Il 12 dicembre 1969 alle 16.37, nel salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, una devastante esplosione causò la morte di 16 persone, per lo più agricoltori e commercianti che come ogni venerdì erano in banca per comprare e vendere i propri prodotti.
Quell’esplosione non fu la sola. Altri 3 ordigni deflagrarono contemporaneamente a Roma (due all’Altare della Patria ed uno alla Banca Commerciale provocando solo alcuni feriti) ed una bomba fu trovata inesplosa alla Banca Commerciale di piazza della Scala a Milano, e poi fatta brillare dagli artificieri nel cortile interno della banca prima che potesse fornire indicazioni utili sulla matrice degli attentati. Sono passati 40 anni e 11 gradi di giudizio non sono riusciti a stabilire né i colpevoli materiali né i mandanti degli attentati di quel giorno. Ci è riuscito Paolo Cucchiarelli, giornalista dell’agenzia ANSA, che ha realizzato un’inchiesta durata oltre 10 anni e che è stata pubblicata da “Ponte alle Grazie” nonostante altri editori, nel recente passato, si fossero tirati indietro dopo averne già annunciato l’uscita.
Il lavoro svolto da Cucchiarelli è molto complesso e rappresenta un passo in avanti molto consistente rispetto alla verità giudiziaria che, come sottolinea l’autore, è solo una parte della verità.
Il lavoro è diviso in quattro parti, molto corpose e documentate, nelle quali i dettagli portati a supporto delle ipotesi sono talmente tanti da lasciar trasparire tutta la serietà e l’importanza del lavoro. Nella prima parte Cucchiarelli parla degli oggetti mancanti, che sono stati dimenticati, dispersi o occultati e che hanno reso impossibile giungere alla verità giudiziaria e condannare i veri responsabili della strage. Ecco dunque riemergere altre due bombe inesplose, dei finti manifesti anarchici, delle borse diverse dalla “Mosbach & Gruber” che ufficialmente conteneva l’ordigno esploso nella BNA. Nella seconda parte vengono analizzate alcune “doppiezze” che sono state la chiave di volta per attuare la strategia che voleva far ricadere la colpa di tutto esclusivamente sugli anarchici. Così spuntano due taxi che avrebbero accompagnato due persone molto simili davanti all’entrata della banca pochi minuti prima dell’esplosione, alcuni sosia dell’anarchico Pietro Valpreda (il primo ad essere indiziato di aver messo la bomba), un secondo ferroviere anarchico che avrebbe dovuto “raddoppiare” il ruolo di Pino Pinelli. In questa parte Cucchiarelli riesamina tutta la vicenda di Pinelli e del suo tragico “volo” dalla finestra della Questura di Milano che lo stroncò la sera del 14 dicembre quando da oltre 48 ore era sotto interrogatorio da parte degli uomini della DIGOS che facevano capo al commissario Calabresi ed al dirigente Allegra. Cucchiarelli giunge ad un’ipotesi molto interessante e nuova sulla dinamica della caduta e, soprattutto, sulla sua causa.
Nella terza parte viene analizzata la strategia dell’infiltrazione e della provocazione che i gruppi dell’estrema destra facenti capo ad Ordine Nuovo effettuarono nei confronti degli anarchici e della sinistra marxista-leninista in generale. Questa tattica era iniziata già dal 1968 e si concretizzò in una serie di alleanze e commistioni che resero possibile attuare la logica della “seconda linea” che non vedeva più i fascisti come responsabili diretti degli attentati, ma come registi occulti (inconsapevoli per colui che ne veniva utilizzato) e braccio operativo determinante per realizzarli facendone ricadere le responsabilità su altri. Di questa logica di infiltrazione Cucchiarelli individua coloro che la supportarono e coloro che la coprirono. Nella quarta ed ultima parte l’autore esamina le responsabilità politiche ed internazionali, tutto ciò di cui ancora oggi nessuno vuol parlare, ricollocando le morti di Feltrinelli e Calabresi in un perverso intreccio di armi ed esplosivi.
“Il segreto di piazza Fontana” è un libro che non può mancare nella biblioteca di chiunque voglia conoscere quegli anni e di chi vuole sapere chi ebbe la responsabilità di sporcare di sangue quel pomeriggio prenatalizio nella speranza di scatenare una risposta autoritaria da parte dello Stato sul modello dei Colonnelli greci. Obiettivo, questo, che grazie al cielo fallì miseramente.
*Studioso degli anni ’70
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mercoledì 1 luglio 2009
lunedì 22 giugno 2009
Il vento dell'odio di Roberto Cotroneo (Mondadori)
Le Marais è un quartiere della città di Parigi situato sulla rive droite della Senna, a nord dell'Île Saint-Louis. Le attrattive turistiche del quartiere lo rendono una delle zone più visitate della città: luogo probabilmente di maggior interesse del Marais è Place des Vosges, poi di sicuro, il Musée Picasso con la sua collezione di opere del maestro spagnolo, il Musée Carnevalet, che racconta la storia della città di Parigi tramite documenti e ricostruzioni, il Museo dell'arte e della storia del Giudaismo e gli Archives Nationales, con all'interno il Museo della storia della Francia.
