
A collegare i due argomenti un fatto che non tutti conoscono: e cioè che con la nostra città Degas ha avuto un lungo, articolato, appassionato rapporto. In quanto è a Napoli che hanno vissuto suo nonno, René-Hilaire De Gas, affermato uomo d’affari, e un’assai variopinta tribù di zie, zii, cugini e cuginette: parenti a cui il pittore è stato legatissimo, e che non solo ha più volte visitato, ma ha anche raffigurato nei dipinti (una delle sue opere più famose, “La famiglia Bellelli”, rappresenta appunto la zia partenopea Laurette con il marito e le figlie Niny e Julie).
Allora: di quali peculiarità si avvale l’impianto del romanzo? Ecco. A caratterizzarlo è una duplice operazione di incastro: c’è Paul Valery, il futuro autore dei ‘Cahiers’, che nella Parigi di inizio novecento recensisce la propria visita all’ormai anziano Edgar Degas, e c’è Edgar Degas che, seguendo come sovrappensiero il filo dei ricordi, rievoca l’avventurosa vita del nonno e le coinvolgenti vicende della sua famiglia. Da questa impostazione scaturisce una successione di scene colorate, ora drammatiche, ora sorridenti, ma tutte di grande impatto emotivo e quindi in grado di avvincere il lettore: i giorni della rivoluzione a Parigi, Maria Antonietta sulla carretta che la conduce al patibolo, il sacrificio delle vergini di Verdun, le stragi nella Napoli del 1799, l’eruzione del Vesuvio, e al contempo Celeste Coltellini che canta Paisiello a San Leucio, la conversazione nel salotto dei Meuricoffre, il viavai di Toledo, gli incontri del nonno con Napoleone e Murat o l’Egitto con le sue piramidi e i suoi minareti.
(Tratto dalla prefazione di Giovanna Mozzillo)
"Il napoletano Elio Capriati immagina che il grande artista ci narri la storia dell'avo, parlando di se stesso, di Napoli e della propria arte"
di Stefano Manferlotti tratto da Il Venerdì di Repubblica n. 1114, p. 104
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