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venerdì 3 luglio 2009

La vita agra di Luciano Bianciardi (Bompiani). Rec. di Vito Antonio Conte

Sono passate da poco le otto del mattino di sabato nove maggio duemilanove quando leggo “La morbida bolla di luce gocciò e si ruppe sulla pagina aperta. Come quella che spenge Anna prima di veire nel mio letto. E anch'io, tra poco, sbotto e goccio. Dunque quel plopped va bene così, no? Poi il sonno è già arrivato e per sei ore io non ci sono più”. Sono gli ultimi righi de “La vita agra”, quelli che chiudono il capolavoro di Luciano Bianciardi (Tascabili Bompiani, pagine 197, € 8,00). Ci sono libri che vorresti aver letto molto tempo prima di quando accade, altri che non lasciano segno, altri ancora che li leggeresti ancora una volta se soltanto non sapessi che c'è tanto altro da conoscere e il tempo è quel che è... Poi pensi che nulla accade per caso, anche quando la casualità sembra vestire il suo abito migliore. E allora, Bianciardi era lì, sullo scaffale dei libri da leggere, in bella vista, da diversi anni, aspettava il suo turno e il suo momento è arrivato: mi è piaciuto sin dall'incipit: per l'apparente sconclusionata digressione su fonemi e dialetti, per la citazione di Manduria (poi citerà anche Lecce e Copertino), per quell'aria di vita da fiera paesana che si respira immediatamente, per la citazione latina pertinente, per quel “Storto d'occhi ma dritto d'animo...” e, poi, mi è piaciuto per mille e mille altre ragioni, sino alla fine, quella che vi ho riportato in apertura di pezzo. Per chi non l'avesse ancora letto, non svelerò altro. Dirò soltanto che libertà è volerla e viverla, nonostante tutto e tutti, come se le vite fossero almeno due. Poi nient'altro dirò di questo libro, ch'è un capolavoro, come ho scritto sopra, e allora io -che non sono un critico letterario- cos'altro posso aggiungere? Un capolavoro è tale quando, narrando una storia qualunque, contaminando realtà e fantasia, rimane sempre attuale, contenendo la magia di trasmettere qualcosa al lettore. “La vita agra” è questo, ma non solo evidentemente... è soprattutto l'elogio delle marginalità, di tutte le marginalità, delle marginalità di ogni strato sociale, rese con crudezza, ma con un'eleganza stilistica unica e con una scrittura -all'un tempo- sobria e ricercata, ricca di neologismi, mai fine a se stessi, ma intercalati per dettare ritmo e sonorità al fluire della narrazione. Per evidenziarne i tempi. Per scandirne i momenti. Per esaltarne l'importanza. Il libro è stato scritto (in quel di Milano) nell'inverno del 1960-61 (fu pubblicato nel 1962 da Rizzoli) e del luogo e della stagione (ma del periodo, più in generale) contiene tristezze e contraddizioni. Italo Calvino fu uno dei primi lettori della bozza e ne rimase entusiasta. Bianciardi lo definì (prima ancora della pubblicazione) “la storia di una solenne incazzatura” e, subito dopo la prima edizione (stante l'immediato successo di critica e di vendite), ebbe a annotare: “Forse la vita agra stavolta è finita davvero”. È incredibile leggerlo e notare come in quasi cinquantanni sia cambiato il mondo e accorgersi che in fondo certe cose non cambiano mai. Ma sono di parola: non vi dico del romanzo. E poi, non mi è mai piaciuto, parlando di libri, soffermarmi sulla trama! Chiuderò questo pezzo con le stesse parole di Bianciardi, che non troverete nel romanzo, ma nella “Cronologia” della sua (breve e intensa) vita. Poco dopo essersi laureato, Bianciardi si sposa e a distanza di poco più di un anno e mezzo (ottobre 1949) nasce il primo figlio, Ettore. Nell'occasione Luciano Bianciardi riceve la visita di suo padre e di quell'incontro dice: “... parlammo della nostra vita, e di quella nuova vita che era nata ora. Dovemmo concludere che avevamo fallito, lui ed io, e forse anche suo padre, se c'erano state due guerre mondiali con tanti morti, e la miseria e la fame, e così scarsa sicurezza di vita e di lavoro e di libertà per gli uomini del mondo. Io conclusi che non doveva più accadere tutto questo, che non volevo che mio figlio, come me e come mio padre, rischiasse un giorno di morire o di uccidere, di soffrire la fame o di finire in carcere per avere idee sue, libere. Non potevo più neppure rinunciare ad avere fiducia nel mio mondo e nei miei simili, chiudermi in un bel giardinetto umanistico e di ozio incredulo, soddisfatto dell'aforisma che al mondo non c'è nulla di vero. Dovevo scegliere, la presenza di mio figlio me lo imponeva, non potevo neppure pensare di risolvere il problema individualmente, o di rimandarlo a più tardi, cercare, al momento buono, di truffare l'Ufficio leva, o creare per mio figlio una situazione di privilegio, far di lui , come aveva voluto mia madre. Non ci sarà soluzione sicura per mio figlio se non sarà sicura anche per tutti i bambini del mondo, anche questo mi pareva abbastanza chiaro... non basta essere soli col proprio lavoro e con la propria miseria, ci vuole anche un figlio per desiderare l'avvenire e lavorare a costruirlo”.
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giovedì 2 luglio 2009

Il libro del giorno: L' angelo dalla faccia sporca. Goal e guai di Valentín Angelillo di Dario Salvatori (Mannni)

La vicenda di Antonio Valentín Angelillo scorre a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, in un'Italia fra cambiali e boom economico, oriundi fuoriclasse e bidoni fuoriquota, tra inibizioni e peccati. In questo clima si incendia e si brucia la love-story fra Antonio e Ilya, calciatore e ballerina, pura premonizione di ciò che nel calcio accadrà. A completare il volume un inserto fotografico con le figurine Panini e le copertine dei rotocalchi dell'epoca.

"Salvatori si interessa di musica, non sa nulla di calcio però ha scritto questa bella, tenera storia di Angelillo, campione perseguitato da Herrera per amore"

di Antonio D'Orrico tratto da "In venticinque parole" del Corriere della Sera Magazine, n. 26 del 2/07/09, p. 102

casa editrice Manni: http://www.mannieditori.it/index_x.asp


L' angelo dalla faccia sporca. Goal e guai di Valentín Angelillo
di Dario Salvatori, Mannni editore (2009)

La fisica del successo di Natalie Reid (edizioni Il Punto d'Incontro)

Entanglement, è un termine anglosassone usato tra gli studiosi di fisica quantistica (Massimo Teodorani è un luminare in questo campo di studi) che sta a significare “intreccio”, anche se a mio avviso, sarebbe forse più appropriato usare la parola “legame” che in un tale ambito specifico indica che le particelle si comportano come un tutt’uno organico. Se si volesse avere un’idea di ciò di cui si sta parlando si può fare tranquillamente riferimento all’esperimento più importante, del 1982, fatto dal fisico francese Alain Aspect dove si osservò che se si cambiava una proprietà (come ad esempio lo spin o la polarizzazione) della prima particella cambiava nello stesso istante anche la proprietà dell’altra. E l’Osservazione eseguita dall’Osservante sembra essere il fulcro di tale mutazione, ovvero è emerso che l’atto della misura perturba la prima particella come lo stato della particella gemella. Naturalmente si tratta di un fenomeno quantistico confermato solo su di un piano microscopico. Ma modelli teorici recenti e complessi uniti ad uno studio meticoloso del cervello, pensiamo a al modello di “neurodinamica quantistica” proposto da Roger Penrose e dall’anestesiologo Stuart Hameroff, prevedono che le nostre strutture micro-tubulari, l’architettura complessiva dei neuroni cerebrali, funzionino sull’intera massa cerebrale attivando uno stato di “legame coordinato” tra loro, che si configura poi in un vero e proprio atto di coscienza. Fisici teorici come Brian Josephson, fisici sperimentali e psicologi sperimentali come Robert Jahn, Dean Radin e Roger Nelson, sono convinti che la telepatia e la “coscienza collettiva”, siano eventi concreti e tangibili frutto di intrecci quantici tra due o più coscienze separate tra di loro ma che tra loro comunicano con lo stesso meccanismo della risonanza. Pare dunque che il nostro inconscio puntualmente (la manifestazione del fenomeno potrebbe farlo sembrare invece un evento improvviso) possa “ricordarsi” che esiste un’anima gemella che vive da sempre in simbiosi con noi, e allora tutto accade in maniera simultanea, anche se può sembrare che il Caso ci metta il suo zampino. Insomma il mondo dei quanti rivela chiaramente che l’uomo può influire molto più di quanto pensa sul corso della sua vita. Ma non è vitale conoscere le complessità della fisica quantistica per mettere in pratica i suoi insegnamenti. Per le edizioni Il Punto d’Incontro esce “La fisica del successo” di Reid Natalie ovvero come usare gli incredibili segreti della fisica quantistica per creare la vita che desideri. Continuano gli interessanti contributi di autori legati in qualche modo al New Tought, e questo libro riconferma la bontà del progetto teoretico, dimostrando come si può cambiare la propria vita, avere un lavoro migliore, una casa, più denaro, qualcuno da amare o a raggiungere altri obiettivi di miglioramento personale. La fisica del successo aiuta a comprendere come siamo entrati in possesso di ciò che ci sta riservando l’esistenza e come modificarlo per ottenere la vita che si desidera. Primo passo importante da prendere subito in considerazione è quanto scrive l’autrice stessa a pag. 55 e 56: “ Qualunque sia la relazione di una persona con Dio, l’idea di Colui che fa funzionare la Grande Macchina non è più sostenibile. Non siamo pezzi inermi su una scacchiera, semplici distrazioni per un Dio che ha già deciso tutto. Non siamo soldatini che marciano dentro un piano predeterminato. Anzi, come prova la fisica quantistica, il mondo trabocca di potenzialità e promesse, e questo cambia tutto”. Dunque abbandonare la fisica deterministica di Isaac Newton (ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria) per prendere consapevolezza che il misterioso mondo dei quanti dimostra la nostra inconfutabile capacità di influenza sul corso della nostra vita: noi siamo co-creatori dell’universo. Ma per attivarci in questo occorre partire da una profonda assunzione di responsabilità individuale nell’intraprendere una data azione, e si tratta di un processo che la Reid illustra , unendo alle sensazionali scoperte della fisica quantistica, un lavoro di carattere pisco-antropologico approfondito e utile al lettore per guarire dalle ferite del passato, evitare l’auto­sabotaggio, a operare straordinari cambiamenti nelle relazioni personali, nel lavoro, nel rapporto con il denaro e in qualsiasi altro settore della vita. Attraverso un sistema in cinque passi (Assumetevi la responsabilità, Indagate ed eliminate, Progettate e create, Osservate e dategli forma, Dategli senso e valore), pratico e facile da usare, “La fisica del successo” fornisce potenti tecniche e meditazioni che stimolano l’inconscio a creare esattamente il futuro che desideriamo. Un consiglio: non lasciatevi intimorire dai numerosi riferimenti al pensiero dei più grandi esponenti della fisica quantistica come Werner Heisenberg, Hugh Everett o Max Planck o ancora Erwin Schrodinger … al termine della lettura del volume sarà tutto fin troppo chiaro

“L’universo è nato ed esiste solo perché lo osserviamo... A livello microscopico, noi partecipiamo nel creare il passato, così come il presente e il futuro”.

