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martedì 6 luglio 2010

La battuta perfetta di Carlo D'Amicis (Minimum Fax). Intervento di Elisabetta Liguori

















Si sente sempre più di frequente discutere di padri. Biologici, violenti, mancati o mammoni. Padri della patria o della letteratura. Forse per il franare di ogni certezza, l’oscurità del futuro, l’incredulità di certi storici contemporanei? Anche Carlo D’Amicis, illuminato scrittore pugliese, nel suo ultimo romanzo “La battuta perfetta” edito dalla Minimum Fax, scrive di padri e lo fa in modo assolutamente nuovo e coraggioso. Nuovo per stile, lingua a e struttura narrativa; coraggioso per temi e contesti politico sociali rigorosissimi.

Poiché non è solo di padri che si ha bisogno, ma anche di un’adeguata comprensione del cammino che ha condotto la giovane Italia fino alle logore attualità, D’Amicis decide di raccontare di padri, ma anche di televisione. Dagli albori ai giorni nostri: il progetto iniziale, lo stupore successivo, l’imbarbarimento. Una parabola che coincide con quella oggettivamente decadente della nostra nazione, fondata su un unico imperativo: piacere e piacersi. A tutti i costi.

Quando si parla di piacere si parla inevitabilmente di desiderio. E poiché s’impara ad amare e desiderare per imitazione o per contrasto, è naturale che i padri abbiano un ruolo non da poco in questo cammino. Padri e amore, quindi. Amore e televisione. Amore inteso come risata perfetta e spettacolarizzazione del sé. Televisione intesa come fonte d’apprendimento di modi d’essere e sentire.

Protagonista della vicenda è Canio Spinato, comico da strapazzo asservito all’impero televisivo del Cavaliere, figlio di un inflessibile dirigente rai ( Filo Spinato) e padre di un cupo adolescente, militante di estrema destra (Silvio II). Questi tre uomini non si somigliano e vorrebbero amarsi con la stessa forza con la quale si odiano. La denuncia sociale di D’Amicis è dunque spettacolare. Trasforma la marmellata politico sociale degli anni novanta in uno splendido personaggio letterario: il giovane Berlusconi, amico di Spinato e suo datore di lavoro, nutrito a barzellette e macismo.

Il paradigma televisivo più becero, utilitaristico, seduttivo prende le mosse dalla tivù pedagogica ed autorevole degli anni cinquanta, passando per il Drive degli anni 80, per poi spingersi fino alle schermaglie tra troni e gallinacei di Uomini e donne, in una narrazione dotata di grande lucidità letteraria. A quello si aggiunge la profonda analisi degli affetti umani più intimi, trafitti da un irrisolto conflitto generazionale, rendendo il tutto ancor più violento. Canio è certo: solo chi ride sa amare. Che: o si ride o si muore, lo ha scoperto guardando suo padre ammalarsi di serietà, uccidere la madre per intransigenza, farsi terra bruciata intorno per coerenza. Ne ha trovato conferma nell’aggressività del figlio con il quale non riesce a comunicare se non a suon di anfibi e bastone.

Il suo umorismo idiota nasce dunque per disperazione. Per sopravvivere, il pagliaccio sdogana l’idiozia in alternativa alla solitudine e la povertà, ma la sua deriva non è solo umana, ma culturale e, per questo, ancora più tragica e orrendamente collettiva.

lunedì 5 luglio 2010

Il libro del giorno: Accanto alla tigre di Lorenzo Pavolini (Fandango)



















Lorenzo è uno scrittore alle prese con teatro, riviste, radio e crede di possedere una visione politica consolidata. Vive a Roma nel quartiere Esquilino. Lì si mescolano due idee molto diverse dell'Italia contemporanea: quella multietnica, del mercato di piazza Vittorio e dei negozi cinesi e quella nazionalista rappresentata da un centro sociale di estrema destra. In quel pezzo di Italia c'è un altro dissidio, quello che Lorenzo coltiva sin dall'adolescenza dentro di sé, un dissidio che affonda le radici nel suo cognome. Lo stesso del nonno Alessandro, raffinato intellettuale ma soprattutto fascista implacabile, fondatore delle Brigate nere e anima della Repubblica di Salò. Lorenzo scopre chi era suo nonno a scuola, quando vede su una pagina del libro di storia una foto, quella immagine di piazzale Loreto, in cui Benito Mussolini, Claretta Petacci e gli altri gerarchi sono appesi a testa in giù. Tra loro un uomo a torso nudo pende sotto una pensilina su cui è scritto in stampatello: Pavolini. Tanti anni dopo l'autore prova a capire chi sia stato veramente suo nonno, cosa lo abbia spinto a cavalcare con tanta ostinazione la sua tigre. Ricostruisce così una storia fatta di reticenze, conflitti e timori riguardo il rapporto tra lui, la sua famiglia e l'eredità di quel cognome. Un romanzo di memorie e passione che attraversa l'Italia di questi anni dove ancora la notte giovani mani scrivono sui muri la scritta "Pavolini eroe" e le sue frasi celebri sono slogan di nuovi estremismi.

E' tutto normale di Luciano Pagano (Lupo editore). Un estratto














Ludovico ha perso il conto, i bicchieri sono lì sul tavolo, tutti vuoti. Non importa. La sua mente è sfasciata, da un’altra parte. Il suo corpo reale oscilla da fermo, sotto la superficie del corpo immobile. È seduto a contemplare il Mediterraneo, un sorso dopo l’altro assiste al tramonto del sole che sta per lambire l’acqua. Si è addormentato sulla sedia. Si risveglia dopo un’ora circa. Lo stereo del pub manda uno dei suoi pezzi preferiti, Marejadilla di Astor Piazzolla. È mezzanotte, Ludovico è fradicio, la sua bocca puzza d’alcool. Nella scala che va dalla sobrietà al coma occupa un posto simile alla sonda che viene immersa nel mosto per controllarne la gradazione. L’ultima cosa che ha ingerito è stato un sandwich preparato nel pomeriggio da Carlo. «Ho una fame cane». Si è appisolato senza cadere a terra, un miracolo di equilibrio etilico. È riuscito nel tentativo di sistemare la sedia con le spalle al tavolino, in una manovra che ha attirato l’attenzione di un gruppetto di ragazzine che dall’interno del baretto osservano questo scimmione ubriaco incapace di spostare gli oggetti senza rovesciarli per terra. Al suo risveglio ha sbattuto i piedi sul tavolo, appena in tempo per non cadere con il muso a terra. Rumore di bicchieri. È vicino al muretto che delimita il piccolo terrazzo del bar, se vuole può stendere le gambe e osservare il mare con i piedi all’aria. Stato d’ebbrezza. Ha fumato, come sempre quando è in vacanza, il fumo se lo procura all’arrivo subito dopo gli abbronzanti. La testa gli ruota senza sosta. È ora di smetterla con i cocktail e restare lì dove nessuno può importunarlo, per smaltire la sbornia prima di ritornare al campeggio. L’alternativa, ad attenderlo, è una predica di Carlo. Conosce quell’attimo. È arrivato il momento di immobilizzare ogni arto, ogni moto peristaltico, ogni clausola dei polmoni che chiede un respiro. Soltanto a quel modo Ludovico potrà risparmiarsi la scena del quarantenne che vomita sui propri piedi per aver ecceduto nella misura. Se qualcuno, sì, se solo qualche cameriere si avvicinasse allora approfitterebbe per ordinare qualcosa da mangiare. D’un tratto distingue le voci di due ragazzi che discutono animatamente, le voci vengono dalla spiaggia di fronte. Uno dei due è Marco. L’ho sentito con le mie orecchie, aveva detto a Carlo che stasera sarebbe rimasto anche lui nel bungalow, forse ha cambiato idea? Un pensiero intrigante e allo stesso tempo troppo complicato, meglio non pensare, meglio resistere per non soccombere al collasso. I due ragazzi sulla spiaggia stanno litigando per qualcosa. Il ragazzo che parla con Marco sembra avere l’intenzione di scusarsi per qualcosa che ha fatto. Si trattava di Salvatore, l’amico di Sabrina e Monica, le due ragazze che hanno conosciuto al campeggio. Ludovico nel pomeriggio è rimasto a osservarli tutti e quattro, stesi sui loro asciugamani, con un po’ di invidia. C’era stato un momento in cui una delle due ragazze, Sabrina, aveva preso la mano di Monica. Erano stese, in topless, a pancia in sotto, pensando che nessuno le stesse osservando. Ludovico capì che le due non erano semplici amiche. E se Salvatore fosse gay? Il ragazzo era in acqua assieme a Marco. L’ubriachezza molesta ha dato al cervello di Ludo quella spinta logica che nemmeno la lucidità riesce a donargli. Il suo pensiero si organizza, arrestandosi ancora una volta sulla soglia di un presentimento, appena in tempo per non sboccare di vomito a terra. Reclina il capo. Ha visto abbastanza. Chiude gli occhi. Al massimo può proseguire in quella scena da semplice ascoltatore. Marco urla, non vuole saperne, non permette al ragazzo di spiegarsi, lo manda a quel paese. Ludovico prima di abbioccare si è alzato per guardare meglio. Senza occhiali capisce molto poco, se avesse bevuto meno. Dopo dieci secondi di tira e molla i due ragazzi si allontanano l’uno dall’altro, Salvatore cammina sulla spiaggia, Marco si dirige verso il parcheggio del ristorante, senza accorgersi che Ludovico è lì seduto, con le gambe sul muretto. Soltanto quando gli passa davanti il patrigno ha la certezza che si tratti di Marco.

