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martedì 23 marzo 2021

Vite in attesa di Julia Sabina

 

 

Nella vita Maribel ha preso molte decisioni sbagliate e pochissime buone. Ma ora sente che le cose stanno per cambiare. Ha appena accettato un dottorato a Lille, in Francia. In fondo, nulla la trattiene a Madrid, così parte, piena di speranza: è giovane, e ha tutte le carte in regola per essere felice. Non fa altro che sentirselo ripetere. L'emozione di un nuovo paese, di una nuova lingua, di nuove persone da conoscere all'inizio la travolge. Ora Maribel riesce a vederle, le mille possibilità che ha davanti. Ma l'incantesimo presto si spegne. Intorno, tutto sembra vorticare a gran velocità e lei non riesce a stare al passo. Tutti perseguono il proprio obiettivo senza tentennamenti, come la sua coinquilina Paula o il suo amico Alessio. Lei, invece, trascina le sue giornate lavorando in un bar e facendo finta di scrivere una tesi di cui non importa a nessuno, forse nemmeno a lei. Per non parlare del bel Guillaume che un giorno appare e quello dopo scompare. Maribel si sente di nuovo al punto di partenza. Come se l'incertezza non derivasse dal luogo in cui si trova o da chi frequenta, ma risiedesse dentro di lei. Fino a quando scopre  che anche i suoi amici in realtà non hanno idea di dove stanno andando. Perché essere giovani è una fortuna ma è anche una grande sfida: il mondo ti disegna in un modo e tu non sai ancora chi vuoi diventare. Maribel vuole capire chi è veramente, senza condizionamenti. Vuole un lavoro, ma solo se migliora la sua vita. Vuole amare, ma solo se può farlo con passione. Vuole dare un senso a una realtà che sembra averlo perso molto tempo prima. Perché sarà pure disorientata, ma ha tanta voglia di vivere.

mercoledì 25 gennaio 2012

“Non è un cambio di stagione” di Martin Caparròs (Edizioni Ambiente/Verde Nero) di Vander Tumiatti*

Martín Caparrós (Buenos Aires, 1957) si è laureato in Storia a Parigi, è vissuto a Madrid e New York e ha diretto riviste culturali. Ha tradotto Voltaire, Shakespeare e Quevedo, ha vinto il Premio Planeta Latinoamericano, il Premio Rey de España e la borsa di studio Guggenheim. Le sue opere sono state tradotte in svariate lingue. Lui  è un personaggio incredibile che di recente ha fatto delle affermazioni degne di essere prese in considerazione.  Se è vero dunque quello che dice l’ex funzionario ONU Martin Caparròs, ovvero che l’ambientalismo non solo si è macchiato di business e di velleità modaiole, la possibilità che per  vivere ogni giorno abbiamo bisogno di un’apocalisse diventa sempre più concreta. Parte da queste considerazioni Caparròs nel suo ultimo lavoro dal titolo “Non è un cambio di stagione” uscito in Italia per le Edizioni Ambiente. Questa è l’ultima pubblicazione che sono riuscito a valutare tra i miei tanti impegni di lavoro su e giù per l’Italia. Si tratta di un libro molto interessante, tanto che alcune considerazioni in esso riportate potrebbe suscitare nella migliore delle ipotesi un “vespaio”: una forte eco/delusione dovuta all’incapacità di fare analisi obiettive davanti alle grandi tragedie come la fame nel mondo; il fatto che l’ecologia sia diventata una moda e che detti l’agenda delle soluzioni che i principali capi di governo prendono in merito: un neoconservatorismo nelle frange più estreme della sinistra ecologica, dovuto ad una perdita del senso di un futuro eco/compatibile; il generale fraintendimento della società civile nei confronti delle questioni ecologiche più importanti … ovvero ci si preoccupa per una foca che sta annegando e non dei bambini denutriti che muoiono ogni giorno. Questo libro è importante perché ci fa riflettere sul fatto che ogni categoria di “impegnati”, ha la sua personale apocalisse, sulla quale però non riesce a mettere a fuoco possibili soluzioni o proposte. “Non è un cambio di stagione” è un percorso dunque in nove paesi dal Brasile alla  Nigeria al Niger al Marocco alla Mongolia all’Australia alle Filippine, alle isole Marshall sino agli Stati Uniti ormai sotto attacco del cambiamento climatico. Una vera e propria riflessione a fior di lama quella di Caparròs sulle contraddizioni dell’ecologismo e dell’ambientalismo esasperato che a sua volta si fa “affarismo” riuscendo addirittura a smascherare con ironia e intelligenza le zone d’ombra di certi ambienti dell’ecologia integralista che si mascherano di purezza quando in realtà sotto sotto a volte c’è del marcio. (intervento apparso sul quotidiano Paese Nuovo)

* Fondatore di Sea Marconi Technologies

sabato 6 novembre 2010

Il libro del giorno: Viaggi e altri viaggi di Antonio Tabucchi (Feltrinelli)

Dice Antonio Tabucchi: "Sono un viaggiatore che non ha mai fatto viaggi per scriverne, cosa che mi è sempre parsa stolta. Sarebbe come se uno volesse innamorarsi per poter scrivere un libro sull'amore". Eppure, in "Viaggi e altri viaggi" ci sono i luoghi del mondo, un mondo sufficientemente grande per non essere quel "villaggio globale" che vorrebbero i sociologi e i mass media. Vi entrano "alla rinfusa" la Lisbona di Pessoa, il Brasile distante dalle mete obbligate di Congonhas do Campo, la Madrid dell'Escorial, il Jardin des Plantes a Parigi, l'Australia di Hanging Rock, la Séte di Paul Valéry, e poi Creta, la Cappadocia, Il Cairo, Bombay, Goa, Kyoto, Washington. Tabucchi ci accompagna con sovrana gentilezza a conoscere e a riconoscere i luoghi di una mappa singolare, certo, ma condivisibile attraverso la lingua familiare del racconto. Una mappa che si apre volentieri ad "altre" forme di viaggio la rassegna delle città fantastiche degli scrittori, le letture di Stevenson, la misteriosa frase di uno zio davanti agli affreschi del Beato Angelico, le montagne di Eça de Queirós, l'Egitto di Ungaretti, l'evocazione dell'Amazzonia attraverso un grande libro come Il ventre dell'universo. Nell'uno e nell'altro caso - nei viaggi effettivi e in quelli evocati dalla letteratura - Tabucchi ci invita a vedere e a restare, a muoverci e a ritornare. Ogni volta l'appuntamento è una sorpresa, perché il mondo è sempre un altrove, una scoperta di noi stessi attraverso gli altri.

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