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domenica 29 dicembre 2013
venerdì 14 gennaio 2011
Cartoline dai morti, di Franco Arminio (Nottetempo). Intervento di Nunzio Festa
Tra l'aforisma e il racconto brevissimo, tra la levità della poesia e la claustrofobica dichiarazione d'essere in disaccordo con le idee di lettura solite di vita e morte nasce l'ultimo libro del paesologo di Bisaccia, Franco Arminio, “Cartoline dai morti”. Con 128 testi, per l'esattezza 128 pezzi di vita, più ovviamente un'altra, quella dell'autore stesso, che sono la vita stessa riassunta senza transigere dalla spietatezza del poeta Arminio, il mercato qualunquista deve vedersela con una nuova opera impossibile da annegare nel calderone. Prima di confessare che, soprattutto, gli scritti sono frutto di momenti dell'ipocondria che ad Arminio sappiamo, lo scrittore e poeta, il battagliero viaggiatore dei luoghi al margine c'insegna che le esistenze comuni, accanto al passaggio della morte, o quindi subito prima e maledettamente subito poi, hanno nella semplicità il loro capogiro. Fanno stordimento con la drammatica facilità con la quale si può e/o potrebbe morire. Ovviamente l'editore non poteva che portare l'accostamento all'Edgar Lee Masters dell'”Antologia” per esaltare ulteriormente l'opera. Ma il libro non né avrebbe, in assoluto, avuto bisogno. Eppure, per chiarezza, qualche somiglianza passa fra i sommi testi. Che, per esempio, anche Franco Arminio, molti anni dopo, ci da la sensazione di voler ambientare la sua opera in piccole quanto grandi territori al limite. Di provincia, si potrebbe dire. Nonostante mai capiamo, dagli scritti, luoghi e contesti. Forse per una dannazione tutta nostra, allo stesso tempo, l'intuiamo. Queste brucianti cartoline, a quattro anni di distanza dal “Circo dell'ipocondria”, sono lasciti di chi parte e non da dove arriva. Come se si stesse in un etere. Se non avessi già letto in anticipo qualche testo, “Cartoline dai morti” avrebbe sicuramente fatto in me anche più dolore di quanto sia riuscito a farne. Eppure quel malore temporaneo non è che un effetto desiderato. Anzi l'indesiderato che diviene effetto in virtù delle vite normali spiaccicata al vuoto da una morte solitamente improvvisa. Non potendo sorride durante la lettura, per accortezza specifica, comunque si spieghiamo che di nuovo il destino di morire (al di là d'ogni santa e meno santa paura): lotta contro la morte: sconfigge l'idea più diffusa di morte. Senza ombre e ombrette di dubbio, Arminio avrà pure voluto dire molto altro. C'è tempo.
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