovare quel sentore di viola
mammola che lo stesso disciplinare di produzione individua come elemento
caratterizzante e specifico del Chianti Classico.
Il Chianti Classico giovane e la Riserva Nei primi anni
di vita, il Chianti Classico è profumato, fruttato, rotondo e presenta un
colore rubino brillante. Ma il Sangiovese è un’uva da medio-lungo
invecchiamento e, se utilizzato in percentuale molto elevata o in purezza come
è previsto per il Chianti Classico, può dare vita a prodotti di grande corpo e
notevole complessità, capaci di affrontare non pochi anni di invecchiamento.
Naturalmente, a stabilire la qualità finale del prodotto concorrono vari
fattori: è di grande importanza l’andamento stagionale, che nelle annate
migliori garantisce una maturazione perfetta e omogenea delle uve, ma anche il
lavoro dell’uomo in vigna, sia durante le fasi colturali che in vendemmia.
Dell’intera produzione di Chianti Classico, un 20% circa viene oggi destinato
alla Riserva, vino dal colore rosso cupo tendente al granato, dal profumo di
spezie e piccoli frutti di bosco, dalla struttura importante, elegante e
vellutato. Le uve migliori vengono destinate alla Riserva fin dalla vendemmia e
le loro proprietà si arricchiscono quando conoscono i legni. Un tempo si
utilizzavano grandi botti in castagno o rovere, oggi si preferisce ricorrere a
contenitori di rovere di più modeste dimensioni, che accelerano i processi
evolutivi e permettono maggiori cessioni dei loro aromi nel prodotto. Il vino
soggiorna nel legno per un periodo più o meno lungo a seconda delle dimensioni
della botte, poi affronta l’ultimo passaggio prima di entrare sul mercato,
l’affinamento in bottiglia.
Dalla vigna alla tavola. In vigna - Le forme di allevamento tradizionali sono
rappresentate dal guyot e da una sua derivazione denominata archetto toscano.
Negli ultimi anni, soprattutto per i nuovi vigneti, si è molto diffuso in
Chianti il cordone speronato, una forma di allevamento con notevoli prospettive
di meccanizzazione in grado di produrre alta qualità. Se il sistema di
coltivazione prescelto è quello tradizionale, il terreno viene lavorato più
volte nel corso dell’anno. Attualmente, però, sta sempre più affermandosi la
pratica dell’inerbimento, soprattutto nei vigneti con notevoli pendenze, per
consentire una migliore regimazione delle acque e limitare i fenomeni di
erosione. Il risveglio vegetativo della vite, con l’apertura delle gemme da cui
nasceranno i nuovi germogli, si compie verso la metà di aprile. Nel periodo
compreso tra fine maggio e inizio giugno si assiste alla fioritura, con la
produzione di piccoli fiori bianchi profumatissimi, mentre a metà giugno
avviene l’allegagione, il momento in cui il fiore si trasforma in frutto. Con
il caldo di luglio e dei primi giorni di agosto, il piccolo chicco di uva,
inizialmente verde, si colora progressivamente nella fase della invaiatura. Da
questo momento ha inizio la maturazione, che arricchirà gli acini di tutte
quelle sostanze – zuccheri, polifenoli e aromi – necessarie alla produzione di
un grande vino e ridurrà i tenori di acidità ai livelli ottimali. Il mese di
settembre è forse il più importante e delicato per la maturazione: le
escursioni termiche tra le giornate assolate e il fresco della notte consentono
di completare un lungo processo. Ottobre, infine, è il mese della vendemmia,
che avviene in tempi differenziati a seconda della tipologia delle uve e della
loro maturazione. Nelle zone più basse la raccolta può iniziare anche a fine
settembre, mentre la maturazione delle uve è più lenta laddove l’altitudine è
più elevata. Dalla fine di novembre fino a tutto febbraio, quando la vite è
ormai in letargo, è il momento della potatura.