John Archibald Wheeler, astrofisico ideatore del concetto e del termine buchi neri

"Sulla mia scrivania capitano libri importanti solo sporadicamente, ma quando ho letto il libro di Natalie Reid ho capito che si tratta di un titolo che resisterà alla sfida del tempo, assieme ai capolavori di Napoleon Hill e Norman Vincent Peale. La fisica del successo è già un classico".

Vin Smith, The Midnight Bookworm

Natalie Reid ha un dottorato in Psicologia e ha approfondito le sue ricerche anche nel campo della fisica quantistica. Esercita come psicologa, unendo al coaching e alla meditazione l’espe­rien­za maturata in tren­t’anni di attività e stimolando la consapevolezza del­l’im­­portanza del legame tra mente e corpo. Ha lavorato con numerosi team di management di grandi aziende, come Bank of America, Isaac, Char­les Schwab and Fair, Progressive Corp. Natalie è spesso ospite di trasmissioni radiotelevisive e i suoi contributi vengono pubblicati da quotidiani e riviste. Vive negli Stati Uniti, tra la baia di San Francisco e il New England.

Come usare gli incredibili segreti della fisica quantistica per creare la vita che desideri.
ISBN: 9788880936541

Prezzo € 14,90


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mercoledì 1 luglio 2009

Chiarelettere e Monteverdi Promotion presentano a Roma "Il fatto quotidiano"

Mercoledì 8 luglio Roma diventerà protagonista della prima notte bianca contro la legge bavaglio dedicata all’informazione libera e indipendente. Un appuntamento che a partire dalle ore 21 e per tutta la notte vedrà succedersi musica e ospiti del mondo giornalistico, culturale e dello spettacolo. Marco Travaglio, Antonio Padellaro, Peter Gomez, Bruno Tinti, Oliviero Beha, Flavio Oreglio, Alessandro Bergonzoni, Vauro, sono solo alcuni dei nomi che uno dopo l’altro lanceranno il loro messaggio chiaro e forte contro ogni forma di censura e prevaricazione nei confronti di stampa, televisione e tutti i media che popolano il mondo italiano dell’informazione. Fulcro della serata sarà la presentazione del nuovo giornale “Il Fatto Quotidiano” in uscita a partire da settembre, con la direzione di Antonio Padellaro e che ad oggi conta già migliaia di richieste di abbonamento (il modulo si può scaricare su www.antefatto.it). La serata si svolgerà presso Alpheus Multiclub in Via del Commercio 36 (Roma), l’ingresso è libero.
L’evento è realizzato in collaborazione con Chiarelettere e Monteverdi Promotion.
Per info: info@monteverdipromotion.com Tel. 06 57 47 826

Il libro del giorno: La cripta d'inverno di Anne Michaels (Giunti Editore)

La storia d'amore tra Avery e Jean, una coppia anglo-canadese che nel 1964 si trasferisce sotto gli imponenti templi di Abu Simbel, e abita una casa galleggiante sul Nilo. Come per un destino legato all'acqua, i due giovani si erano incontrati pochi anni prima lungo la riva del fiume San Lorenzo mentre Avery, sulle orme del padre ingegnere, lavorava al canale navigabile che avrebbe sommerso villaggi, terre, memorie. Dal canto suo Jean, botanica per vocazione, salvava piante destinate a scomparire. Avery è adesso impegnato a smantellare i templi egizi per riassemblarli al riparo dall'inondazione provocata dalla nuova diga di Assuan. La dicotomia tra creazione e distruzione innescata dall'intervento umano turba i due protagonisti, mentre la loro intesa si incrina per colpa di una profonda, più personale ferita. Una volta tornati in Canada, Jean si avvicina a Lucjan, un artista polacco che le dedica un singolare mélange di erotismo e dolenti memorie sulla devastazione del ghetto di Varsavia e la ricostruzione nel dopoguerra. Un altro mondo cancellato e poi ricreato, simile eppure fittizio. Ma ciò che è sparito dal mondo visibile non continua forse ad abitarlo, nelle profondità recondite della terra e dell'acqua?

" A distanza di dodici anni (dal suo romanzo In fuga - ndc), la scrittrice canadese ha dato alle stampe La cripta d'inverno, storia di due giovani sposi canadesi chiamati Jean e Avery, i quali si trasferiscono a vivere in una casa galleggiante sul Nilo, in prossimità dei templi di Abu Simbel, all'epoca della costruzione della diga di Assuan. Nel romanzo si affronta il tema del progresso, della tecnologia e dei suoi effetti"

di Antonio Monda tratto da La Repubblica del 1/07/2009, p. 45

casa editrice Giunti: http://www.giunti.it/

La cripta d'inverno di Anne Michaels 2009, 336 p.
Giunti Editore (collana Giunti Blu)

Il segreto di piazza Fontana, Paolo Cucchiarelli (Ponte alle Grazie, 2009). Rec. di Manlio Castronuovo*

Il 12 dicembre 1969 alle 16.37, nel salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, una devastante esplosione causò la morte di 16 persone, per lo più agricoltori e commercianti che come ogni venerdì erano in banca per comprare e vendere i propri prodotti.
Quell’esplosione non fu la sola. Altri 3 ordigni deflagrarono contemporaneamente a Roma (due all’Altare della Patria ed uno alla Banca Commerciale provocando solo alcuni feriti) ed una bomba fu trovata inesplosa alla Banca Commerciale di piazza della Scala a Milano, e poi fatta brillare dagli artificieri nel cortile interno della banca prima che potesse fornire indicazioni utili sulla matrice degli attentati. Sono passati 40 anni e 11 gradi di giudizio non sono riusciti a stabilire né i colpevoli materiali né i mandanti degli attentati di quel giorno. Ci è riuscito Paolo Cucchiarelli, giornalista dell’agenzia ANSA, che ha realizzato un’inchiesta durata oltre 10 anni e che è stata pubblicata da “Ponte alle Grazie” nonostante altri editori, nel recente passato, si fossero tirati indietro dopo averne già annunciato l’uscita.
Il lavoro svolto da Cucchiarelli è molto complesso e rappresenta un passo in avanti molto consistente rispetto alla verità giudiziaria che, come sottolinea l’autore, è solo una parte della verità.
Il lavoro è diviso in quattro parti, molto corpose e documentate, nelle quali i dettagli portati a supporto delle ipotesi sono talmente tanti da lasciar trasparire tutta la serietà e l’importanza del lavoro. Nella prima parte Cucchiarelli parla degli oggetti mancanti, che sono stati dimenticati, dispersi o occultati e che hanno reso impossibile giungere alla verità giudiziaria e condannare i veri responsabili della strage. Ecco dunque riemergere altre due bombe inesplose, dei finti manifesti anarchici, delle borse diverse dalla “Mosbach & Gruber” che ufficialmente conteneva l’ordigno esploso nella BNA. Nella seconda parte vengono analizzate alcune “doppiezze” che sono state la chiave di volta per attuare la strategia che voleva far ricadere la colpa di tutto esclusivamente sugli anarchici. Così spuntano due taxi che avrebbero accompagnato due persone molto simili davanti all’entrata della banca pochi minuti prima dell’esplosione, alcuni sosia dell’anarchico Pietro Valpreda (il primo ad essere indiziato di aver messo la bomba), un secondo ferroviere anarchico che avrebbe dovuto “raddoppiare” il ruolo di Pino Pinelli. In questa parte Cucchiarelli riesamina tutta la vicenda di Pinelli e del suo tragico “volo” dalla finestra della Questura di Milano che lo stroncò la sera del 14 dicembre quando da oltre 48 ore era sotto interrogatorio da parte degli uomini della DIGOS che facevano capo al commissario Calabresi ed al dirigente Allegra. Cucchiarelli giunge ad un’ipotesi molto interessante e nuova sulla dinamica della caduta e, soprattutto, sulla sua causa.
Nella terza parte viene analizzata la strategia dell’infiltrazione e della provocazione che i gruppi dell’estrema destra facenti capo ad Ordine Nuovo effettuarono nei confronti degli anarchici e della sinistra marxista-leninista in generale. Questa tattica era iniziata già dal 1968 e si concretizzò in una serie di alleanze e commistioni che resero possibile attuare la logica della “seconda linea” che non vedeva più i fascisti come responsabili diretti degli attentati, ma come registi occulti (inconsapevoli per colui che ne veniva utilizzato) e braccio operativo determinante per realizzarli facendone ricadere le responsabilità su altri. Di questa logica di infiltrazione Cucchiarelli individua coloro che la supportarono e coloro che la coprirono. Nella quarta ed ultima parte l’autore esamina le responsabilità politiche ed internazionali, tutto ciò di cui ancora oggi nessuno vuol parlare, ricollocando le morti di Feltrinelli e Calabresi in un perverso intreccio di armi ed esplosivi.
“Il segreto di piazza Fontana” è un libro che non può mancare nella biblioteca di chiunque voglia conoscere quegli anni e di chi vuole sapere chi ebbe la responsabilità di sporcare di sangue quel pomeriggio prenatalizio nella speranza di scatenare una risposta autoritaria da parte dello Stato sul modello dei Colonnelli greci. Obiettivo, questo, che grazie al cielo fallì miseramente.

