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sabato 18 aprile 2009

I vizi capitali e i nuovi vizi: analisi di Umberto Galimberti (Feltrinelli). Di Maria Beatrice Protino

Il filosofo riprende una tematica già affrontata in alcuni articoli usciti su Repubblica e descrive il mondo contemporaneo attraverso i suoi vizi con un messaggio sociale che consegna ai lettori.


Il vizio ha sempre goduto di maggior interesse rispetto alla morale: è più interessante scoprire quale sia la perversione di una persona piuttosto che la sua morigeratezza: , scrive Galimberti nel suo saggio pubblicato da Feltrinelli.
Identificati come da Aristotele, come nel Medioevo, come espressione della tipologia umana nell’Età dei lumi, appaiono infine come manifestazione psicopatologica nel Novecento. .
Ma l'autore distingue anche tra le due . La prima è quella del soddisfacimento dei bisogni e quindi dei vizi, perché per soddisfare l'esigenza del vizio l'individuo deve consumare; la seconda è la morale della mortificazione di questi bisogni. Per questo motivo non può esistere un’economia cristiana. Come conciliare le due cose? . Se le due morali, quindi, sono incompatibili - si tratta di due etiche diverse e contrapposte, per cui la morale cristiana ha esaurito la sua storia nel momento in cui la società è passata dallo stato del bisogno allo stato della soddisfazione del bisogno - è anche vero che si è creato nella coscienza collettiva contemporanea un .
Se si evitano i trucchi, invece, si possono analizzare i sette vizi capitali - ira, accidia, invidia, superbia, avarizia, gola e lussuria – e a questi aggiungere anche nuovi vizi che nascono solo nella società contemporanea perchè sono il frutto delle mutate condizioni economiche in cui viviamo: se si possono rileggere i vizi capitali alla luce della contemporaneità come devianze della personalità individuale, i cd nuovi vizi coincidono con "tendenze collettive" a cui l’individuo riesce a opporre solo una debole resistenza, pena l’esclusione sociale.
E allora Galimberti individua il consumismo, frutto del benessere economico, il conformismo o omologazione ad un modo di vivere comune, la spudoratezza e la sessomania - -, la sociopatia, il diniego o l’indifferenza (velata la polemica all’indifferenza verso alcune scelte politiche attuali) e il vuoto, il vizio per eccellenza dei giovani.

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