Collana InBox (LUPO EDITORE) a cura di Miccoli Antonio
antonio.miccoli@lupoeditore.com
www.lupoeditore.com

L’immagine di copertina di “È tutto normale” è
“Evidently Goldfish” acrilico su carta realizzato da
Nicoletta Ceccoli
http://www.nicolettaceccoli.com/

domenica 4 luglio 2010

Il libro del giorno: Vita dura per le canaglie di André Héléna (Aisara editrice)




















Maurice se la ricordava ancora, quella notte d'ottobre in cui aveva conosciuto Hermine: l'aria era fresca, profumata di foglie secche e di pioggia. E si ricordava anche di un'altra notte, nient'affatto dolce, quando l'aveva vista passeggiare con un uomo, un tedesco, che le aveva scoccato sulla bocca uno di quei baci che non si dimenticano, nella vita di un cornuto. Un incidente che l'ha costretto a fuggire, trascinandolo in una sorta di tragicomico tour de France tra crucchi, treni e scontri armati, tra città e delitti. Sempre con un'arma in pugno e il nemico alle calcagna, Maurice si ritrova a combattere dalla parte della Resistenza e si scontra inevitabilmente con la storia. Diventa un bandito, un sicario, un fuorilegge, uno che ha alle costole tutti, francesi e tedeschi. Una canaglia non peggiore, però, di quei fanfaroni in tricolore e dei militari in grigioverde che incontra nella sua fuga costante e disperata.

Schegge di luce di Dvora Baron (Sipintegrazioni editrice)





















La SIPI (Società Italiana di Psicoterapia Integrata) e’ una associazione scientifico-culturale che non ha fini di lucro. Fondata nel 1984 ha come scopo quello di dotare l’individuo di una serie di strutture e servizi in grado di promuovere il suo sviluppo psicosociale, attraverso una integrazione multidisciplinare di tecniche e metodologie. «Era lei, la sera di sabato, a rendere candide le case povere del quartiere, dove spesso il soggiorno serviva come spaccio. Sulle finestre, dopo la lavatura, si rifletteva dopo, lo splendore del mondo e i familiari non osavano calpestare il pavimento se non a piedi scalzi». Oltre a le ricerche nel campo della psicologia applicata alla scuola, alla salute e alla famiglia, la Sipi si è dotata di una vera e propria casa editrice che oltre alle pubblicazioni scientifiche, realizza singolari pubblicazioni come “I racconti di Minima” ovvero la collana diretta da Adelia Battista. Ora la collana ha una mission generica (sensibilizzare ed informare su tematiche, nel campo della salute mentale e del benessere psicosociale), dove si sostiene che si tratta di volumetti di 30/50 pagine, alla portata di “tutti” in ogni senso, dalla praticità della confezione editoriale al costo che varia da uno a tre euro e cinquanta centesimi. In realtà vi sono pregevoli pubblicazioni di narrativa come “Schegge di Luce” di Dvora Baron (1887-1959) a cura di Sarah Kaminski e con la traduzione di M. Teresa Milano.

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sabato 3 luglio 2010

Il libro del giorno: I terribili segreti di Maxwell Sim di Jonathan Coe (Feltrinelli)




















9 marzo 2009, Maxwell Sim, neo-agente di commercio, viene trovato nudo e in coma etilico nella sua auto in Scozia, durante una bufera di neve. Nel bagagliaio un cartone pieno di spazzolini ecologici. Cos'è accaduto? Com'è arrivato fin lì? Torniamo indietro di qualche mese: Maxwell ha quarantotto anni e sta attraversando un periodo difficile, sembra aver toccato il fondo. Appena divorziato, in cattivi rapporti con il padre, incapace di comunicare con la sua unica figlia, capisce che nonostante i suoi settantaquattro amici su Facebook non ha nessuno al mondo con cui condividere i suoi problemi. Non avendo più niente da perdere, decide di accettare una curiosa opportunità di lavoro: un viaggio da Londra alle isole Shetland per pubblicizzare un'innovativa marca di spazzolini ecocompatibili. Si mette in macchina con mente aperta, le migliori intenzioni e la voce amica del navigatore come compagnia. Ben presto si accorge che il viaggio prende una direzione più seria, che lo porta nei luoghi più remoti delle isole britanniche, ma soprattutto nei più profondi e bui recessi del suo passato. Jonathan Coe reinventa il romanzo picaresco per i nostri tempi.

