«La stessa donna che mi recitava nel Salento le strofe dei lamenti funebri in cui sentivo ribattere ad ogni verso il nome di Caronte, mi raccontava due minuti dopo come e perché figlie e nipoti sue emigrino come operaie, nelle valli del Rodano, in Svizzera, dove imparano a difendersi aderendo ai sindacati. E le stesse ragazze che si occupano della cernita del tabacco negli stanzoni dei baroni leccesi, e che spesso fanno sciopero per ottenere aumenti di salario, cantano, per ritmare il loro monotono lavoro, strofe di cinque secoli fa»: sono parole con cui, nelle pagine conclusive di Mezzogiorno vivo (Milano, Ercoli, 1965, opera uscita due anni prima in francese, Midi vivant, Paris, PUF), Maria Brandon Albini affronta un grande tema del meridionalismo, quello della trasformazione sociale e culturale, in particolare delle classi più povere; e lo fa assumendo una posizione critica, articolata, autonoma, una volta che è riuscita a sottrarsi da un lato al fascino dei luoghi e delle persone incontrate nelle regioni del sud italiano che così tanto ama, frequenta, studia, dall’altro a qualche profezia apodittica pronunciata da grandi intellettuali della sinistra italiana, relativa alla morte di quelle pratiche ed espressioni della cultura popolare che qualcuno ancora si ostinava a studiare. Brandon Albini legge invece i segnali di grande vitalità di quelle forme, che, oltretutto, nel dopoguerra hanno permesso un formidabile rinnovamento della produzione colta, dal romanzo alla poesia al cinema, che hanno sfruttato con larghezza temi e linguaggi del mondo popolare, riprendendo, peraltro la lezione di Verga, Pirandello, D’Annunzio. Data di discrimine è il 1945, quando finisce la guerra ed esce Cristo si è fermato a Eboli; il memoriale di Levi descrive un mondo trascurato, colpevolmente dimenticato nell’epoca fascista, e lo pone sotto gli occhi miopi o disattenti dei lettori borghesi e cittadini; esso accende l’attenzione, in Europa e oltreoceano, sulla Basilicata e, per estensione, sull’Italia meridionale, povera, contadina, che si direbbe ancorata a modelli di vita arcaici, addirittura precristiani, immersa in un tempo primitivo, circolare, che non impone cambiamenti. Ebbene, è facile cogliere la deriva mistificatrice di questa concezione: il mito dell’immobilismo, ricavato a torto, afferma l’autrice, dall’opera leviana, presente in molta letteratura successiva e nel neorealismo (penso, per esempio, al commento scritto da Salvatore Quasimodo per il film La taranta di Gianfranco Mingozzi), in generale, configura un discorso fatalista, cieco di fronte alle aspre condizioni sociali ed economiche che hanno rallentato o impedito i processi di trasformazione. Sappiamo bene, infatti, che nel dopoguerra il movimento contadino in Lucania era caldissimo e molto organizzato, così come in altre regioni del Mezzogiorno; conosciamo l’efficacia e i risultati dell’occupazione delle terre, conosciamo la forza d’urto dell’organizzazione delle tabacchine, particolarmente nel Salento. Per apprezzare queste contraddizioni, il potere e l’incombere dei retaggi culturali, la loro forza sottile e pervasiva e nello stesso tempo il faticoso e duro insorgere dei cambiamenti, bisognava mettersi in viaggio, programmare incontri, intavolare dialoghi con le persone del luogo. La conoscenza prodotta in questo modo, come è ovvio, non è solo libresca, e l’approccio critico tiene conto delle situazioni e dei problemi reali, vissuti. Il Viaggio riproposto in queste pagine da Sergio Torsello rappresenta in modo esemplare un approccio del genere, tanto più leggibile in quanto la scrittura ha l’andamento leggero e il piglio quasi occasionale degli appunti, onestissima, ma non ancora costretta nel rigore analitico, frutto di una rimessa in ordine di annotazioni «prese di giorno in giorno, attorno alle quali si sono annodate le mie riflessioni» non definitive: spunti che meritano altre meditazioni, luoghi che meritano dei nuovi viaggi. All’autrice interessa particolarmente la persistenza di modelli culturali arcaici in un contesto estremamente composito, laddove vecchi linguaggi e strane credenze convivono con realizzazioni di una cultura cittadina molto raffinata, le chiese barocche ospitano varianti di culti mal sottomessi alla dottrina cattolica, le leggende incrociano le storie di santi, si canta la morte con toni, gesti e parole profani. C’era un universo sommerso che conveniva esplorare, sorprendentemente ricco, e
