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martedì 11 agosto 2009
Torpedo, vol. 1 (Edizioni BD). Di Vito Antonio Conte
Sto pensando di raccogliere i brevi racconti che ho scritto nel tempo, sparsi un po' dovunque, per una serie di coincidenze che non credo possano interessarvi e che, comunque, ora non dirò. C'è che -adesso- mi piace (anche) leggere testi brevi (poesia, storie... magari a fumetti), come quelle di “Torpedo” (Volume 1, Edizioni BD, 2007, pag. 141, € 15,00). Torpedo è il nome di battaglia di Luca Torelli, personaggio creato da Jordi Bernet, disegnatore professionista sin dall'età di quindici anni, autore spagnolo che (unanimemente) è quello che meglio ha evocato le atmosfere del cinema noir, non disdegnando incursioni nel fumetto umoristico (“Chiara di Notte”) e noto anche per aver disegnato (per Bonelli) il “Texone”, “L'uomo di Atlanta”. Le vicende di Torpedo sono state disegnate anche da Alex Toth, uno dei giganti del fumetto, specializzato in adattamenti di film e serie televisive (una delle sue opere più famose è “Zorro”). Le storie di questo fumetto sono sceneggiate da Enrique Sànchez Abulì. Luca Torpedo è uno di quegli uomini che tra il bene e il male ha scelto il male perché la scelta, nel tempo e nel luogo in cui vive, è pressoché obbligata. Le tavole di questo fumetto, infatti, raccontano storie frequentate da una masnada di delinquenti e criminali di ogni taglia, infami, affaristi (grandi e piccoli), puttane e poliziotti corrotti, che girano (armati) per i bassifondi di New York nella seconda metà degli anni trenta. Questa giungla fumosa e sporca di rar'altra umanità è dominata dal nostro killer di professione, tale diventato per reazione ai soprusi subiti da ragazzino da parte di un poliziotto che presto diventerà la sua prima vittima (senza mandante). Mi viene in mente quando, quasi nudo sul lettino ortopedico di un'altra parte di mondo, per risolvere un problema di sciatica post agonistica, lei mi chiese che lavoro facessi e io le risposi: il killer! Non vi racconto il resto, vi dico soltanto che smise di parlare: usò la bocca per far altro. Ma nemmeno di questo vi dirò. Una carognata direte. Niente in confronto alle avventure di Torpedo. Sentite questo incipit: “Se l'avessi fatta secca, ora non bacerei le sue labbra carnose... né mi spupazzerei il suo corpo. Le ho detto che sono uno sbirro, e lei l'ha bevuta. Caso vuole che io sia l'esatto contrario... Quelli che mi conoscono e che non l'hanno ancora pagato con la vita mi chiamano Luca... Luca "Torpedo". Il lavoro mi era stato commissionato da tale Bergson. Mille bigliettoni. Per una cifra simile ammazzerei anche mio padre, pace all'anima sua. Ma non mia madre, poveretta, che era una santa. Mi disse dove e quando l'avrei incontrata. Era una bomba, tipo quelle dei film. Fu molto puntuale. Il che non è poco, trattandosi di una femmina. Era uno schianto. Mirai al volto e pensai ai mille verdoni. Solitamente funziona. Ma feci cilecca, non mi era mai successo. Invece di ammazzarla, la seguii. La abbordai e...”. Il bello del fumetto è che puoi mettere la tua immaginazione di lettore di fronte a quella del disegnatore. Le parole lasciano più spazio alle proprie immagini. Ma quando le immagini già ci sono, allora puoi dilettarti a giocare mettendo a confronto quelle che pensi e che sono evocate dal testo con quelle del disegnatore: possono sovrapporsi; più spesso divergono. In ogni caso, quelle del fumetto (di qualunque fumetto) raramente aderiscono (diversamente dal cinema, in cui alle immagini si aggiunge l'animazione) alla realtà, per quanto reale possa essere la storia narrata. È la magia del fumetto. Dopo, quando chiudi il libro, rimane sempre un nonsoché di sospensione tra l'onirico e la realtà. E mi piace. Mi piace moltissimo. Ch'è l'unica vita possibile. Tornando a Torpedo c'è da aggiungere che, al di là delle facili intuizioni sul tipo con cui si ha a che fare, come tutti i duri per necessità, fa fuori altrettanti tipacci di cui nessuno sentirà la mancanza e, comunque, lungi dall'essere un qualsivoglia eroe, Luca Torelli (italiano emigrato in America) colpisce per l'ironia con cui si muove nella vita e nella morte e, ancor più, per la capacità di sorridere di se stesso. Storie pesanti narrate con leggerezza. Lettura consigliata dai quattordici ai quarantotto anni. Io sto al limite e, infatti, passo a leggere altro. Vi farò sapere.
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