La mamma del sole, di Andrea Vitali (Garzanti). Intervento di Nunzio Festa





















Sarà che da diversi anni quasi certi scrittori, soprattutto italiani, sono diventati un culto, dunque una questione imperdibile, ogni volta, sarà che come narratore Vitali ha pochi che lo 'battono', ma ogni volta che deve arrivare in libreria un suo romanzo: ci siamo. “La mamma del sole”, il più recente romanzo di Andrea Vitali piomba in libreria per confermare ogni dote che è nota dello scrittore del lago. Qualità, quella della scioltezza di lingua su tutte, che dimostrano puntualmente come anche la letteratura d'intrattenimento fa vivere penne indimenticabili. Se è vero, come è vero, che ovviamente l'ambientazione praticamente sempre non è modificata, al di là di qualche scappatella ora in un paesino adesso in un altro, e che i personaggi, nomi a parte, si somigliano, anzi proprio perché non si somigliano sono “simili”, e pur doveroso dare elogi a un maestro che è il più rigoroso nell'opera di pescare dalle acque ferme e chiuse. Storie per storie. Alla gioia di raccontare. Della felicità del narrare. Intanto, questa “mamma del sole”, che all'inizio si comincia a capire cosa davvero rappresenta, ma solamente alla fine del romanzo viene svelata, tiene sotto custodia parecchia gente. In particolar modo una serie di carabinieri. Divise immortalate nella frenetica calma, fascista e paesana, comunque, d'indagare su una scomparsa. Alla stregua del magnifico vetraio – quell'uomo che forse tutti quanti vorremmo essere; una persona, un artigiano per l'esattezza, un lavoratore che lavora coi suoi tempi e con le sue cifre. Nel cuore del cuore di Bellano, nella caserma di paese, dove vanno avanti e dietro storielle di fascismi di provincia all'ombra del più grande e martoriante fascismo nazionale, accadono una nuova piccola serie di vicende che tengono in tensione, si fa per dire, il pretozzo del luogo. Come al solito, non come al solito in Vitali, ma come al solito nelle realtà, il pretino è custode maleodorante di segreti ameni. Mentre le gesta della “Seconda Crociera Atlantica” del mazzolatore Balbo fanno propaganda. I soggetti deboli, o forti – a seconda dei punti di vista – sono però un paio di donne. Una perpetua. Una levatrice. Che, è intuibile, sotto sotto c'è tanfo d'una nascita 'particolare'. Ancora una volta, l'elemento più interessante è rappresentato dalla cornice. Dai contorni d'una trama. Che, chiaramente, molto non lascia. Anzi gioca, volontariamente, su un abusato quanto inflazionato motivo narrante. Ma quanto è bello, invece, il vetraio. Il mastro che ci mette una giornata, tutt'intera, con sosta prandiale d'un paio d'ore abbondanti (dovuta in aggiunta al caldo atroce), e alla fine pure presenterà un bel conto ai carabinieri che hanno rotto una finestrella del lor bagno. Sono le invenzione, non accantonabili, del nostro Vitali.

venerdì 2 luglio 2010

Il libro del giorno: Corte d'Assise di Georges Simenon (Adelphi)



















C'è un momento, in molti romanzi di Simenon, in cui il protagonista "raggiunge il limite", attraversa cioè una invisibile frontiera al di là della quale l'immagine che ha di sé va in pezzi - ed egli si trova di fronte a qualcosa che somiglia molto alla verità. Così accadrà anche a Petit Louis in questo romanzo. Uno che si dà arie da gangster e invece è solo una mezza cartuccia. Uno che al massimo può fare il palo, o distrarre con le sue prodezze di giocatore di bocce i turisti di Le Lavandou, mentre i gangster veri, i Marsigliesi, rapinano l'ufficio postale. E che non sa tenere la bocca chiusa: tant'è che, alla matura signora che quella notte se lo porta nella sua camera d'albergo, lascia intendere che di quel colpo qualcosa lui sa. Della signora (che si è presentata come contessa, ma è fasulla quanto lui e si fa mantenere da un ex funzionario delle dogane) Petit Louis diventa l'amante: vitto, alloggio, bei vestiti e qualche oggettino di valore gli regalano un'esistenza da mediocre gigolò che sembra appagare tutti i suoi desideri. Eppure un giorno, quando meno se l'aspetta, si troverà in mano delle carte truccate, e verrà accusato di un delitto che non ha commesso, ma in cui tutte le apparenze sono contro di lui. Solo allora, costretto a confrontarsi con una giustizia che si rivelerà "una macchina mostruosa" decisa a stritolarlo, il piccolo, fatuo malavitoso comincerà a vivere "la sua vera vita, la vita secondo il suo Destino".

Nella Storia. Poema per una terra, di Sebastiano Aglieco (Aìsara). Intervento di Nunzio Festa

















La guerra dell'ex Jugoslavia è la guerra della Sicilia. E, per questa ragione, l'attore e poeta Sebastiano Aglieco decide con “Nella Storia” di scrivere un poema che faccia incrociare, per via del destino, due terre, apparentemente, molto lontane. Aglieco, che, al contrario di Scotellaro arriva a dire: “Voce, fratello mio concluso / appartenere è sradicarsi / togliere fino a vederti / lasciarti respirare in una bocca”. Ma allo stesso tempo capace d'affermare in Resoconto: “Tu eri la più / distante dalla terra / eri un soffio che a volte si degnava / della misura di una nascita / del sangue / aperto in una conchiglia. // Ho dovuto disossarti da un doloroso / silenzio, lacrime asciugate fino / all’osso / bambini, stanze vuote. // A volte il viaggio é tutto in questa / tazza, in questa presunzione di poeti - / io ti cercavo in un amico, in un colore / salato che mi ricordasse il mare. / Poche volte ho finto”. Coccolando la grazia della memoria. Non il triturato e mesto ricordo. Sebastiano Aglieco trova memoria nella sua memoria e in quella di ciascuno. Dove, per esempio, spingono l'esalazioni del doloro della Jugoslavia sotto tortura. Allora, la fuga dei tanti dalla Trinacria è simile, se non proprio possiamo dire uguale, all'urlo che stacca gli slavi e i tanti altri popoli dell'ex Jugoslavia dalle loro radici. S'ha lo stesso risultato. L'andare. E non quello meditato grazie a una valutazione di più cose. Si parla, contrariamente, di fuga. Indotta dalle condizioni. Ancora una volta, dunque, è la terra, quella naturale, ha essere però l'elemento davvero pulito. La parte memoriale, quantunque redatta con cuore e dilingentemente, non è la frazione più importante del volume. Eppure, è da quelle parti che si trova “La mia generazione”. Che s'apre con due versi delicatissimi: “Eppure noi abbiamo creduto / che si potesse essere fratelli, noi / i figli di un sessantuno / con la testa nell'acquario / e il cuore nel sagittario. // Mia madre ci arava tenera e triste / di un abisso di parole / erano le morte stagioni / il sale della terra”.



giovedì 1 luglio 2010

Il libro del giorno: I mondiali di calcio di Gianni Brera (Book Time)



















Questo volume parla della storia ormai più che settantennale del Mondiale. È stato scritto dal più grande giornalista sportivo italiano degli ultimi due secoli, Gianni Brera. È una narrazione partigiana, perché segue l'Italia con un occhio di assoluto riguardo e perché difende a spada tratta, con verve e competenza, una certa scuola calcistica. Il libro non è solo una riproposizione del testo breriano, bensì un'accurata e aggiornata edizione a cura di Gigi Bignotti, grande esperto di calcio oltre che giornalista de "Il Gazzettino". Prefazione di Paolo Brera.

