In questo libro Andrea Cortellessa riunisce una prima serie dei suoi numerosi sondaggi in una tradizione aurea e al tempo stesso segreta della prosa italiana novecentesca, quella critica prodotta dagli scrittori in proprio (poeti come Montale, Fortini e Zanzotto, Giuliani e Sanguineti; narratori come Savinio e Landolfi, Gadda e Calvino, Manganelli e Celati): che, oltre a celare spesso in questa produzione apparentemente “minore” e laterale pagine invece cruciali dei loro rispettivi “libri segreti”, hanno di pari passo offerto capitoli decisivi nella storia della critica novecentesca. In un momento in cui sembra che si faccia a gara nel denunciare malumori, sconcerti e disincanti, rileggere questa produzione può concretamente indicarci linee di ricerca – «fantasie di avvicinamento», per dirla con Zanzotto – tali da almeno approssimarci alla particolare «realtà», tutta tangibile ed esperibile, della letteratura. Perchè se è vero che, come sempre Contini ha insegnato, lo stile non è altro che «il modo che un autore ha di conoscere le cose», si rivela esercizio quanto mai istruttivo capire con quale “stile” questi nostri maestri hanno riconosciuto i loro, di maestri: così lasciandoceli in eredità.
casa editrice Le Lettere: http://www.lelettere.it/site/home.asp
" Quale sia il Libro Segreto di Andrea Cortellessa (che Libri segreti intitola appunto la sua ultima impresa saggistica) è possibile intuirlo dalla sintassi dei capitoli che la intramano. Qui non è tanto questione di filologia e di dottrina, perchè la capienza dello sguardo e l'ampiezza del riscontro bibliografici hanno, come sempre nei lavori di Cortellessa, qualcosa di spettacolare (...)"
di Massimo Raffaeli da Il Manifesto
p. 14 del 29/04/09
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mercoledì 29 aprile 2009
martedì 28 aprile 2009
Sulla breccia di Caterina Falconi (Fernandel) alla caffetteria Zammù
"Sulla breccia" di Caterina Falconi. Intervengono Giorgio Pozzi (editore Fernandel) e Francesca Bonafini. Sarà presente l'autrice.
Giovedì 30 aprile 2009
Start - h 19.30
Zammù caffetteria vineria libreria, via Saragozza 32/a, Bologna
Il romanzo: Silvia è una ragazza che abita in una cittadina arretrata e maschilista. Si affaccia alla vita adulta sognando l’autonomia e l’amore di Angelo, ma per inerzia sposa l’amico di lui, Marco, ritrovandosi intrappolata in un’esistenza avvilente da cui sembra non esserci via d'uscita.
Alla fine, ciò che sembrava quasi impossibile accade: nella notte di Ognissanti Silvia affronta i propri fantasmi, tra il buio e la vita, verso un imprevedibile finale quasi lieto...
L'autrice: Caterina Falconi è nata ad Atri (Te) nel 1963. Laureata in filosofia, ha lavorato due anni nel reparto pediatrico di un ospedale africano come volontaria. Attualmente è educatrice in un istituto di riabilitazione di Giulianova, dove vive con le due figlie. Ha vinto il premio Teramo nel 1999. Sulla breccia è il suo primo romanzo.
Giovedì 30 aprile 2009
Start - h 19.30
Zammù caffetteria vineria libreria, via Saragozza 32/a, Bologna
Il romanzo: Silvia è una ragazza che abita in una cittadina arretrata e maschilista. Si affaccia alla vita adulta sognando l’autonomia e l’amore di Angelo, ma per inerzia sposa l’amico di lui, Marco, ritrovandosi intrappolata in un’esistenza avvilente da cui sembra non esserci via d'uscita.
Alla fine, ciò che sembrava quasi impossibile accade: nella notte di Ognissanti Silvia affronta i propri fantasmi, tra il buio e la vita, verso un imprevedibile finale quasi lieto...
L'autrice: Caterina Falconi è nata ad Atri (Te) nel 1963. Laureata in filosofia, ha lavorato due anni nel reparto pediatrico di un ospedale africano come volontaria. Attualmente è educatrice in un istituto di riabilitazione di Giulianova, dove vive con le due figlie. Ha vinto il premio Teramo nel 1999. Sulla breccia è il suo primo romanzo.
Ero Purissima! Il book party di Minimum Fax
ERO PURISSIMA di Eleonora Danco
Le sue storie fanno ridere e fanno male, sono crude e struggenti. Eleonora Danco, la più grande rivelazione del «giovane teatro arrabbiato» degli ultimi anni, ci sbatte in faccia la disperazione e la nevrosi quotidiana delle nostre città. Con questo nuovo book party, minimum fax festeggia la raccolta dei suoi più significativi testi per il teatro: un concentrato di rabbia e poesia, espresso in un linguaggio crudo ma pieno di grandi invenzioni e illuminazioni improvvise, che l’ha portata a diventare in poco tempo un’autrice di culto, tra Pasolini e Sarah Kane. Il mondo della Danco rivive adesso finalmente su carta – uno splendido, liberatorio pugno nello stomaco per i lettori.
Circolo degli Artisti - 3 maggio 2009
via Casilina Vecchia, 42 • Roma
Start h. 21.30
Performance teatrale: Eleonora Danco in n «Me vojo sarvà»
a seguire dj set Miz Kiara
Info - 06.70305684 • www.circoloartisti.it
339.6794139 • www.minimumfax.com/bookparty
Le sue storie fanno ridere e fanno male, sono crude e struggenti. Eleonora Danco, la più grande rivelazione del «giovane teatro arrabbiato» degli ultimi anni, ci sbatte in faccia la disperazione e la nevrosi quotidiana delle nostre città. Con questo nuovo book party, minimum fax festeggia la raccolta dei suoi più significativi testi per il teatro: un concentrato di rabbia e poesia, espresso in un linguaggio crudo ma pieno di grandi invenzioni e illuminazioni improvvise, che l’ha portata a diventare in poco tempo un’autrice di culto, tra Pasolini e Sarah Kane. Il mondo della Danco rivive adesso finalmente su carta – uno splendido, liberatorio pugno nello stomaco per i lettori.
Circolo degli Artisti - 3 maggio 2009
via Casilina Vecchia, 42 • Roma
Start h. 21.30
Performance teatrale: Eleonora Danco in n «Me vojo sarvà»
a seguire dj set Miz Kiara
Info - 06.70305684 • www.circoloartisti.it
339.6794139 • www.minimumfax.com/bookparty
Il libro del giorno: Medioevo euro-mediterraneo e Mezzogiorno d'Italia da Giustiniano a Federico II di Giuseppe Galasso (Laterza)
Giuseppe Galasso evoca, nel quadro della grande storia europea e mediterranea, un'epoca cruciale per il Mezzogiorno, dalla divisione dell'Italia in aree longobarde e in aree bizantine alle pressioni e interferenze arabe, pontificie e germaniche fino alla grande storia della monarchia normanna e sveva. In un ampio affresco, la perenne dialettica tra logiche interne e chiusure o aperture, mediazioni o adattamenti all'esterno, iniziative e passività, successi e fallimenti mette in luce la cifra, la specificità e il ruolo storico del Mezzogiorno in quei secoli, e oltre.
casa editrice: www.laterza.it
"Potrebbe sembrare una raccolta di saggi per specialisti il libro che Giuseppe Galasso ha consegnato alle stampe col titolo Medioevo euro-mediterraneo e Mezzogiorno d'Italia da Giustiniano a Federico II (Laterza, Roma -Bari 2009, pp.496, euro 35). E invece è uno dei suoi più intimi, nel senso rigorosissimo che per uno storico significa parlare di intimità: fare i conti con maestri e colleghi, da Benedetto Croce ad Aldo Garosci, con quei "pretesti della memoria" che danno il titolo ad un inedito saggio che è quasi di autobiografia storica, e soprattutto mettere ordine a pagine affidate a riviste disperse e volumi collettanei, ricostruendo così un percorso di ricerca di oltre cinquant'anni. Ne risulta un volume che fa intendere bene la sua idea del mestiere di storico ela sua concezione di Mezzogiorno"
Felice Blasi
tratto da Corriere del Mezzogiorno, Cultura Spettacoli e Tempo Libero, p.12 del 28/04/09
casa editrice: www.laterza.it
"Potrebbe sembrare una raccolta di saggi per specialisti il libro che Giuseppe Galasso ha consegnato alle stampe col titolo Medioevo euro-mediterraneo e Mezzogiorno d'Italia da Giustiniano a Federico II (Laterza, Roma -Bari 2009, pp.496, euro 35). E invece è uno dei suoi più intimi, nel senso rigorosissimo che per uno storico significa parlare di intimità: fare i conti con maestri e colleghi, da Benedetto Croce ad Aldo Garosci, con quei "pretesti della memoria" che danno il titolo ad un inedito saggio che è quasi di autobiografia storica, e soprattutto mettere ordine a pagine affidate a riviste disperse e volumi collettanei, ricostruendo così un percorso di ricerca di oltre cinquant'anni. Ne risulta un volume che fa intendere bene la sua idea del mestiere di storico ela sua concezione di Mezzogiorno"
Felice Blasi
tratto da Corriere del Mezzogiorno, Cultura Spettacoli e Tempo Libero, p.12 del 28/04/09
La ViCeVita, treni e viaggi in treno, di Valerio Magrelli, collana Contromano, Editori Laterza. Recensione di Vito Antonio Conte
...quella sera Anna, a un certo punto, mentr'ero distratto (il mio corpo era lì, nella libreria Palmieri, tre gradini sotto il piano stradale, con i presenti, ma mentalmente stavo nonsodove), disse qualcosa e me ne accorsi perché udii scandire il mio nome (meglio i due nomi e il cognome). Ripresa l'attenzione, vidi gli astanti davanti a me spostarsi a destra e a sinistra, come liquida scena biblica, sì da formare una sorta di corridoio umano, traverso, dove mi ritrovai nudo di fronte al Poeta, intanto che Anna seguitava a parlare dicendo qualcosa che, ancora attonito, non comprendevo, ma che aveva a che fare col mio ultimo libriccino che -diceva Anna, questo lo afferrai- era esposto in vetrina (bontà sua) affianco al libro che quella sera si presentava: “La vicevita Treni e viaggi in treno” di Valerio Magrelli (Editori Laterza, nella -già definita da chi scrive- ottima Collana “Contromano”, pagine 105, € 9,00). Sentivo ancora la voce di Anna rimbombare nel semi-interrato e nella mia testa: potevo intervenire dicendo qualcosa, magari regalando la mia plaquette al Poeta... Arrossii e, mentre goccioline di sudore m'imperlavano la fronte, non avendo nulla di intelligente a portata di lingua e non volendo tediare nessuno (com'altri aveva già fatto), dissi soltanto qualche scomposta parola che avrebbe dovuto evidenziare i miei apprezzamenti per la Libraia, per il Poeta e punto, ché la mia giornata era stata difficile all'inverosimile. Non so se (oltre alla scena del mio imbarazzo palesata al pubblico) lo scopo fu raggiunto (continuo ancora a dubitarne), ma quel lampo d'interloquio rivelò a me stesso ch'ero in viaggio... Adesso so che era stata la voce di Magrelli la causa della mia momentanea assenza, una bell'assenza: ero stato letteralmente rapito dal ritmo delle sue parole mentre riportava un episodio inerente a un congresso (cui si recava in treno) e ci deliziava con il suo scritto ripreso da un traduttore (Guillaume Colletet, stanco di fare il traduttore) e “ta-tàm / ta-tàm / ta-tàm / ta-tàm”, intanto che rendeva la “scansione indimenticabile, inesorabile, inconfondibile” del treno in marcia, io mi trovavo su quel (o un altro) treno... Il libro compendia una raccolta di prose brevi, divise in quattro sezioni: Infanzia del treno, Solitudini, Una comunità ferroviaria e La vicevita (che dà il titolo all'ultima pubblicazione di Magrelli). Scrive l'Autore, in una nota che precede le sezioni, “Chi sta in treno, è segno che vuole andare da qualche parte, e lo fa sempre e solo in vista di qualcos'altro. Il suo scopo, cioè, risiede altrove: l'unico a fare eccezione è il personale viaggiante. La nostra vita pullula di queste attività strumentali e vicarie, nel corso delle quali, più che vivere, aspettiamo di vivere, o per meglio dire, viviamo in attesa di altro. Possono essere atroci come la burocrazia e la malattia (intesa come ), oppure neutre, come appunto il viaggio. Sono i momenti in cui facciamo da veicolo a noi stessi. È ciò che chiamerei: la vicevita”. Quello che scrive Magrelli è vero solo in parte. Il viaggio, a prescindere dal mezzo utilizzato (che, a considerarlo, la parentesi diventerebbe molto più corposa), è sì -quasi sempre- strumento, mezzo, intervallo spazio-temporale, tra una vita e un'altra vita. Meglio tra vivere in un luogo e, dopo il viaggio, dopo il movimento, compiuto il tragitto, fermarsi e continuare a vivere in un altro luogo. O anche chiudere un vissuto in un luogo e aprire una nuova vita in un altro luogo. Ma, pur senza sviluppare oltre questo concetto, non sempre è così. Ché, per restare nelle atmosfere proprie del libro di Magrelli, anche il treno può essere vera e propria vita e non vicevita. Anzi, a volte, in treno possono accadere pezzi di vita irripetibili nella... vita. Quel che vado dicendo è, all'evidenza, frutto di personale esperienza e, dunque, non contiene oggettività alcuna. Eppure, credo che il treno, più che un inciso della vita, possa costituire un autentico pezzo di vita. Perlomeno quando è frutto di piena volitività. Penso agli spaccati ferroviari presenti nei miei testi. Ma, soprattutto, penso a quell'altra volta in cui presi la littorina della Sud-Est, senza alcuna destinazione, senza compagnia e senz'alcun'altra necessità che non fosse quella di “godermi” quell'andare. Il Piacere dell'andare. E mi sovvengono altri versi: “in treno t'ho baciata / la prima volta / in treno / ho barattato altri baci / in treno ho sentito / correre via la vita / e l'ho fermata / in treno / ho trovato parole / introvabili altrove / ho perduto Pavese / e ho voluto dimenticare libri / in treno / parlo ancora di te”. Ché, pur essendo racconti, la scrittura contenuta in questo libro è segno poetico ed è facile perdersi nei tanti luoghi e nei momenti del viandante-scrittore. Se il mio viaggio non fosse stato interrotto come vi ho detto, probabilmente non ne avrei colto il motivo. Coincidenza? Forse. Anche se Magrelli non crede alle coincidenze e, se ci crede, le considera inutili: “Questo è il segreto delle coincidenze: in genere non servono a nulla. Si caricano di senso, come l'onda, montano, si accavallano, minacciano, per poi svanire, come me nel sonno”. Si può non essere d'accordo, ma come lo scrive bene Magrelli! Frammenti che chiunque abbia preso il treno sol'anche una volta, leggendo questo libro, ritroverà e non potrà fare a meno di pensare che accadimenti apparentemente banali acquistano, nella scrittura di Magrelli, senso. D'altra parte, non sta (forse e anche) nel cogliere e nel saper dare significato a quel che generalmente è insignificante la grandezza della letteratura?
fonte PN quotidiano
fonte PN quotidiano
lunedì 27 aprile 2009
Il libro del giorno: La guerra dei figli di Lidia Ravera, Garzanti
«L’ironia e la maturità del pensiero impregnano di sé una prosa sempre vivace e pungente.»
Dacia Maraini
«Vuole soltanto vivere. Vuole che vivere sia il suo incarico e il suo capolavoro. È questo che vogliono tutti. Vite forti, vite piene, vite emozionanti, vite nobili, vite speciali.
Nutrono progetti d’egoismo su vasta scala. Saranno intelligenti, saranno sprezzanti, saranno come nessuno è mai stato prima di loro.»
1967: la tredicenne Emma, carina e paziente, e la diciassettenne Maria, ironica e ribelle, sono in vacanza in montagna con il Padre e la Madre. È una Famiglia della media borghesia torinese, dove si insegna ai figli a difendersi dal mondo. Maria, com’era prevedibile, scappa di casa. Emma sa tutto ma, combattendo una nascente pietà per i grandi, tace. La ritroviamo dieci anni dopo, alle prese con un aggravarsi di quell’intimo conflitto fra complicità e compassione: Maria ha dichiarato guerra al mondo dei Padri. Una guerra armata. Emma la capisce eppure la disapprova. E intanto si impegna a crescere, cercando un nuovo assetto per sentimenti desideri e bisogni.
Con questo romanzo, dove una storia privatissima si intreccia con la Storia del nostro paese, Lidia Ravera rivive gli anni Settanta: il sogno di poter restare per sempre «figli», l’impeto collettivo verso la trasformazione della società e lo sconcerto di fronte al duro discorso del sangue. La violenza, i morti, gli agguati. La forza de La guerra dei figli è nella capacità di evocare la confusione di quegli anni lontani restando fedele al punto di vista di una ragazzina che diventa donna e alla scelta «stilistica» di raccontare il passato come se fosse il presente. Sobriamente, senza retorica, senza cedere al senno di poi, componendo il quadro attraverso una accurata collezione di dettagli
Casa editrice: http://www.garzantilibri.it/default.php
E’ scandito in quattro tempi La guerra dei figli (pp. 300. euro 17,60), che Lidia Ravera ha appena pubblicato da Garzanti. Un romanzo che conferma una sicura maturità narrativa, di cui già il romanzo precedente, Le seduzioni dell’inverno, pubblicato da nottetempo, aveva dato un’efficace testimonianza. Le ragioni? Intanto la propensione a dare la voce a un periodo attraverso i percorsi di una storia quotidiana e sentimentale (in senso flaubertiano) risulta qui affinata dal dominio sempre più solido di una materia fuggitiva (affidata molto spesso a biglietti, lettere, diari, un quaderno da vedere alla voce follia)
Giovanni Tesio
tratto da Tuttolibri, La Stampa, p.11, n.1662 del 25/04/09
Dacia Maraini
«Vuole soltanto vivere. Vuole che vivere sia il suo incarico e il suo capolavoro. È questo che vogliono tutti. Vite forti, vite piene, vite emozionanti, vite nobili, vite speciali.