*Studioso degli anni ’70
www.vuotoperdere.org

martedì 30 giugno 2009

Il libro del giorno: Né Dio né Genoma. Per una nuova teoria dell'ereditarietà di Jean-Jacques Kupiec e Pierre Sonigo (Eleuthera)

Che cos'è una specie? Come comprendere l'obesità o il cancro? I progressi della biologia molecolare ci hanno convinto che, al pari di un creatore onnipotente, il genoma costruisce l'organismo e ne costituisce la spiegazione ultima. Ma per vivere gli animali hanno bisogno più di nutrimento che di informazione. Allo stesso modo, le cellule non sono governate da segnali ma dalla materia. Due ricercatori di fama internazionale mostrano qui che, dalla molecola all'essere umano, passando per le cellule e i virus, la vita si basa su interazioni libere guidate dalla selezione naturale e non sulla dittatura di un dio-programma inscritto nel DNA. Noi non siamo né il centro né la finalità del nostro organismo, ma solamente una società decentrata di cellule

"Secondo gli autori, la minaccia materialistica rappresentata dal darwinismo è stata disinnescata dagli scienziati stessi: le moderne biotecnologie hanno reintrodotto, seppur in altre forme, l'antropocentrismo e i preconcetti di cui la scienza sembrava essersi sbarazzata. (...) Secondo i due studiosi francesi, dunque, l'identificazione della persona con il suo codice genetico non ha reali conferme scientifiche e dipende piuttosto dalla necessità culturale tutta conservatrice di salvare l'individuo come fondamento indivisibile"

di Andrea Capocci tratto da Il Manifesto del 30/06/2009, p. 12

casa editrice Eleuthera: http://www.eleuthera.it/

Né Dio né Genoma. Per una nuova teoria dell'ereditarietà
di Jean-Jacques Kupiec e Pierre Sonigo 2009, 230 p., ill., Eleuthera

Stefania Ricchiuto a colloquio con Marco Vicentini di Meridiano Zero

E’ l’etichetta del noir per eccellenza, da quando, nel 1998, Marco Vicentini concretizzò l’idea di dedicare una realtà di produzione ad uno stile fino ad allora recluso in una nicchia, e considerato addirittura uno strato minore del più popolare genere giallo. Più di 150 titoli in dieci anni di attività significano un’energia incessante, una vitalità inesauribile, ma soprattutto una convinzione ostinata nell’opportunità di esplorare in modo aguzzino le mille e più declinazioni del romanzo nero. Con il risultato notevole di offrire al lettore, intenditore come novello, un terreno di pregio a cui rivolgere uno sguardo attento e bisognoso di narrativa “critica”. Abbiamo posto qualche domanda all’editore, per conoscere meglio questa realtà di culto.

Partiamo dal presente. L’ultima uscita in libreria è Ti vivrò accanto di Massimo Del Papa, un groviglio folle composto ad arte, interamente dedicato alla figura di Renato Zero. Qual è il filo logico che lega la storia di un artista “fluttuante” come Zero alle vostre raffinatezze narrative?

Il filo logico e’ proprio quello della presenza di una nuova collana che getta uno sguardo sul mondo musicale. Uno sguardo – noi speriamo – che offra gli stessi spunti di interesse e ricercatezza che i lettori ci creditano nella narrativa.

Il libro, peraltro, è parte della collana Mappe musicali, in cui avete già pubblicato Il cavaliere elettrico di Matteo Strukul, un viaggio in forma di intervista sul percorso artistico e personale del cantautore Massimo Bubola. Perché questa necessità di raccogliere delle biografie a carattere musicale? E soprattutto, in che cosa si differenziano, le vostre, da quelle “classiche”?

In realtà la linea della collana non è quella delle biografie. Noi cerchiamo di offrire sguardi differenti e di esplorare diverse maniere di raccontare la musica o i suoi personaggi. Alla scoperta di Bubola tramite le sue parole -Strukul fa parlare l’artista- si unisce un libro di critica musicale -Del Papa analizza tutte le canzoni di Renato Zero- e a tutto questo seguirà un affascinante dizionario sul blues a cura di Fabrizio Poggi, dove ogni voce è narrata quasi come un racconto. Come vedete, già i primi tre libri si differenziano alquanto…

Il nome di punta del vostro catalogo è senza dubbio quello di Derek Raymond, autore di ben otto titoli da voi tradotti e proposti, e scrittore strenuamente contrario a qualunque senso borghese della vita. La sua esistenza vorticosa e la sua penna eversiva esprimono appieno la vostra linea editoriale…

Raymond è solo una delle tante facce della nostra linea editoriale. Lo sguardo disincantato e satirico di Christopher Brookmyre sulla vita e convenzioni moderne, il fatalismo pessimista velato di un romanticismo d’antan di Hugues Pagan, lo spirito dissacrante verso le convenzioni del noir di Victor Gischler ad esempio, sono alcune delle altre facce.

La fedeltà a questa linea, al sentimento che la sussume, si scontra mai con l’attuale momento storico-sociale-culturale che l’Italia sta attraversando? E se si, qual è la risorsa principale per resistere?

La fedeltà a questa linea si scontra non tanto con il momento storico-sociale-culturale, quanto con il momento economico che l’Italia sta attraversando: è diminuita la disponibilità finanziaria dell’italiano medio, per cui le scelte culturali che cerchino di non dare la priorità alle istanze commerciali sono messe a dura prova. Quanto alle risorse per resistere, stiamo vivendo qualcosa che nasce dalle scelte di una democrazia che abbiamo lottato per instaurare e che dovremmo lottare per difendere. Qualunque brandello di informazione che propaghiamo o discussione che intavoliamo ci rende parte del processo di modificazione del momento storico che stiamo vivendo.

A proposito della scena italiana, il vostro impegno volge da tempo in direzione di narratori nostrani come Salvio Formisano, Angelo Petrella e Luigi Carrino, che nelle loro opere prime – rispettivamente L’accordatore di destini, Cane rabbioso e Acqua Storta – hanno scelto Napoli come sfondo casuale e hanno narrato, in maniera differente, la grettezza del male che anima le nostre città. Può il noir offrire chiavi di lettura per le corruzioni contemporanee, tanto per quelle private quanto per quelle più collettive?

Il noir da sempre -Chandler insegna- è un modo per raccontare la società contemporanea e affrontarne i problemi. E’ forse per questo che una città piena di problemi e pulsioni sociali come Napoli è così ricca di suggestioni noir. E quello che mi dispiace è che altre regioni sembrino più sonnacchiose e non abbiano ancora trovato la voce adatta che le racconti con il noir.

Per curare, invece, le traiettorie più internazionali, avete pensato e realizzato una collana per nulla standardizzata e piuttosto eccentrica come Primo parallelo, che sposta l’attenzione dal romanzo prettamente nero a quello sociale. Ci raccontate il senso di questa proposta?

Il senso è lo stesso della collana Meridiano nero, cioè quello di presentare romanzi che raccontino l’oggi tramite storie avvincenti, raccontate in maniera intelligente. Una cosa che prescinde dalla scelta di romanzi noir. E infatti le mie scelte avvengono sui libri, indifferentemente dalla collana. Talvolta, dopo aver scelto un libro, mi trovo a pormi il problema di quale sia la collana più adatta. Ma la collana Primo parallelo mi consente anche di affrontare scommesse culturali come pubblicare L’acrostico più lungo del mondo di Mazzitelli, una vera e propria sfida al lettore, o la divertentissima satira dell’Italia di questi anni, Actarus di Claudio Morici.

Terminiamo con uno sguardo a quel che sarà. I progetti di Meridiano Zero per i mesi imminenti…

Il progetto principale è “lanciare” un nuovo grande autore italiano, e ottenere per lui quella visibilità nazionale che solitamente è prerogativa delle grosse case editrici. L’autore su cui vogliamo puntare e’ Luigi Romolo Carrino. Ha esordito con Acqua Storta l’anno scorso, e abbiamo venduto 15000 copie con 8 ristampe. Abbiamo pubblicato l’edizione speciale di Acqua Storta con il CD del recital La versione dell’acqua e a settembre uscirà il fumetto. Infine a fine anno uscirà l’atteso nuovo volume di Carrino Amore di donna. Su di lui sono disposto a giocarmi la credibilità di dodici anni di vita della Meridiano zero e dire a ogni lettore: “Leggilo. Ti garantisco che non resterai deluso.”

lunedì 29 giugno 2009

Il libro del giorno: Un eroe per l'impero romano di Andrea Frediani (Newton Compton)

È il 101 d.C, l'anno in cui Roma, all'apice della sua potenza ed espansione, intraprende forse la sua più grande e meno conosciuta guerra: la campagna per la conquista della Dacia, l'odierna Romania. Il carismatico imperatore Traiano guida l'impresa, ossessionato dall'idea di emulare le gesta di Alessandro Magno. Ma se i romani possono mettere in campo la disciplina, la strategia e la collaudata forza delle legioni, i daci, condotti dal re Decebalo, hanno fama leggendaria di essere uomini dal sovrumano coraggio, guerrieri pronti a tutto. E a contrastare la minaccia dell'invasore appaiono anche alcune misteriose creature, assetate di sangue romano. All'ombra delle operazioni dirette da Traiano si intrecciano i destini di due fratelli romani: Tiberio Claudio Massimo, valoroso cavaliere, soldato ambizioso e determinato, e Marco, indolente e refrattario alle responsabilità. Tiberio passerà alla storia come colui che catturò il temibile Decebalo: la colonna traiana e la sua stele ritrovata nel secolo scorso lo raffigurano mentre tenta di impedire al sovrano nemico di suicidarsi. Marco invece è un frumentarius, una spia, un infiltrato nelle file daciche, eppure per la vittoria finale anche le sue mosse sotterranee risulteranno decisive.

