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lunedì 9 febbraio 2015

Per una teoria della campionatura in prosa e poesia. Considerazioni sovversive per un multiverso possibile della letteratura e della produzione letteraria - 2 -



Il nostro agire è sempre un agire e un esserci in un mondo, questo mondo, tangibile, incoerente, meraviglioso. Questo mondo dinanzi ai nostri occhi, o meglio la versione dei fatti che si presenta al nostro sguardo, è una delle possibili manifestazioni tra infinite possibilità esistenti anche su diversi piani di esistenza. Almeno secondo diverse e autorevoli opzioni teoriche presentate da illustri fisici quantistici come Fred Alan Wolf o astrofisici come Stephen William Hawking. E se dunque il nostro mondo non è leibnizianamente il migliore tra i mondi possibili, e se forse si trattasse di uno dei migliori mondi tra tutte le plausibili e diverse esistenze parallele, allora potremmo asserire che i linguaggi e le grammatiche che permettono a tutti noi di comunicare nel qui e ora non sono standardizzabili o definitivamente ascrivibili a regole che potremmo definire convenzionalmente e universalmente valide, e che dunque ci appartengono come attori pensanti e scriventi, in un modo o nell’altro. Anzi saremmo (sempre per ipotesi ovviamente) dinanzi a processi linguistici che si auto/strutturano consapevolmente e coscientemente rinnovandosi non più localmente ma parallelamente e meta/dimensionalmente, partendo da dati conosciuti e condivisi anche su un piano prettamente ideale e fantasmatico, e arrivando successivamente a generarne di diversi, altri, magari completamente nuovi, continuamente in potenza continuamente in atto. Pertanto il primo ostacolo che già si presenta ai nostri occhi risulta essere piuttosto ingombrante e minaccioso, perché attiene ad un problema assai complesso ovvero quello di stabilire la natura della Realtà o delle Realtà e a questo punto dei processi formativi e informativi che la o le governano. La Realtà o le Realtà con i loro codici, le loro sintassi e le loro grammatiche sono simultaneamente presenti in tanti universi paralleli o multiversi che sono strutturalmente identici, che possono esistere in stati diversi, che possono avere le stesse leggi fisiche, ma soprattutto che possono scambiarsi informazioni reciproche tra di essi. Lo scambio di processi informativi potrebbe avvenire attraverso una specie di Coscienza o Super/Coscienza che realizza dei veri e propri ponti comunicanti tra N dimensioni tutte aventi propri significanti e significati, regole, strutture, meccanismi, funzionalità, espressività.  E tutto al di là del Tempo e dello Spazio, o per essere più puntuali, ben al di là del Tempo e dello Spazio. Ma allora questa “Super Coscienza” potrebbe essere davvero quel Tutto che rende pieno l’universo, che lo rende senziente, operante, che è in grado di influenzare e cambiare, auto/osservandosi, questa realtà come tutte quelle realtà possibili e pensabili. Sono consapevole che affermazioni di questo tipo potrebbero avere la stessa portata di una scoperta incredibile come la natura di Dio o la natura dello spirito umano, perché si sta andando oltre quelle nozioni di causalità direzionali che danno un senso alla scienza, alla nostra stessa esistenza e che sono le categorie di Spazio, Tempo e Materia. Ma si tratta di limiti interpretativi che occorre superare con un vero e proprio salto di paradigma. Ad ogni modo quello che mi interessa in questa sede prendere in considerazione, è il fatto che la Coscienza ( o meglio la Super Coscienza) come contenitore e contenuto del Tutto, trasforma Tutto, e modifica universi e multiversi come una gigantesca rete neurale universale interconnessa, che non separa, ma unisce ogni cosa, fornendo informazioni dotate di senso che regolano e ordinano quello stesso Tutto, e che creano, generano realtà all’interno di quello stesso Tutto. Qualcuno (e forse non a torto) potrebbe asserire che si tratti di un tipo di affermazioni più inerenti all’intuizione mistica, alla visualizzazione magico/iniziatica o meglio ancora alla parapsicologia, e dunque nulla di scientifico e dimostrabile. Per ora sia sufficiente rimboccarsi le maniche e continuare a indagare con forza e determinazione. Pertanto continuando il filo logico del discorso posso dire secondo il mio punto di vista che la REALTA’ ULTIMA DELLE COSE non appartiene al Niente, al Nulla, al Vuoto. Questo è verosimilmente certo. La Sua Cosalità Reale e Potenziale fa parte del Suo essere geneticamente parte di meta/essenze proprie di N dimensioni, intelligenti e comunicanti tra di loro. Dimensioni che sono simultaneamente nel qui e ora, ma anche in altri tempi e modi. Cosalità dunque oltrematerica, pluridimensionale, meta/temporale, Energia Informante e Intelligente, auto/emanata ed emanante che come precedentemente asserito altro non è che Coscienza, o ancora una volta la Super Coscienza.

venerdì 6 febbraio 2015

Per una teoria della campionatura in prosa e poesia. Considerazioni sovversive per un multiverso possibile della letteratura e della produzione letteraria (1)



Queste riflessioni nascono dall’esigenza di condividere alcune mie personali ipotesi di lavoro sulla Realtà e alcune sue porzioni (discutibili o meno, accettabili, criticabili, minimamente condivisibili), con tutti coloro i quali desiderino tentare di intraprendere un cammino altro senza nessuna rassicurazione o consolazione … grazie per la pazienza, e buon viaggio!  (Stefano Donno)