Il Marais è uno tra i quartieri più “cool” della capitale francese, grazie alle numerose boutique di stilisti emergenti e locali di tendenza che, negli ultimi anni, sono diventati anche il centro della vita omosessuale della città, diventando un vero e proprio gay village. Al Marais ci sono stato due anni fa per la prima edizione del “Festival del Libro e della cultura italiana”. Qualcuno mi disse che era un posto dove avevano trovato asilo molti dei terroristi rossi degli anni di piombo. Sinceramente se avessi dovuto scegliere un posto per la mia latitanza, anche se fossi stato solo un semplice fiancheggiatore, avrei proprio scelto il Marais, e non perché avesse qualcosa di particolare in sé, ma perché rappresentava una parte dell’immensa Parigi, simbolo totale di passaggi, intrecci, archetipo del bosco jungeriano, dove il ribelle ricostruisce la sua identità e riordina la sua storia. E il Marais lo si trova anche nelle pagine dell’ultimo lavoro di Roberto Cotroneo, Il vento dell'odio (Mondadori, pp. 288, euro 18), dove l’autore parla attraverso le voci dei due protagonisti, degli anni Settanta, e di una porzione di storia d’Italia, densa di fantasmi e coni d’ombra così profondi da non riuscire a scorgerne neanche il fondo. Cristiano Costantini e Giulia Moresco, sono due terroristi, clandestini, due vite e due passati differenti, entrambi figli di due padri dalla doppia vita: uno informatore dei servizi segreti e fedele alla tradizione, ai valori, all’etica fascisti; l’altro detentore di segreti incredibili, e che della Cecoslovacchia ( e della Bulgaria) aveva fatto la sua seconda patria e la sua base operativa sia di affari di carattere economico che politico su più livelli. Sia Carlo che Giulia, sono legati da un unico desiderio, ovvero la volontà di non essere delle pedine, pedine sacrificabili, nelle mani di un passato ancora troppo ingombrante. Terminata l’esperienza della lotta armata, Giulia acquisterà la casa di Cristiano (latitante in Argentina da parecchi anni). Esegue dei lavori di ristrutturazione e trova nascosto in un tramezzo un memoriale, le cui verità sono pesanti come un macigno di svariate tonnelate, e che unisce le loro vite in maniera indissolubile. Cristiano, riceve per vie traverse il memoriale, e da quel momento in poi ,con la consapevolezza di non aver più alcuno scampo, inizia un viaggio allucinante e allucinato tra menzogne e mezze verità: la strategia della tensione, il ruolo dei Servizi deviati, la lotta armata, i tentativi di eversione dei poteri dello Stato, il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro. Cotroneo in questo suo nuovo, magnifico lavoro, che gli ha fatto perdere qualche ora di sonno come scrive proprio di suo pugno a fine libro, parla di segreti spesso solo sussurrati. Segreti di pulcinella direbbe l’ex presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino, se solo si consultassero tutti i documenti delle Inchieste della Commissione da lui presieduta. E scorrono davanti agli occhi della mente del lettore le vicende del caso Moro, ma non solo. Sembra che Roberto Cotroneo ammicchi al mistero dei misteri, una scoperta avvenuta quasi per caso e documentata nello splendido saggio di Stefania Limiti edito da Chiarelettere dal titolo L'Anello della Repubblica con postfazione di Paolo Cucchiarelli. Un servizio segreto di cui nessuno ha mai saputo nulla, venuto fuori dagli archivi del Viminale, una struttura occulta il cui compito era ostacolare le sinistre e condizionare il sistema politico con mezzi illegali, senza sovvertirlo. Un’agenzia con sola funzione perturbatrice, in grado di controllare inoltre qualsiasi terrorismo, sia di destra che di sinistra, e di dirigerne i passi nell’ombra.
Ciò che rende magistrale il lavoro di Cotroneo, sebbene si tratti di un romanzo, è una chiarezza totale, frutto di approfondimenti degni di uno storico del terrorismo, alla Mirco Dondi o alla Manlio Castronuovo per intenderci, nel parlare del periodo più difficile della nostra repubblica, e addirittura di aver riflettuto su un’estetica dell’omicidio politico che supera di gran lunga la più fervida fantasia della più recente corrente artistica dell’iper-realismo oggettivo, che va da Cattelan sino ad Adrian Tranquilli e co.! Ulteriore elemento di pregio del lavoro di Cotroneo, è l’aver lavorato sull’utopia non nella classica accezione filosofica, quanto nel considerarla un gigantesco buco nero, un vuoto primigeno, in cui scompaiono memorie, individualità, passioni, vicende. Un libro che vale la pena leggere, e necessario per ricordare ancora!