In cantina - Appena arrivate in cantina le uve subiscono la
pigia-diraspatura, da cui si ottiene il mosto che viene poi trasferito in varie
tipologie di vasi vinari dove ha inizio la fermentazione alcolica,
caratterizzata da una prima fase tumultuosa con sviluppo di temperature
generalmente inferiori ai 30 gradi. La durata della macerazione delle bucce
varia a seconda delle caratteristiche delle uve, ma è generalmente di circa due
settimane. Durante questo periodo, le bucce vengono spinte verso l’alto
dall’anidride carbonica prodotta dai lieviti nella fermentazione e formano una
massa compatta chiamata cappello. Al fine di ottenere il massimo dalla materia
prima vengono effettuati rimontaggi e follature (rottura del cappello) per
estrarre dalle bucce i polifenoli, che danno colore e consentono longevità al
vino, e le sostanze aromatiche, da cui dipenderà la complessità del profumo.
Segue la svinatura, ovvero la separazione delle vinacce dal vino fiore, sul quale
avviene la seconda fermentazione, denominata malolattica in quanto l’attività
dei batteri lattici trasforma l’aggressivo acido malico nel più morbido acido
lattico. Per dare progressivamente limpidezza al prodotto vengono effettuati
dei travasi, l’ultimo dei quali avviene, come vuole la tradizione, al momento
della fioritura della vite, che annuncia l’arrivo del caldo estivo. Il vino
destinato a entrare presto in commercio rimane nei serbatoi oppure sosta in
botte per qualche tempo ancora, mentre quello destinato a diventare Riserva
inizia il suo lungo periodo di maturazione in legno, a cui seguirà
l’affinamento in bottiglia.
In bottiglia - Una volta acquistato, il Chianti Classico è
un vino che deve essere conservato con grande attenzione. L’ambiente ideale è
una cantina non umida e con una temperatura costante, ma il vino può giacere in
un qualsiasi locale purché al riparo dalla luce, dai rumori e dalle fonti di
calore.
Non bisogna, infatti, dimenticare che si tratta di un
prodotto che continua a vivere una lenta evoluzione che lo porterà ad acquisire
ulteriore finezza. E’ inoltre importante conservare la bottiglia coricata, in
modo che il tappo, inumidito dal liquido, mantenga l’elasticità del sughero
necessaria a impedire ossidazioni causate da infiltrazioni d’aria. Dalla
longevità di un vino dipende anche la durata della conservazione in cantina:
maggiore è la sua struttura – come nel caso della Riserva – e più lungo potrà
essere il periodo di attesa prima di degustarlo nella sua forma migliore.
In tavola - Il Chianti Classico si accompagna egregiamente
ai sapori della cucina toscana, ma può essere abbinato con facilità a una
grande varietà di piatti. In particolare, le carni rosse cotte alla griglia si
sposano perfettamente con vini di medio corpo, dalla tannicità contenuta,
mentre le carni più elaborate richiedono vini più strutturati. Le grandi
Riserve sono ideali per accompagnare piatti di selvaggina o formaggi
stagionati. Conservato in bottiglia da mesi se non da anni, il vino necessita
di essere ossigenato prima di degustarlo, soprattutto se si tratta di una
Riserva. Per questo, la bottiglia deve essere aperta qualche ora prima di
servirla e, se questo non fosse possibile, si può ricorrere alla pratica della
decantazione: versando lentamente il vino in una caraffa si ossigena in tempi
rapidi. La temperatura ideale di servizio è di 16-18 gradi; se più elevata, si
rischia di soffocare nell’alcolicità ogni bouquet, se troppo inferiore, si
squilibra l’acidità. Non meno importante è la scelta del bicchiere giusto: per
valorizzare al massimo un vino Chianti Classico ed esaltarne il bouquet, è
necessario un calice a tulipano, con la bocca leggermente a restringersi, dal
volume più contenuto per i vini giovani e più ampio per le Riserve.”