L’11 settembre 2001 ha rappresentato una vera e propria catastrofe “psico-cosmica” come direbbe Manlio Sgalambro, dove il concetto stesso di sicurezza è venuto meno, se si pensa al fatto che la più ricca e potente nazione del mondo sia stata messa in ginocchio da una rete terroristica molto più efficiente e coordinata sul piano operativo di una CIA o di un FBI. Ma questo è solo un pretesto per dire che tutto il retroterra socio-politico-culturale ( con tutti i suoi pro e contro ovviamente) degli anni ‘80 e degli anni ‘90 si è lentamente sgretolato sino a polverizzarsi del tutto, rimanendo solo un debole ricordo di qualcosa di bello ( o brutto a seconda dei punti di vista), che non tornerà più . E dunque tutta una serie di sensazioni di straniamento, precarietà, instabilità, dis-equilibrio si affacciano nella vita non solo delle giovani generazioni, ma anche in quella dei “bamboccioni” di cui tanto si sente parlare da un anno a questa parte. L’orizzonte del futuro, ora è sempre più difficile da delineare, sempre più fosco, e la speranza ancora di qualcosa di certo e solido su cui costruire la propria vita, non è più possibile, e non lo è nemmeno e soprattutto per i protagonisti del romanzo d’esordio di Fabio Mele dal titolo “Da principio era la neve” per i tipi di Lupo editore di Copertino. Alex, Stefano, Aurora, e Sofia, sono personaggi che lavorano nel backstage delle loro esistenze, nel senso che si sentono sempre in bilico tra il prendere sulle proprie spalle la scelta di decisioni mature e responsabili, o ancora lasciarsi trasportare dalla melanconica gioia del vivere giorno per giorno, e delle sognanti elucubrazioni di società giuste, meritocratiche, senza guerre, e senza corruzione. I personaggi che Mele delinea, accolgono la precarietà anche nelle storie d’amore, dove la paura di sbagliare e farsi marchiare a fuoco il nome di una giovane donna o di un giovane uomo, sulla propria pelle, li fa richiudere nella più rassicurante zona comfort dell’amicizia, dove ci può scappare, perché no, anche un rapporto sessuale, tanto tra amici si fa no? Dimensione letteraria alla Sartre? Io non l’ho mai capita, e penso non la capirò mai. Datemi pure del provinciale, ma non posso farci niente! Ad ogni modo in questo lavoro, Lecce la ritroviamo per intero, vista dagli occhi di chi è nato nel 1982, ma che sa cosa sia un Mazinga Z, o un Gigi la trottola, che ascolta Marlene Kuntz e apprezzi Caparezza. Pop certo, e pop diventa anche il capoluogo salentino, dove il must dei gelati è un cono al gusto Pacific Blue, che sembra più il titolo di un serial televisivo americano. Il lettore potrà così sapere di via Trinchese, del “Tabacchi”, di Piazza Mazzini e di altri posti che riconoscerà o imparerà ad apprezzare per la prima volta. Insomma si parla del modo di vivere di ragazzi e ragazze nati dopo gli anni Ottanta, dall’adolescenza che non si ferma ai soli vent’anni, cosciente a corrente alternata dei problemi che vive e di quelli che affliggono la società.
Sullo sfondo del Salento, si stagliano coinvolgenti ed atipiche storie d’amore e di amicizia, in un’inconsueta miscela di musica, poesia e qualche sprazzo di analisi sociologica dell’oggi che non guasta!
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