Siamo in un momento di crisi verticale, in cui l'intero edificio della cultura,  barcolla, aprendo faglie nel relativo modello di scambio sociale delle idee e delle proposte, delle istanze di creazione, della produzione letteraria e poetica, imponendo con una certa urgenza e non senza un forte senso d’angoscia,  la questione di modulare e praticare un'etica e una prassi diversa della produzione letteraria. Un dono, che ciascuno scrittore o operatore editoriale, culturale dovrebbe farsi e fare escludendo per un attimo dai suoi ragionamenti le seducenti nuances e i delicati “afrori” che provengono, come un persistente rumore bianco di sottofondo, dal mondo dell’utile e del profitto. E dunque come si potrebbe configurare nel qui e ora, un “agire” della scrittura che si inscriva nelle categorie non solo del libero, del gratuito, del disinteressato ma che scelga anzi tragicamente il peso di una strada poietica e della poiesi fenomenologica che si nutra del rischio, dello scandalo e della sovversione in una totale ed integerrima radicalità? A mio avviso e così su due piedi (e forse anche con una buona e voluta dose di leggerezza e superficialità) si potrebbe partire dal saltare a piè pari, l’idea che comunque la scrittura, la produzione editoriale debba in un modo o nell’altro fare i conti con il mercato. La libertà di ideazione e creazione è comunque un atto di libertà che è pre/personale rispetto al mercato e post/personale rispetto a qualsivoglia indice di gradimento, indagine di mercato, packaging, merchandising, o bilanci di previsione di vendita di un prodotto editoriale.  Ma si tratta di considerazioni comunque marginali, che non si avvicinano minimamente al senso di ciò che ho in animo di sviluppare, e che pertanto cercherò di ri/pensarle magari fra qualche tempo in altri contesti e perché no seguendo ulteriori e forse più profondi e approfonditi punti di vista. Intanto ripuliamo il campo di indagine da ambivalenze e malversazioni ermeneutiche o categorie in “odore di muffa” che calzerebbero a pennello più a filosofi morali, teoretici e sociali, economisti, teologi, biologi, perché ciò di cui mi devo occupare riguarda il tentativo di proporre una grammatica dell’ideazione e della creazione letteraria che sia un modello di rimando costante a pluriversi e multiversi linguistici e stilistici della e nella scrittura, ma soprattutto per la scrittura. Senza ombra di dubbio sono dinanzi ad un compito arduo e irto di ostacoli che mi condurrà ben oltre le profondità oscure degli abissi “ontici” di morfemi e lessemi, di metriche, e generi. E dunque è veramente possibile che il processo di autodistruzione della nostra civiltà letteraria sia veramente irreversibile, e non ci sia più nulla da fare? Ci saranno per l’amor del cielo dei responsabili a cui chiedere ragione per tutta questa deriva? Nella nostra modernità o forse post/modernità (chissà se non sguazziamo invece nell’acquitrino del pre/moderno!!!) la teoria della letteratura si astiene dal proporre modelli e regole vincolanti di “eugenetica” letteraria. Senonché l'impossibilità di comporre la disputa sullo statuto della produzione e della scrittura poetica e narrativa impone di proporre e riversare questo mio indagare sul piano dell'universalità antropologica e della plausibilità di alcune discipline scientifiche. E allora  che significato si vuole dare dunque oggi alla vita della “nostra” letteratura, della “nostra” cultura? Si può mantenere ancora in piedi il valore tradizionale della responsabilità morale del soggetto poetante o scrivente  verso se stesso e i suoi simili? Forse è necessario che non sia più un solo Io Poetante o Scrivente il detentore di una centralità originale e originaria della produzione editoriale, scritturale, o informativa, ma un collettivo plurisoggettivo post/egoico di riferimenti e scambi ipertestuali e con/testuali che si nutre di confronti e suggestioni già esistenti, in grado di dare origine poi successivamente ad una creatura nuova, diversa, altra, alternativa, possibile, e plausibile. Dunque è auspicabile superare i limiti stessi dei modi in cui si è stati educati a concepire un’editorialità poetica, informativa o narrativa, per giungere ad una visione e ad un rispetto della dimensione complessiva di una nuova e plurima soggettività scrivente senza riduzionismi metafisici e/o razionalistici. L’obiettivo di queste considerazioni è quello di favorire attraverso la presentazione di coerenti spunti di riflessione, una proposta di rinnovamento complessivo dell’uomo letterario e della comunità letteraria globale (qualunque e dovunque essa sia). Ma allora sembrerebbe quasi naturale chiedersi ad esempio che cosa ad oggi la teoria della letteratura abbia fatto per il narratore e il poeta.  Possibile che essa si sia preoccupata di problemi così alti da dimenticare la brutalità, la caoticità, la cosalità dell’esistere per le umane lettere? Possibile che essa continui colpevolmente e consapevolmente a vivere in uno stato di beatitudine iperuranica, dimenticandosi dell’esistenza di un mondo inferico e magmatico pulsante di incontenibile energia?  Non tutto sembra perduto, e forse siamo ancora in tempo per evitare la catastrofe.

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