Nutrono progetti d’egoismo su vasta scala. Saranno intelligenti, saranno sprezzanti, saranno come nessuno è mai stato prima di loro.»
1967: la tredicenne Emma, carina e paziente, e la diciassettenne Maria, ironica e ribelle, sono in vacanza in montagna con il Padre e la Madre. È una Famiglia della media borghesia torinese, dove si insegna ai figli a difendersi dal mondo. Maria, com’era prevedibile, scappa di casa. Emma sa tutto ma, combattendo una nascente pietà per i grandi, tace. La ritroviamo dieci anni dopo, alle prese con un aggravarsi di quell’intimo conflitto fra complicità e compassione: Maria ha dichiarato guerra al mondo dei Padri. Una guerra armata. Emma la capisce eppure la disapprova. E intanto si impegna a crescere, cercando un nuovo assetto per sentimenti desideri e bisogni.
Con questo romanzo, dove una storia privatissima si intreccia con la Storia del nostro paese, Lidia Ravera rivive gli anni Settanta: il sogno di poter restare per sempre «figli», l’impeto collettivo verso la trasformazione della società e lo sconcerto di fronte al duro discorso del sangue. La violenza, i morti, gli agguati. La forza de La guerra dei figli è nella capacità di evocare la confusione di quegli anni lontani restando fedele al punto di vista di una ragazzina che diventa donna e alla scelta «stilistica» di raccontare il passato come se fosse il presente. Sobriamente, senza retorica, senza cedere al senno di poi, componendo il quadro attraverso una accurata collezione di dettagli
Casa editrice: http://www.garzantilibri.it/default.php
E’ scandito in quattro tempi La guerra dei figli (pp. 300. euro 17,60), che Lidia Ravera ha appena pubblicato da Garzanti. Un romanzo che conferma una sicura maturità narrativa, di cui già il romanzo precedente, Le seduzioni dell’inverno, pubblicato da nottetempo, aveva dato un’efficace testimonianza. Le ragioni? Intanto la propensione a dare la voce a un periodo attraverso i percorsi di una storia quotidiana e sentimentale (in senso flaubertiano) risulta qui affinata dal dominio sempre più solido di una materia fuggitiva (affidata molto spesso a biglietti, lettere, diari, un quaderno da vedere alla voce follia)
Giovanni Tesio
tratto da Tuttolibri, La Stampa, p.11, n.1662 del 25/04/09
Michele Caccamo, Chi mi spazierà il mare, con una prefazione di Alda Merini (Editrice Zona)
Michele Caccamo possiede una forte identità poetica sia per ciò che riguarda la strutturazione del registro e del timbro nei suoi versi, sia per l’aspetto strettamente legato al senso del fare poetico. Oggi come oggi è difficile scovare tra le novità editoriali nell’ambito della Poesia, produzioni di qualità, vuoi per un eccesso di produzione in tal senso (oggi si pubblica veramente di tutto) vuoi perché manca una selezione alla base, ovvero molti comitati di lettura all’interno delle case editrici non fanno bene il loro lavoro. Non è il caso di Michele Caccamo e la sua ultima raccolta “Chi mi spazierà il mare” dell’editrice Zona di Arezzo, con prefazione di Alda Merini. La sua scrittura è un lavoro sull’elaborazione della separazione e del lutto, categorie che appartengono al sentimento dell’uomo e, come tali, sono da considerarsi cose profondamente umane. Nulla di lugubre, anzi, essi sono segni d’amore e significano melanconia nostalgica nei confronti delle cose che attraversano le esistenze, lasciando tracce che seppur dolorose, costruiscono memoria. In fondo la grande arte non è altro che cognizione della separazione. Michele Caccamo è un poeta a tutti gli effetti che non ha perso una qualità ormai dimenticata nel nostro Occidente, ovvero l’arte del raccontare. E il suo raccontare sfocia nella declamazione del vivere la Poesia, viverla profondamente proprio come un missionario dedica la propria vita totalmente al suo credo e alla sua missione. E la missione di questo poeta è un recupero non solo dell’importanza della parola, ma di quello che oggi il verso si trova ad esprimere e ad abitare. Gli scenari che Caccamo rappresenta nella sua metrica, rappresentano la condizione dell’uomo alla ricerca costante di un dimora che gli possa appartenere completamente: questa ricerca è un percorso che costruisce man mano nel suo svilupparsi, una grammatica della vita affettiva, ma che segue codici differenti, altri, forse inferici. Per Michele Caccamo in questa sua raccolta poetica, l’orizzonte destinale dell’uomo è segmentato per diverse categorie. Esso si trova in una condizione di vera e propria dannazione, quella propriamente biblica della condanna all'inferno, la punizione che Dio riserva alle persone non redente dal peccato. La paura più abominevole che ci sia, in quanto sofferenza "contemplativa" eterna con la consapevolezza dell'irrevocabile e assoluto diniego d’accesso al paradiso. Una sorta di perversa condizione di autocompiacimento in un’estasi (dal greco ἐξ στάσις, ex-stasis, essere fuori) della trans/valutazione dei valori, uno stato psichico patologico di sospensione ed elevazione mistica della mente, che nell’uscire fuori di sé, trova solo il baratro, e non la grazia: “ tutti gli spiriti posseduti/ sono una colonia di vandali/ che mi fanno cambiare spazio/ mi fanno trapassare/ e mi nascondono/ in un fodero santificato/ come fossi un disertore/ mi chiudono gli occhi/ mi umiliano/ e già punito/ visiono il cielo/ il vuoto aereo/ e scoppio/ come pietra luminescente/ carbonizzato/ ancora niente/ a cono dalla terra/ sparato a carne/ spirito filante” (pag. 40). E ancora: “ almeno una sporgenza/ da questo Dio/ o una fuga dalle fasce/ per uscirgli dal seno/ noi siamo ghiande/ acqua termica/ o solo piume/ ma anche corrosi o spinti/ o spruzzati come i fili/ da una pala di ventola/ in una rete a terra/ ripudiati come le feci/ noi siamo pur sempre spiriti/ di spazi santi/ anche se stiamo laggiù/ espettorati estratti/ posati nel carnaio/ in un cataclisma/ un polipaio/ noi passiamo per gli spettri/ in questo fosso di tempo/ come geometrie/ o schiere fisiche/ come particelle di carne ed ossa” (pag. 41). Michele Caccamo sa che il mondo è popolato da influssi positivi e negativi, derivati dall'eterna lotta tra gli spiriti buoni (gli angeli) e cattivi (i demoni). La lotta tra angeli e demoni influenza l'animo umano, sebbene sia l'uomo che deve respingere le tentazioni dei demoni, affidandosi agli angeli buoni. In ultima analisi, questa lotta porta ad un tal equilibrio spirituale in questo mondo cosicché è proprio l'uomo che deve decidere il suo destino spirituale: “io vorrei amare/ ma da questo fondale/ che mi confina/ non posso sentirti/ e peno” ( pag. 37)
Michele Caccamo, Chi mi spazierà il mare, con una prefazione di Alda Merini
Editrice Zona, Arezzo, pp. 110
Michele Caccamo, Chi mi spazierà il mare, con una prefazione di Alda Merini
Editrice Zona, Arezzo, pp. 110
Domenico Protino domani su Radio Venere
Domani 28 aprile 2009 alle ore 20,30 Gino Greco su Radio Venere intervisterà Domenico Protino. Il giovane cantautore eseguirà per i suoi fan alcuni brani tratti dal suo primo album omonimo “Domenico Protino”. Imperdibile.
Home page:
http://www.radiovenerenet.it/index.htm
Per le frequenze:
http://www.radiovenerenet.it/mhz.htm
Domenico Protino nasce a Torre Santa Susanna. Sin da giovanissimo si appassiona alla musica e al suo mondo. Il 2000 per lui è una data fatidica: decide che la musica sarà la sua vita e allora a capofitto comincia, a crearsi ogni possibilità di esibizioni live - in cover band ma anche da solista nelle vesti di cantautore – partecipando a concorsi canori nazionali man mano sempre più prestigiosi fino ad arrivare alla vittoria del rinomato Premio Lunezia Giovani Autori 2007 che riconosce il valore sia musicale che testuale delle canzoni italiane, con il brano dal titolo "W la vita". Il 2008 è l’anno che lo porta su scenari internazionali, e per la precisione oltre oceano: Domenico viene selezionato come unico rappresentante italiano al Festival Internazionale della Canzone di Viña del Mar in Cile (il più importante festival dell’America Latina e unico gemellato con il Festival di Sanremo) vincendo con il brano "La guerra dei trent'anni” aggiudicandosi due “gaviotas de plata” ovvero i premi come migliore autore e migliore interprete. Parliamo di un giovane cantautore, che gestisce diversi codici sonori (orecchiabili, curati in ogni suo aspetto) e diversi impegni sul senso testuale, che ama non limitarsi a essere bardo di se stesso, ma occhio critico attento a quello che succede oggi Il suo primo album “Domenico Protino”, consta di 10 brani. Registrato presso gli studi Panpot di Brindisi e mixato allo Studio S.Anna di Castel Franco Emilia (Modena) e al Creative Mastering di Forlì, suonato interamente, oltre che da Domenico, da musicisti pugliesi, è realizzato sia in lingua italiana che in lingua spagnola per il mercato latino-americano; scaricabile da iTunes e in vendita nei negozi dal 26/9 distribuito da Warner Music Italia Srl. Di lui si sono occupati importanti media come tra gli altri L’Espresso, L’Unità, Radio Vaticana, Rai News 24, La Mezzanotte di Radio Rai 2.
Home page:
http://www.radiovenerenet.it/index.htm
Per le frequenze:
http://www.radiovenerenet.it/mhz.htm
Domenico Protino nasce a Torre Santa Susanna. Sin da giovanissimo si appassiona alla musica e al suo mondo. Il 2000 per lui è una data fatidica: decide che la musica sarà la sua vita e allora a capofitto comincia, a crearsi ogni possibilità di esibizioni live - in cover band ma anche da solista nelle vesti di cantautore – partecipando a concorsi canori nazionali man mano sempre più prestigiosi fino ad arrivare alla vittoria del rinomato Premio Lunezia Giovani Autori 2007 che riconosce il valore sia musicale che testuale delle canzoni italiane, con il brano dal titolo "W la vita". Il 2008 è l’anno che lo porta su scenari internazionali, e per la precisione oltre oceano: Domenico viene selezionato come unico rappresentante italiano al Festival Internazionale della Canzone di Viña del Mar in Cile (il più importante festival dell’America Latina e unico gemellato con il Festival di Sanremo) vincendo con il brano "La guerra dei trent'anni” aggiudicandosi due “gaviotas de plata” ovvero i premi come migliore autore e migliore interprete. Parliamo di un giovane cantautore, che gestisce diversi codici sonori (orecchiabili, curati in ogni suo aspetto) e diversi impegni sul senso testuale, che ama non limitarsi a essere bardo di se stesso, ma occhio critico attento a quello che succede oggi Il suo primo album “Domenico Protino”, consta di 10 brani. Registrato presso gli studi Panpot di Brindisi e mixato allo Studio S.Anna di Castel Franco Emilia (Modena) e al Creative Mastering di Forlì, suonato interamente, oltre che da Domenico, da musicisti pugliesi, è realizzato sia in lingua italiana che in lingua spagnola per il mercato latino-americano; scaricabile da iTunes e in vendita nei negozi dal 26/9 distribuito da Warner Music Italia Srl. Di lui si sono occupati importanti media come tra gli altri L’Espresso, L’Unità, Radio Vaticana, Rai News 24, La Mezzanotte di Radio Rai 2.
domenica 26 aprile 2009
I Mariposa l'8 maggio alla Saletta della cultura "Gregorio Vetrugno" di Novoli
La rassegna Tele e Ragnatele, realizzata con il contributo della Regione Puglia e in collaborazione con la Cooperativa Coolclub, ospita venerdì 8 maggio il concerto dei Mariposa.
Attivi dal 1999, i Mariposa sono un settetto di elementi provenienti dal Veneto, dall'Emilia, dalla Toscana e dalla Sicilia: Bologna è il loro punto d'incontro, sede del quartier generale della loro etichetta Trovarobato.
I Mariposa sono ritenuti un'anomalia all'interno della scena musicale italiana. Il loro sound è un ibrido tra forma-canzone, psichedelia, free-form e teatro surreale, un mix che definiscono "musica componibile". Autarchici, surreali, provocatori, fieramente indipendenti, hanno all'attivo otto album e vantano collaborazioni con Morgan, Marco Parente, Alessio Lega, Afterhour e molti altri. Enrico Gabrielli, fiatista del gruppo, è membro stabile degli Afterhours, con i quali è stato più volte in tournèe nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
I Mariposa si sono esibiti sui palchi di tutta Italia, in locali, festival, teatri, dai centri sociali fino al teatro Ariston di San Remo.
Start: venerdì 8 maggio 2009 alle ore 21.30
Saletta della cultura "Gregorio Vetrugno" Via Matilde 7
Novoli (Lecce), Italy
Attivi dal 1999, i Mariposa sono un settetto di elementi provenienti dal Veneto, dall'Emilia, dalla Toscana e dalla Sicilia: Bologna è il loro punto d'incontro, sede del quartier generale della loro etichetta Trovarobato.
I Mariposa sono ritenuti un'anomalia all'interno della scena musicale italiana. Il loro sound è un ibrido tra forma-canzone, psichedelia, free-form e teatro surreale, un mix che definiscono "musica componibile". Autarchici, surreali, provocatori, fieramente indipendenti, hanno all'attivo otto album e vantano collaborazioni con Morgan, Marco Parente, Alessio Lega, Afterhour e molti altri. Enrico Gabrielli, fiatista del gruppo, è membro stabile degli Afterhours, con i quali è stato più volte in tournèe nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
I Mariposa si sono esibiti sui palchi di tutta Italia, in locali, festival, teatri, dai centri sociali fino al teatro Ariston di San Remo.
Start: venerdì 8 maggio 2009 alle ore 21.30
Saletta della cultura "Gregorio Vetrugno" Via Matilde 7
Novoli (Lecce), Italy
Il libro del giorno: Il lunedì arriva sempre di domenica pomeriggio di Massimo Lolli (Mondadori, pp.199, euro 18)
A Vicenza si fa sesso per cooptazione. Non è importante corteggiare, è importante accrescere la propria appetibilità sociale. E Andrea Bonin, manager di successo dei Tessuti Brustolon, è l'uomo più cooptato in città. Donne giovani, meno giovani, non più giovani, tutte cercano Bonin. Ma lui da tempo non si vede più in giro, pare che lavori a Milano. Eppure è a Vicenza, non a Milano, solo che non si fa vedere. Sbuca di buon mattino dal suo palazzetto d'epoca nel centro storico, imposta curriculum, telefona a segretarie che non gli passano il capo, vaga per cimiteri, seduce giovani donne, raccatta attempate tardone. Ha perso il lavoro da più di un anno e non ne trova uno nuovo. Lui che era un figo è diventato uno sfigato, e non vuole che si sappia in giro. L'unica speranza è a diecimila chilometri da casa, a Shanghai, dove ha un appuntamento con Mister Ma, top manager della Whang Corporation... In diretta dalla realtà, narrato dalla viva voce del protagonista, Il lunedì arriva sempre di domenica pomeriggio è un romanzo crudo ed esilarante sul nostro tempo, dove invecchiare è una colpa, lavorare un privilegio, amare un lusso.
Massimo Lolli ha pubblicato Innamorarsi di una milanese (Archinto 1995), Volevo solo dormirle addosso (Limina 1998) - da cui è stato tratto l'omonimo film per il cinema presentato al Festival di Venezia nel 2004 -, Io sono Tua (Piemme 2003). Ha scritto la sceneggiatura di No Smoking Company, Globo d'Oro 2007 per il miglior cortometraggio. Ha compilato la voce "Manager" per il Dizionario affettivo della lingua italiana (Fandango 2008).
casa editrice: http://www.librimondadori.it/web/mondadori/home
"In sette capitoli come i giorni della settimana, l'irriverente Massimo Lolli racconta la disoccupazione vissuta da over 50"
di Silvia Pingitore
da Il Venerdì di Repubblica (numero 1101 del 24/04/09) p. 94
Massimo Lolli ha pubblicato Innamorarsi di una milanese (Archinto 1995), Volevo solo dormirle addosso (Limina 1998) - da cui è stato tratto l'omonimo film per il cinema presentato al Festival di Venezia nel 2004 -, Io sono Tua (Piemme 2003). Ha scritto la sceneggiatura di No Smoking Company, Globo d'Oro 2007 per il miglior cortometraggio. Ha compilato la voce "Manager" per il Dizionario affettivo della lingua italiana (Fandango 2008).
casa editrice: http://www.librimondadori.it/web/mondadori/home
"In sette capitoli come i giorni della settimana, l'irriverente Massimo Lolli racconta la disoccupazione vissuta da over 50"
di Silvia Pingitore
da Il Venerdì di Repubblica (numero 1101 del 24/04/09) p. 94
sabato 25 aprile 2009
Caos e bellezza di Omar Calbrese. Recensione a cura di Maria Beatrice Protino
«La bellezza di oggi nasce dal caos, un caos che è complessità di linguaggi e di forze in gioco», scrive il professor Omar Calabrese nel suo saggio Caos e bellezza per i tipi di Domus Academy. Immagini del neobarocco, saggio volto a cogliere nelle arti visive per prime quell’unica tendenza stilistica che lui individua nel Neobarocco.