Il Marais è uno tra i quartieri più “cool” della capitale francese, grazie alle numerose boutique di stilisti emergenti e locali di tendenza che, negli ultimi anni, sono diventati anche il centro della vita omosessuale della città, diventando un vero e proprio gay village. Al Marais ci sono stato due anni fa per la prima edizione del “Festival del Libro e della cultura italiana”. Qualcuno mi disse che era un posto dove avevano trovato asilo molti dei terroristi rossi degli anni di piombo. Sinceramente se avessi dovuto scegliere un posto per la mia latitanza, anche se fossi stato solo un semplice fiancheggiatore, avrei proprio scelto il Marais, e non perché avesse qualcosa di particolare in sé, ma perché rappresentava una parte dell’immensa Parigi, simbolo totale di passaggi, intrecci, archetipo del bosco jungeriano, dove il ribelle ricostruisce la sua identità e riordina la sua storia. E il Marais lo si trova anche nelle pagine dell’ultimo lavoro di Roberto Cotroneo, Il vento dell'odio (Mondadori, pp. 288, euro 18), dove l’autore parla attraverso le voci dei due protagonisti, degli anni Settanta, e di una porzione di storia d’Italia, densa di fantasmi e coni d’ombra così profondi da non riuscire a scorgerne neanche il fondo. Cristiano Costantini e Giulia Moresco, sono due terroristi, clandestini, due vite e due passati differenti, entrambi figli di due padri dalla doppia vita: uno informatore dei servizi segreti e fedele alla tradizione, ai valori, all’etica fascisti; l’altro detentore di segreti incredibili, e che della Cecoslovacchia ( e della Bulgaria) aveva fatto la sua seconda patria e la sua base operativa sia di affari di carattere economico che politico su più livelli. Sia Carlo che Giulia, sono legati da un unico desiderio, ovvero la volontà di non essere delle pedine, pedine sacrificabili, nelle mani di un passato ancora troppo ingombrante. Terminata l’esperienza della lotta armata, Giulia acquisterà la casa di Cristiano (latitante in Argentina da parecchi anni). Esegue dei lavori di ristrutturazione e trova nascosto in un tramezzo un memoriale, le cui verità sono pesanti come un macigno di svariate tonnelate, e che unisce le loro vite in maniera indissolubile. Cristiano, riceve per vie traverse il memoriale, e da quel momento in poi ,con la consapevolezza di non aver più alcuno scampo, inizia un viaggio allucinante e allucinato tra menzogne e mezze verità: la strategia della tensione, il ruolo dei Servizi deviati, la lotta armata, i tentativi di eversione dei poteri dello Stato, il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro. Cotroneo in questo suo nuovo, magnifico lavoro, che gli ha fatto perdere qualche ora di sonno come scrive proprio di suo pugno a fine libro, parla di segreti spesso solo sussurrati. Segreti di pulcinella direbbe l’ex presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino, se solo si consultassero tutti i documenti delle Inchieste della Commissione da lui presieduta. E scorrono davanti agli occhi della mente del lettore le vicende del caso Moro, ma non solo. Sembra che Roberto Cotroneo ammicchi al mistero dei misteri, una scoperta avvenuta quasi per caso e documentata nello splendido saggio di Stefania Limiti edito da Chiarelettere dal titolo L'Anello della Repubblica con postfazione di Paolo Cucchiarelli. Un servizio segreto di cui nessuno ha mai saputo nulla, venuto fuori dagli archivi del Viminale, una struttura occulta il cui compito era ostacolare le sinistre e condizionare il sistema politico con mezzi illegali, senza sovvertirlo. Un’agenzia con sola funzione perturbatrice, in grado di controllare inoltre qualsiasi terrorismo, sia di destra che di sinistra, e di dirigerne i passi nell’ombra.
Ciò che rende magistrale il lavoro di Cotroneo, sebbene si tratti di un romanzo, è una chiarezza totale, frutto di approfondimenti degni di uno storico del terrorismo, alla Mirco Dondi o alla Manlio Castronuovo per intenderci, nel parlare del periodo più difficile della nostra repubblica, e addirittura di aver riflettuto su un’estetica dell’omicidio politico che supera di gran lunga la più fervida fantasia della più recente corrente artistica dell’iper-realismo oggettivo, che va da Cattelan sino ad Adrian Tranquilli e co.! Ulteriore elemento di pregio del lavoro di Cotroneo, è l’aver lavorato sull’utopia non nella classica accezione filosofica, quanto nel considerarla un gigantesco buco nero, un vuoto primigeno, in cui scompaiono memorie, individualità, passioni, vicende. Un libro che vale la pena leggere, e necessario per ricordare ancora!
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