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sabato 31 luglio 2010
Viaggio nel Salento di Maria Brandon Albini (a cura di Sergio Torsello) di Kurumuny edizioni. Prefazione di Eugenio Imbriani
venerdì 30 luglio 2010
Il libro del giorno: Un'adorabile coppia di Virginia Rowans (Mursia)
Aspesia Blues di Andrea Fantini (Enzo Delfino editore)
Anni 90. Ovvero gli anni della Generazione X , di Sentieri e Visitors, di Twin Peaks e Beverly Hills dei primi Co.Co.Co., che la guerra l'ha fatta (Kosovo, Afghanistan, Iraq, ecc.), che ha urlato nelle piazze NO NATO, che ha capito da subito come funziona un videoregistratore e che ha pensato che Internet potesse rendere il mondo un posto più democratico. Una generazione che si è emozionata con Superman ed ET, che ha bevuto il Billy e mangiato le Big Bubble, che ha avuto sotto mano i Puffi, Voltron, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l'Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l'ascensore. La generazione che non ha avuto
giovedì 29 luglio 2010
Il libro del giorno: Beatles Anthology (Rizzoli)
Per volare … OLTRE L’ORIZZONTE: intervento di Erica Angelini su "Oltre l'orizzonte di Antonello De Sanctis (No Reply)
Antonello De Sanctis è un paroliere romano che ha scritto 40 anni di musica italiana vestendo di parole le più belle canzoni, da Padre Davvero di Mia Martini ad Anima mia dei Cugini di Campagna, da Tu mi rubi l’anima dei Collage a Laura non c’è di Nek e molte altre: ultimamente si è dedicato alla scrittura più a lungo respiro senza però perdere di vista il ritmo e le risonanze delle parole che le canzoni pretendono.
Grazie alla mia passione per la musica, conoscevo il suo nome e lo stimavo per tutto ciò che aveva saputo donare con i suoi testi e per come aveva saputo arricchire l’anima degli ascoltatori. Circa tre anni fa, leggendo la sua autobiografia “Non ho mai scritto per Celentano”, scoprii la semplicità di un uomo che si stava mettendo a nudo davanti ai lettori ed è inutile dirlo, la mia stima nei suoi confronti cresceva sempre di più.
Sapevo che l’8 maggio sarebbe uscito il suo primo romanzo “Oltre l’orizzonte” e lo attesi con curiosità ripromettendomi di leggerlo mantenendo però le mie capacità critiche come cerco sempre di fare. La sera che lo acquistai tornai a casa e iniziai a sfogliarlo incuriosita da quel formato quasi tascabile e dall’originale copertina che rappresenta una cassetta dalla quale fuoriesce un nastro aggrovigliato.
Iniziai a leggere e mi sorprese il fatto che una pagina ne tirava dietro un’altra, non riuscivo a staccarmi e lo terminai la sera stessa, avvinta dalla trama e dalle coinvolgenti tematiche che vengono toccate nel romanzo.
Matteo Di Salvo, il protagonista, è un quarantenne che da ragazzo aveva mille sogni. Voleva fare il cantante, lo scrittore, l'attore, ma poi la vita l'ha portato dove ha deciso lei. Adesso fa il direttore di un ristorante alle porte di Roma, ma non ha rinunciato alla voglia di lasciare in giro qualche traccia di sé. Decide allora di raccontare la sua vita a un registratore affidandogli i suoi ricordi e le sue memorie.
A scombinare in parte questo progetto, una sera lo va a trovare nella casa dove vive da solo Marta, sua madre, che è affetta da un grave tumore.
Intorno a lei si riunisce l’intera famiglia Di Salvo e insieme, tra delusioni e nuove speranze, cercano di affrontare quei momenti terribili. Il finale, commovente e inatteso, mi ha finalmente restituito il senso del titolo del romanzo e di quel nastro aggrovigliato che sta sulla copertina.
mercoledì 28 luglio 2010
La mummiona e altre storie di Nicoletta Santini (Prospettiva editrice)
ll libro
L'AUTRICE - Nicoletta Santini è una pittrice surrealista e dipinge con varie tecniche su diversi supporti per creare una rappresentazione evocative della relazione colore-luce.
Oggi Messi a 90 (Manni) presso Shadè a Lecce
Per ogni Maradona, centinaia di brocchi senza talento.