Il Neobarocco, scrive il professore, non è un movimento artistico o una tendenza, ma è lo spirito stesso dell’epoca che viviamo, è un fenomeno culturale, un atteggiamento, uno spirito al quale, com’è ovvio, non solo la letteratura, i mass-media, il cinema, ma anche le arti visive - e nel saggio si riconducono al Neobarocco diversi artisti contemporanei, dei quali vengono analizzate le opere - si adeguano, anzi ne occupano un ruolo particolarmente significativo: «Nella loro sfera convivono oggetti recuperati dalle discariche, pittura densa di citazioni e graffiti, progetto e improvvisazione: la bellezza nasce dal caos».
L’operazione terminologica vuole il concetto di “barocco” come contrapposto a quello di “classico”, dove per «classico s’intende far riferimento a categorizzazioni di giudizi fortemente orientati alla stabilità e all’ordine, mentre per barocco categorizzazioni di giudizi che eccitano l’ordinamento nel senso della sua destabilizzazione, sottoponendolo a turbolenza».
Calabrese, dunque, individua i principi del Neobarocco nel Ritmo e nella Ripetizione – si pensi all’estetica della ripetizione, appunto, fondata sugli elementi della variazione organizzata, dell’irregolarità regolata, del ritmo velocissimo - o nell’Eccesso – quella tensione, questa volta centrifuga, al limite: quella messa in discussione di una qualche regola che tende a destabilizzare il sistema -, nel Pressappoco e Non so che – il fascino dell’approssimazione, quanto nelle scienze tanto nelle filosofie -, nel Nodo e Labirinto, nella Distorsione e Perversione, nella cura del Dettaglio e del Frammento.
«Nella storia del pensiero filosofico il binomio disordine-caos è stato sempre considerato in senso negativo, come sinonimo, cioè, di irrazionale, casuale, irrisolvibile. Oggi, invece, il caos è semplicemente visto come un insieme di fenomeni altamente complessi, ma di cui si può arrivare a descrivere il funzionamento. Ovvero: l’ordine del disordine». Ed ancora: «Esiste un disordine oggettivo, che è disordine degli oggetti rappresentati, come si trattasse di una magia naturale; un d. soggettivo, cioè un d. della rappresentazione che è sfida alle leggi naturali; un d. cd. patemico, provocato dal rapporto tra opera e fruizione, che sarà poi la cultura a stabilizzare in un abbinamento tra oggetti rappresentati».
Non più, dunque, il caos come spiegato nella mitologia greca antica quale origine dell’universo, ma un totale cambiamento di gusto finalmente, per cui i fenomeni caotici sono considerati esteticamente belli.
special tank to Luciano Pagano
Il Neobarocco, scrive il professore, non è un movimento artistico o una tendenza, ma è lo spirito stesso dell’epoca che viviamo, è un fenomeno culturale, un atteggiamento, uno spirito al quale, com’è ovvio, non solo la letteratura, i mass-media, il cinema, ma anche le arti visive - e nel saggio si riconducono al Neobarocco diversi artisti contemporanei, dei quali vengono analizzate le opere - si adeguano, anzi ne occupano un ruolo particolarmente significativo: «Nella loro sfera convivono oggetti recuperati dalle discariche, pittura densa di citazioni e graffiti, progetto e improvvisazione: la bellezza nasce dal caos».
L’operazione terminologica vuole il concetto di “barocco” come contrapposto a quello di “classico”, dove per «classico s’intende far riferimento a categorizzazioni di giudizi fortemente orientati alla stabilità e all’ordine, mentre per barocco categorizzazioni di giudizi che eccitano l’ordinamento nel senso della sua destabilizzazione, sottoponendolo a turbolenza».
Calabrese, dunque, individua i principi del Neobarocco nel Ritmo e nella Ripetizione – si pensi all’estetica della ripetizione, appunto, fondata sugli elementi della variazione organizzata, dell’irregolarità regolata, del ritmo velocissimo - o nell’Eccesso – quella tensione, questa volta centrifuga, al limite: quella messa in discussione di una qualche regola che tende a destabilizzare il sistema -, nel Pressappoco e Non so che – il fascino dell’approssimazione, quanto nelle scienze tanto nelle filosofie -, nel Nodo e Labirinto, nella Distorsione e Perversione, nella cura del Dettaglio e del Frammento.
«Nella storia del pensiero filosofico il binomio disordine-caos è stato sempre considerato in senso negativo, come sinonimo, cioè, di irrazionale, casuale, irrisolvibile. Oggi, invece, il caos è semplicemente visto come un insieme di fenomeni altamente complessi, ma di cui si può arrivare a descrivere il funzionamento. Ovvero: l’ordine del disordine». Ed ancora: «Esiste un disordine oggettivo, che è disordine degli oggetti rappresentati, come si trattasse di una magia naturale; un d. soggettivo, cioè un d. della rappresentazione che è sfida alle leggi naturali; un d. cd. patemico, provocato dal rapporto tra opera e fruizione, che sarà poi la cultura a stabilizzare in un abbinamento tra oggetti rappresentati».
Non più, dunque, il caos come spiegato nella mitologia greca antica quale origine dell’universo, ma un totale cambiamento di gusto finalmente, per cui i fenomeni caotici sono considerati esteticamente belli.
special tank to Luciano Pagano
ECOCULTURE L’Arte di seminare politiche per la vita!
SABATO 25 APRILE 2009
c/o Sala Consiliare del Comune di Nardò (Le) ore 18:00:
ECOCULTURE aprirà i lavori con l’inaugurazione di 5 mostre a tema.
Apertura al pubblico dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 21:00 tutti i giorni, dal 25 aprile al 1° maggio. Ingresso libero.
Le mostre:
SCART - USEFUL AND BEAUTIFUL SIDE OF WASTE
a cura di Ecolevante
(mostra c/o Torrione del Castello – Nardò dal 25 aprile al 1° maggio 2009):
La mostra propone un’ampia rassegna di una produzione di grande interesse formale: opere di design e di scultura realizzate utilizzando esclusivamente materiali recuperati all’interno delle aziende del Gruppo Ecolevante, opere eseguite in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Un progetto ecologico, originale e intelligente che non deriva dalla penuria ma dalla sensibilità di ridare vita ai materiali che quotidianamente diventano rifiuti. Sono oggetti provenienti da scarti, materia usata, roba buttata che rinascono a nuova vita.
L’ISOLA DELLA FORESTA di Yosuke Taki
(mostra fotografica c/o Chiesa “La Madonna della Rosa” – Nardò dal 25 aprile al 1° maggio 2009):
Quindici fotografie di grande formato di alberi “monumentali” del Parco delle Madonie in Sicilia mostrano deliranti organizzazioni anatomiche di giganti silvestri, un teatro di folli organi anatomici.
Emozioni che si mescolano in un senso di orrido meraviglioso. L’Orrido e la Meraviglia, le due qualità contrastanti che insieme generano il sacro.
MOSTRA ECOMODA (mostra d’abiti c/o Chiostro di Sant’Antonio dal 25 aprile al 1° maggio 2009) a cura della designer Angela Potì e di alcuni giovani designer dell’Istituto Cordella - Italian Fashion School di Lecce e dell’Istituto Professionale “E. La Noce” di Maglie (coordinati dalla stilista Carol Cordella):
Dalla collaborazione dei due Istituti di Moda è nata una mostra di dodici abiti che raccontano il percorso creativo di futuri Stilisti, i quali hanno ricercato dei materiali innovativi ed ecologici in grado di concretizzare il loro genio, anche attraverso l’uso di quella che comunemente viene chiamata “spazzatura”.
BIODIVERSITÀ AGRARIA E PAESAGGIO RURALE NEL SALENTO
foto, testi e determinazione botanica a cura di Francesco Minonne
(mostra c/o Masseria Torre Nova – Parco naturale di Porto Selvaggio – Nardò dal 25 aprile al 1° Maggio):
L’impegno pluriennale di un ricercatore appassionato e impegnato nella tutela delle identità territoriali e della biodiversità rurale della cultura salentina. Le foto che segnano questo percorso definiscono la possibilità di trasmettere suggestioni utili al ricordo ma, soprattutto, alla voglia di modificare comportamenti, acquisire nuove richieste come quella della tutela di un patrimonio agrario sempre più eroso da un presunto sviluppo, sempre più minacciato dall’omologazione dei prodotti, dei gusti e delle scelte.
ALFA EDILE – SYNPLAST (mostra c/o Orto botanico Nardò dal 25 aprile al 1° Maggio):
Un allestimento temporaneo a cura di Alfa Edile di alcuni elementi di arredo urbano dal design altamente innovativo e realizzati in Synplast, materiale ottenuto dalla plastica riciclata.
Alle h. 21:00 seguirà c/o il Torrione del Castello – Palazzo Comunale di Nardò un’incontro con i curatori della mostra SCART- USEFUL AND BEAUTIFUL SIDE OF WASTE a cura di Ecolevante.
DOMENICA 26 APRILE 2009
c/o il Chiostro di Sant’Antonio ore 11:30:
Aperitivo con gli artisti di Ecomoda e la coordinatrice della mostra Carol Cordella.
c/o l’Orto Botanico ore 18:00:
Presentazione del libro NON CHIAMARMI ZINGARO di Pino Petruzzelli – Edizioni Chiarelettere. Un libro che vanta l’importante contributo dell’insigne storico del Mediterraneo Predrag Matvejevic che scrive "L'uomo non nasce mendicante, ma lo diventa. E non lo diventa soltanto di propria volontà. L'accattonaggio è l'ammonimento agli uomini veri e alle fedi sincere: a quelli chiamati a dare a ciascuno il pane, a coloro che non dovrebbero dimenticare la carità."
c/o l’Orto Botanico ore 21:00:
Spettacolo teatrale “CON IL CIELO E LE SELVE” di Mario Rigoni Stern con Pino Petruzzelli. Con l’intento di veicolare attraverso tutti i linguaggi artistici immagini e contenuti sui temi del rapporto dell’uomo con il suo ambiente e della tutela delle identità territoriali ECOCULTURE propone questo spettacolo che segue le orme ideali di Mario Rigoni Stern sui sentieri dei monti e degli altipiani incontaminati dove il grande scrittore, scomparso solo di recente, amava camminare in silenzio. Pino Petruzzelli diventa testimone dell’amore di un uomo per la propria terra, interpretando i protagonisti del libro Uomini, boschi e api, edito da Einaudi. Storie che ancora si possono godere purché si abbia desiderio di vita, volontà di camminare e pazienza di osservare. In sua compagnia il pubblico passeggerà idealmente per i boschi guidati dalle parole Mario Rigoni Stern.
Ingresso spettacolo € 10,00
c/o Sala Consiliare del Comune di Nardò (Le) ore 18:00:
ECOCULTURE aprirà i lavori con l’inaugurazione di 5 mostre a tema.
Apertura al pubblico dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 21:00 tutti i giorni, dal 25 aprile al 1° maggio. Ingresso libero.
Le mostre:
SCART - USEFUL AND BEAUTIFUL SIDE OF WASTE
a cura di Ecolevante
(mostra c/o Torrione del Castello – Nardò dal 25 aprile al 1° maggio 2009):
La mostra propone un’ampia rassegna di una produzione di grande interesse formale: opere di design e di scultura realizzate utilizzando esclusivamente materiali recuperati all’interno delle aziende del Gruppo Ecolevante, opere eseguite in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Un progetto ecologico, originale e intelligente che non deriva dalla penuria ma dalla sensibilità di ridare vita ai materiali che quotidianamente diventano rifiuti. Sono oggetti provenienti da scarti, materia usata, roba buttata che rinascono a nuova vita.
L’ISOLA DELLA FORESTA di Yosuke Taki
(mostra fotografica c/o Chiesa “La Madonna della Rosa” – Nardò dal 25 aprile al 1° maggio 2009):
Quindici fotografie di grande formato di alberi “monumentali” del Parco delle Madonie in Sicilia mostrano deliranti organizzazioni anatomiche di giganti silvestri, un teatro di folli organi anatomici.
Emozioni che si mescolano in un senso di orrido meraviglioso. L’Orrido e la Meraviglia, le due qualità contrastanti che insieme generano il sacro.
MOSTRA ECOMODA (mostra d’abiti c/o Chiostro di Sant’Antonio dal 25 aprile al 1° maggio 2009) a cura della designer Angela Potì e di alcuni giovani designer dell’Istituto Cordella - Italian Fashion School di Lecce e dell’Istituto Professionale “E. La Noce” di Maglie (coordinati dalla stilista Carol Cordella):
Dalla collaborazione dei due Istituti di Moda è nata una mostra di dodici abiti che raccontano il percorso creativo di futuri Stilisti, i quali hanno ricercato dei materiali innovativi ed ecologici in grado di concretizzare il loro genio, anche attraverso l’uso di quella che comunemente viene chiamata “spazzatura”.
BIODIVERSITÀ AGRARIA E PAESAGGIO RURALE NEL SALENTO
foto, testi e determinazione botanica a cura di Francesco Minonne
(mostra c/o Masseria Torre Nova – Parco naturale di Porto Selvaggio – Nardò dal 25 aprile al 1° Maggio):
L’impegno pluriennale di un ricercatore appassionato e impegnato nella tutela delle identità territoriali e della biodiversità rurale della cultura salentina. Le foto che segnano questo percorso definiscono la possibilità di trasmettere suggestioni utili al ricordo ma, soprattutto, alla voglia di modificare comportamenti, acquisire nuove richieste come quella della tutela di un patrimonio agrario sempre più eroso da un presunto sviluppo, sempre più minacciato dall’omologazione dei prodotti, dei gusti e delle scelte.
ALFA EDILE – SYNPLAST (mostra c/o Orto botanico Nardò dal 25 aprile al 1° Maggio):
Un allestimento temporaneo a cura di Alfa Edile di alcuni elementi di arredo urbano dal design altamente innovativo e realizzati in Synplast, materiale ottenuto dalla plastica riciclata.
Alle h. 21:00 seguirà c/o il Torrione del Castello – Palazzo Comunale di Nardò un’incontro con i curatori della mostra SCART- USEFUL AND BEAUTIFUL SIDE OF WASTE a cura di Ecolevante.
DOMENICA 26 APRILE 2009
c/o il Chiostro di Sant’Antonio ore 11:30:
Aperitivo con gli artisti di Ecomoda e la coordinatrice della mostra Carol Cordella.
c/o l’Orto Botanico ore 18:00:
Presentazione del libro NON CHIAMARMI ZINGARO di Pino Petruzzelli – Edizioni Chiarelettere. Un libro che vanta l’importante contributo dell’insigne storico del Mediterraneo Predrag Matvejevic che scrive "L'uomo non nasce mendicante, ma lo diventa. E non lo diventa soltanto di propria volontà. L'accattonaggio è l'ammonimento agli uomini veri e alle fedi sincere: a quelli chiamati a dare a ciascuno il pane, a coloro che non dovrebbero dimenticare la carità."
c/o l’Orto Botanico ore 21:00:
Spettacolo teatrale “CON IL CIELO E LE SELVE” di Mario Rigoni Stern con Pino Petruzzelli. Con l’intento di veicolare attraverso tutti i linguaggi artistici immagini e contenuti sui temi del rapporto dell’uomo con il suo ambiente e della tutela delle identità territoriali ECOCULTURE propone questo spettacolo che segue le orme ideali di Mario Rigoni Stern sui sentieri dei monti e degli altipiani incontaminati dove il grande scrittore, scomparso solo di recente, amava camminare in silenzio. Pino Petruzzelli diventa testimone dell’amore di un uomo per la propria terra, interpretando i protagonisti del libro Uomini, boschi e api, edito da Einaudi. Storie che ancora si possono godere purché si abbia desiderio di vita, volontà di camminare e pazienza di osservare. In sua compagnia il pubblico passeggerà idealmente per i boschi guidati dalle parole Mario Rigoni Stern.
Ingresso spettacolo € 10,00
venerdì 24 aprile 2009
Io sono Dio di Giorgio Faletti (Baldini Castoldi Dalai Editore). In anteprima al Salone del Libro di Torino
Io sono Dio è il titolo del nuovo romanzo di Giorgio Faletti. Battute a parte, uscirà a maggio per Baldini Castoldi Dalai, come i precedenti, il nuovo atteso romanzo di Giorgio Faletti per il quale si annuncia quella che in casa editrice definiscono "una tiratura formidabile": si vocifera di oltre 500 mila copie in prima battuta, ma l'editor del libro, Francesco Colombo, non conferma e non smentisce, si limita a sorridere, segno che forse la cifra è errata per difetto.
"La storia è un ritorno al thriller classico - spiega Colombo, che è già stato l'editor dei racconti di Faletti - più vicino a Io uccido per come è impostato. Lo ha detto anche Faletti più volte, quella dei racconti è stata una vacanza che lui si è voluto prendere con l'horror e il fantastico, per poi tornare a scrivere una storia che aveva nella penna, un thriller."