Cronache precarie, di Greta Rosso, Aìsara (Cagliari). Intervento di Nunzio Festa








“Strepito, grida, sussurri ed immagini. La scrittura alterna verso libero e prosa poetica con cinismo e rabbia, carne e cuore. Una scrittura al femminile indelicata ed estrema”. Il lancio d'una delle opere più belle della riuscitissima collana poetica della sarda Aìsara, yakamoz, brillantemente diretta da Daniele Pinna, narra perfettamente d'una parte del contenuto o dei contenuti di “Cronache precarie” di Greta Rosso. La Rosso, classe '82, il resto lo spiega lei stessa con punture in forma di parole. Usando la misura del non aver misure. Stordendo, ed è la bravura maggiormente espressa dall'autrice, la fugacità dell'intimistico. Con accenti dettati, appunto, da uno straniamento vissuto con la forza del servirsi della ragione. Ma, si deve ricordare, “Cronache precarie”, è anche, o in special modo, l'esordio d'un'autrice. E la Rosso, poetessa piemontese d'indubbie capacità, parte davvero molto bene. La prova letteraria è frammentata da tre sezioni. Greta Rosso comincia da e con il corpo, chiaramente, senza dimenticare che si deve essere disposti a trovare nell'incanto del cercare. L'autrice, con questa prima opera, entra nel finire d'un certo sperimentalismo. Affrontato la non semplice sfida di confrontarsi, però, con linguaggi e, persino, modalità espressive che virano facilmente appena nate. Greta Rosso, comunque, grazie al suo “Cronache precarie”, afferma il principio che è nata un'altra penna pronta a spingersi nell'impresa d'accettare e svincolarsi della e dalla propria lingua, anche solamente per puro sfizio d'incamminarsi verso altro ancora. Molti autori e tante autrice della generazione nata negli anni '80 sta scrivendo questo tipo di testamento vitale.

mercoledì 30 giugno 2010

Il libro del giorno: Da Kinshasa a Las Vegas via Wimbledon. Forse ho visto troppo sport di Rino Tommasi (Limina)





















Si può a ragione sostenere, infatti, che Rino Tommasi rappresenti uno di quei felici e sempre più rari casi in cui lavoro, divertimento, competenze e esperienze di vita perdono i loro tradizionali confini di separazione. Innamorato dello sport in quanto tale lo ha praticato, lo ha promosso, lo ha raccontato, lo ha commentato, dedicandogli tempo, intelligenza, energie, studio, talento. Nato a Verona nel 1934 e laureato in Scienze Politiche con una tesi sull'organizzazione internazionale dello sport, è stato negli anni Sessanta il più giovane organizzatore pugilistico nel mondo, il primo in Italia. Discreto tennista, è stato per quattro volte campione italiano universitario, partecipando a tre Universiadi e conquistando due medaglie di bronzo, una in singolare a San Sebastian nel 1955 e una nel doppio misto nel 1957 a Parigi. Ha iniziato la carriera giornalistica a "Tuttosport", quindi è stato inviato della "Gazzetta dello Sport", per la quale scrive ancora, oltre che per il "Gazzettino" di Venezia e il "Tempo" di Roma. Nel 1981 è stato il primo direttore dei servizi sportivi dell'appena nato Canale 5 e nel 1991 il primo direttore dei servizi giornalistici di Telepiù. Da giornalista ha seguito 12 edizioni dei Giochi Olimpici, per la televisione ha commentato più di 400 incontri valevoli per un titolo mondiale di pugilato, 7 edizioni di Super Bowl e 135 tornei del Grande Slam. Attualmente commenta il pugilato per il canale digitale Dahlia TV.

101 Storie sulla Puglia che non ti hanno mai raccontato di Rossano Astremo (Newton Compton)





















«Vai sul suo sito www.nicoladibari.it e ti assale un po’ di tristezza. Campeggia in primo piano sulla homepage la seguente scritta: “Attualmente Nicola Di Bari è libero da vincoli contrattuali per l’Italia. Si attendono proposte da un nuovo impresario che possa rappresentarlo a livello nazionale“». Rossano Astremo, giornalista pubblicista, è un autore pugliese di libri come Corpo poetico irrisolto, edito dalla Besa nel 2003, Jack Keroauc. Il violentatore della prosa (Icaro Editore, 2006). E ancora L’incanto delle macerie (Icaro Editore, 2007) e 101 cose da fare in Puglia prima di morire per i tipi di Newton Compton, dove attraverso una guida insolita da lui redatta (definita nello specifico, in quarta di copertina «insolita e sentimentale») si parla di Puglia e dei suoi luoghi, della sua storia, e dei gesti del viverla : dal «recarsi da mia madre per assaggiare le sue melanzane ripiene» o al «fare il coast to coast nel Gargano», sino all’«essere rapiti dalla visione di Colazione in giardino di Giuseppe De Nittis al Palazzo della Marra di Barletta» o il «mangiare una frisella pensando agli anni che furono». In una recensione apparsa l’estate scorsa a firma Antonella Gaeta su «La Repubblica» di Bari, la giornalista (e condividiamo) scriveva :«Si sfoglia e si condivide il piacere di abitare una regione che si lascia scoprire sempre prodiga di vertiginosa bellezza e bizzarrie antiche e nuove, anche a distanza di decenni [...]». Ora Rossano Astremo torna a parlare di Puglia e ancora una volta di Salento e di tanto altro, sempre con Newton Compton, questa volta con un nuovo lavoro dal titolo “101 Storie sulla Puglia che non ti hanno mai raccontato”. Ora abbandonato il taglio quasi cronachistico/documentaristico Astremo si getta a capofitto nei “backstage” delle tradizioni popolari, dell’arte, dello spettacolo di una regione come la Puglia che freme dalla voglia di raccontare e raccontarsi.

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martedì 29 giugno 2010

Il libro del giorno: Nè stato nè nazione. Italiani senza meta di Emilio Gentile (Laterza)




















Il mondo in cui viviamo è diviso in Stati nazionali. Ma l'Italia va controcorrente: alla vigilia del 150° anniversario dell'Unità, il nostro paese sembra afflitto da una grave crisi di sfiducia nella propria esistenza. Molti cittadini pensano che la nascita dello Stato unitario sia stato un errore e che una nazione italiana non sia mai esistita. E vorrebbero prendere un'altra strada; ma non sanno quale. In un mondo di Stati nazionali, gli italiani rischiano di vagare, litigiosi e divisi, verso un futuro incerto e senza meta. Emilio Gentile invita a riflettere su oltre un secolo di storia, per comprendere le ragioni di tanto smarrimento. E, con l'immaginazione, apre uno spiraglio al miracolo della speranza.

Corpo stellare, di Fabio Pusterla (Marcos y Marcos 2010). Intervento di Nunzio Festa




