Cosimo Argentina è nato a Taranto nel 1963 e vive in Brianza dal 1990 dove insegna Diritto ed Economia politica. Ha esordito con il romanzo Il cadetto (Marsilio 1999) e l'ultimo, pubblicato con Manni nel 2008, è Maschio adulto solitario.
Il libro del giorno: Vincere senza combattere di Pierre Fayard (Ponte alle grazie)
Non mi uccise la morte, di Luca Moretti e Toni Bruno, con un saggio di Cristiano Armati (Castelvecchi). Intervento di Nunzio Festa
Al momento dell’arresto – contrariamente a quanto si è sostenuto – Stefano gode di ottima salute e frequenta quotidianamente un corso di pre-pugilistica. Il giorno dopo il suo arresto, processato per direttissima nel tribunale di piazzale Clodio, ha il volto segnato ma sta ancora bene. Quello è l’ultimo momento in cui i genitori di Stefano Cucchi hanno la possibilità di vedere loro figlio. Perché, una volta condotto nelle celle di sicurezza del tribunale e, da lì, nella sezione penale dell’ospedale Sandro Pertini, Stefano Cucchi emergerà dall’incubo in cui è precipitato soltanto grazie a una serie di immagini raccapriccianti: gli occhi incavati e la mascella rotta come uniche testimonianze di un trattamento crudele e disumano”. Stefano Cucchi, lo dimostrano soprattutto le fotografie che i coraggiosi genitori del ragazzo riescono a scattare dopo insistenza e file per essere autorizzati, è stato prima massacrato di botte e poi lasciato a morire. “Non mi uccise la morte”, lavoro di Luca Moretti e Toni Bruno, è formato, a parte alle foto fatte dai genitori di Stefano Cucchi, da un resoconto che è una narrazione dei fatti, d’una sequenza a fumetti che sintetizza l’amara storia, d’un saggio su altre violenze che poliziotti assassini hanno prodotto nelle carceri italiote. Il libro di Moretti e Bruno ci mette in testa una rabbia potente nei confronti delle divise di turno che si permettono il lusso di fare tutto e più di quello che sognano e vogliono in quanto sono dalla parte della forza. Oltre che essere, in vero, la ‘forza dell’ordine’. Per fortuna, in questo caso, e come per altri atrocità, una parte dell’Italia pur sempre clerico-fascista è insorta. E chiede giustizia. A provare a ragionare di: giustizia e verità. Organi di stampa, perfino, come “Il Fatto Quotidiano” o altri giornali, vedi il solito “Manifesto”, per esempio, sostengono la lotta della sorella (alla quale Stefano Cucchi sapendo di morire chiese d’affidare il suo cane) e chiaramente i genitori stessi del giovane. Fa impressione comprendere, per esempio, come i contenuti di questo libro ci spieghino che invece di dare garanzie alla famiglia – di vedere un figlio – il personale di guardia si permetteva d’assicurare bugie su bugie. Sotto sotto, poi non troppo, infine, si sono fatti atti falsi e indecisi verbali sulle condizioni di salute di Cucchi. Addirittura, appare il coraggio incivile d’alcuni che hanno affermato per iscritto che “il ragazzo si è lasciato morire”. Come se potesse accadere. Come se non fosse noto che quando un incarcerato è costretto a dire che è vittima d’una caduta dalla scale significa che è stato picchiato. Abbiamo capito, e devono pagare i colpevoli, che alcune guardie carcerarie hanno massacrato di botte Stefano Cucchi e che il resto dei complici ha terminato l’assassinio. Un altro assassinio di Stato.
Non mi uccise la morte, di Luca Moretti e Toni Bruno, con un saggio di Cristiano Armati Castelvecchi (Roma, 2010), pag. 111, euro 12.00.
lunedì 26 luglio 2010
Il Patto di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci (Chiarelettere) PREFAZIONE di Marco Travaglio. Un estratto
20 luglio 1992.
Sono passate poco più di dodici ore dall’eccidio. Due agenti della Criminalpol venuti da fuori sono in via D’Amelio. La prima cosa che cercano di capire è dove si siano appostati gli attentatori con il
telecomando che ha fatto esplodere l’autobomba. I due escludono subito i palazzi che si affacciano su quel tratto della strada: sono sventrati, se si fossero posizionati lì, i killer si sarebbero esposti a un rischio troppo alto. Lo sguardo si posa poco più in là, oltre un muro che separa la via da un grande giardino. Gli agenti mettono a fuoco un palazzo di dodici piani appena edificato. Percorrono poco più di cinquanta metri, entrano nello stabile e salgono le scale. Si imbattono nei due costruttori del palazzo, i fratelli Graziano. Si fanno portare nel loro ufficio e abbozzano una sorta di interrogatorio.
