
Dobbiamo pensare a Woodstock come l’effetto generato da anni di controcultura, come la materializzazione di visioni coltivate da una generazione che, come mai prima nella storia, aveva varcato il confine tra la realtà e l’immaginazione. Non ultimo come l’aggregazione di alcune tra le migliori menti musicali che circolavano in quel momento nel mondo, e in quel momento la musica parlava il linguaggio alato della rivoluzione delle coscienze. Dobbiamo pensare a Woodstock come una foto di gruppo dell’energia esplosiva e liberatoria sperimentata da un’intera generazione. Una immagine mossa, sovraesposta, successivamente manipolata, truccata, imbellettata, ma pur sempre una foto. Rimane da svelare il negativo originale.
" - Il futuro non è quello di una volta - . Lo scrivono Ernesto Assante e Gino Castaldo in un bel libro edito da Laterza, Il Tempo di Woodstock, pp.170, euro 15,00. Come a dire che, quarant'anni dopo il festival più simbolico nella storia della musica, tutto sembra irrimediabilmente perduto. Anzitutto il sogno."
di Andrea Scanzi tratto da Tuttolibri de La Stampa del 15/08/09, p. IV
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