La poesia dell'autore di confine Pusterla, poeta del paesaggio, e dell'umano in quanto attratto molto, o soprattutto, dall'animale, rompe il muro della disquisizione fra post e, persino, fast; perché, tanto per chiarire, il poeta Pusterla ci ricorda che non è tempo d'andare, per lo meno in geografie di versi, a cercare troppo il mistero della definizione stilistica - come non è giusto condire di velocità la voglia e la volontà di scrivere, di fare sempre versi ma annacquati dalla velocità della reazione. “Corpo sellare”, dunque, l'ultima opera dell'autore che vive tra l'Italia e la Svizzera, mantiene in perfetta apertura col passato il permeare del cammino nuovo di questo assoggettarsi al mondo più puro. Se la bellezza, a tratti struggente, di certi passaggi sentimentali, sconvolge (“La mia casa si chiama Resistenza e qui tendo l'orecchio / se mai da sotto suonasse qualcosa”), l'amara letizia d'uno sguardo costantemente, quindi non continuamente, diretto all'operaio che vola dall'impalcatura e, nel frattempo, all'animale che vola verso il macello inseriscono le cadenze di Fabio Pusterla in una spirale d'evocazione a distanza meditata con quel che fu il realismo. Nonostante, appunto, il realismo puro è naufragato, nel naufragio del più puro sogno collettivo, incantato decantato stonato nel globale villaggio. L'antologia è divisa in sei parti. Dove, ad alternarsi con rintocchi di pennino che portano alla rima – ma solamente qualche volta - e soffi di vibrante quanto benignamente molesto verso estremamente in libertà, la silenziosa e accanita parola di Pusterla sosta nel limbo pienamente soddisfatto della riflessione, coraggiosa e severa. Una meditazione senza parruccate. Che, dunque, si sperimenta nella sperimentale costernazione affrontata con il felpato racconto delle “storie dell'armadillo”. Questa silloge del Pusterla, inserita nel terzo spezzone dell'alto “Corpo stellare”, permette a chi legge d'avere, al di là di quello che più facilmente si possa pensare, ovvero il suo contrario, un'esemplare ed esaustiva proiezione d'ogni ricerca del poeta. Che, è certo, intanto l'armadillo trova riparo solo all'apparire d'un altro animale, un topolino, e non comprende l'immobilità e ovviamente la funzionalità d'un carro armato. E, in tutto ciò, “L'armadillo canticchia sul cammino. / Non lo ascolta nessuno. / E' un peccato: se qualcuno lo sentisse / potremmo sapere cosa canta / questo piccolo animale coraggioso. Magari / ci metteremmo in cammino anche noi”. Quasi, nel contempo, fottendosene, l'armadillo, che in un pezzo degli States l'uomo per lui ha inventato una legge che vieta d'ingabbiarlo. La poesia di Pusterla sorride e piange per il dramma umano.

lunedì 28 giugno 2010

Il libro del giorno: Canzoni della giovinezza perduta di Gaetano Cappelli (Marsilio)




















Un giovane alla moda costretto a fare il cameriere in un cafonissimo matrimonificio dove viene scoperto dalla ricca ragazza che sta corteggiando. L'inesperto medico romano spedito in un paesaccio del Meridione che insieme all'amore troverà una nuova e assai inquietante famiglia. L'ambizioso pittore che, finalmente sul punto di diventare famoso, scopre il critico che doveva lanciarlo in fin di vita. E ancora il rocker venditore di pentole Continental che il destino fa finire tra le braccia della "donna più bella del mondo" rendendolo intanto impotente come l'aspirante scrittore, suo amico, rivelerà nel romanzo d'esordio, zeppo di altri imbarazzanti segreti. Questi e altri ancora i protagonisti di "Canzoni della giovinezza perduta" che, rincorrendosi di racconto in racconto, danno vita a un travolgente romanzo sul fondale di una provincia del Sud dagli orizzonti mai così vasti e luminosi. Grazie a loro, alle loro storie intessute di illusioni e inganni, avventure e sogni, comiche acrobazie sessuali e tragici equivoci del cuore, Gaetano Cappelli evoca, come in una struggente canzone, quel particolare momento della vita di ognuno che coincide con il sospirato debutto nel mondo del lavoro e la malinconica fine della giovinezza.

Alice nel paese delle vaporità di Francesco Dimitri (Salani)



















Un libro splendido, e terribile quello di Francesco Dimitri dal titolo “Alice nel paese delle vaporità” edito da una casa editrice che stimo molto per la sua linea editoriale sempre coerente con se stessa e con le sue scelte a volte non sempre propriamente commerciali, a testimonianza della volontà del suo staff di prediligere qualità, solo e soltanto qualità: parlo della Salani. Ben, “young adult” londinese, per vivere fa il lettore per una casa editrice, e soffre di terribili allucinazioni. Attraverso di lui il lettore conosce Alice, un’antropologa che vive a Londra in epoca vittoriana, esploratrice dello Steamland, una landa attraversata da gas allucinogeni più potenti di qualsiasi incantesimo o allucinazione. Alice, è la protagonista di un libro che giunge nella mani di Ben una notte, e che ha il controverso titolo di “Alice nel paese della vaporità”. Il confine tra Bene e Male è solo di natura semantica in questa dimensione, e forse nemmeno possiede quella valenza, dal momento che con stupore fortissimo pagina dopo pagina si scopre che in realtà niente è definibile nello Steamland, nulla è configurabile, qualsiasi oggetto, persona o situazione può apparire in un modo e poco dopo essere esattamente il suo contrario. Ovvero deformi e inquietanti mostri (nell’accezione secondo me latina di “monstrum”, cioè eccezionale) possono divenire compagni fidati di viaggio, mentre i propri simili si possono rivelare creature dell’abisso più malvagi di qualsiasi reietto. Come tutti i ricercatori e gli antropologi per la precisione, Alice comincia il suo cammino in questo mondo da incubo, come sulle tracce di una scoperta troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. In realtà tutta la vicenda si trasformerà in una delirante corsa per la sopravvivenza, dis/equilibrata nei confronti di un destino oscillante tra l’Orrore e la Meraviglia. Ben imparerà a conoscere Alice, si farà prendere dalla sua storia, ma … c’è un ma! I contenuti di quel libro, erompono dai confini della fantasia, della rassicurante pagina stampata, e qualcosa accade anche a Ben. Un libro che mi ha fatto venire in mente da subito le opere del mefistofelico Marilyn Manson (tutti corpi e visi emaciati, vere e proprie creature ectoplasmatiche post-atomiche un po’ alla Schiele un po’ alla Giger) che la pop star esporrà dal 30 giugno alla Kunsthalle di Vienna con il titolo “Genealogie del dolore”. E forse anche il lavoro di Dimitri è la narrazione dei nostri lati più oscuri, una piccola e fantasiosa “genealogia del dolore” frutto solo ed esclusivamente del pessimismo della ragione. Un libro che vale la pena comunque leggere.

domenica 27 giugno 2010

Il libro del giorno: I costruttori di vulcani di Carlo Bordini (Luca Sossella editore)





















La scrittura di Bordini è sottilmente feroce e declina con ironica, svagata cautela la paranoia. In essa si riconoscono i dintorni dell'eccesso di pensiero e il portato della solitudine psichica. Poeta narrativo dal passo stilistico crudo e micidiale, gli viene riconosciuta la forza di un "razionalismo onirico" (Paolo Febbraro) e di un "dormiveglia vigile" (Filippo La Porta). I costruttori di vulcani accoglie tutti i libri in versi pubblicati da Bordini, ma con interventi che hanno apportato cambiamenti ai testi. L'autore ha anche montato le raccolte originarie senza conservarne la cronologia d'uscita, nel tentativo di creare una struttura musicale. Questo volume è dunque un libro nuovo, pur essendo costituito dalle poesie scritte da Bordini in oltre trent'anni.

Cinema primo amore di Mirko Grasso (Kurumuny)





















«Giugno 1940. A guardare il paesaggio emiliano il cuore si solleva e ignora le ansie di quel momento storico. Nella campagna circostante Parma, fino alla strada che porta a Monticelli Terme e da lì a Montechiarugolo e Torrechiara, è tutto un risplendere di grano maturo». In memoria del regista Antonio Marchi, Mirko Grasso tenta di parlare e lo fa veramente con grande abilità e passione di una personalità della cinematografia italiana contemporanea.

Questa persona si trovò a collaborare con personalità immense come Luigi Malerba, Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani e Pier Paolo Pasolini, solo per citare disordinatamente qualche nome illustre. Di Marchi se n’è sempre parlato con grande rispetto, ma forse in canali non sempre così grandi e adeguati da farlo conoscere al grande pubblico, e questo nonostante egli avesse costruito nel suo tracciato biografico una costante di prassi e teoria fondate su impegno, bravura, e onestà intellettuale, che difficilmente oggi si possono incontrare. Antonio Marchi paradossalmente lavorò per un tempo brevissimo rispetto agli standard “carrieristici” dei registi, e di fatto egli aveva reso “orfani” i suo lavori di ripresa lasciandoli nell’oblìo di una soffitta.