“Avete visto qualcosa?”. Poi chiedono loro i documenti per un controllo via radio: vogliono sapere se hanno precedenti. Nell’attesa, uno dei poliziotti sale fino alla terrazza, rendendosi subito conto
che da lì la visuale su via D’Amelio è perfetta. Per terra, nota un mucchio di cicche. Dalla centrale intanto comunicano che i costruttori sono schedati come mafiosi. Sono due dei sei fratelli Graziano, una progenie di imprenditori edili legati ai Madonia e ai Galatolo... Ce n’è abbastanza per portarli in
centrale e proseguire gli accertamenti, ma sopraggiunge all’improvviso una squadra di poliziotti.
“Colleghi, è tutto a posto. Ce ne occupiamo noi, adesso”, dicono ai due agenti della Criminalpol. Che se ne vanno perplessi, fanno ritorno in centrale e stilano comunque un rapporto dettagliato. L’indomani ricevono un ordine di servizio: devono rientrare al comando di origine. Il loro lavoro a Palermo è concluso. Dei fratelli costruttori qualche mese dopo la strage parlano pentiti del calibro di Gaspare Mutolo e Francesco Marino Mannoia... La testimonianza degli agenti della Criminalpol è finita oggi nella nuova inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla morte di Borsellino e della sua scorta. Per tutti questi anni i due poliziotti hanno creduto che qualcuno avesse vagliato il loro rapporto, che quella pista fosse stata battuta. Invece il rapporto è sparito dalla questura di Palermo. Le indagini hanno però appurato che nel palazzo, poche ore dopo che gli agenti della Criminalpol si erano allontanati, era arrivato un gruppo di carabinieri. Nella loro relazione risulta tutto a posto, tutto normale. E il palazzo della mafia su via D’Amelio sparisce. Come l’agenda rossa di Paolo Borsellino.
Il Patto di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci (Chiarelettere)
PREFAZIONE di Marco Travaglio
Il libro del giorno: L'uomo che smise di fumare di P.G. Wodehouse (Guanda)
Ettore Toscano, Poesie scelte 1970 - 2009 (Lupo editore)
Nasci e t'incorolli
alla tua specie:
rifulgono sicure
e miti quelle
prime liliali ore ...
Tepore alita a te
intorno, solari culle
entro cui stupefatto
ti pasci di abbandoni ...
I germogli dischiusi
il creato sostenta:
i vibranti colori,
gli inebrianti profumi,
in ardenti umori converte ...
Ma il tempo, poi, le sue ...
vizze "nature morte".
domenica 25 luglio 2010
Il libro del giorno: Caterina. Diario di un padre nella tempesta di Antonio Socci (Rizzoli)
Crolli emotivi Romanzo tragicomico per uso esterno di Sandro Montalto (Edizioni CentoAutori)
Anarchiche e dolenti, le vicende di questo libro riflettono sull’angoscia e su ciò che significa ridere, sull’idiozia comune e sulla vacuità dell’eccellenza. E mentre stritolano convenzioni e illusioni ridono e scherzano, proclamando con un fuoco di fila di battute che l’esistere è per sua natura uno scandalo.
L’Autore
Sandro Montalto vede la luce a Biella nel 1978. Tutt’ora abbagliato, svolge la professione di bibliotecario, è direttore editoriale delle Edizioni Joker e dirige le riviste «La clessidra» (rivista di cultura letteraria) e «Cortocircuito» (semestrale di cultura ludica). Redattore e consulente di molte altre riviste, critico per alcuni giornali, ha anche scritto di musica e di cinema. È fondatore e giurato di alcuni premi letterari, autore teatrale, musicista, umorista (Smemoranda, Le formiche…) e appassionato di giochi di parole. In volume ha pubblicato le raccolte poetiche Scribacchino (Joker, 2000), Pause nel silenzio (Signum, 2006) e Esequie del tempo (Manni, 2006); i saggi Compendio di eresia (Joker, 2004), Beckett e Keaton: il comico e l’angoscia di esistere (Edizioni dell’Orso, 2006; in corso di stampa negli Stati Uniti), Forme concrete della poesia contemporanea e Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea (Joker, 2008); la raccolta di aforismi L’eclissi della chimera (Joker, 2005); la commedia Monologhi di coppia (Joker, 2010; andata in scena al “Piccolo Teatro” di Milano). Ha curato molti volumi, tra i quali Umberto Eco: l’uomo che sapeva troppo (ETS, 2009) e Fallire ancora, fallire meglio. Percorsi nell’opera di Samuel Beckett (Joker, 2009).