"Il lettore, catturato da una piacevole scrittura senza pretese (ma anche senza cadute) assiste a battaglie descritte tecnicamente con una minuziosa verosimiglianza storica, ma soprattutto è coinvolto dall'ambigua storia che lo lascia fino alla fine nel dubbio sull'identità dei due fratelli"

di Giorgio De Rienzo tratto da il Corriere della Sera del 29/06/09 p. 27

casa editrice Newton Compton: http://www.newtoncompton.com/index.php?lnk=100

Un eroe per l'impero romano di Andrea Frediani, 2009
Newton Compton (collana Nuova narrativa Newton)

Blixa Bargeld: Rede/Speech

ADCartdiffusion, con il sostegno della Città di Alessano, presenta uno straordinario evento in Puglia con Blixa Bargeld. Il poliedrico artista berlinese che nel 1980 ha fondato una delle band più note del movimento industrial, gli Einstürzende Neubauten, anche chitarrista e cantante dei Bad Seeds, la backing band di Nick Cave, (con cui compare anche ne “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders), sarà quest’estate in Puglia. Unica tappa esclusiva, il prossimo 2 luglio ad Alessano (Lecce), dove presenterà una performance sperimentale tra teatro e musica. L’artista che con gli Einstürzende musicò l’Hamlet Machine di Heiner Müller ottenendo grande successo, sceglie anche oggi il teatro per il suo Rede/Speech uno spettacolo che esplora i confini del linguaggio e della musica. Microfoni, effetti, pedali, un paio di altoparlanti ed un mixer di fronte al palco per una strumentazione scarna e minimale con Boris Wilsdorf a controllare dalla parte opposta del palco. Bastano solo queste cose, a Blixa Bargeld, per creare manipolazioni vocali e suoni stratificati e complessi. Nello spazio di due ore vengono costruite trame ambient e sferragliate noise cupe e claustrofobiche, insieme a parti più morbide ed eteree, più vicine al concetto wave e post-rock.

Il progetto Blixa Bargeld: Rede/Speech, fortemente voluto e prodotto da ADCartdiffusion (Gianna Licchetta e Carla Romana Antolini), è realizzato in stretta collaborazione con le realtà emergenti di VAZCA e Due Lune TeatroTenda e con il supporto fondamentale di Anna Maria Mangia. Grazie all’interesse e al sostegno del Sindaco della Città Alessano, Gigi Nicolardi che ha accolto l’evento con grande entusiasmo, il Capo di Leuca riscatta l'orgoglio della sua periferia ospitando un evento d'avanguardia internazionale e permette l'espressione di un’alternativa culturale rispetto all'offerta di intrattenimento del Salento turistico.

Rede/Speech

Si tratta di una performance puramente linguistica, basata sulla emissione, registrazione, iterazione e sovrapposizione di sillabe, parole, frasi e vocalizzi. Se Blixa con i suoi Neubauten recupera e riutilizza materiali di scarto – ''lavoriamo con fili metallici, macchine costruite con cera che possono essere chiamate strumenti, liquidi e con qualsiasi cosa, dal fuoco a materiali organici, dalla gomma alla plastica'' – per (de)costruire nuova musica, in questo spettacolo – azione – egli riesuma parole dimenticate e prive di significato, suoni viscerali che solo la sua anima profondamente berlinese può emettere. Dalla formazione della band ormai leggendaria Einstürzende Neubauten nel 1980, alla sua presenza dal 1984 al 2003 nel gruppo Bad Seeds del cantante e performer Nick Cave, il berlinese Blixa Bargeld ha dimostrato di essere uno dei personaggi cruciali nella storia della nuova musica. Chitarrista, cantante, autore ed attore, Blixa Bargeld è un performer di rara versatilità, in grado di definire un mondo artistico ricco di sfumature. “Rede / Speech” è una straordinaria performance solitaria dedicata alla voce, dove il pubblico assiste in diretta alla metamorfosi di frasi, parole e sillabe in una architettura musicale potente ed affascinante.

Ancora una volta Blixa Bargeld coinvolge gli ascoltatori nel suo mondo sonoro, come nel laboratorio di un alchimista della voce, dove tutto si sviluppa in diretta, tra dinamiche timbriche di rara intensità, catturando lo spirito e l’energia del momento. Dal 1995 Blixa Bargeld lavora al progetto di “Rede/Speech”, che è già approdato in numerosi ed importanti festival europei, e la dimensione palpitante ed umana della sua performance ne assicura un rinnovamento costante che avvince e sbalordisce gli spettatori.

La Legge dell'Attrazione - chiedi e ti sarà dato di Esther e Jerry Hicks (Tea)

Il Desiderio è una corto circuitazione dell'Io, un impulso della volontà verso un oggetto esterno, che si vuole contemplare o possedere. Per l'Io dunque le sensazioni oscillano tra il dolore o la piacevolezza, se il Desiderio viene soddisfatto o meno. Principium individuationis è la tensione verso ciò di cui si ha bisogno. In molti sostengono che alla base di diversi culti religiosi ci sia il Desiderio del trascendere, di un ordine metafisico, di un Dio o di più divinità, come essere/i supremo/i che prevalgano su e regolino l’immanenza, il mondo materiale. Ad esempio nel Cristianesimo e nell’ Islam l'umana tendenza desiderante all’immortalità viene appagata con la consapevolezza nella risurrezione. L'inferno è il rovescio della medaglia in quanto il Desiderio di una giustizia trascendente viene placato. Per non parlare poi dell'Induismo dove attraverso alcune pratiche mistico-meditative il Desiderio può essere contenuto nella sua totale negazione fino al raggiungimento del Nirvana. E il Desiderio è il fondamento basale da cui partono , i coniugi Hicks,
che dopo lo straordinario successo della “Legge dell’attrazione”, ci aiutano a trovare ciò che vogliamo veramente raggiungere nella nostra vita e a capire gli strumenti più consoni per arrivare a questa meta tanto ambita. Desiderare. Scoprire l’entusiasmo per qualsiasi cosa si vuole davvero raggiungere nella propria vita. Decidere. Scoperto l’obiettivo, decidere un personale progetto di vita attraverso un impegno spirituale profondo. Chiedere. Raggiungere la sicurezza e la gioia necessari, utilizzando parole semplici, concise che non diano adito a fraintendimenti. Credere. Credere nel risultato a livello conscio e inconscio. Lavorare. Progettare un’auto/disciplina del fare e produrre per ottenere giorno dopo giorno ciò che si desidera. Immaginare il Desiderio soddisfatto e continuare a lavorare su nuovi obiettivi. Ringraziare, ricordando sempre di rendere omaggio all’Universo sentendo la gratitudine nel proprio cuore. Il libro raccoglie tutti gli insegnamenti all'origine del fenomeno “The Secret”. Questo è già una singolarità. Scrive Neale Donald Walsch nell’introduzione: «Qui avete tutto ciò che vi serve sapere sulla vita e su come farla funzionare. Tutti gli strumenti che vi servono per creare le esperienze che avete sempre voluto!». Ma non è tutto! Un libro singolare innanzitutto perché i 22 esercizi che vengono proposti nel volume nascono dall’intenzione degli autori, attraverso il consiglio all’esercizio costante delle facoltà mentali di visualizzazione, focalizzazione , meditazione, di far recuperare l’unità vibrazionale esatta per allinearsi con l’energia dell’Universo. Parliamo in termini tecnici di transizione vibrazionale, e dunque di energia vibrazionale che è quantica.. Si intende con ciò che essa può avere solo determinati valori discreti che corrispondono a differenti livelli di energia. Nel mondo dell’estremamente piccolo, quando una particella perde un'unità di energia vibrazionale (fonone), si dice che sia passata ad uno stato più basso di energia vibrazionale. Il cambiamento degli stati di energia corrispondono al nostro essere o meno in frequenza con l’energia vibrazionale dell’Universo, il nostro corriere espresso dei desideri. E quando il nostro umore sarà stabile e produrrà felicità, gioia di vivere, avremo il chiaro segnale di essere in Sintonia. Il contrario in presenza di malumori o stati emotivi depotenziati. Elemento che caratterizza in maniera ulteriormente il volume “La Legge dell'Attrazione - La visione del mondo e le rivelazioni all'origine di "The Secret" (Tea) dei coniugi Hicks è il fatto che gli insegnamenti contenuti nell’opera sono frutto di un chanelling attraverso cui Abraham, un gruppo di evoluti maestri incorporei, parla per bocca di Esther. Esther e Jerry Hicks che sono diventati il punto di riferimento di una nuova filosofia del benessere, ricevendo un’attenzione mondiale da parte di pensatori e insegnanti all’avanguardia, che a loro volta hanno incluso molti dei loro concetti nei propri libri e seminari. Parliamo di Wayne W. Dyer, Louise Hay, Sylvia Browne e, non per ultima, Ronda Byrne . Quando qualcuno sa che avrebbe ottenuto delle cose a cui teneva particolarmente, queste sono sempre arrivate! In fondo Cristo l’ha sempre detto: chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto. Se la nostra fede è grande quanto un granello di senape, riusciremo a muovere le montagne!


Il secondo libro con il metodo che aiuta a essere, realizzare o avere tutto ciò che si desidera!

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domenica 28 giugno 2009

A Roma alla FESTA DELL'EDITORIA ROMANA il libro di Leonard Cohen, Confrontiamo allora i nostri miti (Minimum Fax)

Confrontiamo allora i nostri miti presenta per la prima volta al pubblico italiano la raccolta poetica d'esordio di Leonard Cohen. Apparsa originariamente nel 1956 e da tempo introvabile anche in lingua originale, questa silloge permette di riscoprire, a oltre cinquant'anni di distanza, le espressioni giovanili di una voce destinata ad affermarsi come una delle più uniche e rappresentative del Novecento.

