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venerdì 22 aprile 2011

Suture. La poesia come resilienza, di Luca Artioli, prefazione di Massimo Sannelli (Fara Editore). Intervento di Nunzio Festa






















Dobbiamo ammettere che siamo stati indotti, e forse si tratta una delle poche volte cui questo accade, a leggere questo “Suture” partendo dalla 'firma' del prefatore dell'opera. Che di Massimo Sannelli, infatti, ce ne son ben pochi; e, di nuovo, nonostante gli approcci ugualmente diversi alla lettura delle liriche, abbiam trovato nella parola del Sannelli l'apertura giusta a entrare nel mare delle composizioni. Ma sentiamo Artioli. Il poeta Luca Artioli, bancario alla stregua d'una serie d'altre penne italiane, e non solo, che sappiamo, vedi i lucani, su tutti, Di Lillo e Tramutoli, appena trentacinquenne, lo ricorda addirittura il vagabondo Hirschman, “crea una poesia che è saggia e piena di velenosa grazia”. Strillo a parte, dunque, siamo certi che il Jack non si sbagli. Perché lo dimostrano parte delle poesie di Artioli, ovviamente. Mantovano, il poeta non è alla sua prima esperienza editoriale, ma in un certo senso è come se lo fosse. In quanto le antologie non sempre lasciano le autonomie autoriali in bella evidenza. Rubando invece da Sannelli sentiamo che, giustamente, Artioli trova un'originalità, dice fra le parole il critico esperto, che superano tutta quella banalità che molto contemporaneo ci propina. O almeno vorrebbe propinarci. Insomma Artioli, direbbe un Lucini, non è un versificatore di talento. Ma un poeta. Quindi il discorso di Luca Artioli, piaccia o non piaccia, dove piace e nel bel mezzo del cammin di quel che non piace, è costantemente ed estenuantemente discorso poetico. Per eccellenza. Nella luce del presente, Artioli trova il frizzo libero, che non è frizzare senza innovazioni, utile a mescolare linguaggio volgare a volgo del linguaggio. Al fine di costruire un mondo riconosciuto solamente dalla forza della stessa parola. Ovvero il più delle volte appena più in là del limite dell'immagini. Nelle sfumature essenziali delle descrizioni tali e quali. In epoca di poco, infine, la poesia di Artioli ci fa pensare che esista, pensiamo, una via di mezzo, che è senza dubbio un'altra via, tra questa beat spesso applaudita e il passato anche italiano d'una letteratura, non solo quindi di poesia, che fa da retroterra a tanti giovani penne. Una verità, innanzitutto, che spiega semplicemente la fine di molta scuola di pennivendoli. Oppure che mette in castigo quella categoria d'approfittatori e/o approfittatrici. La poesia moderna di Luca Artioli, che in punta di “Suture”, senza dimenticare un sottotitolo che raccontato sarebbe fine della lettura, aumenta la voglia di cercare poesia del Millennio Nuovo.

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