sabato 24 luglio 2010
Il libro del giorno: Un giorno di David Nicholls (Neri Pozza)
Sinsigalli (con gronchi, carrubi e mistizzi), di Fabio Pusterla, disegni di Carmine Rezzuti (Edizioni D’If). Intervento di Nunzio Festa
Molto più che un divertissement, grazie in aggiunta alle immagini di Rezzuti, il piccolo tassello tratto dalla piccola serie di creazioni letterarie di Fabio Pusterla, autore dell’a dir poco incantevole “Corpo Stellare”, il piccino “Sinsigalli” mi permette, per una delle poche volte, oltre che di riferire in primissima persona, d’accennare a un curioso evento accaduto in premessa a questa lettura. In pratica, quando alla cortese e attenta Nietta Caridei ho chiesto copia del volume, pensavo, cosa simile a quella raccontata dallo stesso autore in sede d’introduzione dell’opera, d’entrare in possesso d’uno scritto ‘dedicato’ al poeta lucano Leonardo Sinisgalli; evidentemente, oltre ad aver letto troppo velocemente lo spezzone dal quale avevo tratto l’interessamento, avevo ripetuto l’errore, in seguito. E, per giunta, in seguito, la pur sempre attentissima Caridei non s’era accorta, oppure aveva accettato quale refuso, il mio almeno imbarazzante errore. Per dire, su tutto, come le affermazioni di Pusterla, e soprattutto la sua originale idea di fare addirittura un libro su questo, se pur piccolo piccolo in quando a dimensioni tipografiche, sia frutto di brillante intuizione. Il racconto di Pusterla, ovviamente imbevuto del fluido dei versi e assistito dalle terre della poesia, porta sconquassi lieti nell’immaginazioni. La trama, se così si può dire per una pubblicazione di questo genere, vede fermentare la nascita divertentissima, con accenni al pauroso, persino, di creature tutte sottratte alla metafora grande della vita. Che, insomma, se i Sinsigalli sono parto d’un vero e proprio refuso, allo stesso tempo sono ‘animaletti’ fantastici. E infine non possono che essere, di contro e insieme ai malvagi e tremendelli carrubi (m’auguro di non sbagliare, e potrebbe essere davvero per merito del programma di scrittura utilizzato), la rappresentazione in forma allegorica, appunto, del bene. Quando i carrubi – è ovvio – del male. Il gioco diventa sempre più bello proprio quando la lotta, per i Sinsigalli apparentemente tutta in difesa, fra i primi e i secondi. Che i persecutori sono i carrubi. Perché la lite perenne, anzi la volontà dei carrubi (ex carruggi) che non s’accentano è quella di prendersela coi buoni per eccellenza. Il mondo degli errori. Fabio Pusterla: poeta svizzero intriso d’amore per ogni essere vivente: spiega con brio e delicatezza.
venerdì 23 luglio 2010
Il libro del giorno: Uccio Bandello, La voce della tradizione a cura di Luigi Chiriatti (Kurumuny)
Autore: Luigi Chiriatti (a cura di)
Prezzo: € 15.00 Pagine: 64
Note: Libro con cd musicale contenete 19 tracce; f.to 13,5x13,5 cm
Interventi di: Tonio Bandello, Sergio Blasi, Luigi Chiriatti, Flavia Gervasi, Sergio Torsello.
TATEMIJE di Assunta Finiguerra (Mursia)
Sono convinto che un giorno chi legge, chi farà cultura, chi produrrà senso insomma, verrà guardato con disprezzo, verrà additato come un morbo che vuole distruggere la società con le sue “dotte” farneticazioni, e questo per quanto riguarda letteratura e arti figurative … figuriamoci poi chi indosserà le vesti sacre della Poesia. Altro che Salem! Ma forse sono solo semplici e puerili fantasie di un caldo mattino d’estate.
