Esiste un altro Salento, diverso da quello da cartolina. È il Salento più
autentico e vero, quello della quotidianità, fatto di storie, di gente, di
paesi arsi dal sole che vivono all’ombra delle chiese e delle masserie in
pietra leccese. Dopo aver apprezzato la forma, la curiosità richiede, necessita
che venga svelata anche la sostanza, l’anima, il cuore di questa terra. Lontane
o solo lambite dai circuiti turistici sopravvivono, infatti, tante piccole
realtà piene di fascino dove la memoria dell’antico resiste al lento scorrere
del tempo e all’incessante galoppare della modernità. Incorniciati da teorie di
ulivi che procedono senza soluzioni di continuità, i paesi del Salento
nascondono e custodiscono piccoli grandi tesori, e tocca alla curiosità del
turista o del ricercatore scoprirne la bellezza più profonda, quella che
riannoda i fili del tempo. Uno di questi è senza dubbio Cannole, piccolo paese
situato nella zona centro-orientale del Salento, noto ai più per la famosa
sagra della Municeddha (lumaca), oltre che per lo splendido parco Torcito, che
conserva una meravigliosa masseria fortificata del XVII secolo. Qualche altro,
tra i cinefili, ricorderà certamente che la sua vecchia stazione fu una delle
tappe dello splendido road movie ferroviario Italian Sud Est della Fluid Video
Crew di Davide Barletti, ma in pochi rammentano che nel 1480, questa area
accolse gli otrantini sopravvissuti al sanguinario sacco della loro città ad
opera di Gedik Ahmed Pashà e soprattutto che fino agli inizi del XIX secolo
questo paesino era uno dei decatría choría, ovvero i tredici paesi della Terra
d’Otranto che conservavano la lingua e le tradizioni greche, oggi meglio noti
come Grecìa salentina. E lo spirito musicale qui è ancora vivo, infatti questa
piccola cittadina custodisce anche un altro piccolo grande patrimonio culturale
rappresentato da Rosaria Campa, Vincenza Agrosì, Assuntina Tomasi, Gina
Luperto, Eva Serra, Rosalba De Lorenzis, e Ada Nocita, sette donne fra i
cinquanta e settanta anni, che quasi per caso si sono ritrovate a cantare
insieme e da quel momento non hanno smesso di condividere questa comune
passione. Nel corso degli ultimi anni la loro attività, fatta di piccole
esibizioni, per lo più private, ha suscitato l’interesse di diversi musicisti e
ricercatori salentini che si sono avvicendati per studiare e approfondire il
loro repertorio, ma sono state poi loro a cercare Luigi Chiriatti, spinte dal
desiderio di lasciare una traccia dei loro canti. Le donne di Cannole hanno
cominciato a cantare insieme in diverse e svariate circostanze: quando andavano
insieme sul pullman che le portava alle terme, in giro nelle scampagnate con
gli amici. Cantare per loro significa incontrarsi, cucinare, mangiare,
dialogare, spettegolare in un tempo che non è caratterizzato dal ricordo del
passato, ma che è il presente, il loro modo di esserci e di vivere oggi la loro
presenza. Il canto come categoria espressiva del bello che non serve, come in
passato, a esorcizzare la morte, la durezza della vita e il destino di una non
umanità, ma che rappresenta se stesse in relazione alla loro comunità. Canto
come gioia, socializzazione, un modo di ironizzare su altri e su se stesse,
alternativa ai luoghi comuni della televisione e della globalizzazione. Per
loro cantare è stare insieme, giocare, ricavarsi uno spazio libero dalle trame
tradizionali dei rapporti ufficiali sottomessi a regole di facciata, un luogo e
un tempo della contemporaneità che sfugge a qualsiasi tipologia della ricerca e
della documentazione classica. Per loro cantare è fare partecipi gli altri del
loro benessere psicofisico: la loro memoria non è spezzata. Il loro repertorio
è come un grande magazzino, un “granaio della memoria” senza categorie, dove i
canti hanno uguale importanza e diventano belli ed emozionanti quando decidono
di eseguirli siano essi di origine propriamente salentina o di altra
derivazione. Le donne di Cannole quando cantano ci regalano emozioni che ci
coinvolgono e ci fanno gioire del presente del loro incontro. La maggior parte
del loro repertorio è rappresentato dai canti diffusi in tutta la Penisola: canti narrativi
e romanze delle opere liriche diffuse dalle bande locali. Questo elemento
conferma, ancora una volta, come la poesia popolare e la sua musica, che
toccano corde del sentire comune, sono conosciute ovunque, appartengono a tutti
e suscitano uguali sentimenti anche se il “modo” di esecuzione assume
caratteristiche diverse e le fanno appartenere al luogo e al tempo in cui
vengono eseguiti. Al centro dell’indagine che ha dato vita a questa
pubblicazione è la voce che è corporeità, spessore, timbro, calore
comunicativo, ma che significa anche riannodare i fili della memoria, narrare,
testimoniare. Non è un dato casuale, considerata la preponderanza che la voce,
vista nel suo profilo performativo, ha assunto nell’odierna analisi
demo-etno-antropologica. E il Salento è terra di voci e di canti, benché lo si
associ più spesso al battito del tamburello e alla danza. I canti a sole voci
di questa raccolta possiedono una marcata valenza emozionale. Sono storie
conosciute o meno, nel segno delle sfaccettature dell’amore, della fatica del
lavoro, delle relazioni sociali, della quotidianità, dell’emigrazione, della
lontananza. Canto giocoso e nudo, senza orpelli e senza palchi e riflettori, un
cantare distante dai codici spettacolari. La proposta delle cantatrici di
Cannole è il segno di quanto l’analisi della pluralità sonora salentina non
possa darsi del tutto completata e riveli ancora tesori, al di là del mare,
sole, mieru (vino) e pizzica, giustamente celebrati, ma più spesso spacciati e
consumati con superficialità. Il volume è corredato da due Cd che contengono
un’antologia di brani scelti, per un totale di 42 tracce. Nel repertorio delle
donne di Cannole sono confluite arie, romanze e canti narrativi provenienti da
tutta Italia: probabilmente ciò è dovuto al fatto che in questo gruppo ci sono
donne che hanno vissuto all’estero per venticinque, trent’anni e che certamente
hanno avuto rapporti con connazionali provenienti da altre zone della nostra
penisola. Anche i canti salentini del loro repertorio provengono da zone
diverse come il Capo o le aree di Martano e altre zone del Salento. Alcune di
queste donne infatti non sono native di Cannole: una proviene da Martano,
un’altra da Poggiardo, un’altra ancora è originaria di Galatina, trasferitesi
poi a Cannole per ragioni di lavoro o piuttosto perché hanno sposato qualcuno
del posto. Probabilmente da bambine hanno ascoltato i canti del loro luogo di origine
e poi li hanno conservati come antichi ricordi di famiglia.
Il Cd “Ricci i tuoi capelli, arie e canti popolari di Cannole” è promosso
con il sostegno di PUGLIA SOUNDS - PO FESR PUGLIA 2007/2013 ASSE IV” ed è
patrocinato dalla Povinicia di Lecce, dall’Istituto Diego Carpitella e dal
Comune di Cannole.