Ora grazie al contributo del Fondo Giorgio Bassani, dell’Archivio Nazionale Film di Famiglia e dell’Istituto Storico Parri Emilia-Romagna per i tipi di Kurumuny di Calimera esce il volume di Mirko Grasso dal titolo “Cinema primo amore - Storia del regista Antonio Marchi” insieme a un dvd contenente due documentari: il primo, dal titolo “La liberazione di Montechiarugolo”, è la ripresa da parte del regista della liberazione di un piccolo centro dell’Appennino emiliano; il secondo dal titolo “Come un canto”si sostanzia nella ricostruzione della relazione tra Marchi e il cinema attraverso tutta una serie di suoi filmati amatoriali, conservati presso l’Associazione Home Movies - Archivio Nazionale del Film di Famiglia, e per l’occasione non solo resi in formato digitale, ma anche musicati e commentati da un testo ricavato dagli scritti in note dello stesso Marchi.

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sabato 26 giugno 2010

Il libro del giorno: Gli scrittori inutili di Ermanno Cavazzoni (Guanda)




















Diventare anche solo scrittori a volte non è facile. Ma chi voglia diventare scrittore inutile deve esercitarsi. Esistono le scuole per questo. Una scuola di scrittura che si rispetti introdurrà l'allievo al vizio, che è raccomandato, e sarà perciò formata da sette docenti come le materie, ovvero i vizi, insegnabili. Per compilare questo manualetto un allievo principiante si è sottoposto alle sette lezioni dei sette maestri: di lussuria, gola, avarizia, accidia, invidia, ira e superbia. E, combinando i vizi con le evenie ha raccolto e ordinato, come spiega una tabella in calce alle Avvertenze, i quarantanove casi possibili. Ci sono scrittori che vivono con bambole gonfiabili e hanno uno o più allievi, gonfiabili; scrittori schiavi di altri scrittori; scrittori in disuso mantenuti presso case editrici; scrittori che non contano, scrittori sull'albero, scrittori alti e scrittori pinguini. Al termine, la "lezione", in modo che, seguendo i precetti, coloro che aspirano all'invitante occasione possano accedervi agevolmente. "Occorre insistere... fin che improvvisamente non si apre una nuova visuale e si resta lì, muti, molli e incapaci del tutto." Un piccolo inferno dantesco dipinto con il tocco leggero, divertito e un po' amaro, di Ermanno Cavazzoni. Di cui sono ospiti tutti quelli che, non sapendo come destreggiarsi nella vita, hanno pensato che il mestiere dello scrittore non gli sarebbe stato proibito.

Memorie di un esorcista di Padre Amorth a cura di Marco Tosatti (Piemme)




















«Anche in Vaticano ci sono membri di sette sataniche. Sono preti, monsignori e anche cardinali. (…). E’ una cosa confessata più volte dal demonio stesso sotto obbedienza durante gli esorcismi». Padre Gabriele Amorth è sacerdote della Congregazione di San Paolo, ma al grande pubblico è noto per il suo operato di esorcista, che svolge con solerzia, umiltà e fede nella città di Roma da molti anni. Torna in libreria con “Memorie di un esorcista” (Edizioni Piemme, 2010).
Un apostolato, il suo, che trasmette, oltre che con i fatti, anche con i suoi messaggi, attraverso la sua presenza diretta a trasmissioni televisive nazionali e internazionali, attraverso la Rete, e attraverso i suoi libri.
Quasi nessuno sa che è un dottore in legge, ha fatto la guerra ed è stato partigiano. Raffinatissimo teologo (per l’esattezza egli è un teologo mariano,) ha diretto per parecchi anni l’importante periodico della San Paolo “Madre di Dio”. Diventa per volontà del cardinale Ugo Poletti a Roma “apprendista” del grande esorcista Padre Candido, del quale prenderà poi ufficialmente il posto. La sua missione, il suo “lavoro” lo pone a contatto diretto con il Demonio nella quotidianità di ogni giorno, attraverso riti esorcistici e preghiere di liberazione che cercano di sollevare da incredibili e singolari sofferenze tutte quelle persone che a lui si affidano. Gli esorcismi che Padre Gabriele Amorth ha sulle spalle sono 70/80.000 con una cadenza giornaliera dalle 15 alle persone.

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venerdì 25 giugno 2010

Intrigo Internazionale di Giovanni Fasanella e Rosario Priore (Chiarelettere)



















La domanda di fondo è: perché l’Italia dal 1969 è stata funestata dal terrorismo e dalla violenza politica con centinaia di morti e migliaia di feriti? Perché solo nel nostro paese? Tutte le inchieste giudiziarie hanno dato finora molta importanza al ruolo dei servizi segreti deviati, della P2, della Cia. Risultato: nessuna verità giudiziaria, nessuna verità storica.

Rosario Priore, il magistrato che si è occupato di eversione nera e rossa, di Autonomia operaia, del caso Moro, di Ustica, dell’attentato a Giovanni Paolo II, qui prova a rispondere cambiando completamente scenario. E strumenti di analisi. Grazie ad anni di ricerche, testimonianze, prove, carte private, incontri con ex terroristi, agenti segreti e uomini politici anche stranieri, Priore ricostruisce uno scenario internazionale inedito per spiegare il terrorismo e la strategia della tensione in Italia, testimoniando la verità che finora nessuno ha potuto certificare attraverso le sentenze. Colpita la manovalanza (e non sempre), la giustizia si è infatti dovuta fermare senza arrivare a scoprire il livello più alto dei responsabili.

Siamo stati in guerra, senza saperlo. L’egemonia del Mediterraneo, il controllo delle fonti energetiche ci hanno messo in rotta di collisione con l’asse franco-inglese che non ha mai sopportato il nostro rapporto privilegiato con la Libia. Ecco chi era il terzo giocatore dopo Urss e Stati Uniti. Non stupisce allora che gli inglesi fossero favorevoli a un colpo di stato in Italia nel 1976 per fermare il Pci e controllare il paese. Dall’altra parte la Cecoslovacchia, la Germania comunista e la Stasi avevano buon gioco ad alimentare il terrorismo.

Ustica, Piazza Fontana, il caso Moro, la strage di Bologna vanno collocati in questo contesto internazionale: cadono così molte facili convinzioni e vecchie ricostruzioni, giornalistiche e persino giudiziarie, mostrano tutta la loro inconsistenza. L’intrigo italiano è in realtà internazionale.


Giovanni Fasanella, giornalista, sceneggiatore e documentarista, è autore di molti libri sulla storia invisibile italiana, tra i quali ricordiamo SEGRETO DI STATO (con G. Pellegrino, C. Sestieri, Einaudi 2008), CHE COSA SONO LE BR (con A. Franceschini, Bur 2004), LA GUERRA CIVILE (con G. Pellegrino, Bur 2005) e I SILENZI DEGLI INNOCENTI (con A. Grippo, Bur 2006). Per Chiarelettere ha pubblicato con Gianfranco Pannone il DVD+libro IL SOL DELL’AVVENIRE (2009).