Il romanzo è di circa 500 pagine, "un po' più breve di Io uccido", e l'ambientazione è ancora, come sempre in Faletti, internazionale. Ma non ritorneranno personaggi dei precedenti romanzi, e la storia non ruoterà intorno al mondo delle radio come nel libro d'esordio. "L'autore tiene molto alla sorpresa", precisano ancora in casa editrice, e in attesa dell'uscita, che avverrà in occasione della Fiera del libro di Torino ("forse"), non resta che immaginare quali nuovi delitti i lettori potranno scoprire tra le pagine.
sabato 16 maggio 2009
Ora: 20.00 - 21.00
Salone del Libro, Sala dei 500, Via Nizza, 280, Torino, Italy
fonte
http://www.giorgiofaletti.net/news/2009-04/io-sono-dio-torna-giorgio-faletti.php
Questo è un brano di un articolo tratto dal Corriere della sera (2 aprile 2009) a firma Ida Bozzi ripreso dal sito di Giorgio Faletti (http://www.giorgiofaletti.net/)
"La storia è un ritorno al thriller classico - spiega Colombo, che è già stato l'editor dei racconti di Faletti - più vicino a Io uccido per come è impostato. Lo ha detto anche Faletti più volte, quella dei racconti è stata una vacanza che lui si è voluto prendere con l'horror e il fantastico, per poi tornare a scrivere una storia che aveva nella penna, un thriller."
Il romanzo è di circa 500 pagine, "un po' più breve di Io uccido", e l'ambientazione è ancora, come sempre in Faletti, internazionale. Ma non ritorneranno personaggi dei precedenti romanzi, e la storia non ruoterà intorno al mondo delle radio come nel libro d'esordio. "L'autore tiene molto alla sorpresa", precisano ancora in casa editrice, e in attesa dell'uscita, che avverrà in occasione della Fiera del libro di Torino ("forse"), non resta che immaginare quali nuovi delitti i lettori potranno scoprire tra le pagine.
sabato 16 maggio 2009
Ora: 20.00 - 21.00
Salone del Libro, Sala dei 500, Via Nizza, 280, Torino, Italy
fonte
http://www.giorgiofaletti.net/news/2009-04/io-sono-dio-torna-giorgio-faletti.php
Questo è un brano di un articolo tratto dal Corriere della sera (2 aprile 2009) a firma Ida Bozzi ripreso dal sito di Giorgio Faletti (http://www.giorgiofaletti.net/)
Roberto Volterri, Narrano antiche cronache ... ricordi dal ... futuro (Edizioni Hera)
Gran parte delle domande a cui oggi si tenta di rispondere non solo in ambito accademico, ma anche negli spazi di discussione che riguardano studi più propriamente vicini alla scienza nonchè alla sociologia delle comunicazioni di massa, è il senso della Storia, e il senso della comunicazione oggi e il sapere prodotto in ogni branca dello scibile umano. Ovvero è stato detto tutto in questi ambiti, o esistono ancora zone da esplorare, zone d’ombra dove la luce della ricerca e dell’indagine di uomini di cultura e di scienza, non è ancora giunta o vi arriva in maniera flebile? Ad esempio l’astrofisica può dimostrare con assoluta certezza che siamo soli nell’universo? Gli storici di professione o i cultori di questa materia, possono escludere a priori, che nell’arco di tempo in cui sono saliti al potere e hanno sviluppato la loro logica di violenza e terrore totali, dittature come il fascismo e il nazismo, in due realtà socio-politiche e geografiche differenti come l’Italia e la Germania, siano state in grado di creare quasi simultaneamente organismi che si occupassero di argomenti non del tutto convenzionali (occultismo, magia, ufologia): il Gabinetto Rs-33 per l’Italia, e le SS-Ahnenerbe per la Germania? L’antropologia può escludere del tutto che in antichi manoscritti, da Tito Livio al Mahabharata un poema epico indiano del settimo millennio a.c., dalle cronache della Gazzetta di Norimberga del 1561 alla stessa Bibbia e con precisione alle mistiche visioni di Ezechiele sino poi al ‘Papiro Tulli’ nella trascrizione effettuata da Boris de Rachelwiltz, non vi siano tracce del fatto che il nostro pianeta sia stato visitato in tempi non sospetti da ‘intelligenze aliene’? E lo stesso dicasi per la Storia dell’Arte: esistono strani anacronismi in alcune opere di maestri come Filippo Lippi (Madonna e S. Giovannino conservato a Firenze a Palazzo Vecchio), o Masolino da Panicale (Il Miracolo della neve conservato a Napoli nel Museo di Capodimonte la cui iconografia rievoca il fenomeno della bambagia silicea legato a fenomenologie ufologiche di cui se n’è parlato in Italia a partire dagli anni cinquanta). Certo un risolino di sprezzante ironia potrebbe sorgere sulle labbra di un Vittorio Sgarbi, ma a nostro avviso non nel caso del lavoro di Roberto Volterri dal titolo “Narrano antiche cronache … ricordi dal … futuro” edito da Edizioni Hera, con la prefazione di Giorgio Tsoukalos, Adriano Forgione e con il contributo al pc di Massimiliano della Milla (ora in allegato al numero di aprile 2009 di Ufo Notiziario diretto da Roberto Pinotti). Un libro questo di Volterri che rappresenta una micro wikipedia per tutti quegli appassionati di misteri archeologici, e per chi mosso dalla ricerca in ambito di analisi delle immagini, vuole sfruttare al massimo le risorse del suo personal computer: alla fine del volume vi è infatti un ampio spaccato tecnico-pratico per utilizzare al meglio le potenzialità di Photoshop 5. Il Dott. Roberto Volterri nella vita fa l’archeologo e in ambito universitario, si occupa di Archeometallurgia. E’ un assiduo collaboratore del mensile HERA, dedicato allo studio dei ‘misteri archeologici’, delle civiltà scomparse, e della mitologia. L’autore, conosciuto nell’ambito accademico presso l’università di Roma “Tor Vergata”, riesamina dunque in questo suo lavoro, attraverso una diversa quanto affascinante chiave di lettura, una serie di dipinti e di antiche cronache cercando di individuare quegli anacronismi storico-culturali che possono dare un significato del tutto differente alle opere stesse ed alla storia dell’uomo. Il tutto condito non solo da un’incrollabile fede nella ricerca della verità, ma anche da una forte onestà intellettuale e metodologica che non lo fa scivolare nella cialtroneria o nel ridicolo.
giovedì 23 aprile 2009
Questa lontananza così vicina, Paolo Di Paolo (Giulio Perrone editore). Da domani in libreria
Tutto comincia con un'ultima lettera. La più sincera, la più urgente che una donna, D., abbia mai scritto. Poche righe, in cui D. cerca di riassumersi e di tirare le somme di tutta una vita – come in certi questionari che consegnava ai suoi studenti all'inizio dell'anno, per iniziare a conoscerli. Poche parole con cui definire la destinazione delle proprie cose, degli affetti, delle riconciliazioni sempre rimandate; e dei libri, da regalare proprio a quegli studenti un poco svagati che le hanno riempito l'esistenza.
Un'esistenza fatta anche di viaggi, di fotografie in bianco e nero, di mari spiati al mattino, quando i colori non sono definitivi; un'esistenza poi taciuta, a scuola, quando bisognava ragionare per mezzi voti e programmi ministeriali; e, forse, difendersi.
Dall'altro lato della cattedra, un ragazzo alle prese con le declinazioni latine e le inadeguatezze dell'adolescenza. Of Paul, lo chiamava lei, scherzando sul nome; e, dopo avergli sondato l'insicurezza nelle parole già mature dei temi, lo congedava per l'estate con qualche consiglio di lettura.
D. è morta di tumore una mattina presto, proprio all'ora in cui amava di più il mare; con troppi diari da riempire, ancora, e tante parentesi lasciate aperte. Of Paul, ormai sull'altra estremità dell'adolescenza – quella che si chiude senza il rumore che ci si aspettava – capisce di non averla mai saputa davvero, quell'insegnante severa e ironica; e di doverle troppe pagine, troppe scoperte, anche quella di una strada, della propria strada – la scrittura – tracciata (trovata) nel sé da quell'incontro, da quell'insegnamento.
E così, il ragazzo ormai cresciuto torna nei luoghi di D., cerca le parole non dette nei diari lasciati a metà, e in quell'ultima lettera che, tra le sue dita, disegna uno spazio abitato di ricordi, diventa la mappa di una geografia personale a cui fare ritorno con gli occhi del poi.
Lungo quella mappa, delle distanze. Lontananze da percorrere a ritroso, attraverso pomeriggi di greco e gite scolastiche in Piemonte, reinterpretati alla luce di un'assenza e di una memoria che sembra vivida, e non sempre si condivide.
Cosa conosciamo davvero, degli altri? Quanto li sappiamo, quanto ci appartengono? E cosa possiamo salvare, di loro, quando li perdiamo?
Paolo Di Paolo, in questo tema di maturità fuori tempo massimo, rilegge le pagine della sua adolescenza e si domanda come superare certe distanze, quando tracciano l'esatta misura della propria crescita; come arginare l'enormità di certi silenzi, quando si fanno definitivi. E dove cercare una compatibilità, forse impossibile, tra noi e gli altri, tra i molti gesti mancati.
E non è solo di pagine che si tratta, quando si dice “libri”, o si dice “parole”. Si tratta di una lontananza resa vicina, così vicina, dal riconoscersi simili, dopotutto. Si tratta di ciò che può significare la scrittura, quando tenta di risarcire, di ricostruire una memoria condivisa; di fare vero un io.
Una prosa consapevole, rarefatta, pignolamente tesa verso i moti interiori, ma non per questo lontana dalle preoccupazioni sociali
(Dacia Maraini)
Per Paolo Di Paolo i libri non sono tanto contenitori di sapienza, quanto depositi di realtà. I libri agiscono restituendo ciò che non c'è più.
(Angelo Guglielmi, L'Unità)
...lo strano senso di una saggezza ancora candida: per una scrittura tanto elegante e colta, quanto fresca e stupita
(Massimo Onofri, Diario)
Un'esistenza fatta anche di viaggi, di fotografie in bianco e nero, di mari spiati al mattino, quando i colori non sono definitivi; un'esistenza poi taciuta, a scuola, quando bisognava ragionare per mezzi voti e programmi ministeriali; e, forse, difendersi.
Dall'altro lato della cattedra, un ragazzo alle prese con le declinazioni latine e le inadeguatezze dell'adolescenza. Of Paul, lo chiamava lei, scherzando sul nome; e, dopo avergli sondato l'insicurezza nelle parole già mature dei temi, lo congedava per l'estate con qualche consiglio di lettura.
D. è morta di tumore una mattina presto, proprio all'ora in cui amava di più il mare; con troppi diari da riempire, ancora, e tante parentesi lasciate aperte. Of Paul, ormai sull'altra estremità dell'adolescenza – quella che si chiude senza il rumore che ci si aspettava – capisce di non averla mai saputa davvero, quell'insegnante severa e ironica; e di doverle troppe pagine, troppe scoperte, anche quella di una strada, della propria strada – la scrittura – tracciata (trovata) nel sé da quell'incontro, da quell'insegnamento.
E così, il ragazzo ormai cresciuto torna nei luoghi di D., cerca le parole non dette nei diari lasciati a metà, e in quell'ultima lettera che, tra le sue dita, disegna uno spazio abitato di ricordi, diventa la mappa di una geografia personale a cui fare ritorno con gli occhi del poi.
Lungo quella mappa, delle distanze. Lontananze da percorrere a ritroso, attraverso pomeriggi di greco e gite scolastiche in Piemonte, reinterpretati alla luce di un'assenza e di una memoria che sembra vivida, e non sempre si condivide.
Cosa conosciamo davvero, degli altri? Quanto li sappiamo, quanto ci appartengono? E cosa possiamo salvare, di loro, quando li perdiamo?
Paolo Di Paolo, in questo tema di maturità fuori tempo massimo, rilegge le pagine della sua adolescenza e si domanda come superare certe distanze, quando tracciano l'esatta misura della propria crescita; come arginare l'enormità di certi silenzi, quando si fanno definitivi. E dove cercare una compatibilità, forse impossibile, tra noi e gli altri, tra i molti gesti mancati.
E non è solo di pagine che si tratta, quando si dice “libri”, o si dice “parole”. Si tratta di una lontananza resa vicina, così vicina, dal riconoscersi simili, dopotutto. Si tratta di ciò che può significare la scrittura, quando tenta di risarcire, di ricostruire una memoria condivisa; di fare vero un io.
Una prosa consapevole, rarefatta, pignolamente tesa verso i moti interiori, ma non per questo lontana dalle preoccupazioni sociali
(Dacia Maraini)
Per Paolo Di Paolo i libri non sono tanto contenitori di sapienza, quanto depositi di realtà. I libri agiscono restituendo ciò che non c'è più.
(Angelo Guglielmi, L'Unità)
...lo strano senso di una saggezza ancora candida: per una scrittura tanto elegante e colta, quanto fresca e stupita
(Massimo Onofri, Diario)
Giorgio Guidelli, Operazione Peci (Storia di un sequestro mediatico), Quattro Venti edizioni
Gli anni ’80, se parliamo per un attimo di mercato dello spettacolo, per molti della nostra generazione hanno rappresentato un gustoso pasto mediatico offerto su di un piatto d’argento dalle industrie dell’intrattenimento cinematografico, d’animazione e della musica: da Wall Street con Michael Douglas, emblema del rampantismo senza esclusioni di colpi all’avveneristico Ritorno al Futuro con Michael J. Fox, da Goldrake a Mazinga Z, dai Duran Duran ai Run Dmc. Questo uno dei tanti riflessi di quell’epoca, senza dubbio tra i più rassicuranti, ma c’è anche un B-side, più oscuro, malevolo, canceroso. Partiamo dai fatti, quelli che sono nella dimensione oggettiva degli accadimenti, quelli consegnati nella fenomenologia della nostra storia e di quella del nostro paese. L’accusa di tradimento e delazione alla base del tragico epilogo: ovvero la condanna a morte da parte delle Brigate Rosse Fronte delle carceri - Partito Guerriglia comandate dal criminologo Giovanni Senzani (professor bazooka), in seguito all'arresto del fratello Patrizio Peci divenuto poi pentito e collaboratore di giustizia. Roberto Peci fu sequestrato il 10 giugno 1981 a San Benedetto del Tronto da un commando di 4 terroristi, sottoposto a interrogatorio e giustiziato il 3 agosto dello stesso anno. L'interrogatorio rigorosamente filmato con apparecchiatura Telefunken, fu inviato agli organi di stampa nazionali. La Rai, allora guidata dal socialista Sergio Zavoli, decise di non mandare in onda il filmato. Un atto fondativo per una possibile scarcerazione di Roberto Peci.
D’altra parte anche ai tempi del sequestro Moro (3 anni prima) si pose il problema se pubblicare o meno i comunicati delle BR e le lettere di Moro. McLuhan propose il black out. Cosa che poi fu fatta sia per D'Urso e Peci. Giovanni Senzani fotografò il momento dell’esecuzione, avvenuta con 11 colpi di arma da fuoco calibro 7,65, in un casolare abbandonato nella campagna romana, sulla Appia per la precisione. Passiamo al libro di Guidelli: in questo volume Giorgio Guidelli ricostruisce le fasi dell'organizzazione del sequestro di Roberto Peci, fratello del noto Patrizio, capo delle Brigate Rosse. Patrizio Peci fu tra i teste chiave del processo Moro. Nel giugno del 1981 i brigatisti decisero di fargliela pagare sequestrandogli il fratello e uccidendolo barbaramente, con un’esequzione di stampo mafioso: “ L’annientamento è l’unico rapporto possibile che intercorre tra proletariato marginale e traditori”. L’intero percorso di analisi portato avanti dal giovane giornalista, si basa sul memoriale di Robero Buzzatti, ex militante delle Br, e uno dei protagonisti di quel truce episodio di lotta armata. Un episodio che dal punto di vista dell’analisi mediatica, rappresenta un vero e proprio salto di paradigma, che getta le basi per una visione più spettacolare della morte e dell’azione terroristica in sé. In fondo Le BR fino a Senzani avevano sempre basato le loro "campagne" sui documenti: risoluzioni, comunicati, opuscoli, ecc. In un certo senso,
i mass media erano portati a interpretare ma ora, anzi in quell’occasione specifica, la strategia dell’eliminazione fisica diventava strategia filmica di una patologica messa in scena che lavora quasi con professionalità attoriale per la morte. Al di là del bene e del male! Mi piace concludere con un estratto di un intervento recensivo di Giuliano Boraso su questo volume di Guidelli apparso su www.brigaterosse.org quando dice: “ Ci piace anche questo recupero del passato sentito come esigenza del presente, questo saper guardare e interpretare i fatti di oggi mantenendo sempre un occhio di riguardo per quello che è stato e, probabilmente, sarà. “
Giorgio Guidelli: giornalista professionista, lavora dal '95 nei quotidiani della Poligrafici Editoriale (il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno).
Giorgio Guidelli, Operazione Peci (Storia di un sequestro mediatico), Quattro Venti edizioni, pp. 84
www.edizioniquattroventi.it
RIPARLIAMO DEGLI ANNI ‘70
Rassegna storico-culturale per conoscere
la storia degli “anni di piombo”
INCONTRO CON GIORGIO GUIDELLI, venerdì 24 aprile 2009
Brindisi - Via Colonne 46 – ore 18.00
Modera Manlio Castronuovo
D’altra parte anche ai tempi del sequestro Moro (3 anni prima) si pose il problema se pubblicare o meno i comunicati delle BR e le lettere di Moro. McLuhan propose il black out. Cosa che poi fu fatta sia per D'Urso e Peci. Giovanni Senzani fotografò il momento dell’esecuzione, avvenuta con 11 colpi di arma da fuoco calibro 7,65, in un casolare abbandonato nella campagna romana, sulla Appia per la precisione. Passiamo al libro di Guidelli: in questo volume Giorgio Guidelli ricostruisce le fasi dell'organizzazione del sequestro di Roberto Peci, fratello del noto Patrizio, capo delle Brigate Rosse. Patrizio Peci fu tra i teste chiave del processo Moro. Nel giugno del 1981 i brigatisti decisero di fargliela pagare sequestrandogli il fratello e uccidendolo barbaramente, con un’esequzione di stampo mafioso: “ L’annientamento è l’unico rapporto possibile che intercorre tra proletariato marginale e traditori”. L’intero percorso di analisi portato avanti dal giovane giornalista, si basa sul memoriale di Robero Buzzatti, ex militante delle Br, e uno dei protagonisti di quel truce episodio di lotta armata. Un episodio che dal punto di vista dell’analisi mediatica, rappresenta un vero e proprio salto di paradigma, che getta le basi per una visione più spettacolare della morte e dell’azione terroristica in sé. In fondo Le BR fino a Senzani avevano sempre basato le loro "campagne" sui documenti: risoluzioni, comunicati, opuscoli, ecc. In un certo senso,
i mass media erano portati a interpretare ma ora, anzi in quell’occasione specifica, la strategia dell’eliminazione fisica diventava strategia filmica di una patologica messa in scena che lavora quasi con professionalità attoriale per la morte. Al di là del bene e del male! Mi piace concludere con un estratto di un intervento recensivo di Giuliano Boraso su questo volume di Guidelli apparso su www.brigaterosse.org quando dice: “ Ci piace anche questo recupero del passato sentito come esigenza del presente, questo saper guardare e interpretare i fatti di oggi mantenendo sempre un occhio di riguardo per quello che è stato e, probabilmente, sarà. “
Giorgio Guidelli: giornalista professionista, lavora dal '95 nei quotidiani della Poligrafici Editoriale (il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno).
