Molestie a parte, l'ultimo libro
di Valter Binaghi, pubblicato postumo perché l'autore è morto il 12 luglio
scorso - soltanto due giorni prima di compiere il suo cinquattottesimo
compleanno - dopo una lunga malattia, nella sua Busto Garofalo (dell'amata e odiata
Lombardia), l'ho letto in appena tre giorni; durante, tra l'altro, la
compulsiva e compressiva Fiera della Piccola e Media Editoria di Roma del
PalaEur. Ché, onestamente, provavo una curiosità immensa nel leggere questo
“Nome al tavolo Blackjack”. Intanto in quanto davvero non m'aspettavo Binaghi
riuscisse a calarsi così, pienamente, nel genere. Fino a scendere nelle pieghe
più difficili del thriller. E dato il fatto che di Binaghi, e ne faccio
ammenda, oltre a sue cose in rete niente avevo neppure sfogliato. Ma quando la
versatilità non è una dote accessoria, trovi uno scrittore che da alle stampe
prima un romanzo storico e poi una vera e propria testimonianza di fede, “Dieci
buoni motivi per esser cattolici (Laurana, con Mozzi). O al contrario, in senso
meramente editoriale. Senza trascurare quelle doti musicali: specie da
bluesman. E che ti lascia a bocca aperta, oltre che realmente incastrato nelle
sue pagine, dandoti innanzitutto una serie di personaggi ognuno dei quali
significativo e comprovante d'un pezzo di mondo. Il protagonista del romanzo,
infatti, Francesco Barca, come si vede solamente in coda all'opera, fa il
giocatore di carte per professione. Dunque servendosi dell'oramai titolo, più
che soprannome, di Blackjack. Mentre nella sua mente scorre l'assenza della
madre. Più spunta l'improvviso, ovviamente, colpo di fulmine. Quando suo padre,
di taglio, è un nostalgico comunista ortodosso e intransigente - che in vecchia
ancora è capace di credere nella buonafede di compagni d'un tempo svendutisi
tranquillamente al nemico, al potere (questione che i figli cercano di
nasconderli fino alla fine della sua vita pura). Pezzi dati in pasto a una
montagna d'altri pezzi. Vedi il cameriere rom... Uomo italiano. Vittima di
pregiudizi, ma meno dei suoi connazionali solo in virtù dello stato sociale che
veste adesso nell'ex Belpaese. Il pregiudizio razziale, punto primo. Che
sfianca la dignità umana, comunque resistente, specie dove il grasso della
pancia piena è leggermente intaccato dal calo del rendimento dell'economia. Il
pregiudizio sessuale, punto secondo. Quando l'amata di Blackjcak è maltrattata
e vessata dal suocero. Come altri pregiudizi e condizioni dell'Italia d'oggi.
La storia sfiora veramente il giallo. Di pretesto. Mentre scava nell'anima dei singoli
e scava, proprio, nell'anima della nazione. Un tumulto di suggestioni. Tutte e
ognuna a scorrere da nastro nella trama. La parte peggiore e la migliore
dell'umanità, scoppia sullo schermo istallato da Valter Binaghi.
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