"Confrontiamo allora i nostri miti è la sua raccolta d’esordio, diventata ormai un libro di culto e qui proposta per la prima volta ai lettori italiani. Pubblicata a soli 22 anni, quando Cohen era ancora uno studente universitario, suonava in un gruppo country e sperimentava sostanze stupefacenti, contiene già in sé i grandi temi della sua opera: il misticismo e la lussuria, la lotta politica e lo sciamanesimo, il controcanto fra l’ironia e la tragicità."

di Giulia Mozzato tratto da Wuz.it

Presentazione del libro di Leonard Cohen "Confrontiamo allora i nostri miti".
Partecipano all'incontro i traduttori Giancarlo De Cataldo e Damiano Abeni
Il cantautore Mimmo Locasciulli eseguirà dei brani al pianoforte tratti dal suo ultimo lavoro Idra, dedicato a Leonard Cohen.
Start: martedì 30 giugno 2009, h. 22.00
Piazza del Popolo, Roma

Punto linea superficie di Vasilij Vasil'evič Kandinskij (Adelphi). Intervento di Maria Beatrice Protino

«É lo spirito che determina la materia.. Così a poco a poco, il mondo dell’arte si è distinto dentro di me dal mondo della natura, sinchè, alla fine, entrambi hanno acquistato una totale indipendenza l’uno dall’altro». Queste le riflessioni che Vasilij Vasil'evič Kandinskij – pittore russo, principale esponente dell’astrattismo in genere e dell’astrattismo non-geometrico in specie, ma anche giurista e scrittore ( il suo amico Hugo Ball sottolineò l’opera di purificazione del linguaggio poetico di K. e il parallelismo tra la ricerca poetica e pittorica condotta dall’artista ) - fa nella sua autobiografia del 1918.
Nel 1926 fu pubblicato a Monaco di Baviera Punto linea superficie - in Italia la ventiquattresima edizione gennaio 2004 da Adelphi: quello che è da considerare la prosecuzione organica del precedente saggio ( Dello spirituale nell’arte ) del 1911. K. era allora professore alla Bauhaus.
Punto, linea, superficie nacque in quel periodo come compendio di una grande parte della dottrina che K. esponeva ai suoi studenti e costituiva il risultato di una profonda ricerca di puri valori formali all’interno dell’opera d’arte medesima. Così, K. si proponeva di fondare una nuova scienza dell’arte per due necessità ben definite: «La necessità della scienza in genere, che deriva liberamente da uno slancio non-utilitario o extra-utilitario verso il sapere - la scienza pura - e la necessità dell’equilibrio delle forze creative, che debbono essere divise in due parti schematiche: intuizione e calcolo - la scienza pratica». Il testo costringeva, allora per la prima volta, ad un nuovo rapporto con l’opera d’arte, ad un’esplorazione che «permette di diventare attivi in essa … per prender conoscenza della struttura interna, dello spirito e dell’idea» lì manifesti.
K. spiegò in maniera efficace le teorie sulle distribuzioni del peso all’interno delle superfici e tentò - con successo - di delineare i procedimenti pittorici attraverso cui l’analisi degli elementi minimi e fondamentali della pittura - quali il punto e la linea, in quanto successione di punti, e il loro rapporto con la superficie che gli accoglie - conduce ad una sintesi di ordine spirituale. A questo scopo condusse un’analisi che porta alle estreme conseguenze ciò che lui definì essere «le affinità profonde fra arti diverse ( la pittura con la musica, la danza..) e le connessioni organiche tra l’arte e le forme della civiltà o dell’inciviltà».
Il punto è messo in relazione con la grammatica, con la musica e con la biologia: «Il punto geometrico è il più alto e assolutamente l’unico legame fra silenzio e parola. Esso appartiene al linguaggio e significa silenzio. É un’entità invisibile, immateriale. Pensato materialmente, equivale a uno zero. .. la linea non è altro che la traccia del punto in movimento, dunque il suo prodotto: qui si compie il salto dallo statico al dinamico. Esso è dunque la massima antitesi dell’elemento pittorico originario – il punto. La superficie di fondo, delimitata da 2 linee orizzontali e 2 verticali, ha un suono chiaro: due elementi della quiete fredda e due della quiete calda sono due suoni doppi della quiete, che determinano il suono tranquillo, oggettivo della siperficie». Ogni forma, ogni colore è una traccia che deve concorrere a un risultato espressivo. La loro capacità evocativa deve essere studiata, classificata: il giallo e il rosso, ad esempio, tendono ad espandersi, trasmettono gioia, calore e vitalità, mentre l’azzurro, che tende a contrarsi, spinge alla meditazione e all’approfondimento. Le forme – in quanto costituite da tensioni di forze - possono indebolire o potenziare i colori: i colori squillanti si intensificano se sono posti entro forme acute - per esempio il giallo in un triangolo; i colori che amano la profondità sono rafforzati da forme tonde – l’azzurro da un cerchio.
Scriverà in una sua poesia: «A sinistra, in alto nell’angolo, un puntolino/ A destra, nell’angolo in basso, altro puntolino/ E al centro niente di niente/ E niente di niente è tanto, tantissimo/ In ogni caso assai più di qualcosa».

Il libro del giorno: Il ricatto di John Grisham ( Mondadori)

Cresciuto nello studio legale del padre nella cittadina di York, in Pennsylvania, Kyle McAvoy è un giovane con un roseo futuro davanti. Intelligente e di bell'aspetto. Ma nel suo passato c'è un segreto che lui avrebbe voluto dimenticare, e quando alcuni loschi personaggi lo avvicinano annunciandogli di avere le prove del suo coinvolgimento in uno stupro di gruppo negli anni del college, Kyle avverte la sgradevole sensazione di non essere più l'unico padrone del suo destino. I ricattatori agiscono per conto di un misterioso committente interessato a una causa che vede due prestigiose società darsi battaglia per il possesso dei progetti di un avveniristico bombardiere commissionato dal Pentagono. Kyle, semplicemente, dovrà fare ciò che sogna ogni giovane avvocato: accettare l'offerta di lavorare a New York nel più prestigioso studio legale del mondo, che gli ha offerto un impiego strapagato. Questo gli consentirà di passare ai suoi ricattatori preziose informazioni riguardo al contenzioso in atto. Trovandosi costretto a commettere un crimine per nasconderne un altro, Kyle si rende conto che la sua carriera e la sua libertà sono in pericolo, come anche il futuro che aveva immaginato per sé. Ribellarsi al diabolico meccanismo che rischia di stritolarlo significherà ridare un senso al suo codice etico e mettersi una volta per tutte alla ricerca, della verità, anche su se stesso.

"Con Il ricatto, John Grisham fa compiere al giallo giudiziario più di un passo in avanti verso una strategia narrativa nella quale procedure legali e spionaggio convergono in uno schema complottista che non esclude, anzi esalta, i fattori umani e lo scandaglio psicologico"

di Enzo Verrengia tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno del 28/06/09, p. 27

Casa editrice Mondadori: http://www.mondadori.it/libri/index.html

Il ricatto di John Grisham
2009, 390 p., Mondadori (collana Omnibus)

sabato 27 giugno 2009

Colui che gli dei vogliono distruggere, di Gianluca Morozzi (Guanda). Rec. di Nunzio Festa

Fra gli scrittori originali uno dei più originali. Morozzi, nuovamente, questa volta con “Colui che gli dei vogliono distruggere”, riesce a stupire. A distanza, controllata, con “Blackout”. Altro stupefacente romanzo dell'autore bolognese, che rimane l'opera migliore. Morozzi è stato capace di nuovo d'inventare una serie di personaggi, luoghi, situazioni che sorprendono e allo stesso tempo si lasciano ricordare. Il nuovo romanzo di Gianluca Morozzi è strutturato utilizzando tre diversi piani di ritmo narrativo, si sviluppa addirittura in tre mondi paralleli e perpendicolari quando non intersecanti ed è alimentato da vicende sentimentali tutt'altro che mielose. Dunque diversi stati della storia, anzi della trama, sui quali la storia stessa cresce e matura. Con la brillante trovata di creare persino diverse proiezioni dello stesso personaggio. Il romanzo è fitto di fantasia. Si muove nella fantasia. Ma, chiaramente, non tralascia pecche e buone cose della realtà; soprattutto, va detto, pecche. A seguire i supereroi di Morozzi ci si diverte e, alla fine, non si prova neppure un piccolo grammo di stanchezza. Tante volte, per fortuna, persino si ride.
Molte. Si dica, per necessità, che il volume è pieno d'umorismo. E, in questo campo come nella più semplice costruzione del narrare, Morozzi ha pochissimi rivali. La parte, tra l'altro importante, che parla delle vicende legate a questo musicista Johnny Grey è a dir poco imperdibile.
Lo scrittore con questo libro ha dato prova, se ce ne fosse ancora bisogno, di essere uno dei migliori narratori italiani d'oggi. Al di là dei giudizi sommari e/o complessivi, è semplice testimoniare grazie alla lettura come il filo steso da Gianluca Morozzi faccia camminare immagini e musiche, odori. E, soprattutto, provochi sensazioni varie. Causando nel sentire di lettrice o lettore, e mentre il filo si fortifica invece di farsi male, reazioni che a ogni modo fanno piacere. Morozzi è scrittore popolare e d'indubbio talento, nonostante la critica più con la puzzetta sotto il nasone non sia sempre disposta ad accettarlo. Per questa ragione è già da tempo cominciata l'attesa per la creatura che arriverà.


Colui che gli dei vogliono distruggere, di Gianluca Morozzi, Guanda (Parma, 2009), pag. 334, euro 16,50.

Il libro del giorno: Frank Capra non era un mafioso di Francisco Moita Flores e António de Sousa Duarte (Cavallo di ferro)

Frank (Francesco) Capra, il famoso regista, è nato a Bisacquino, un luogo sperduto nelle montagne a pochi chilometri da Corleone, paese natale di Don Vito Cascio Ferro. Questi due conterranei si imbarcarono sulla nave «Germania» per raggiungere la terra promessa dell’immigrazione italiana: l’America. In questa nuova terra delle grandi occasioni le loro vite marcheranno, sebbene in modo molto diverso, la Storia. Don Vito diventerà il fondatore di Cosa Nostra, il capo dei capi, desideroso di lavare il suo denaro sporco attraverso l’industria cinematografica, e Capra, «l’uomo-bambino», si trasformerà nell’inventore dell’«happy end» e creatore del «sogno americano». Le loro vite si incroceranno con quella di un altro personaggio italiano molto famoso: l’agente Joe Petrosini, oriundo di Palermo e responsabile pubblico della brigata antimafia della Polizia di New York, che sarà assassinato da Don Vito. «Frank Capra non era un mafioso» è un romanzo storico che descrive fatti reali ispirandosi alle biografie di questi tre uomini tanto diversi tra loro, uomini che segnarono profondamente la Storia dell’America e del Mondo e le cui vite non fecero che incrociarsi. Una storia sull’Italia del XIX secolo e l’America del XX secolo.

"Frank Capra non era un mafioso è anche un romanzo sulla emigrazione, quella d'inizio secolo, quando la terra promessa erano gli Stati Uniti e i migranti eravamo noi: italiani miserabili pieni di fame e di energia"

di Rosella Simone tratto da D La Repubblica delle donne, n. 652, p.30


casa editrice Cavallo di Ferro: http://www.cavallodiferro.it/catalog/pags/spip.php


Frank Capra non era un mafioso
di Francisco Moita Flores e António de Sousa Duarte
Pagg.192, anno 2009 (Cavallo di Ferro)

venerdì 26 giugno 2009

MISS LITTLE CHINA di Riccardo Cremona e Vincenzo de Cecco con Raffaele Oriani e Riccardo Staglianò (Chiarelettere)



"Miss Little China fa vedere per la prima volta i cinesi in una dimensione quotidiana. Un'intimità personale e famigliare completamente inedita. Un'occasione rara per entrare in un mondo di cui non si sa niente, al netto di una quantità industriale di luoghi comuni."