Giorgio Guidelli, Operazione Peci (Storia di un sequestro mediatico), Quattro Venti edizioni, pp. 84
www.edizioniquattroventi.it
RIPARLIAMO DEGLI ANNI ‘70
Rassegna storico-culturale per conoscere
la storia degli “anni di piombo”
INCONTRO CON GIORGIO GUIDELLI, venerdì 24 aprile 2009
Brindisi - Via Colonne 46 – ore 18.00
Modera Manlio Castronuovo
mercoledì 22 aprile 2009
L'Urban Art superstar dell'Arte Contemporanea
La più esauriente mostra di Urban Art mai presentata in un museo italiano porta al MADRE alcuni tra i nomi più interessanti della giovane Arte Contemporanea che nasce dalle ultime tendenze delle culture giovanili e urbane. Mentre i parolai su fumetto e arte da decenni continuano ad accapigliarsi su fino a che punto l’uno possa azzardarsi a contaminare l’altra, e viceversa, arrivano a Napoli proprio durante un festival dedicato ai fumetti, gli artisti contemporanei più “corrotti” da fumetti e cartoon. L’artista David Vecchiato, qui anche in veste di curatore, presenta le opere più recenti delle stelle internazionali dell’Urban Art, colleghi e amici come Gary Baseman, Boris Hoppek, Shag, Ian Stevenson, Gary Taxali, Mijn Schatje, Jon Burgerman, Jim Avignon, Junko Mizuno, Glenn Barr, Bigfoot, Naoshi, Ciou, Sergio Mora, Nathan Jurevicius, Joe Ledbetter e tanti altri artisti da ogni parte del mondo.
Tra le opere degli illustri esponenti di correnti come street art, skate art, pop surrealism, lowbrow e poster art, in mostra anche gli art-toys, fenomeno promosso con forza già da un paio di anni dalla MondoPOP International Gallery di Roma e dal magazine XL. Per finire, Urban Superstar propone anche le grandi installazioni di Junko Mizuno, Mijn Schatje e Tokidoki della collezione Fornarina, viste all’Urban Beauty Show al Louvre di Parigi. Lo staff di Fornarina ha aderito naturalmente al prestigioso progetto Urban Superstar perché il loro è stato tra i primi marchi internazionali a investire sulle nuove correnti artistiche e a promuovere i suoi esponenti già da anni. L’appuntamento è sabato 25 aprile alle ore 21 con l'Urban Party di apertura della prestigiosa collettiva, con performance e DJ tutt’altro che “da museo”. Ma la mostra sarà aperta eccezionalmente già da venerdì 24 per consentirne la visione ai visitatori che arrivano in città per il Comicon. Tra i tanti artisti ospiti nei giorni della convention saranno a Napoli l’australiano Jeremyville e la francese Mijn Schatje, che offriranno performance e incontri con il pubblico non rpivi di sorprese. Lo stesso pubblico sarà invitato a partecipare alle performance.
E gli italiani? Oltre al romano Simone Legno, che col marchio Tokidoki dalla California propone un segno globale frutto di influenze giapponesi quanto USA e europee, ci saranno anche quegli artisti che hanno condiviso qua in Italia in questi ultimi quindici anni tante esperienze nell’ambito dell’arte underground e dei suoi innumerevoli eventi. AlePOP, Allegra Corbo, lo stesso David Vecchiato, Fupete, Licia Viero, Scarful, i più giovani Sten e Lex, Cesko, El Gato Chimney, le Serpeinseno, la parigina naturalizzata italiana Zelda Bomba e molti altri.
Come ricorda Vecchiato: <>.
Arrivano quindi a Napoli le superstar dell’Urban Art, artisti non facilmente addomesticabili, proprio come certe rockstar.
Arrivano con una promessa: <>.
Gli artisti:
Aiko Nagakawa aka Lady Aiko (Japan/USA)
AlePOP (Italy)
Allegra Corbo (Italy)
Bethany Marchman (USA)
Boris Hoppek (Germany/Spain)
Bigfoot (USA)
Cesko ( Italy)
Ciou (France)
David Vecchiato aka Diavù (Italy)
DEM (Italy)
El Gato Chimney (Italy)
Fupete (Italy)
Gary Baseman (USA)
Gary Taxali (India/Canada)
Glenn Barr (USA)
Ian Stevenson (UK)
Inge Cornill (Belgium)
Jeremyville (Australia)
Jim Avignon (Germany)
Joe Ledbetter (USA)
Jon Burgerman (UK)
Junko Mizuno (Japan)
Licia Viero (Italia)
Mijn Schatje (Francia)
Naoshi (Giappone)
Nathan Jurevicius (Australia)
Scarful (Italia)
Sergio Mora (Spagna)
Serpeinseno (Italia),
Shag (USA)
Sten & Lex (Italia)
Simone Legno aka Tokidoki (Italia/USA)
Zelda Bomba (Francia/Italia)
URBAN SUPERSTAR Show
A cura di David Vecchiato
Dal 24 aprile al 24 maggio 2009
Al MADRE - Museo D'Arte Contemporanea Donna Regina,
via Luigi Settembrini 79, Napoli.
URBAN SUPERSTAR show è un evento Comicon OFF
Organizzazione MondoPOP International Gallery, Roma
Facta Manent, Napoli
Info: info@mondopop.it / www.mondopop.it
Si ringrazia:
La Repubblica XL
Fornarina
Tra le opere degli illustri esponenti di correnti come street art, skate art, pop surrealism, lowbrow e poster art, in mostra anche gli art-toys, fenomeno promosso con forza già da un paio di anni dalla MondoPOP International Gallery di Roma e dal magazine XL. Per finire, Urban Superstar propone anche le grandi installazioni di Junko Mizuno, Mijn Schatje e Tokidoki della collezione Fornarina, viste all’Urban Beauty Show al Louvre di Parigi. Lo staff di Fornarina ha aderito naturalmente al prestigioso progetto Urban Superstar perché il loro è stato tra i primi marchi internazionali a investire sulle nuove correnti artistiche e a promuovere i suoi esponenti già da anni. L’appuntamento è sabato 25 aprile alle ore 21 con l'Urban Party di apertura della prestigiosa collettiva, con performance e DJ tutt’altro che “da museo”. Ma la mostra sarà aperta eccezionalmente già da venerdì 24 per consentirne la visione ai visitatori che arrivano in città per il Comicon. Tra i tanti artisti ospiti nei giorni della convention saranno a Napoli l’australiano Jeremyville e la francese Mijn Schatje, che offriranno performance e incontri con il pubblico non rpivi di sorprese. Lo stesso pubblico sarà invitato a partecipare alle performance.
E gli italiani? Oltre al romano Simone Legno, che col marchio Tokidoki dalla California propone un segno globale frutto di influenze giapponesi quanto USA e europee, ci saranno anche quegli artisti che hanno condiviso qua in Italia in questi ultimi quindici anni tante esperienze nell’ambito dell’arte underground e dei suoi innumerevoli eventi. AlePOP, Allegra Corbo, lo stesso David Vecchiato, Fupete, Licia Viero, Scarful, i più giovani Sten e Lex, Cesko, El Gato Chimney, le Serpeinseno, la parigina naturalizzata italiana Zelda Bomba e molti altri.
Come ricorda Vecchiato: <
Arrivano quindi a Napoli le superstar dell’Urban Art, artisti non facilmente addomesticabili, proprio come certe rockstar.
Arrivano con una promessa: <
Gli artisti:
Aiko Nagakawa aka Lady Aiko (Japan/USA)
AlePOP (Italy)
Allegra Corbo (Italy)
Bethany Marchman (USA)
Boris Hoppek (Germany/Spain)
Bigfoot (USA)
Cesko ( Italy)
Ciou (France)
David Vecchiato aka Diavù (Italy)
DEM (Italy)
El Gato Chimney (Italy)
Fupete (Italy)
Gary Baseman (USA)
Gary Taxali (India/Canada)
Glenn Barr (USA)
Ian Stevenson (UK)
Inge Cornill (Belgium)
Jeremyville (Australia)
Jim Avignon (Germany)
Joe Ledbetter (USA)
Jon Burgerman (UK)
Junko Mizuno (Japan)
Licia Viero (Italia)
Mijn Schatje (Francia)
Naoshi (Giappone)
Nathan Jurevicius (Australia)
Scarful (Italia)
Sergio Mora (Spagna)
Serpeinseno (Italia),
Shag (USA)
Sten & Lex (Italia)
Simone Legno aka Tokidoki (Italia/USA)
Zelda Bomba (Francia/Italia)
URBAN SUPERSTAR Show
A cura di David Vecchiato
Dal 24 aprile al 24 maggio 2009
Al MADRE - Museo D'Arte Contemporanea Donna Regina,
via Luigi Settembrini 79, Napoli.
URBAN SUPERSTAR show è un evento Comicon OFF
Organizzazione MondoPOP International Gallery, Roma
Facta Manent, Napoli
Info: info@mondopop.it / www.mondopop.it
Si ringrazia:
La Repubblica XL
Fornarina
QUALCUNO HA MORSO IL CANE – RACCONTI DI DOPPIA VITA a cura di Antonio VENEZIANI e Riccardo REIM (Coniglio editore) rec. di Silla Hicks
LA VITA E’ UNA, SIAMO NOI A NON ESSERLO ...
Io non lo so cos’è, una doppia vita. Non lo so, perché se c’è stata una cosa che finora ho imparato, è che siamo tutti uno nessuno e centomila, o ,se preferite, che niente è quello che sembra, tanto, in fondo, dicono la stessa cosa, Pirandello, Akira Kurosawa e persino Jhon Locke ( non il filosofo del Saggio sull’Intelletto umano, ma l’ispettore paraplegico di una fabbrica di scatole che diventa la bella copia di Rambo una volta caduto sull’isola smarrita di Lost).
Ciascuno è sempre tanti e tutti assieme, tutti portiamo maschere bifronti che piangono e ridono in simultanea e nascondiamo nell’armadio scheletri putrefatti e scampoli di luce: fortunato è chi è capace di guardare oltre quello che sembra, dal di fuori. Gli altri, si perdono la metà almeno del film.
E non lo dico perché sono un camionista, e nessuno o quasi per questo crede che possa leggere e scrivere e pensare, quasi che il gigante di due metri e centoventi chili che vedono sia di me tutto, l’uomo ridotto a uno schizzo senza chiaroscuri, a una dimensione sola. Lo dico perché non ho mai incontrato nessuno al cento per cento coerente col suo personaggio, nessuno, nemmeno la persona più ottusa e idiota e granitica nelle certezze che solo un fanatico sa avere. Tutti hanno sfaccettature che non quadrano, sono funzioni a n incognite, direbbe mia sorella, che è insieme corpo scheletrico coperto di tatuaggi e fine matematico, e per questo non s’è disegnata addosso un drago, ma l’ipotesi di Fermat e una spirale logaritmica, e s’è innamorata persa di chi l’ha vista protagonista nel libro di Larsen, e pazienza se regalarglielo voleva essere soltanto un complimento perché respira i computer e sa guidare e bene la sua vecchia Honda.
Così, non credo che avere una doppia vita si riduca a fare le corna alla moglie, o a preferire segretamente i maschi, e nemmeno a leggere Tolstoi di nascosto come la signora Michel, riccio elegante celato dagli abiti informi e la puzza di cavolo della portinaia. Nel senso che non credo che esistano doppie vite, né triple né quadruple: se ne nasce un casino, basta rifletterci, è perché si corre il rischio sempre d’essere scoperti, e ciò perché la vita – contenitore di emozioni e attimi e amori – è soltanto e disgraziatamente una.
Siamo noi, a non essere uno, non per scelta ma per destino: noi che ci barcameniamo, tra questo e l’altro e l’altro me, tra il camionista e colui che legge e scrive, e quello che ascolta have you ever seen the rain e piange, pensandoti, ovunque e con chiunque tu sia adesso.
Per tutte queste ragioni, l’ho letto avidamente, questo libro che pure è una collettiva e io le collettive le detesto, come detesto le foto di gruppo che sono come le parate del due giugno, in cui tutti (granatieri di Sardegna a parte) sfilano coi bassi avanti e finirei necessariamente relegato dietro, ma pazienza, c’è sempre chi guarda oltre le prime file, nelle ultime pagine, alla fine dell’elenco in ordine alfabetico.
C’è sempre. E quello ti trova.
Ti trova, e ti respira. Questo, in questo libro, ho fatto io.
Sarebbe educato citare tutti, ma il fatto è che neanche li ricordo: ma quelli che mi hanno colpito li ricordo eccome, anzi: non me li scorderò, ed è questo che un buono racconto buono cerca di ottenere.
Intanto, la Maddalena che si specchia in sé: peccato duri poco, mi sarebbe piaciuto sapere che ne è venuto fuori dalla sua polvere, perché l’anima/carne supera il dualismo manicheo in cui ci dibattiamo ancora troppo spesso, e Orlando e Middlesex restano là, sullo sfondo. Qualcosa su cui pensare.
Come il cuore di Fedora studentessa di belle arti e insieme Luca sessantenne professore. Identità liquide, fluide, una nell’altra, Leonardo/Monnalisa.Vedi sopra..
E poi la Federica sadica e senese – prodromica ai ricconi che comprano ragazzi con lo zaino nella Cecoslovacchia di Hostel?- e il suo Braschi così innamorato da amarla malgrado il suo cuore nero, da vederlo luccicante nella notte in cui l’ha trascinato, l’amore che tiene la morte per la mano e si rotola frenetico nel sangue. Fino alla vita, se mai ce ne sarà una.
Ma anche il Pulcinella che semina assieme bombe e caramelle, che pure mi ha fatto male, ho amici nell’esercito, e no, non sono mostri senza cuore, solo soldati, foglie sopra agli alberi che il vento spazza via, gente che s’è scelto o ha dovuto prendersi una vita che è anche rischio, ma che pensa e s’interroga e a volte scrive, perché niente è come appare, e gli steroptipi, contrastanti tra loro o no, sono semplificazioni, una funzione studiata per y < x > z, in cui y e z sono i paletti che abbiamo fissato, si chiamano intervalli, e sono solo scampoli, la vita invece è un continuum, da più a meno infinto, dal tutto al niente, e in mezzo, a perdita d’occhio, tutta la gradazione del colore.
Il resto, mariti che tradiscono con minorenni o rimorchiano extracomunitarie ingenue, mogli che si raffrontano/solidarizzano con l’amante e politici col vizietto, va da sé.
Continuo a non amare le collettive. E i temi fissati, anche, che alla fine ti portano a banalizzare pur di riempire il rigo e la pagina. Scrivere non si può fare a comando, o almeno si può fare se si è al liceo e si cerca un voto. Poi, non più.
Ma è indubbio che se metti perle in un cesto pieno di quello che ti pare, non è che non ci siano. Soltanto, vanno cercate. E tenute strette quando si trovano, mi verrebbe da dire, al signore gentile che ha regalato a mia sorella il libro di Larsen, e poi è scomparso, lui che ha saputo guardare dentro la sua anima, per la vertigine che deve aver provato. Per questo, anche, aspetto di vedere come è andata a finire tra Antonio e Maddalena. Una volta che uno si/ti guarda dentro, e vede, non può chiudere gli occhi per non ferirsi di luce.
Sono convinto che il signore gentile tornerà, prima o poi, e inviterà mia sorella a cena, vicino al mare, e giocheranno a scacchi e berranno vino rosso, parleranno di Gadda e dell’ipotesi di Reimann. Sono convinto che Antonio e Maddalena (Fedora e Luca) troveranno un equilibrio in cui ci sia spazio per entrambi. La carne è anima, l’anima è carne. Nel sangue e in mezzo ai fiori.
Anche in una doppia vita, o in una tripla e una quadrupla, c’è sempre spazio – purtroppo - per l’amore.
Con racconti di Renzo Paris, Mario Castelnuovo, Dora Albanese, Luca Giachi, Fabiomassimo Lozzi, Gianfranco Franchi, Silvana Pedrini, Gabriele Dadati, Carmine Amoroso, Maria Sole Abate, Fernando Acitelli, Filippo Scòzzari, Stefania Scateni, Claudio Marrucci, Gianluigi Mattia, Antonio Veneziani, Riccardo Reim, Roberto Nobile, Tiziana Rinaldi Castro, Giorgio Gigliotti, Franco Grillini, Carlo Bordini, Anna Segre, Paolo Di Orazio, Chiara Marchelli, Giulio Laurenti, Geraldina Colotti, Stefano Fugazza, Maurizio Gregorini, Michela De Muro, Fabrizio G. di Vasco.
