I versi che Pasquale Vitagliano ha raccolto in “Amnesie amniotiche” sono un passo di testimonianza, vergate da un 'plurale collettivo' vissuto negli occhi e negli oggetti dell'io. La silloge è essa stessa testimonianza, non poesia civile ma comunque poesia che fa parte della più 'alta' civilta. Una scrittura, quella di Vitagliano, che riesce a sganciarsi, anzi essere sganciata e/o non allacciata invece alla bassa retorica (non di figure ma di parole e sensi e immagini e sviluppi) – certamente diventando cuore che fa anche originalità proprio grazie a questo. Il volume, diviso in otto sezioni e corredato da opere di Mark Rothko, è la prove poetica di un editor e giornalista, leccese di nascita ma che vive a lavora in provincia di Bari, già presente sul spazi telematici e in alcune antologie. Le liriche s'alternano per scelta stilistica, pure; in quanto, per esempio, l'autore predilige la versificazione breve e a tratti frammentata/spezzettata mentre in altre ricorre a un versificare più prosastico. Dove troppo cerca di rendere tangile il presente-futuro, però, la raccolta perde qualcosa. Per analizzare un momento più intimistico, si prenda “ansima”, dalla sezione “salmi”. “Sotto il silenzio / la mansuetudine, / come le vene increspate / sotto un cartiglio autistico, / come le gravine / sotto il viadotto. // È la faccia nuda / che cerca di nuovo / il vento salato / della veduta di Byron, / quando fece volare / al cielo il naso finto / di un'esanime maturità. // È questo pennacchio, / che ho cercato / di giocarmi sull'isola / dell'asino bianco, / con l'anima cieca / della baldoria, / che solo la morte / non si scorda. // Quando l'ho perso / c'era una donna: / era lo specchio muto / della mia obesità. / Di questa faccia / mi sarebbe bastato / conoscerne il nome / e invece... // Ho voluto pure / guardare”. La chiusa è bella soprattutto perché lascia aperto un pensiero. Vitagliano, dopo aver composto questa poesia, potrebbe quindi guardare maggiormente a questo tipo d'espressione, leggendo ancora di più e lasciando leggere ancora di più d'irrequietezza e, in qualche modo, di continue ricerche proprie del poeta. E attraverso il personale, sappiamo, che il collettivo si forma, o comunque tenendo sempre conto d'esso. Con la forza d'immagini superiori, per fare un esempio, appunto: quell'asino bianco.
Amnesie amniotiche, di Paquale Vitagliano, prefazione di Giovanni Nuscis, LietoColle (Como, 2009), pag. 92, euro 13.00.
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giovedì 16 luglio 2009
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