Dopo "I cinesi non muoiono mai", con questo libro Oriani e Staglianò tornano a raccontare la “straordinaria normalità” di un popolo molto simile agli italiani di un
tempo. Un popolo di migranti, tenace e coraggioso, che attraversa mille contraddizioni ma sa reagire alle difficoltà. “Sono poi così diversi dai nostri padri, madri e nonni di cinquant’anni fa i migranti cinesi che oggi si riversano da noi con l’unico obiettivo di lavorare sodo, fare fortuna e mettersi in proprio?”
Nella seconda parte (“A lezione di Italia”), il libro riprende la lezione del prof. Lu Jiehuan, in Italia da vent’anni, ultima tappa di un viaggio che lo ha portato in
Giappone, Brasile, Ecuador, Cuba, Canada. Nel nostro Paese ha fatto il cuoco, il commesso in un supermercato, l’operaio tessile, il gestore di fast food. Oggi fa il
mediatore culturale. Insegna ai cinesi non solo la lingua ma soprattutto chi sono e come vivono gli italiani.

Dopo I CINESI NON MUOIONO MAI di Raffaele Oriani e Riccardo Staglianò (luglio 2008)
da oggi in libreria per Chiarelettere, il dvd + libro MISS LITTLE CHINA di Riccardo Cremona e Vincenzo de Cecco, con Raffaele Oriani e Riccardo Staglianò

Contenuti extra:

LEZIONE DI ITALIA
del prof. Lu Jiehuan. L’Italia e gli italiani visti e raccontati dai cinesi.

Il libro del giorno: Bluff. Perché gli economisti non hanno previsto la crisi e continuano a non capirci niente di Marco Cobianchi (Orme Editori)

"Questo libro raccoglie stralci di editoriali, dichiarazioni e interviste dei più importanti economisti italiani apparsi sui maggiori quotidiani, contiene un'impressionante sequela di clamorosi errori di valutazione dei migliori cervelli italiani. E proprio per questo è la dimostrazione del bluff di questa disciplina di studio e delle sue formule matematiche. È evidente, leggendo gli articoli scritti prima e durante lo scoppio della crisi, quanto le teorie abbiano azzerato la capacità di un'intera classe di studiosi di elaborare i dati che la realtà metteva a loro disposizione. Non li capivano? Li sottovalutavano? Oppure, semplicemente, era meglio non approfondirli?" Marco Cobianchi

"Una dettagliata rassegna di come e perchè gli economisti non abbiano saputo prevedere la crisi in corso"

di Massimiliano Panarari tratto da Il Venerdì di Repubblica n.1110, p. 104

casa editrice Orme: http://www.ormeeditori.it/

Bluff. Perché gli economisti non hanno previsto la crisi e continuano a non capirci niente di Marco Cobianchi
2009, Orme Editori

Ben Harper. Arriverà una luce a cura di E. Labianca e P. De Rossi (Stampa Alternativa/ Nuovi Equilibri). Rec. di Vito Antonio Conte

Intorno alla fine del mese scorso, nel mentre ero in quel di Napoli, ricevevo la telefonata del rivenditore di materiale musicale dal quale, ogni tanto, acquisto... musica (sentendomi un po' “fuori moda” dal momento che -ormai- la musica si... scarica..., ma -da sempre- preferisco le cose originali!). Qualche settimana prima avevo ordinato l'ultimo lavoro di Ben Harper. La telefonata, che seguiva un sms, mi informava che il CD richiesto era arrivato! Io, invece, ero partito: per Napoli, appunto. Adesso ascolto quelle note, dopo aver concluso lì un'annosa vicenda legale legata a un mio vissuto che mi ha profondamente segnato, un incontro ravvicinato dell'ultimo tipo (con la signora di niente vestita), disvelandomi una vita nuova, epilogando una fase esistenziale già iniziata molto tempo prima, con archiviazione di un'altra vita. Sempre mia. Rientrato a Lecce, col ricordo di Napoli stretto tra le dita (come di pagina -di un libro in divenire- segnata con parole impresse indelebilmente a dire dell'amore che non si può dire...), trovo Ben Harper che m'aspetta. Adesso ascolto quelle note. Ma meglio procedere con ordine: prima del senso dell'udito c'è quello della vista: è un gran bel vedere la copertina del nuovo CD dell'artista di Claremont. Potrei scrivere un pezzo intero soltanto per dirvi della bellezza della copertina. Ma non lo farò ché, se vi verrà curiosità, potrete acquistare il CD originale e così saggiarne la consistenza con tutti i sensi, tatto compreso, ché si tratta di una vera opera d'arte, “giocata” sul paradosso evocato dal titolo del CD (White Lies For Dark Times), dove la parola White contiene (graficamente, in proiezione d'ombra) la parola Lies e insieme significano bianche bugie, bugie innocenti, come non ne esistono nella realtà! L'autore dell'artwork di White Lies For Dark Times è quel grande artista underground che risponde al nome di Winston Smith, eclettico collage-artist, grande amico di Ben, che, sin dagli anni settanta, ha -tra l'altro- creato le copertine di dischi di diversi gruppi musicali, contribuendo a renderli noti (ricordo i Dead Kennedys e i Green Day). E l'incontro tra grandi (quasi sempre) genera grandi cose. Adesso ascolto quelle note. Ben Harper, in questo ultimo lavoro, ha cambiato gruppo: la nuova band è quella dei Relentless7 (Jason Mozersky -chitarra-, Jesse Ingalls -tastiere e basso-, Jordan Richardson -batteria-). Ho letto su qualche rivista specializzata e sentito per radio che le canzoni di questo nuovo CD sarebbero più dure, più vorticose, dal ritmo più veloce, più rock (in una parola) rispetto ai precedenti lavori di Ben Harper. Qualcuno ha attribuito ciò alla vocazione musicale del nuovo gruppo. È vero, ma non del tutto. Per due ragioni essenzialmente: Ben Harper, anche in passato, ha dato pezzi di travolgente rock (hard, addirittura); sempre, Ben Harper, ha commistionato melodie stili e ritmi diversi, mai disdegnando di inserire oasi di pace-ascesi-incazzatura-leggerezza poetico-musicale nei brani e ciò pur avvalendosi della collaborazione di gruppi tra loro eterogenei (penso, tanto per fare qualche esempio, a Live From Mars, doppio CD in cui a accompagnarlo erano i The Innocent Criminals, e a There Will Be A Light, dove la band che suonava con lui era quella dei Blind Boys Of Alabama). Voglio dire che anche in questo CD, nonostante le note serrate e esplosive di gran parte dei pezzi, ci sono momenti di assoluta liricità, voli mistici e estasi di laica preghiera. Il tutto in una simbiosi di suono e pensiero (cui mai rinuncia Ben Harper). Forse, è vero che i pezzi di White Lies For Dark Times sono più graffianti, ma in tutti è riconoscibilissima la cifra musicale di Ben Harper e non ve n'è neppure uno in cui non vi siano tracce delle esperienze-conoscenze (non soltanto musicali: notevolissime, queste!) pregresse di Ben Harper: rock, certo, ma anche folk, soul, blues, reggae, funky e gospel. Stili che Ben Harper ha appreso da assoluto autodidatta, studiando col massimo rispetto la musica tradizionale e i grandi dei diversi generi, ascoltando gli originali e ricercando -poi- la fonte che aveva ispirato quei grandi e la loro tecnica, possedendo un talento straordinario che ha fatto dire al suo mentore, David Lindley, “Mi ha sempre sorpreso la facilità con cui Ben imparava, semplicemente guardando e ascoltando gli altri”. C'è, anche in quest'ultimo lavoro, la eco di quel suo originalissimo modo di creare il nuovo e ch'è frutto della sua capacità di contaminare il bleuegrass, il blues e il folk della tradizione musicale della sua Terra con le sonorità di altre aree del mondo (Africa, Mediorente, India). Poco prima dell'attuale primavera, mi portavo in macchina un CD e ogni Kilometro era scandito dalla chitarra del suo autore: il CD è Blues Is The Colour, l'autore John Lee Hooker: la citazione non è casuale: Ben Harper considera Hooker il “Budda del Blues”, la sua guida spirituale, il modello professionale per eccellenza e l'insegnante insostituibile. Di lui Ben Harper ha (tra l'altro) detto: “E' il gran maestro della tonalità in Mi, e tutto ciò che so sui riff di chitarra, sui toni e sulle inflessioni vocali lo devo a lui, mi ha insegnato come cantare una canzone e come modularla. Quando ci siamo conosciuti (1994) mi ha subito detto . E questo mi ha colpito molto, così come mi hanno sempre impressionato i suoi dischi acustici. Possiedono qualcosa di speciale, contengono quella vibrazione che arriva nel tuo io più profondo. A volte l'emozione è importante tanto quanto il suono”. Non aggiungerò altro su quel che è Ben Harper, una bella biografia (dalla quale ho attinto) è stata pubblicata per i tipi di StampaAlternativa/NuoviEquilibri da Ermanno Labianca e Patrizia De Rossi col titolo “Ben Harper Arriverà una luce” (in vendita con allegato il CD Roots Of Ben Harper, 2005, € 15,00), ma ci tengo a dire che ho incontrato la sua musica grazie al mio Editore Gianluca Pensa (si lavorava al mio primo romanzo!) e che quella LUCE (citata nel titolo del libro testè indicato) splende più che mai! Di più: questo lavoro contiene una mai doma voglia di lottare, una forza senza la quale niente è possibile e una sensibilità allenata in quell'angolo di California (Claremont, dove ancora c'è il negozio di strumenti musicali aperto dagli antenati di Ben Harper, il Folk Music Center, diventato anche centro culturale, nonché museo nazionale), dove radici voodo, sangue indiano, cultura afro, mistero e esoterismo e altro ancora hanno contribuito acché Ben Harper fosse quello che è: straordinariamente unico. Cambiano i musicisti, ma lui, pur nel nuovo, è inconfondibile: ascoltatevi Skin Thin... poi asciugate le lacrime nel più bello dei sorrisi.

giovedì 25 giugno 2009

Metafisica della vita quotidiana di Andrea Scarsi (Macro edizioni)

