Il capolavoro di Nikos Kazantzakis, tramutatosi anch'esso come "Zorba il greco" in pellicola cinematografia, si chiama "La seconda crocifissione di Cristo"; e la sua lettura in italiano è oggi possibile grazie alla traduzione, curata da Mario Vitti, della sempre giovane e 'propositiva' Calstelvecchi. Tradizionalmente, ogni sette anni, a Likovrissi, piccolo borgo greco dove un Agà musulmano spadroneggia sul benessere comunque garantito e proliferante dei cristiani, quando arriva la Pasqua si deve mettere in rappresentazione viva e vegeta la Passione del Gesù Cristo. Eppure non sempre accade tutto come a teatro o in chiesa. Perché questa volta gli attori selezionati, a partire da colui che dovrà essere il cristo della scena riproposta, si calan troppo nella parte. Per usare un banale ma esaustivo eufemismo. Manoliò, in sostanza, s'incarna mentalmente e poi fisicamente in Cristo. Quando, appunto, sa d'esser scelto per interpretare il Gesù della narrazione teatrale. La via Crucis di Likovrissi, prima d'esser organizzata, diviene via Crucis reale per la cittadina. Con l'Agà turco ha esser in buona compagnia nelle vesti dell'elemento di disturbo, a un certo punto. Se si legge, insomma, dall'ingresso nella cittadina benestante e acqua cheta per un prete opportunista del gruppo di greci guidati da padre Fozio che scappano dal vandalismo d'aggressori - che han devastato e ucciso e stuprato nella loro comunità. Ché gli esuli arrivano dalla stessa cristianità e avendo vissuto lo stesso cristianesimo degli abitanti di Lilovrissi proprio a chiedere solidarietà. Gesti di solidarietà e accoglienza che in verità davvero in pochi renderanno a questi fratelli in fuga. A far tristezza e desolazione in Fozio e ancor più panciuto, invece, il collega d'abito talare Grigori. Solo inizialmente, sono pochi gli uomini di Likovrissi che fanno calore al perseguitato dal turco giunto a depredare. Perché lo spirito dal vangelo poi trasforma molti. Ma com'è naturale che sia il personaggio più affascinante del poderoso romanzo, scritto con una lingua pulita ed efficace, è il Manoliò impazzito: che s'atteggia a nuovo Gesù. Non manca, di certo, la figura della Maddalena, la buona Katarina prima disponibile per tutti e poi innamorata fino all'estremo per Manoliò. La trama del capolavoro di Kazantzakis è ossessionante. In quanto non lascia momenti di trequa in chi legge. Però quel che ha fatto scandalo, è ovviamente ancora produce fastidi, al pari della migliore letteratura di tutti i tempi, è la lucidità e naturalezza con la quale lo scrittore riesce a levare ogni ipocrisia dalla faccia e dai corpi dei mondi descritti. Scavando nel bene e nel male, perfino. Senza condere spazi e tempi morti alla banalità. Qui non si legge la morte. Comunque. In La seconda crocifissione di Cristo, interamente, è riprodotta la vita. Nell'opera, non a caso, sono semplicemente analizzati tutti i dubbi del vivere che l'umanità appunto può porsi.
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