(QUALCUNO HA MORSO IL CANE – RACCONTI DI DOPPIA VITA,
a cura di Antonio VENEZIANI e Riccardo REIM, 2008, Coniglio Editore, Roma)
Io non lo so cos’è, una doppia vita. Non lo so, perché se c’è stata una cosa che finora ho imparato, è che siamo tutti uno nessuno e centomila, o ,se preferite, che niente è quello che sembra, tanto, in fondo, dicono la stessa cosa, Pirandello, Akira Kurosawa e persino Jhon Locke ( non il filosofo del Saggio sull’Intelletto umano, ma l’ispettore paraplegico di una fabbrica di scatole che diventa la bella copia di Rambo una volta caduto sull’isola smarrita di Lost).
Ciascuno è sempre tanti e tutti assieme, tutti portiamo maschere bifronti che piangono e ridono in simultanea e nascondiamo nell’armadio scheletri putrefatti e scampoli di luce: fortunato è chi è capace di guardare oltre quello che sembra, dal di fuori. Gli altri, si perdono la metà almeno del film.
E non lo dico perché sono un camionista, e nessuno o quasi per questo crede che possa leggere e scrivere e pensare, quasi che il gigante di due metri e centoventi chili che vedono sia di me tutto, l’uomo ridotto a uno schizzo senza chiaroscuri, a una dimensione sola. Lo dico perché non ho mai incontrato nessuno al cento per cento coerente col suo personaggio, nessuno, nemmeno la persona più ottusa e idiota e granitica nelle certezze che solo un fanatico sa avere. Tutti hanno sfaccettature che non quadrano, sono funzioni a n incognite, direbbe mia sorella, che è insieme corpo scheletrico coperto di tatuaggi e fine matematico, e per questo non s’è disegnata addosso un drago, ma l’ipotesi di Fermat e una spirale logaritmica, e s’è innamorata persa di chi l’ha vista protagonista nel libro di Larsen, e pazienza se regalarglielo voleva essere soltanto un complimento perché respira i computer e sa guidare e bene la sua vecchia Honda.
Così, non credo che avere una doppia vita si riduca a fare le corna alla moglie, o a preferire segretamente i maschi, e nemmeno a leggere Tolstoi di nascosto come la signora Michel, riccio elegante celato dagli abiti informi e la puzza di cavolo della portinaia. Nel senso che non credo che esistano doppie vite, né triple né quadruple: se ne nasce un casino, basta rifletterci, è perché si corre il rischio sempre d’essere scoperti, e ciò perché la vita – contenitore di emozioni e attimi e amori – è soltanto e disgraziatamente una.
Siamo noi, a non essere uno, non per scelta ma per destino: noi che ci barcameniamo, tra questo e l’altro e l’altro me, tra il camionista e colui che legge e scrive, e quello che ascolta have you ever seen the rain e piange, pensandoti, ovunque e con chiunque tu sia adesso.
Per tutte queste ragioni, l’ho letto avidamente, questo libro che pure è una collettiva e io le collettive le detesto, come detesto le foto di gruppo che sono come le parate del due giugno, in cui tutti (granatieri di Sardegna a parte) sfilano coi bassi avanti e finirei necessariamente relegato dietro, ma pazienza, c’è sempre chi guarda oltre le prime file, nelle ultime pagine, alla fine dell’elenco in ordine alfabetico.
C’è sempre. E quello ti trova.
Ti trova, e ti respira. Questo, in questo libro, ho fatto io.
Sarebbe educato citare tutti, ma il fatto è che neanche li ricordo: ma quelli che mi hanno colpito li ricordo eccome, anzi: non me li scorderò, ed è questo che un buono racconto buono cerca di ottenere.
Intanto, la Maddalena che si specchia in sé: peccato duri poco, mi sarebbe piaciuto sapere che ne è venuto fuori dalla sua polvere, perché l’anima/carne supera il dualismo manicheo in cui ci dibattiamo ancora troppo spesso, e Orlando e Middlesex restano là, sullo sfondo. Qualcosa su cui pensare.
Come il cuore di Fedora studentessa di belle arti e insieme Luca sessantenne professore. Identità liquide, fluide, una nell’altra, Leonardo/Monnalisa.Vedi sopra..
E poi la Federica sadica e senese – prodromica ai ricconi che comprano ragazzi con lo zaino nella Cecoslovacchia di Hostel?- e il suo Braschi così innamorato da amarla malgrado il suo cuore nero, da vederlo luccicante nella notte in cui l’ha trascinato, l’amore che tiene la morte per la mano e si rotola frenetico nel sangue. Fino alla vita, se mai ce ne sarà una.
Ma anche il Pulcinella che semina assieme bombe e caramelle, che pure mi ha fatto male, ho amici nell’esercito, e no, non sono mostri senza cuore, solo soldati, foglie sopra agli alberi che il vento spazza via, gente che s’è scelto o ha dovuto prendersi una vita che è anche rischio, ma che pensa e s’interroga e a volte scrive, perché niente è come appare, e gli steroptipi, contrastanti tra loro o no, sono semplificazioni, una funzione studiata per y < x > z, in cui y e z sono i paletti che abbiamo fissato, si chiamano intervalli, e sono solo scampoli, la vita invece è un continuum, da più a meno infinto, dal tutto al niente, e in mezzo, a perdita d’occhio, tutta la gradazione del colore.
Il resto, mariti che tradiscono con minorenni o rimorchiano extracomunitarie ingenue, mogli che si raffrontano/solidarizzano con l’amante e politici col vizietto, va da sé.
Continuo a non amare le collettive. E i temi fissati, anche, che alla fine ti portano a banalizzare pur di riempire il rigo e la pagina. Scrivere non si può fare a comando, o almeno si può fare se si è al liceo e si cerca un voto. Poi, non più.
Ma è indubbio che se metti perle in un cesto pieno di quello che ti pare, non è che non ci siano. Soltanto, vanno cercate. E tenute strette quando si trovano, mi verrebbe da dire, al signore gentile che ha regalato a mia sorella il libro di Larsen, e poi è scomparso, lui che ha saputo guardare dentro la sua anima, per la vertigine che deve aver provato. Per questo, anche, aspetto di vedere come è andata a finire tra Antonio e Maddalena. Una volta che uno si/ti guarda dentro, e vede, non può chiudere gli occhi per non ferirsi di luce.
Sono convinto che il signore gentile tornerà, prima o poi, e inviterà mia sorella a cena, vicino al mare, e giocheranno a scacchi e berranno vino rosso, parleranno di Gadda e dell’ipotesi di Reimann. Sono convinto che Antonio e Maddalena (Fedora e Luca) troveranno un equilibrio in cui ci sia spazio per entrambi. La carne è anima, l’anima è carne. Nel sangue e in mezzo ai fiori.
Anche in una doppia vita, o in una tripla e una quadrupla, c’è sempre spazio – purtroppo - per l’amore.
Con racconti di Renzo Paris, Mario Castelnuovo, Dora Albanese, Luca Giachi, Fabiomassimo Lozzi, Gianfranco Franchi, Silvana Pedrini, Gabriele Dadati, Carmine Amoroso, Maria Sole Abate, Fernando Acitelli, Filippo Scòzzari, Stefania Scateni, Claudio Marrucci, Gianluigi Mattia, Antonio Veneziani, Riccardo Reim, Roberto Nobile, Tiziana Rinaldi Castro, Giorgio Gigliotti, Franco Grillini, Carlo Bordini, Anna Segre, Paolo Di Orazio, Chiara Marchelli, Giulio Laurenti, Geraldina Colotti, Stefano Fugazza, Maurizio Gregorini, Michela De Muro, Fabrizio G. di Vasco.
(QUALCUNO HA MORSO IL CANE – RACCONTI DI DOPPIA VITA,
a cura di Antonio VENEZIANI e Riccardo REIM, 2008, Coniglio Editore, Roma)
martedì 21 aprile 2009
FINCHÈ MORTE NON CI SEPARI: IL MATRIMONIO TOMBA DELL’AMORE?
Il CAFFÉ LETTERARIO MIMOSE, nell’ambito della RASSEGNA ITINERARIO ROSA 2009, ha organizzato per venerdì 24 aprile 2009 presso Nuovo Conservatorio S. Anna di Lecce, un incontro che prevede due momenti: una conversazione e l’inaugurazione di una mostra collettiva.
Il tema è FINCHÈ MORTE NON CI SEPARI: IL MATRIMONIO TOMBA DELL’AMORE?
PERCORSI DI LETTERATURA E DI ARTE DAL XVI AL XXI SECOLO.
Alle ore 18,30 avrà inizio la conversazione. Interverranno:
PAMELA SERAFINO, giornalista e CLELIA COPPOLA, fotografa. Coordina POMPEA VERGARO, giornalista.
Alle ore 20,00 sarà inaugurata la collettiva.
Le artiste saranno presentate da Pompea Vergaro.
Durante la serata, in Duo violino e violoncello, ELISA CARICATO e ANGELICA MOGAVERO si esibiranno con brani di: Ennio Morricone, Georg Philipp Telemann, Johann Sebastian Bach. La mostra rimarrà aperta dal 24 aprile al 3 maggio 2009.
L’evento è curato da Pompea Vergaro.
LA CONVERSAZIONE
“Gli storici sociali riconoscono che quello della coppia coniugale è uno dei temi centrali del XIX secolo, quando per la prima volta si scopre l’idea del sentimento nel matrimonio.
Infatti, questa istituzione universale, fino al 1700 era un contratto fondato su scopi meramente sociali, politici e economici.
L’idea del progetto è nata da un’indagine dalla quale è emersa l’attenzione, la curiosità, la preoccupazione nonché il senso di confusione per una questione che riguarda e coinvolge l’intera società.
La conversazione vuole essere una RIFLESSIONE con l’intento di sdrammatizzare una tematica così importante i cui toni si ritiene non si possano, infine, forzare più di tanto, per cui l’incontro sarà percorso da una vena di sottile ironia, come si evince dal titolo stesso.
Filo conduttore della conversazione sarà uno spumeggiante PERCORSO LETTERARIO(dal ‘500 ai nostri giorni: Manzoni, Tolstoi, Flaubert, Simone De Beauvoir, Mann, Castellaneta, Ibsen) e ARTISTICO (citando quadri famosi come quelli di Lotto, Mantegna, Van Eyck, Van Dyck, Chagall, Botero.
LA COLLETTIVA
Propone nove artiste: ALMADRESSA (alias MARIA BEATRICE PROTINO), ALEMANNO LUCIA, ERRIQUEZ MARIA ANTONIETTA, DEL TINTO MICHELA, LEGNO GABRIELLA, PETARRA MIMMA, SCIURTI ROBERTA, STOMEO GIANNA, VITTI ROSANNA.
Coi loro lavori, traendo ispirazione dal tema, rappresenteranno la cognizione del rapporto coniugale ai nostri giorni, ognuna con la propria tecnica e stile: una delle peculiarità proprie dell’arte contemporanea.
Ci si propone uno scambio di esperienze nell’incontro di differenti personalità: “nove artiste, nove emozioni, nove voli di farfalle che si librano libere nell’aria alla scoperta di se stesse e del mondo”.
Il tema è FINCHÈ MORTE NON CI SEPARI: IL MATRIMONIO TOMBA DELL’AMORE?
PERCORSI DI LETTERATURA E DI ARTE DAL XVI AL XXI SECOLO.
Alle ore 18,30 avrà inizio la conversazione. Interverranno:
PAMELA SERAFINO, giornalista e CLELIA COPPOLA, fotografa. Coordina POMPEA VERGARO, giornalista.
Alle ore 20,00 sarà inaugurata la collettiva.
Le artiste saranno presentate da Pompea Vergaro.
Durante la serata, in Duo violino e violoncello, ELISA CARICATO e ANGELICA MOGAVERO si esibiranno con brani di: Ennio Morricone, Georg Philipp Telemann, Johann Sebastian Bach. La mostra rimarrà aperta dal 24 aprile al 3 maggio 2009.
L’evento è curato da Pompea Vergaro.
LA CONVERSAZIONE
“Gli storici sociali riconoscono che quello della coppia coniugale è uno dei temi centrali del XIX secolo, quando per la prima volta si scopre l’idea del sentimento nel matrimonio.
Infatti, questa istituzione universale, fino al 1700 era un contratto fondato su scopi meramente sociali, politici e economici.
L’idea del progetto è nata da un’indagine dalla quale è emersa l’attenzione, la curiosità, la preoccupazione nonché il senso di confusione per una questione che riguarda e coinvolge l’intera società.
La conversazione vuole essere una RIFLESSIONE con l’intento di sdrammatizzare una tematica così importante i cui toni si ritiene non si possano, infine, forzare più di tanto, per cui l’incontro sarà percorso da una vena di sottile ironia, come si evince dal titolo stesso.
Filo conduttore della conversazione sarà uno spumeggiante PERCORSO LETTERARIO(dal ‘500 ai nostri giorni: Manzoni, Tolstoi, Flaubert, Simone De Beauvoir, Mann, Castellaneta, Ibsen) e ARTISTICO (citando quadri famosi come quelli di Lotto, Mantegna, Van Eyck, Van Dyck, Chagall, Botero.
LA COLLETTIVA
Propone nove artiste: ALMADRESSA (alias MARIA BEATRICE PROTINO), ALEMANNO LUCIA, ERRIQUEZ MARIA ANTONIETTA, DEL TINTO MICHELA, LEGNO GABRIELLA, PETARRA MIMMA, SCIURTI ROBERTA, STOMEO GIANNA, VITTI ROSANNA.
Coi loro lavori, traendo ispirazione dal tema, rappresenteranno la cognizione del rapporto coniugale ai nostri giorni, ognuna con la propria tecnica e stile: una delle peculiarità proprie dell’arte contemporanea.
Ci si propone uno scambio di esperienze nell’incontro di differenti personalità: “nove artiste, nove emozioni, nove voli di farfalle che si librano libere nell’aria alla scoperta di se stesse e del mondo”.
VERNE, LA LETTONIA E TANTO ALTRO ANCORA (Altrimedia). Recensione di Silla Hicks
I ragazzini di oggi guardano il grande fratello, non leggono Verne, ammesso che Verne sia uno scrittore da ragazzi. E quasi nessuno sa più cosa diavolo sia stato l’affare Dreyfuss. Intanto, perché sono passati cent’anni. Poi, perché la polvere è meglio metterla sotto il tappeto e scordarsene, con buona pace del nastro della storia, che si riavvolge intanto sempre uguale. Peccato, peccato tutt’e due le cose. Intanto, perché Verne è uno scrittore, uno di quelli veri, con l’X factor, direbbe qualcuno, uno che ha il dono di raccontare e perderti dentro al racconto, e tu leggi e sei lì, che corri nella neve, e senti l’ululato dei lupi e l’adrenalina contrarti le viscere, sei lì, nel mulino, e tendi i muscoli e gli orecchi al passo del mugnaio, pronto a uccidere, se necessario, perché non vuoi, ma forse dovrai farlo, come hai fatto coi lupi, dovrai perché devi restare vivo.
Tu sei lì, e la storia ti insegue, sei lì sulla diligenza che ha un nome russo e strano, sei lì, quando si capovolge sul ghiaccio, e senti l’odore del freddo, e gli occhi di Ilka, perché l’amore è ovunque, anche e soprattutto laddove non ce ne sarebbe spazio, l’amore che aspetta anni, che fa giri immensi e poi ritorna indietro. Un libro è buono quando non ti riesce di chiuderlo finché non l’hai finito. Verne è così. Peccato. Peccato che tanti non ne abbiano letto nemmeno una riga. Peccato, che anche i libri siano soggetti alle mode, come i jeans. Pur non avendo gli strumenti per decodificarlo appieno, il dramma della Livonia/Lettonia resta un racconto che ti porta via, e si giustificherebbe appieno già per questo: come per tutte le storie raccontate bene, che si reggono sole, anche senza il senso che spesso si riesce a dar loro solo dopo, quando si è capaci di leggerle per quello che chi l’ha scritte cercava di dire. E in questo libro Verne cercava di parlare di ottusità nazionalista, di cecità razziale, di quella che oggi va di moda chiamare intolleranza: cercava di raccontare – trasposta in una landa ghiacciata e tutta bianca – l’aula di tribunale in cui per dodici anni un ufficiale francese ebreo, Alfred Dreyfus, fu giudicato e poi ingiustamente condannato, vittima di un errore giudiziario intriso dell’antisemitismo del suo Paese profumato e moderno, una vie en rose di spine che non tollera(va) estranei. Non importa se davvero l’uomo Jules avesse cambiato idea, dando retta la figlio e schierandosi infine tra i sostenitori di Dreyfus capeggiati da Zola, oppure no :quello che conta, per Verne, che gli fa scrivere questo libro, è la riflessione sull’errore giudiziario montato ad arte, sobillato dal rancore verso il diverso, lievitato dai mass media che nutrono il colpevolismo nell’opinione pubblica che cerca sempre il (un?) colpevole. Così, anche la vicenda in sé non conta più, l’innocenza e la colpevolezza non contano più, e diventa tutto uno scontro tra fazioni e razze e partiti e ceti sociali, il panslavismo contro il pangermanesimo, ariani contro ebrei, guerra di religione e di etnia e di colore di pelle occhi e capelli, di lingua e canzoni, e chi vincerà sarà il più forte. Punto. Dreyfus è solo il pretesto, Dimitri Nicolef è solo il pretesto, la storia è più grande, gli interessi in gioco più grandi, i protagonisti solo pedine su una scacchiera ghiacciata, infinita, su cui qualcuno di invisibile e potente sta giocando, e qualsiasi mossa è lecita, pur di arrivare a dare scacco matto. Come il Vietnam, come l’Iraq. Come i processi mediatici e Cogne, come tanto di quello che succede ancora, parafrasi della vita e del mondo in quel momento e nell’eterno, castelli in cui tutti siamo K destinati a smarrirsi, in cui niente è come appare, come vorrebbero farcelo vedere. Russificazione, germanizzazione: parole impolverate dalla storia, certamente, ma che mutatis mutandis non cambiano, resistono, alle cadute dei regimi e delle ideologie e degli imperi, perché c’è sempre qualcuno che paga perché è dalla parte sbagliata, un nero, un portoricano, il colpevole ideale per l’omicidio di un mite commesso di banca, del paradigma dell’operosità borghese, della vita tranquilla sognata dagli angeli, il matrimonio e un posto sicuro.