Quando parliamo di metafisica, almeno per chi è avvezzo alla terminologia teologico-filosofica, facciamo riferimento a quella particolare indagine sui limiti e sulle possibilità di una conoscenza che travalica l'esperienza sensibile. I cinque sensi sono limitanti e non riescono a percepire l’essenza delle cose. Di cosa si occupa allora la metafisica o chi si occupa di tale disciplina? Il suo oggetto è la ricerca della struttura universale e oggettiva che si pensa possa essere da sostrato alle cose, e la coscienza è il nostro strumento più idoneo per togliere questo velo di Maya che ci rende opaca la Visione. Diciamo che di metafisica se ne sono occupati i più grandi filosofi da Parmenide, Socrate, Platone, Aristotele, fino ad Agostino, Tommaso, Cusano, i quali sembrano essere tutti concordi nel sostenere che se non si ha coscienza di sé non si può avere coscienza di ciò che si percepisce con i sensi e se non si può percepire ciò che i sensi mi comunicano non posso coordinare l’energia che la mia coscienza emana all’unisono con quella della mente, che insieme sono i gangli necessari per attivare il meccanismo della creazione. Quando coscienza e consapevolezza raggiungono il proprio punto di fusione allora l'illimitata riserva di energia, intelligenza e creatività che giace in ognuno di noi viene risvegliata dalle radici più profonde del nostro essere. Questo flusso illimitato che incuba dentro se, intelligenza, creatività e pace sarà l’enorme sostegno nella nostra vita quotidiana. Andrea Scarsi, classe 1955, inizia a praticare Yoga e Spiritismo sin dall’età di 15 anni., a 21 è introdotto alla conoscenza del Buddismo Tibetano e a 24 anni entra in maniera ufficiale nel mondo della meditazione guidato dal Maestro Spirituale Bhagwan Shree Rajneesh.
Il suo percorso di ricerca è basato soprattutto sul risveglio della consapevolezza, il riequilibrio energetico e l'evoluzione personale, che non solo pratica ma anche insegna. In questo suo lavoro che ho avuto il piacere di studiare e meditare a fondo, devo dire che ho riscontrato nel pensiero di Scarsi una base di riflessioni che sicuramente attingono alla conoscenza e a pratiche meditative e insegnamenti che provengono oltre che dal suo maestro anche da grandi illuminati come Paramahansa Yogananda, Maharishi Mahesh Yogi, e l’immenso Jiddu Krishnamurti. Tutta la sua esperienza Andrea Scarsi l’ha sintetizzata, per quanto è possibile ovviamente, in un volume edito da Macro edizioni e dal titolo “Metafisica della vita quotidiana”. Ed è una segnalazione editoriale che mi sento in dovere di fare, soprattutto perché è un piccolo e prezioso vademecum per espandere la propria consapevolezza attraverso meditazione, contemplazione, concentrazione e sperimentazione. La Metafisica, nel senso originalissimo in cui la intende questo autore, ovvero la scienza che investiga l'assoluto e il legame che unisce ogni cosa che è, non avrà segreti. E preziosa pubblicazione risulta esserlo anche perché non utilizza un linguaggio per “iniziati”, ma una grammatica di facile comprensione anche per i neofiti che giungeranno a fine lettura a saperne un po’ di più sull’universo e sulle leggi che regolano la vita e l’uomo e su tutte quelle tecniche utili per la meditazione, contemplazione, concentrazione e sperimentazione che permetteranno di raggiungere incredibili risultati. Tutto questo grazie anche ad un'accurata sezione interamente dedicata alle tecniche della meditazione, per offrire al lettore ulteriori possibilità di applicare dal punto di vista pratico gli studi condotti pagina dopo pagina. Sicuramente uno dei tanti benefici che questo libro porta nella vita di chi lo acquisterà, è che la mente imparerà a diventare sempre più silenziosa e ad ascoltare le esigenze del corpo sino a sciogliere la fatica e gli stress più radicati, producendo benefici in ogni aspetto della vita.


Come espandere la propria consapevolezza attraverso la meditazione, la contemplazione, la concentrazione e la sperimentazione
ISBN: 9788875079192

Prezzo € 9,00


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Blatta di Alberto Ponticelli (Leopoldo Bloom Edizioni)

Il senso della catastrofe è un pensiero che ricorre spessissimo tra le paure ancestrali della collettività, e che non sono prerogativa solo della società dello spettacolo di Hollywood, degli apocalittici nel mondo della scienza e della tecnologia o di metafisiche di stampo ecological-new Age. Il disastro, non è solo quella parola che indica un evento o una serie di eventi catastrofici di origine naturale, ma fa parte di un orizzonte mentale ultimo, dove tutto ciò che di peggio la mente umana può aspettarsi circa il suo destino, trova la consistenza più forte. Parliamo di un concetto-limite dunque che a tutt’oggi affascina moltissimi studiosi non solo nel campo della narrativa, ma anche negli studi di saggistica che hanno portato ad esempio Naomi Klein a teorizzare la Shock Economy (ovvero l’impresa ultralibertaria di guadagnare su crisi economico-finanziarie e cataclismi naturali) e Esperanza Guillén Marcos a scrivere un’opera per Bollati Boringhieri, sull’estetica dei naufragi nella pittura tra ‘700 e ‘800.
Ma la Catastrofe è anche un nodo concettuale problematico da sciogliere per continuare a riflettere sulla destinalità di noi comuni mortali. Il magistrale Alberto Ponticelli, autore di un volume singolarissimo, chiamato Blatta, pubblicato da Leopoldo Bloom Edizioni, consegna al pubblico un lavoro che apre una prospettiva inquietante e desolante. Devo dire che ho respirato subito quel senso di claustrofobica e psicotica solitudine che mi ricordano le “nuances” di Io sono Leggenda di Richard Matheson (edito in Italia da Fanucci) o le desolazioni tecno-urbane della città di Salem nella serie di Alita del grande Yukito Kishiro. Ponticelli ha un tratto maturo, dalla precisione quasi maniaco-osessiva per i dettagli, ma al contempo una libertà nel segno grafico che gli consente di trasferire le sensazioni che vuole comunicare ai suoi lettori con estrema puntualità e precisione.
L’intero albo è in rigoroso bianco e nero, e questo aumenta il senso di spaesamento che provoca nel lettore. In Blatta si parla di una terra simile a quella di oggi, vista con gli occhi di un “uomo qualunque”, dove un Grande Fratello controlla una società grigia, alienata, alienante, degenerata. Un sistema sociale che ha trasformato gli individui in unità di produzione, che vivono relegate in una decina di metri quadri. Una produzione che grazie alla clonazione selvaggia può protrarsi in eterno. Isolamento totale, eliminazione del libero arbitrio sono diventati gli imperativi categorici del un nuovo ordine. L’identità, non ha più valore. Tutto ciò che si muove in questa patologia sociale si muove nell’ombra, e l’unica luce, l’unica finestra sul mondo per diventa un piccolo schermo di ambigua utilità, posto nei pochi metri quadri di stanze strette come atomi e dove ci si consuma l’esistenza.

Il libro del giorno: Una testa selvatica di Marie-Sabine Roger (Ponte alle Grazie)

Qui si racconta la storia di Germain, lo "scemo del villaggio". Centodieci chili di muscoli per sorreggere una testa selvatica, un passato di mancata educazione sentimentale e un presente di conta dei piccioni e pomeriggi spesi al bar. Qui si racconta di un incontro straordinario nel più ordinano dei luoghi, un parco pubblico. Si traccia il delicato resoconto della più improbabile delle complicità, quella tra un gigante semi analfabeta e una vecchina con i capelli viola e la passione per i libri. Si dimostra che l'intelligenza è altra cosa dalla cultura. Quando le vite di Germain e Margueritte si accomodano sulla medesima panchina, ogni cosa, dentro e fuori, comincia a cambiare. E così questa può anche essere una storia che parla di avventure o di amore... o di indiani. Perché no? I sentimenti, come le parole, non sono innati. Bisogna acquisirli, piano piano. E quando sbocciano non conta più il vuoto che c'è ancora da riempire, ma tutto il pieno che invade il cuore e la testa come gramigna che non si può più estirpare. Il mondo in cui pianta le sue radici un'altra selvatichezza, fatta di affetti, fatta di parole. Come quella di Germain e Margueritte, e del vocabolario che ne riscrive i destini.

"Il protagonista preferisce leggere Sepùlveda, Il vecchio che leggeva romanzi d'amore, che guardare una fighetta che passava facendo ballonzolare le tette. Meglio guardare la fighetta"

di Antonio D'Orrico tratto da In venticinque parole del Corriere della Sera Magazine n. 25, p. 106

Una testa selvatica di Marie-Sabine Roger
2009, Ponte alle Grazie (collana Romanzi)


casa editrice Ponte alle Grazie: http://www.ponteallegrazie.it/

mercoledì 24 giugno 2009

Il libro del giorno: Alle spalle della luna di Maria Rita Parsi (Mondadori)

Custodia nasce ad Avezzano, nel cuore dell'Abruzzo, all'inizio della Seconda guerra mondiale. Ma più che gli eventi connessi al conflitto è una vicenda privata a segnare la sua esistenza e quella della famiglia: l'amore del padre - reduce dal fronte greco - per la bella ed eccentrica Crocifissa. La passione clandestina tra i due si alimenta dei frequenti incontri in casa della donna, dove Custodia accompagna il padre: in attesa del suo papà la bambina gioca con una collezione di bambole ed è in quelle ore solitarie che nascono voci e immagini interiori il cui ascolto lascia in lei una traccia indelebile. Ma quando, durante una processione religiosa, la madre di Custodia capisce da un gesto e uno scambio di occhiate la trama amorosa che la esclude, la famiglia entra in crisi. E presto il confronto tra le due rivali e una progressiva resa dei conti sconvolgono la vita di Custodia. La madre, rimasta sola, deve cercarsi una modesta occupazione per pagare i debiti e mantenere i figli, e Custodia viene mandata in collegio. Qui, per la prima volta, assume piena consapevolezza dei volti e delle voci che le parlano e le donano il potere di una misteriosa preveggenza. "Il Popolo dei Signori delle Ombre", così lo chiama, si è messo in amichevole comunicazione con lei e la guiderà in tutti i passi - spesso duri e dolorosi, ma a volte anche inaspettatamente felici - che la attendono. Finché, molti anni più tardi, Custodia potrà rivelare, in una lettera alla madre, di aver capito la meta verso cui tende.