Rosario Priore, magistrato, per oltre un trentennio, fin dai primissimi anni Settanta, quando arrivò come giudice istruttore al Tribunale di Roma, ha seguito molti dei casi di violenza e terrorismo (interno e internazionale) più importanti della storia giudiziaria italiana: dall’eversione nera ad Autonomia operaia, dal caso Moro a Ustica, dagli attentati palestinesi al tentato omicidio di Giovanni Paolo II.

Il libro del giorno: Untamed. La casa della notte di Kristin Cast e Cast P. C. (Nord)




















Mi chiamo Zoey Redbird, ho diciassette anni e sono la novizia vampira più dotata della Casa della Notte. Ma anche la più sola. Fino a poco tempo fa, avevo un ragazzo meraviglioso e un gruppo di amici fantastici, poi li ho delusi e ora tutti mi tengono a distanza... proprio nel momento in cui avrei un disperato bisogno del loro aiuto. Per giorni ho avuto la sensazione di essere seguita, come se qualcuno attendesse il momento migliore per colpire. E oggi, purtroppo, i miei timori sono diventati realtà: una strana creatura è sbucata dal nulla e mi ha aggredito. Per fortuna sono riuscita a salvarmi, però adesso ho davvero paura. Sicuramente quell'essere è stato mandato da Neferet, la nostra Somma Sacerdotessa, che sta cercando di scatenare una sanguinosa guerra tra umani e vampiri. Io sono l'unica che possa ostacolare i suoi piani, tuttavia non potrei mai sconfiggerla soltanto con le mie forze. Inoltre Afrodite, una delle poche compagne che mi sono rimaste vicine, ha avuto una visione sconvolgente: se non riuscirò a riconquistare la fiducia dei miei amici, il mondo intero sprofonderà nel caos. Perché Neferet mi ucciderà...

La casa viola di Marco Scalabrino (Edizioni del Calatino)



















Quarta raccolta per il poeta siciliano (trapanese per la precisione) Marco Scalabrino dal titolo “La casa viola” edita da Edizioni del Calatino. Il lettore si troverà tra le mani un libro di 104 pagine, leggibile in poco più di un’ora, con sole trenta poesie. Dov’è il trucco? Non c’è, semplicemente perché grazie al lavoro di Adelaide Petters Lessa, Alba Olmi, Nelson Hoffmann, Ghjacunu Thiers, Monique Baccelli, Hèdi Bouraoui, Tony Di Pietro, J. Derrick McClure, Margherita Feliciano, Enzo Bonventre, Flora Restivo e Maria Pia Vigilio, questi trenta componimenti vengono tradotti in brasiliano, corso, francese, scozzese, spagnolo, oltre che italiano, a testimonianza del valore esportabile a livello internazionale della poesia di Scalabrino. Nessun lamento tragico nei versi di questo poeta, che non piange e si dispera per un passato puro e ancestrale, come da consuetudine nella poesia siciliana tradizionale; nessuna leziosità metrica in questi versi che presentano un respiro poetico asciutto ma fortemente sonoro, nonostante a volte un linguaggio duro come le pietre lascerebbe presagire un certo impeto “sauvage”, difficilmente contenibile e controllabile. Ma sola apparenza perché stiamo parlando di un poeta, senza ombra di dubbio, che sa il fatto suo e che ha distillato ogni parola in un polo denso, sino alla concentrazione di energia purissima. E per Scalabrino le parole sono importanti, fondamentali, perché permettono di costruire una dermografia esatta di autonomia e indipendenza del sentire e del conoscere umani, quasi come sforzo titanico per difendersi dalla confusione e dal caos dei nostri giorni. E la parola anche la più dura allevia il dolore di portarsi sopra la responsabilità di essere poeta e fare Poesia, quasi ad aver ottenuto una repentina illuminazione che ha portato una nuova consapevolezza, mentre fuori è solo rumore, fastidioso rumore. Imprescindibile la splendida prefazione al volume di Flora Restivo alla quale è dedicata “Battaria” – “Frastuono”


Avissivu a sentiri battaria stanotti/ è sulu l’universu/ nna tuttu lu so pisu/ chi di ncapu a li mei spaddi/ ca tramusciu d’ossa/ e sangu e lastimi/ paru paru/ jusu jusu/ nzina a li pedi/ scinni

e nesci/ e munciuniatu/ di li visciri di la terra/ subissa/ nun vi spagnati.


Frastuono


Se doveste sentire frastuono stanotte/ è solamente l’universo/ in tutto il suo peso/ che attraverso me

con sconquasso di ossa/ e sangue e spasmi/ per intero/ giù giù/ sino ai miei piedi/ scende/ ed erompe/ e sprofondo/ sgretolato/ nelle viscere della terra/ non state a preoccuparvi.

(Trad. di Maria Pia Virgilio)

giovedì 24 giugno 2010

Il libro del giorno: Il Vento della Padania di Guido Passalacqua (Mondadori)



















La Lega di Umberto Bossi è stata e continua a essere uno strano movimento, capace di trasformare quelle che all'inizio sembravano bizzarre rivendicazioni ideologiche, etniche e regionaliste in patrimonio politico diffuso. "Costola della sinistra" per alcuni, movimento razzista e xenofobo per altri, alleato sempre un po' riottoso dentro lo schieramento di centrodestra, la Lega sfugge a ogni definizione categorica della politologia classica. Considerata all'inizio degli anni Novanta un semplice aggregato qualunquistico dei ceti abbienti del Nord e sottovalutata dalla stampa, ha avuto in realtà il merito di scompaginare l'assetto istituzionale dell'Italia, contribuendo in misura decisiva al crollo del Caf (Craxi-Andreotti-Forlani) e alla nascita della Seconda Repubblica. La storia del movimento corre parallela a quella del suo fondatore, il senatùr Umberto Bossi da Cassano Magnago (Varese), giunto alla politica dopo aver fatto l'operaio e il perito tecnico, ma con alle spalle studi in medicina a Pavia. Al suo fianco le colonne storiche della Lega: il professor Gianfranco Miglio, l'intellettuale di punta del movimento, uscito nel 1994; Roberto Maroni, il diplomatico per eccellenza, Giancarlo Pagliarini e Vito Gnutti in rappresentanza della piccola e media industria, e tanti altri.

Sul filo sottile del desiderio di Nadia Turriziani (Diamond edizioni)









Le persone sanno che nella realtà dei fatti, della vita di ogni giorno, sui confini delle circonferenze destinali, per ciascuno di noi si delineano orizzonti diversi, obiettivi diversi, amori diversi. E sinceramente il più delle volte le zone d’ombra sono più di quelle di luce, e nell’oscurità si manifestano uragani di passioni, piaceri della carne, erotismo e sensualità. Nadia Turriziani e “Sul sottile filo del desiderio” (Diamond editrice, 2010) un libro ad alto potenziale di sensualità!