Più comodo pensare che ci siano loro, là fuori, con le loro zanne e i loro artigli, loro, i diversi, con gli occhi azzurri se i nostri sono neri e neri se i nostri sono azzurri, circoscrivere l’orrore all’altrove, piuttosto che ammettere che Erika ed Omar sono bei ragazzi ben pasciuti e amati, potenziali figli di tutti.
Verne grida l’urgenza della libertà, dei magistrati e delle repubbliche baltiche assieme: è un bel libro, ma non è un libro facile, che lascia la coscienza e i sonni tranquilli: con il miracolo che solo la letteratura può fare tiene per la mano Sciascia e Kafka, resta sullo stomaco e nella mente: quanto poco è cambiato il mondo in cent’anni, quanto poco, forse, potrà cambiare, ancora.
Non ci crede, Jules, che ha viaggiato sulla mongolfiera e creduto nella scienza e nei suoi mondi che sembrano matrioske, uno dentro l’altro, ventimila leghe sotto i mari e su nell’alto, oltre il cielo.
Non ci crede, che bastino i cavalli a vapore a spazzare la nebbia che ci impedisce di vedere attraverso, il pregiudizio, sì, ma anche i nostri piccoli interessi guicciardini, che alla fine, poi, sono alla base dei panismi più grandi. E non ci credi nemmeno tu, quando il libro l’hai finito: ma sai qualcos’altro, adesso, qualcosa che non volevi sapere, che dirada la cortina spessa, confortevole e calda che t’hanno costruito attorno. E questo basta, a farti fare domande.
Le risposte, non puoi trovarle in un libro, ma questa è un’altra storia.
I ragazzini di oggi non leggono Verne, guardano il grande fratello. Loro non se le fanno, le domande.
Vorrei dire che prima o poi succederà.
Vorrei. Come vorrei salire, per una volta, su una mongolfiera.
(UN DRAMMA IN LIVONIA di Jules Verne, a cura di Giuseppe Panella e Massimo Sestili, 2008, I narratori, Altrimedia Edizioni, Matera)
Tu sei lì, e la storia ti insegue, sei lì sulla diligenza che ha un nome russo e strano, sei lì, quando si capovolge sul ghiaccio, e senti l’odore del freddo, e gli occhi di Ilka, perché l’amore è ovunque, anche e soprattutto laddove non ce ne sarebbe spazio, l’amore che aspetta anni, che fa giri immensi e poi ritorna indietro. Un libro è buono quando non ti riesce di chiuderlo finché non l’hai finito. Verne è così. Peccato. Peccato che tanti non ne abbiano letto nemmeno una riga. Peccato, che anche i libri siano soggetti alle mode, come i jeans. Pur non avendo gli strumenti per decodificarlo appieno, il dramma della Livonia/Lettonia resta un racconto che ti porta via, e si giustificherebbe appieno già per questo: come per tutte le storie raccontate bene, che si reggono sole, anche senza il senso che spesso si riesce a dar loro solo dopo, quando si è capaci di leggerle per quello che chi l’ha scritte cercava di dire. E in questo libro Verne cercava di parlare di ottusità nazionalista, di cecità razziale, di quella che oggi va di moda chiamare intolleranza: cercava di raccontare – trasposta in una landa ghiacciata e tutta bianca – l’aula di tribunale in cui per dodici anni un ufficiale francese ebreo, Alfred Dreyfus, fu giudicato e poi ingiustamente condannato, vittima di un errore giudiziario intriso dell’antisemitismo del suo Paese profumato e moderno, una vie en rose di spine che non tollera(va) estranei. Non importa se davvero l’uomo Jules avesse cambiato idea, dando retta la figlio e schierandosi infine tra i sostenitori di Dreyfus capeggiati da Zola, oppure no :quello che conta, per Verne, che gli fa scrivere questo libro, è la riflessione sull’errore giudiziario montato ad arte, sobillato dal rancore verso il diverso, lievitato dai mass media che nutrono il colpevolismo nell’opinione pubblica che cerca sempre il (un?) colpevole. Così, anche la vicenda in sé non conta più, l’innocenza e la colpevolezza non contano più, e diventa tutto uno scontro tra fazioni e razze e partiti e ceti sociali, il panslavismo contro il pangermanesimo, ariani contro ebrei, guerra di religione e di etnia e di colore di pelle occhi e capelli, di lingua e canzoni, e chi vincerà sarà il più forte. Punto. Dreyfus è solo il pretesto, Dimitri Nicolef è solo il pretesto, la storia è più grande, gli interessi in gioco più grandi, i protagonisti solo pedine su una scacchiera ghiacciata, infinita, su cui qualcuno di invisibile e potente sta giocando, e qualsiasi mossa è lecita, pur di arrivare a dare scacco matto. Come il Vietnam, come l’Iraq. Come i processi mediatici e Cogne, come tanto di quello che succede ancora, parafrasi della vita e del mondo in quel momento e nell’eterno, castelli in cui tutti siamo K destinati a smarrirsi, in cui niente è come appare, come vorrebbero farcelo vedere. Russificazione, germanizzazione: parole impolverate dalla storia, certamente, ma che mutatis mutandis non cambiano, resistono, alle cadute dei regimi e delle ideologie e degli imperi, perché c’è sempre qualcuno che paga perché è dalla parte sbagliata, un nero, un portoricano, il colpevole ideale per l’omicidio di un mite commesso di banca, del paradigma dell’operosità borghese, della vita tranquilla sognata dagli angeli, il matrimonio e un posto sicuro.
Più comodo pensare che ci siano loro, là fuori, con le loro zanne e i loro artigli, loro, i diversi, con gli occhi azzurri se i nostri sono neri e neri se i nostri sono azzurri, circoscrivere l’orrore all’altrove, piuttosto che ammettere che Erika ed Omar sono bei ragazzi ben pasciuti e amati, potenziali figli di tutti.
Verne grida l’urgenza della libertà, dei magistrati e delle repubbliche baltiche assieme: è un bel libro, ma non è un libro facile, che lascia la coscienza e i sonni tranquilli: con il miracolo che solo la letteratura può fare tiene per la mano Sciascia e Kafka, resta sullo stomaco e nella mente: quanto poco è cambiato il mondo in cent’anni, quanto poco, forse, potrà cambiare, ancora.
Non ci crede, Jules, che ha viaggiato sulla mongolfiera e creduto nella scienza e nei suoi mondi che sembrano matrioske, uno dentro l’altro, ventimila leghe sotto i mari e su nell’alto, oltre il cielo.
Non ci crede, che bastino i cavalli a vapore a spazzare la nebbia che ci impedisce di vedere attraverso, il pregiudizio, sì, ma anche i nostri piccoli interessi guicciardini, che alla fine, poi, sono alla base dei panismi più grandi. E non ci credi nemmeno tu, quando il libro l’hai finito: ma sai qualcos’altro, adesso, qualcosa che non volevi sapere, che dirada la cortina spessa, confortevole e calda che t’hanno costruito attorno. E questo basta, a farti fare domande.
Le risposte, non puoi trovarle in un libro, ma questa è un’altra storia.
I ragazzini di oggi non leggono Verne, guardano il grande fratello. Loro non se le fanno, le domande.
Vorrei dire che prima o poi succederà.
Vorrei. Come vorrei salire, per una volta, su una mongolfiera.
(UN DRAMMA IN LIVONIA di Jules Verne, a cura di Giuseppe Panella e Massimo Sestili, 2008, I narratori, Altrimedia Edizioni, Matera)
lunedì 20 aprile 2009
Internazionale d’Arte LGBT
In occasione del 24° Torino GLBT Film Festival che si terrà dal 23 al 30 Aprile 200, AV Art Gallerie col partenariato di Associazione Koinè e il patrocinio di Arcigay e Regione Piemonte, vi invita presso gli spazi espositivi della Fondazione Artèvision in Via Santa Giulia 14/c e Via Mazzini 50, e presso il foyer del Cinema Ambrosio (Corso Vittorio Emanuele 52), dove saranno ospitati lavori di artisti italiani e stranieri connessi in vario modo al mondo glbt. L’evento si inserisce nel panorama di appuntamenti artistici del capoluogo piemontese, sempre più ricco e diversificato, inaugurando una stagione di eventi culturali con un programma che intende esplorare la dimensione glbt attraverso gli strumenti artistici figurativi. L’alto valore artistico, le location e il contesto urbano torinese che ne sarà teatro, fanno dell’evento un’occasione irripetibile per accostarsi a questo mondo per secoli sopravvissuto nell’ombra e che solamente negli ultimi anni sta scoprendo spiragli per emergere e farsi conoscere.
L’Internazionale glbt avrà luogo a partire dall’ultima settimana di Aprile e durerà sino al 10 Maggio, esporranno artisti emergenti ed affermati, quali: Moxy Hart - artista sudafricano di fama mondiale, da diversi anni dedica la sua attività alla rappresentazione delle forme e della bellezza maschili, i suoi nudi e i suoi ritratti sono stati esposti a Melville, Cape Town e Hyde Park JHB ; Gianfranco Ragusano - scultore di grande talento formatosi presso le Scuole e Accademie d’Arte palermitane, dove è stato allievo di artisti del calibro di Antonio Tinaglia, Mariano Brusca, Salvatore Rizzati e Giuseppe Agnello; Raffaella Campolieti - pittrice ritrattista di grande valore espressivo, si è formata nelle scuole di Napoli e Venezia, dove i suoi lavori sono stati esibiti al grande pubblico in alcune delle location di maggiore fascino; Walter Rossignolo - vive e lavora a Torino, dove si è formato come fotografo presso la Fondazione Artèvision, è dotato di uno stile realistico ed etereo al tempo stesso; Martha Cecilia Meza - pittrice colombiana, ha lavorato a Bogotà come curatrice d’arte ed esposto le sue opere in alcuni degli eventi artistici più importanti del Sudamerica, attualmente risiede e lavora in Italia; Alessandro Capurso - fotografo torinese i cui scatti hanno partecipato con grande successo a concorsi come “Torinoquidomani”, “IoEspongo – 2008” e “Tuttocittà – Luoghi Comuni”, si dedica anche ad attività letterarie componendo poesie e racconti brevi; Elena Rossella Lana - giovane artista di Lecce, città dove studia e lavora, nonostante la giovane età i suoi lavori hanno ricevuto numerosi riconoscimenti durante eventi e concorsi locali ed internazionali; Alain Battiloro - artista e fotografo, attraverso i suoi scatti racconta con grande forza la realtà quotidiana nelle sue molteplici manifestazioni; Roberto Minarda - altro fotografo torinese, sin dagli anni ’70 collabora con importanti riviste di moda, architettura e design, deve la propria fama anche al suo talento di fotografo artistico. Saranno inoltre presenti presso le nostre gallerie, in via del tutto eccezionale, le “guest opere” di Mario Molinari: preceduto dalla sua fama, le sue sculture incantano e sconvolgono per inquietante immobilità.
Questi lavori, che trattano l’argomento glbt spaziando dalla scultura, al disegno, al ritratto, sino alla fotografia artistica, intendono sia rivolgersi ad un pubblico specializzato di professionisti ed appassionati, sia avvicinare un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo, che ne potrà apprezzare tanto la qualità intrinseca quanto la carica emotiva ed espressiva di cui sono vettori.
Fine ultimo è la sensibilizzazione al mondo glbt come parte della società occidentale contemporanea presente ormai in qualsiasi fascia sociale ed economica tramite la scoperta di nuovi punti di vista grazie allo strumento artistico visivo.
 QUANDO: Dal 23/04/2009 al 10/05/2009
 DOVE: Torino - Via Santa Giulia 14/c e Via Mazzini 50 presso gli spazi espositivi di AV Art Gallerie, Corso Vittorio Emanuele 52 presso le sale del Cinema Ambrosio
L’Internazionale glbt avrà luogo a partire dall’ultima settimana di Aprile e durerà sino al 10 Maggio, esporranno artisti emergenti ed affermati, quali: Moxy Hart - artista sudafricano di fama mondiale, da diversi anni dedica la sua attività alla rappresentazione delle forme e della bellezza maschili, i suoi nudi e i suoi ritratti sono stati esposti a Melville, Cape Town e Hyde Park JHB ; Gianfranco Ragusano - scultore di grande talento formatosi presso le Scuole e Accademie d’Arte palermitane, dove è stato allievo di artisti del calibro di Antonio Tinaglia, Mariano Brusca, Salvatore Rizzati e Giuseppe Agnello; Raffaella Campolieti - pittrice ritrattista di grande valore espressivo, si è formata nelle scuole di Napoli e Venezia, dove i suoi lavori sono stati esibiti al grande pubblico in alcune delle location di maggiore fascino; Walter Rossignolo - vive e lavora a Torino, dove si è formato come fotografo presso la Fondazione Artèvision, è dotato di uno stile realistico ed etereo al tempo stesso; Martha Cecilia Meza - pittrice colombiana, ha lavorato a Bogotà come curatrice d’arte ed esposto le sue opere in alcuni degli eventi artistici più importanti del Sudamerica, attualmente risiede e lavora in Italia; Alessandro Capurso - fotografo torinese i cui scatti hanno partecipato con grande successo a concorsi come “Torinoquidomani”, “IoEspongo – 2008” e “Tuttocittà – Luoghi Comuni”, si dedica anche ad attività letterarie componendo poesie e racconti brevi; Elena Rossella Lana - giovane artista di Lecce, città dove studia e lavora, nonostante la giovane età i suoi lavori hanno ricevuto numerosi riconoscimenti durante eventi e concorsi locali ed internazionali; Alain Battiloro - artista e fotografo, attraverso i suoi scatti racconta con grande forza la realtà quotidiana nelle sue molteplici manifestazioni; Roberto Minarda - altro fotografo torinese, sin dagli anni ’70 collabora con importanti riviste di moda, architettura e design, deve la propria fama anche al suo talento di fotografo artistico. Saranno inoltre presenti presso le nostre gallerie, in via del tutto eccezionale, le “guest opere” di Mario Molinari: preceduto dalla sua fama, le sue sculture incantano e sconvolgono per inquietante immobilità.
Questi lavori, che trattano l’argomento glbt spaziando dalla scultura, al disegno, al ritratto, sino alla fotografia artistica, intendono sia rivolgersi ad un pubblico specializzato di professionisti ed appassionati, sia avvicinare un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo, che ne potrà apprezzare tanto la qualità intrinseca quanto la carica emotiva ed espressiva di cui sono vettori.
Fine ultimo è la sensibilizzazione al mondo glbt come parte della società occidentale contemporanea presente ormai in qualsiasi fascia sociale ed economica tramite la scoperta di nuovi punti di vista grazie allo strumento artistico visivo.
 QUANDO: Dal 23/04/2009 al 10/05/2009
 DOVE: Torino - Via Santa Giulia 14/c e Via Mazzini 50 presso gli spazi espositivi di AV Art Gallerie, Corso Vittorio Emanuele 52 presso le sale del Cinema Ambrosio
Matteo Becucci vince X Factor. Grandi anche i The Bastard Sons of Dioniso
X Factor, su Rai 2, e poi l’ultima puntata su Rai 1, in tutti questi mesi ha rappresentato un vero e proprio punto di riferimento per la categoria dell’esordio, ovvero ha messo in evidenza come la buona musica, la professionalità dai giurati ai vocal coach, il lavoro serio fatto di grandi ascese e brucianti cadute per tutti quelli che vi hanno partecipato, da Noemi ai Farias, sono gli elementi indispensabili per chi vuole fare della musica non solo uno stile di vita, che comunque rientra a torto o ragione nelle logiche del mercato dello spettacolo, ma anche una dimensione ontologica dell’essere per la musica ( mi si passi la cialtroneria heideggeriana). Al di là di tutte le polemiche sul televoto, mi sembra che l’epilogo abbia rispettato in tutto e per tutto gli artisti della finalissima: Matteo Becucci, il cantante della squadra di Morgan che ha sconfitto, per soli sedici voti, uno scarto millimetrico, i tre ragazzi trentini capitanati da Mara Maionchi, i grandi The Bastard Sons of Dioniso. Terzo classificato è stato Juri, della squadra di Simona Ventura, al quale Renato Zero ha esteso i più vivi apprezzamenti sia per l’originalità testuale del giovane cantante, sia per la singolarità della metrica. Dopo 14 puntate “X Factor”, il talent show di Raidue, dunque dà il suo responso: il trentottenne livornese Matteo Beccucci è il vincitore della seconda edizione di X-Factor. Al di là della dotazione anagrafica del Becucci (finalmente non conta essere assolutamente pop, fighi, e giovani), il cantante ha dalla sua dolcezza e mitezza nell’aspetto, e un forte background vocale limpido, deciso a tratti tonante. Forse un’antieroe del mondo delle pop star. Che dire dei The Bastard Sons of Dioniso. Pulp, pure troppo, punk rock in corpore, grinta nelle spinte corali, un mix di filosofia e antropologia musicale che unisce Friedrich Wilhelm Nietzsche per l’apollineo e il dionisiaco e uno slancio acidulo nei testi alla William Burroughs. Insomma una finalissima così non poteva che avere in assoluto l’x factor!
domenica 19 aprile 2009
Terrorismo Rosso: Andrea Vianello e Giorgio Vasta autore per Minimum Fax di Il tempo materiale, a Ciampino
«Qualcosa sicuramente si muove: il virtuosismo della scrittura di Giorgio Vasta»
Giuseppe Montesano, l’Unità̀
Nel 1978, in una Palermo preistorica e selvaggia, tre ragazzini pieni di passione e ideologia si affacciano al mondo per la prima volta. Tra loro c'è Nimbo - precoce, impaziente, ferino - che attraversa il geroglifico della città convinto di essere un eletto. Da Palermo, Nimbo e i suoi amici sentono il vento di Roma nell’annus horribilis della storia repubblicana - le Brigate Rosse e il sequestro Moro - e, disgustati dal provincialismo senza scampo dell’Italia, si scollano lentamente dalla realtà fondando una loro cellula terrorista. Per Nimbo è l'inizio di una discesa notturna che porterà lui e il suo gruppo a progettare attentati con una disperante lucidità, riproducendo in scala tutto il peso tragico di quegli anni.