"La scrittrice e psicoterapeuta Parsi racconta la storia avvincente di un'infanzia amara ma salva, una figura femminile che con i sogni e il sapere affronta ogni fatica, dal lutto alla povertà, capace di un amore che contiene anche la malattia e la morte, ma è più forte"

di Ida Bozzi tratto da Il Corriere della Sera del 24/06/09, p. 44

Alle spalle della luna di Maria Rita Parsi
2009, 207 p., rilegato, Mondadori (collana Omnibus)


casa editrice Mondadori: http://www.mondadori.it/

La chiave della vita di Dennis Merritt Jones (Armenia)

L’Amore … Che cos’è e come può definirsi. A questa parola sono state tributate centinaia e centinaia di pagine, in poesia, arte, letteratura, insomma in ogni branca dello scibile umano. Eppure non è quello che la maggioranza degli uomini intende. Su un piano strettamente spirituale l'Amore è andare oltre i propri egoismi e adoperarsi per il bene degli altri, è un percorso personale che ci porta a sentirci parte di un progetto universale di Felicità, che ci aiuta nell’ascolto dell’altro e nel suo rispetto. Ma l’Amore non è solo un concetto astratto, è una scelta di vita, è una pratica, una disciplina che comincia dal “qui e ora”, giungendo a comprendere il senso del Tutto, attraverso una sorta di illuminazione. Questo “risveglio” non possiede molti volti o non si può definire in svariati modi, in quanto è solo ciò che è! L’Universo intero non è un modello concepibile nel passato o nel presente, Esso è adesso, in questo preciso istante. Parliamo di un modello attivo che si plasma su misura alla nostra vita e può emergere sul piano fisico dell’esistenza sotto forma di libro, incontro, coincidenza … Noi in quanto parte di questo modello macro/biologico, senziente, agente sappiamo come giungere al nostro risveglio, anche se forse dobbiamo imparare a ricordare questa legge, e siamo potenzialmente in grado di rendere vivido ogni momento della nostra vita. Ma, c’è un ma, dobbiamo essere presenti a noi stessi anche nell’espletamento della nostra quotidianità (accompagnare i figli a scuola, il lavoro, la casa etc.), con la consapevolezza di ciò che è adesso, aumentando con le tecniche di meditazione e preghiera attiva, la nostra frequenza vibrazionale che ci mette in contatto con il Cosmo intero. Ed è così che Dennis Merritt Jones nel suo “ La Chiave della vita” edito da Armenia, ci conduce in un viaggio singolarissimo cercando di interrogarsi e far riflettere su quelle domande che l’uomo da sempre si pone senza riuscire a darsi mai una risposta. Che cosa occorre per essere felici? Il denaro? Il successo? L’amore? La stima degli altri? L’autore, rivolgendosi a tutti ci spiega come raggiungere la felicità, dicendoci esplicitamente che per questo occorre disciplina e metodo interiori, i quali ci aiutano a combattere gli stati mentali negativi e ci spronano a coltivare quelli positivi. Come sottofondo vi è un senso religioso negli esercizi e nei consigli riportati in quest’opera, ovviamente nel senso più ampio e metafisico del termine, ma è soprattutto la conquista e l’esercizio di una pratica quotidiana grazie alla quale riusciamo a conoscere noi stessi, capire le ragioni degli altri, aprirsi al diverso e cambiare i punti di vista sul mondo e i suoi accadimenti. Dennis Merritt Jones, oltre a essere un grande oratore motivazionale, è un teologo, e dunque in dimestichezza con il “mondo superiore” ne ha da vendere. E soprattutto è dotato di un’enorme esperienza nel cogliere realmente i veri sentimenti che ci aiutano a vivere bene e sperimentare l’importanza del momento presente. E questo lo si vede subito nei circa cento micro saggi che hanno per oggetto l’armonia nelle relazioni sociali, la salute, il perdono e la gratitudine.
L’antidoto alla nostra esistenza del produci-consuma-crepa (come sostiene in un brano musicale il cantautore Giovanni Lindo Ferretti quando era ancora leader dei CCCP) sono semplici idee che non mancheranno di farci riflettere su cosa per noi è davvero importante. La chiave della vita è dunque una guida, fonte di ispirazione per tutti coloro che desiderano sperimentare un senso più profondo dell’esistenza, non disgiunto dalla gioia di vivere.
Scrive Jack Canfield, autore della serie “Brodo caldo per l’anima” in merito all’opera in oggetto: “ Tutti noi siamo in cerca di una ragione di vita. In questo libro Dennis Merritt Jones ci guida verso le nostre finalità esistenziali, fornendoci gli strumenti e la consapevolezza per arrivarci. In senso più profondo, nel corso di questo viaggio paradossale verso un mondo che in fondo non abbiamo mai lasciato, scopriremo chi siamo e perché esistiamo. Si tratta di un percorso che ci conduce verso una pienezza che troveremo volutamente nella nostra Essenza”.

Nasce Osservatorio News. L'intervento di Cosimo Pavone sul paradosso della transizione e il Salento

La Puglia strattonata in crisi di fibrillazione e il Salento ormai a testa in giù. E nella pancia del Salento? Il manifatturiero in caduta libera, l'artigianato che s'arrangia, l'agroindustria - in controtendenza - che tiene salde le posizioni, mentre il capitolo del commercio e dei servizi parla di trend contraddittori ma che non lasciano ben sperare. Infine l'araba fenice del turismo, settore chiamato alla prova del fuoco dell'estate imminente. Per tutti, gli effetti a catena che si possono immaginare: tagli all'università, tagli alla ricerca, tagli alla scuola pubblica, occupazione a tutti i livelli in caduta libera, famiglie sempre più povere (in Puglia le famiglie a basso reddito sono il 31,3% contro il 18,4% della media nazionale - fonte Istat). Questo, in estrema sintesi, è lo scenario che ci vanno consegnando giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, osservatori regionali e provinciali istituzionali sullo stato della crisi nell'area pugliese-salentina. Le cifre più fresche sono dell'Istat e della Camera di Commercio di Lecce. Ma ci sono anche le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori che sfornano numeri che danno da pensare. Dunque, il Salento in caduta libera (Pil 2007/2008 a -3,9%) in una Puglia ferita (Pil 2007/2008 a -0,6%) dopo il balzo del biennio 2006-2007 che ha sfornato un Pil regionale a +4% al punto da essere definita "la locomotiva del Sud". E' chiaro a tutti gli osservatori come il tessuto economico pugliese nel suo complesso stia risentendo degli effetti della crisi nazionale al pari delle aree più sviluppate del Nord-Est e del Centro-Nord emiliano. Effetti negativi che lo testimoniano autorevoli esponenti dell'imprenditoria regionale, per fortuna fuori dalle propagande politiche di schieramento - sono stati fortemente contenuti grazie agli investimenti mirati messi in campo dalla Regione Puglia, in tempi non sospetti, a sostegno dell'economia vera. Quella economia che l'assessore Sandro Frisullo chiama, appunto, "la fabbrica": la "roba" di vergania memoria, cose concrete e solide. Non sono chiari, invece, i contorni del tracollo dell'economia nella provincia di Lecce. Certo, i numeri parlano (parlerebbero) chiaro. Ma di che cosa parlano i numeri? Cosa fotografano per davvero? Il tracollo di un'economia, ma di quale economia? Quella arcaica e stantia che inevitabilmente era ed è destinata a soccombere, o la nuova economia che stava prendendo faticosamente forma alla vigilia della crisi internazionale? Per leggere questi fenomeni - lo sanno bene gli economisti più accorti - non servono le fotografie istantanee ma occorrono sequenze di scatti storici, attuali e quindi proiezioni sul futuro vicino e lontano: non solo cifre gettate alla rinfusa nell'arena mediatica e politica, ma sguardi lunghi: in grado di capire, interpretare. Occorrono, in sintesi, analisi qualitative, analisi di nicchie significative, quelle nicchie che forniscono i "segni" su cui le imprese e la politica si devono misurare, prendere decisioni. Sono questi segni che ci possono raccontare il futuro prossimo: sono cose che abbiamo letto sui libri di storia dell'economia, dalla prima rivoluzione industriale ai fenomeni di sviluppo e di recessione anche e soprattutto nelle economie d'area: non solo macroeconomia. Questa "pancia" del Salento, però, non ce la sta raccontando nessuno. Qualche cenno dagli analisti istituzionali, solo timide intuizioni dagli economisti delle nostre università. Tutto qui. Di che stiamo parlando? Di quali nicchie? Stiamo parlando dell'agroindustria, dei segnali apparentemente contraddittori che arrivano da questo comparto che, certo, storicamente in fase di crisi ha un comportamento anticiclico, ma che qui nel Salento dà "strani" segni di vitalità (e di qualità) anche nell'export ai tempi della crisi globale. E, ancora, stiamo parlando della crescita delle imprese alberghiere e della ristorazione (+22,6% dal 2003 al 2008), un dato che vorrà pur dire qualcosa (forse turismo?). Così come qualcosa vorrà dire 'incremento dell'81,8 per cento delle imprese di produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua, dati sempre riferiti al quinquennio 2003-2008. Ci fermiamo qui, tralasciando per ora i "segni" che vengono dal terziario avanzato in tutte le sue contraddittorie articolazioni. E allora? Allora, forse, il disastro Salento non vuol dire banalmente "disastro", ma economia in trasformazione. Dal Tac fasonista, dall'agricoltura di sussistenza, dai servizi generalisti, dal turismo folcloristico e sgarrupato di "lu mare, lu sule, lu ientu", ci si sta muovendo verso le energie rinnovabili, l'agroindustria specializzata e di qualità, verso il terziario avanzato innovativo, la ricerca creativa con annesse nuove tecnologie, fino al turismo delle cose concrete e non della convegnistica parolaia e spendacciona. Il Salento più che in crisi endemica - ma non sta a noi certificarlo - sembra essere stato colto in campo aperto da un brutto temporale proprio mentre si stava cambiando d'abito. E quando ci si cambia d'abito e c'è la tempesta, si sa, ci si bagna con il rischio di beccarsi una qualche malattia. Come uscirne? Cosa fare? Che riparo dare a questo Salento? Noi ci fermiamo qui. Siamo, come dice la testata, un giornale - presto anche quotidiano sul web - che fa e farà da "osservatorio" sul territorio salentino in stretto collegamento alla realtà regionale. Non solo un facile osservatorio "tecnico", ma uno strumento di lettura e di analisi, utilizzando al meglio le energie intellettuali e le competenze tecniche che la ricerca e le professioni sapranno mettere in rete. Il resto tocca alla politica, alle imprese. E naturalmente alle organizzazioni dei lavoratori.

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