«Anche Barbara è incosciente, nonostante la sua età, come incosciente potrebbe essere solo chi ama incondizionatamente. Ed è nell’oblio dell’incoscienza che accetta di incontrarlo nuovamente. Il cuore palpitante e il desiderio di amarlo clandestinamente le contrae le viscere. Si precipita all’appuntamento con la brama incontenibile di farsi baciare e accarezzare. Di lasciarsi amare. (…)Il giovane amante si avvicina a lei lentamente, quasi a non volere rompere il fragile incantesimo. Le bacia il seno avvolgendola in un caldo abbraccio, sale sul collo e le sfiora percettibilmente le spalle. Poi avidamente si accanisce sulle sue labbra, creandole un turbinio incontrollabile di emozioni. Le mani scivolano sulla schiena, le accarezzano i glutei sodi mentre la solleva lievemente per entrare in lei. (…)»

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Elementi di critica Trans a cura di LAURELLA ARIETTI, CHRISTIAN BALLARIN, GIORGIO CUCCIO e PORPORA MARCASCIANO (Manifesto Libri). Di prossima uscita



















Q
uesto volume raccoglie interventi e riflessioni sull'esperienza "trans" intesa in senso individuale e collettivo da parte dei soggetti protagonisti in occasione del primo seminario residenziale transessuale/transgender svoltosi nella primavera del 2008.
Un dibattito all'interno della variegata ed eterogenea scena trans sulle questioni che rimandano al significato della propria esperienza e alla possibilità/capacità di costruire una soggettività critica, nel tentativo di arrivare a posizioni condivise su storia, genere, sesso, patologia, autodeterminazione, senso e significato delle parole. Una discussione a più voci che si avvale anche del contributo di testimoni privilegiati, scelti in base al loro rapporto con la scena transessuale/transgender e alla loro conoscenza di essa.

I curatori: LAURELLA ARIETTI, CHRISTIAN BALLARIN, GIORGIO CUCCIO e PORPORA MARCASCIANO fanno parte del Coordinamento Trans Sylvia Rivera, che riunisce alcune realtà associative e individualità trans in Italia. Il Coordinamento si è formato nell'ottobre del 2006 come momento di confronto sulle questioni e i progetti che interessano la realtà trans nei suoi molteplici aspetti.

mercoledì 23 giugno 2010

La resistenza impura di Luca Canali (Manifesto Libri). Di prossima uscita









"Niente è più efficiente di una formica, di un'ape; e niente più trionfalmente vitale di una belva nella foresta. Mentre nulla è più umano della meditazione, del dubbio e persino dell'ozio perplesso." Racconti, esperienze di vita e riflessioni di uno tra i più eterodossi e impegnati tra gli intellettuali italiani, che si misura in queste pagine degli anni Sessanta con le ambiguità e le contraddizioni della storia d'Italia dal fascismo al dopoguerra. Attraverso la sua esperienza personale, l'impegno politico e di studioso, Canali si confronta con grandi temi quali la connessione tra politica e cultura, la crisi dell'impegno, i rapporti tra singolo e collettività, senza nulla concedere alla retorica pacificante e alle visioni conciliatorie della storia italiana. Sia nei racconti che nelle riflessioni la sua è sempre una coraggiosa operazione di verità, una battaglia contro la dignità umana offesa, un esercizio rigoroso della ragione critica. Il volume è presentato da uno scritto di Eugenio Montale.

L'autore: LUCA CANALI (1925) scrittore e studioso dell'antichità classica, ha insegnato nelle università di Roma e di Pisa. È autore di testi importanti sulla letteratura e la storia di Roma antica (Giulio Cesare; Le vite indiscrete di dodici Cesari; Ventitré colpi di pugnale; Controstoria di Roma) e di molti romanzi e racconti tra cui Autobiografia di un baro, Il sorriso di Giulia, Che gli scandali avvengano.

Il libro del giorno: La trattativa di Maurizio Torrealta (Bur)



















Gli attentati mafiosi a Falcone e Borsellino possono sembrare ormai lontani nel tempo e slegati dall'orizzonte di oggi, tuttavia quegli avvenimenti e il periodo di violenza che seguì non hanno smesso di riguardarci. Nonostante gli arresti illustri e la fine dell'era delle bombe, l'esistenza di una trattativa tra alcuni esponenti delle istituzioni e la mafia è un argomento assolutamente attuale. Non solo P2, Sisde, politici ormai lontani dalla scena, ma nuovi pentiti, nuove dichiarazioni e nuovi processi gettano continue ombre sulla salute della nostra vita politica. Maurizio Torrealta ricostruisce, mettendo in fila date, crimini, leggi, incartamenti e deposizioni, un affresco d'Italia inquietante e spietato. Uscito per la prima volta nel 2002 da Editori Riuniti, La trattativa viene ora riproposto in BUR in una nuova edizione totalmente aggiornata, con un'introduzione di Pietro Ingroia, tra i massimi protagonisti della lotta alla mafia. Prefazione di Walter Veltroni.

Situazione temporanea di Marco Saya (Puntoacapo editrice)


















Non mi è mai accaduto sino ad oggi di poter leggere una raccolta di versi con tanto gusto e con tanta soddisfazione e di poter finalmente apprezzare qualcuno che conosce la Poesia e i suoi spazi, come quando ho avuto tra le mani il libro di Marco Saya dal titolo “Situazione temporanea” edito da Puntoacapo editrice.

«… dove vai? mi chiedeva mia madre solcata dalle rughe della paura, ancora non so, le rispondo (dopo vent’anni) da guitto di circonvallazione, sempre un casino Piazzale Lodi sino al prossimo semaforo e gli attimi ti consumano le mani, anche il volante si deteriora!».

I riferimenti che ho automaticamente elencato nella mia testa sono stati Calvino (per una Milano dalla consistenza ectoplasmatica) e poi Dario Bellezza (per quel sapore destinale di una quotidianità in grado di passare dallo stato astratto di melanconia a quello solido di meccanismo ripetitivo e stritolante slanci ed entusiasmi). La narrazione del poiein che si sostanzia nel ritmo e nella scelta semantica adottata dall’autore, tende ad una serrata elencazione di gesti quasi automatici nella creazione di topografie allocutivamente dimostrabili come Milano, piazzale Lodi, la Esselunga, che compongono un puzzle desolante e annichilente. Quello che emerge è il nulla di una grande città, che non è più la Milano da bere ( e che francamente non lo può più essere) ma ripete stereotipi di efficienza e produttività che rasentano il rococò: ovvero come nel barocco salentino così in una perturbazione multiversica come quella descritta da Saya, il “for successful living” diventa cancerogeno nel suo autoriprodursi, e dunque mutandosi in “rococò altro” crea vuoto di senso.

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martedì 22 giugno 2010

Il libro del giorno: Il quaderno di Josè Saramago (Bollati Boringhieri)




















Dagli ultimi atti del mandato di George W. Bush alle intemperanze del nostro presidente del consiglio, dalla crisi finanziaria che ha sconvolto i mercati occidentali alle polemiche su Guantànamo, dalla libertà limitata di Roberto Saviano ai recenti bombardamenti sulla Striscia di Gaza: "Il quaderno" raccoglie gli interventi pubblicati da Saramago sul suo blog tra il settembre 2008 e il marzo 2009, contributi fulminei e taglienti - al centro di polemiche tutte italiane - capaci di stilare una lucida, ironica e appassionata cartella diagnostica del nostro presente. E se a scandire il tempo e a dettare l'urgenza di queste cronache sono gli accadimenti del mondo, è la poesia più vera a ispirare le pagine dedicate alla notte in cui Obama ha vinto le elezioni americane, al ricordo di Fernando Pessoa o di Rosa Parks la sarta di Montgomery, Alabama, che viaggiando in autobus si rifiutò di cedere il posto a una persona di razza bianca -, come pure l'omaggio alla città di Lisbona o l'episodio del ritorno alla Torre di Belém della statua dell'elefante che dà il titolo al suo ultimo romanzo. Contributi vibranti, densi di acume e fervida immaginazione, che ci rivelano un Saramago, come scrive Umberto Eco nella prefazione, "impenitentemente irritato, e tenero".

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