Il tempo materiale è un romanzo crudele e commovente, che fotografa il nostro paese nell'attimo in cui perse definitivamente l’innocenza; il racconto di una generazione che, nell'incessante rielaborare la propria esperienza, ha sempre rinviato il momento del dolore. Perché il tempo materiale è anche il tempo mancante, quello in cui si sarebbe dovuto amare, e non lo si è fatto.
Terrorismo rosso
Incontro con Andrea Vianello e Giorgio Vasta autore di "Il tempo materiale"
Modera Giordano Meacci
Organizzazione a cura di Francesca Serafini
Saranno presenti il Sindaco Walter Enrico Perandini,l'Assessore agli organi istituzionali Simone Lupi e il Presidente del Consiglio comunale Vitaliano Giglio
mercoledì 22 aprile 2009
Start: 18.30 - 19.30
presso la Sala Consiliare, via IV Novembre, Ciampino, Italy
Giuseppe Montesano, l’Unità̀
Nel 1978, in una Palermo preistorica e selvaggia, tre ragazzini pieni di passione e ideologia si affacciano al mondo per la prima volta. Tra loro c'è Nimbo - precoce, impaziente, ferino - che attraversa il geroglifico della città convinto di essere un eletto. Da Palermo, Nimbo e i suoi amici sentono il vento di Roma nell’annus horribilis della storia repubblicana - le Brigate Rosse e il sequestro Moro - e, disgustati dal provincialismo senza scampo dell’Italia, si scollano lentamente dalla realtà fondando una loro cellula terrorista. Per Nimbo è l'inizio di una discesa notturna che porterà lui e il suo gruppo a progettare attentati con una disperante lucidità, riproducendo in scala tutto il peso tragico di quegli anni.
Il tempo materiale è un romanzo crudele e commovente, che fotografa il nostro paese nell'attimo in cui perse definitivamente l’innocenza; il racconto di una generazione che, nell'incessante rielaborare la propria esperienza, ha sempre rinviato il momento del dolore. Perché il tempo materiale è anche il tempo mancante, quello in cui si sarebbe dovuto amare, e non lo si è fatto.
Terrorismo rosso
Incontro con Andrea Vianello e Giorgio Vasta autore di "Il tempo materiale"
Modera Giordano Meacci
Organizzazione a cura di Francesca Serafini
Saranno presenti il Sindaco Walter Enrico Perandini,l'Assessore agli organi istituzionali Simone Lupi e il Presidente del Consiglio comunale Vitaliano Giglio
mercoledì 22 aprile 2009
Start: 18.30 - 19.30
presso la Sala Consiliare, via IV Novembre, Ciampino, Italy
SATISFICTION 95: IL SUCCESSO DI SATISFICTION AL TG3
Si trova nelle maggiori librerie e durante i maggiori festival letterari. E’ Satisfiction la rivista letteraria gratuita che nasce da uno dei blog sui libri più letti e che si avvale della formula "soddisfatti o rimborsati".
Da blog tra i più letti d’Italia a free press letterario. E’ la storia di successo di Satisfiction che si avvale della collaborazione di scrittori e critici italiani e stranieri. Ma la sua vera particolarità è un’altra: si avvale della formula soddisfatti o rimborsati. Leggete sulle sue pagine la recensione di un libro e lo acquistate ma poi non rimanete soddisfatti. Che fare? Niente paura Satisfiction è disposto a rimborsarvi perché è profondamente convinto della bontà dei libri di cui scrive. Grande spazio agli inediti degli autori che hanno fatto la storia della letteratura. Senza mai dimenticare il profondo legame con la rete. Infatti, il gruppo Satisfiction su Facebook è tra i più numerosi del network. Margherita Rosciano ( TG3 NEAPOLIS)
SATISFICTION 95: IL SUCCESSO DI SATISFICTION AL TG3 delle 14.30 di venerdì 17 Aprile
Da blog tra i più letti d’Italia a free press letterario. E’ la storia di successo di Satisfiction che si avvale della collaborazione di scrittori e critici italiani e stranieri. Ma la sua vera particolarità è un’altra: si avvale della formula soddisfatti o rimborsati. Leggete sulle sue pagine la recensione di un libro e lo acquistate ma poi non rimanete soddisfatti. Che fare? Niente paura Satisfiction è disposto a rimborsarvi perché è profondamente convinto della bontà dei libri di cui scrive. Grande spazio agli inediti degli autori che hanno fatto la storia della letteratura. Senza mai dimenticare il profondo legame con la rete. Infatti, il gruppo Satisfiction su Facebook è tra i più numerosi del network. Margherita Rosciano ( TG3 NEAPOLIS)
SATISFICTION 95: IL SUCCESSO DI SATISFICTION AL TG3 delle 14.30 di venerdì 17 Aprile
LA SIGNORA DELLA LETTERATURA ITALIANA: MARIA CORTI
Domenica 19 aprile, ore 18.00, nella Sala Consiliare del Palazzo Ducale di Cavallino, ultimo appuntamento con la rassegna "Il colore delle parole", ideata e realizzata da Ambra Biscuso ed Alessandro Turco.
L'incontro è dedicato a Maria Corti. Lo spunto per ricordarla è nel tema della conversazione curata da Giuliana Coppola "Alla ricerca delle metafore e dell'Aghia Sofia, la santa sapienza, in terra d'Otranto, seguendo il percorso delle parole e della felicità mentale di Maria Corti". Interverranno, fra gli altri, Sergio Blasi, Elisabetta Liguori, Martina Gentile, Luigina De Prezzo, Rosa Mariano, Renata Asquer, Teresa Romano che hanno in maniera diversa lavorato accanto alla scrittura della artista. La giovanissima Federica Ventola darà voce al Canto delle Sirene.
Maria Corti, parlando di una donna dice: ….a lei spettava non solo il presente ma la memoria del passato e la previsione del futuro. Lei di diritto era insieme nell’attualità e nell’eternità.
Ed è sull’idea di attualità ed eternità che si conclude questo percorso nel Colore delle parole.
Maria Corti (1915-2002) è stata una delle figure centrali della cultura del Novecento: critica, filologa, teorica della letteratura, narratrice. Maria Corti insegnò dapprima ai licei; ottenuta la cattedra di Storia della Lingua Italiana all’Università di Pavia, nel 1972 creò il Fondo Manoscritti di autori moderni e contemporanei, a cui si collega la rivista “Autografo” da lei fondata. Collaborò anche ad altre riviste, quotidiani e ad iniziative editoriali. È stata membro della Accademia della Crusca, di Brera e dell’Arcadia; è ricordata anche all’estero per la sua instancabile attività di critica stilistico-letteraria. Alla sua costante attività di studiosa e critica si intrecciò quella di scrittrice e di coraggiosa sperimentatrice di diversi registri narrativi. Tutti i romanzi di Maria Corti sono viaggi da percorrere: intellettuali, metaforici, spaziali o storici. Tra questi ricordiamo: L’ora di tutti, un viaggio nella storia ottantina quattrocentesca; Il ballo dei sapienti, percorso tra costume e lingua nel pianeta-scuola degli anni Sessanta; Voci dal Nord Est e Il canto delle sirene, il primo viaggio investigativo nel New England, il secondo percorso tra tempo, cultura e storia, guidato da incantevoli sirene; Cantare nel buio, viaggio nella realtà del pendolarismo quotidiano.
Il Canto delle sirene Prima raffigurate nell'antica Grecia come uccelli rapaci con testa e bionda chioma di donna, poi dal Medioevo in avanti come donne a coda di pesce, le sirene sono da sempre con insidioso canto simbolo della seduzione intellettuale. Nei quattro episodi del libro, che vanno dai remoti tempi omerici all'oggi, Maria Corti illumina quella strana avventura di seduzione per cui "Sirene e naviganti si desideravano reciprocamente". Gli esiti sono fabulosi, drammatici o ironici, tutti conditi da un sottile chiacchierio delle Divine.
Nel Canto delle sirene protagonista è il pittore Basilio che dipinge Sirene, si mette sulle loro tracce sperando – e temendo – di essere fra gli eletti cui esse accordino le loro apparizioni, crede di avvertirne la misteriosa presenza durante i suoi tragitti sul mare intorno a Otranto, si pone in ascolto del loro canto. Ciò che ottiene è solo un profondo, panico silenzio. In parte, è però questo silenzio a ispirare quello che egli ritiene il suo capolavoro: un sacro dipinto di Santa Sofia, la divina sapienza raffigurata secondo la tradizione dell’iconografia bizantina. È qui evidente, da parte della narratrice e filologa, un recupero dell’idealizzazione pitagorico-platonica delle Sirene, ma anche del loro pathos “esiziale”. Infatti, a differenza di Ulisse, Basilio perirà nel naufragio della sua barca.
Scrive Maria Corti “le sirene invece di scomparire dalla storia umana davano luogo a frequenti apparizioni, ritorni qua e là nel corso dei secoli; niente meraviglia che figurassero in capitelli, in libri di poesia, nelle prediche, di volta in volta con diversa natura”
Progetto e organizzazione: Ambra Biscuso e Alessandro Turco.
email: ilcoloredelle_parole@libero.it cell: 339.5607242
L'incontro è dedicato a Maria Corti. Lo spunto per ricordarla è nel tema della conversazione curata da Giuliana Coppola "Alla ricerca delle metafore e dell'Aghia Sofia, la santa sapienza, in terra d'Otranto, seguendo il percorso delle parole e della felicità mentale di Maria Corti". Interverranno, fra gli altri, Sergio Blasi, Elisabetta Liguori, Martina Gentile, Luigina De Prezzo, Rosa Mariano, Renata Asquer, Teresa Romano che hanno in maniera diversa lavorato accanto alla scrittura della artista. La giovanissima Federica Ventola darà voce al Canto delle Sirene.
Maria Corti, parlando di una donna dice: ….a lei spettava non solo il presente ma la memoria del passato e la previsione del futuro. Lei di diritto era insieme nell’attualità e nell’eternità.
Ed è sull’idea di attualità ed eternità che si conclude questo percorso nel Colore delle parole.
Maria Corti (1915-2002) è stata una delle figure centrali della cultura del Novecento: critica, filologa, teorica della letteratura, narratrice. Maria Corti insegnò dapprima ai licei; ottenuta la cattedra di Storia della Lingua Italiana all’Università di Pavia, nel 1972 creò il Fondo Manoscritti di autori moderni e contemporanei, a cui si collega la rivista “Autografo” da lei fondata. Collaborò anche ad altre riviste, quotidiani e ad iniziative editoriali. È stata membro della Accademia della Crusca, di Brera e dell’Arcadia; è ricordata anche all’estero per la sua instancabile attività di critica stilistico-letteraria. Alla sua costante attività di studiosa e critica si intrecciò quella di scrittrice e di coraggiosa sperimentatrice di diversi registri narrativi. Tutti i romanzi di Maria Corti sono viaggi da percorrere: intellettuali, metaforici, spaziali o storici. Tra questi ricordiamo: L’ora di tutti, un viaggio nella storia ottantina quattrocentesca; Il ballo dei sapienti, percorso tra costume e lingua nel pianeta-scuola degli anni Sessanta; Voci dal Nord Est e Il canto delle sirene, il primo viaggio investigativo nel New England, il secondo percorso tra tempo, cultura e storia, guidato da incantevoli sirene; Cantare nel buio, viaggio nella realtà del pendolarismo quotidiano.
Il Canto delle sirene Prima raffigurate nell'antica Grecia come uccelli rapaci con testa e bionda chioma di donna, poi dal Medioevo in avanti come donne a coda di pesce, le sirene sono da sempre con insidioso canto simbolo della seduzione intellettuale. Nei quattro episodi del libro, che vanno dai remoti tempi omerici all'oggi, Maria Corti illumina quella strana avventura di seduzione per cui "Sirene e naviganti si desideravano reciprocamente". Gli esiti sono fabulosi, drammatici o ironici, tutti conditi da un sottile chiacchierio delle Divine.
Nel Canto delle sirene protagonista è il pittore Basilio che dipinge Sirene, si mette sulle loro tracce sperando – e temendo – di essere fra gli eletti cui esse accordino le loro apparizioni, crede di avvertirne la misteriosa presenza durante i suoi tragitti sul mare intorno a Otranto, si pone in ascolto del loro canto. Ciò che ottiene è solo un profondo, panico silenzio. In parte, è però questo silenzio a ispirare quello che egli ritiene il suo capolavoro: un sacro dipinto di Santa Sofia, la divina sapienza raffigurata secondo la tradizione dell’iconografia bizantina. È qui evidente, da parte della narratrice e filologa, un recupero dell’idealizzazione pitagorico-platonica delle Sirene, ma anche del loro pathos “esiziale”. Infatti, a differenza di Ulisse, Basilio perirà nel naufragio della sua barca.
Scrive Maria Corti “le sirene invece di scomparire dalla storia umana davano luogo a frequenti apparizioni, ritorni qua e là nel corso dei secoli; niente meraviglia che figurassero in capitelli, in libri di poesia, nelle prediche, di volta in volta con diversa natura”
Progetto e organizzazione: Ambra Biscuso e Alessandro Turco.
email: ilcoloredelle_parole@libero.it cell: 339.5607242
sabato 18 aprile 2009
Il rosaio d’inverno, di Roberta Borsani (Fara editore). Recensione di Nunzio Festa
Nei solchi della natura non è facile entrare. E non è facile starci. Soprattutto se si sceglie di farlo con un mezzo ben preciso, la poesia; e Roberta Borsani compie questa sua volontà. La raccolta d’esordio della Borsani, Il rosaio d’inverno – infatti – è un momento preciso di condivisione di spazi tra versi ed elementi naturali (diversi e vari). Tanto per cominciare: l’acqua. Ma sarebbe riduttivo pensare a un solo soggetto. Il volume è strutturato su cinque tappe. La prima che da il titolo alla raccolta, Il rosaio d’inverno. Poi Oggi Dio non osa. Ancora, Suonano a morto. Fiabe. Infine, Dopo questo dolore. Le liriche sono vissute da molta religiosità non religiosa. L’autrice riesce a invocare dio e angeli senza troppo cadere nella sventura dell’elegia cattolica. E, principalmente, senza marcare i suoi accenti di prodigiosità verso l’ultraterreno o similari. Con chiuse dolci e fatali, inoltre, l’autrice è persino brava a lasciare in lettrice e lettore il giusto sapore d’un ascolto fino a quel momento più che piacevole.
Roberta Borsani è nata a Milano, nel 1959. Ci s’augura, innanzitutto, che questo libro sia il primo d’una serie, d’un percorso che non tralasci questi temi e che si ricordi di toccare in maniera ancor più pressante e decisa il pianto dell’umanità tutta e le gioie infinite della stessa. Animali e piante, messe al centro di questa scrittura, sono le paroline del vento. Dell’incanto della natura sempre da proteggere. Le poesie della Borsani riescono a tenere insieme essere umano e terra, e la poetessa raggiunge questo scopo non dichiarato – e forse neppure studiato (ovviamente dal punto di vista delle costruzioni contenutistiche e stilistiche) – con l’astuzia di non invocare giustizie con la semplice mossa dell’additare. Ma esprimendo visioni. E sogni, letti, come ha giustamente spiegato lo stesso Franzin in sede di prefazione all’opera, nel delicato spazietto del dormiveglia.
Il rosaio d’inverno, di Roberta Borsani, prefazione di Fabio Franzin, Fara Editore (Sant’Arcangelo di Romagna, 2009), pag. 80, euro 10.00.
Roberta Borsani è nata a Milano, nel 1959. Ci s’augura, innanzitutto, che questo libro sia il primo d’una serie, d’un percorso che non tralasci questi temi e che si ricordi di toccare in maniera ancor più pressante e decisa il pianto dell’umanità tutta e le gioie infinite della stessa. Animali e piante, messe al centro di questa scrittura, sono le paroline del vento. Dell’incanto della natura sempre da proteggere. Le poesie della Borsani riescono a tenere insieme essere umano e terra, e la poetessa raggiunge questo scopo non dichiarato – e forse neppure studiato (ovviamente dal punto di vista delle costruzioni contenutistiche e stilistiche) – con l’astuzia di non invocare giustizie con la semplice mossa dell’additare. Ma esprimendo visioni. E sogni, letti, come ha giustamente spiegato lo stesso Franzin in sede di prefazione all’opera, nel delicato spazietto del dormiveglia.
Il rosaio d’inverno, di Roberta Borsani, prefazione di Fabio Franzin, Fara Editore (Sant’Arcangelo di Romagna, 2009), pag. 80, euro 10.00.
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