mercoledì 21 luglio 2010
Il libro del giorno: Libero chi legge d Fernanda Pivano (Mondadori)
Fare scene. Una storia di cinema di Domenico Starnone (Minimum Fax)
Lo si può affermare anche con una certa tranquillità, e soprattutto con la consapevolezza di non poter essere smentiti: Domenico Starnone, non solo è una delle migliori penne della nostra patria, ma è riuscito a regalare a noi, esiguo popolo di attenti lettori, un libro meraviglioso e splendido, che solo un amante e conoscitore del cinema, solo un occhio attento e indagatore che ha saputo assorbire il meglio della cultura e della storia del “grande schermo” poteva riuscire a realizzare. Dunque ulteriore prova narrativa, ulteriore pluriverso di storie che abbracciano un arco temporale di circa un sessantennio della nostra Italia. Prima parte del libro: conosciamo la vita di un bambino che nella Napoli del dopoguerra vive di atmosfere magiche a metà tra coscienza e stato onirico, nelle sale cinematografiche dell’epoca (fumose e non sempre igienicamente impeccabili) in grado di far sognare, magari tra un western con James Stewart o tra le volute morbide di nuances conturbanti di un’immensa Deborah Kerr.
Spazio di riflessione che Starnone si concede per parlare di umanità a vari livelli, e soprattutto per delineare profili topo/antropologici dove era possibile scambiare qualche battuta leggera, e magari stringere amicizia con il vicino di poltrona. Come “principium individuationis” nell’intera struttura della narrazione, il desiderio dei protagonisti di lasciarsi alle spalle miseria, sofferenza, incertezze e pensare al futuro, un qualsiasi futuro plausibile pur di ottenere una briciola di benessere. Seconda parte del libro: quel bambino che il lettore ha lasciato “imbambolato” nelle sale cinematografiche a vivere nella fantasia della sua solitudine innumerevoli e incredibili avventure , agli inizi del XXI secolo ha smesso di sognare e o meglio ha trasformato il suo sogno in realtà, divenendo scrittore di sceneggiature per il cinema. Ma quello di cui scrive il protagonista, non è il cinema di Fellini o di Rossellini.
continua su Il Recensore
martedì 20 luglio 2010
Il libro del giorno: La custode del drago di Carole Wilkinson (Baldini e Castoldi Dalai)
Flash Mob di Giorgio Marandola (Edizioni della Sera). Dalla prefazione di Alessandro Prunesti
Io, che mi occupo di social media per lavoro e per passione, e ho avuto la fortuna di conoscere Giorgio all’inizio dell’anno. Posso affermare con sicurezza che ha una capacità comunicativa innata e l’intelligenza aperta e social di chi sa fare marketing; due caratteristiche che non possono mancare a chi vuole occuparsi di attività di comunicazione non convenzionale.
In questo libro Giorgio ci accompagna alla scoperta dei flash mob. Ma non si tratta di un tradizionale manuale accademico; per carità, non potrebbe essere così! ne verrebbe meno lo spirito che accompagna tutta la lettura. Più che un manuale di comunicazione non convenzionale, questo libro è un vero e proprio percorso che il lettore farà insieme a Giorgio. Un cammino autorevole e veloce, che ci accompagnerà alla scoperta delle strategie e degli strumenti digitali da utilizzare per organizzare un flash mob e renderlo un evento rilevante dal punto di vista della comunicazione di marketing.
La nostra società è in rapida trasformazione; cambia l’approccio dei giovani all’uso dei media, si moltiplica la loro capacità di relazione attiva con il mondo delle aziende. Le quali, a loro volta, nutrono il desiderio di coinvolgere i loro potenziali target, ponendosi su uno stesso piano di comunicazione peer to peer che può trovare nell’associazione del brand ad un flash mod un mezzo di espressione molto efficace.
Quindi grazie, Giorgio, per aver scritto questo volume. Ne avevamo tutti un gran bisogno!
* Prefazione di Alessandro Prunesti, Docente universitario ed esperto di Enterprise 2.0
Il libro del giorno: Nata il 19 luglio. Lo sguardo dolce dell'antimafia di Rita Borsellino (Melampo)
I prodotti qui in vendita sono reali, le nostre descrizioni sono un sogno
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Watch dogs Tokyo (Vol. 1) di Seiichi Shirato
PUBBLICITA' / ADVERTISING Il “J-ctOS” sorveglia ogni angolo della metropoli registrando qualsiasi cosa. Questo sistema di controllo de...
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VIII Edizione de Le mani e l'ascolto a cura di Mauro Marino e Piero Rapanà Fondo Verri, via S. Maria del Paradiso 8, Lecce Show case di ...