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domenica 29 dicembre 2013
Donna morta a Pescara, esclusa variante umana Bse | News | La Repubblica.it
lunedì 28 settembre 2009
Francesca Pellegrino autrice di Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni (Kimerik) a Martina Franca nella Taberna Libraria
Dimentico sempre di dare l'acqua ai sogni cattura per il linguaggio diretto, veloce, di una femminilità che assimila e brucia il dramma della totale esperienza di tinte chiare e fosche, a volte tenero, a volte gradasso per nascondere la fragilità dell'essere, immaginativo, prepotente, qua e là surrealista e volitivo. Tra poesia e prosa c'è l'arte della invisibilità che separa e unisce.
"La prima raccolta, Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni, è un’entrata chiassosa, che mi cattura per il linguaggio diretto, veloce, di una femminilità che assimila e brucia il dramma della totale esperienza di tinte chiare e fosche, a volte tenero, a volte gradasso per nascondere la fragilità dell’essere, immaginativo, prepotente, qua e là surrealista e volitivo quanto credo sia la personalità della poeta. Altri lettori abituati al sonoro scialbo, sbagliando possono scambiare il suo frastuono armonioso per prosastico. Tra poesia e prosa c’è l’arte della invisibilità che separa e unisce. Soltanto il lettore progredito di sensibilità, non di quantità libraria, è certo di quella invisibilità."
Alfredo de Palchi
New York, NY, 23 gennaio 2009
Francesca Pellegrino nasce il 5 novembre del 1974 a Taranto, dove tuttora vive, scrive e lavora. Nel 2005, con un gruppo ristretto di persone, fonda il portale di scrittura www.apostrofo.com, gestendone il forum e partecipando attivamente come autrice. È finalista nel 2006 per la seconda edizione del premio letterario IoScrivo di Giulio Perrone Editore. È presente in varie riviste letterarie, tra cui Niederngasse e Arpanet ed attualmente redattrice del weblog ViaDelleBelleDonne: http://viadellebelledonne.wordpress.com/. È una delle autrici selezionate per la collana promozionale “Donne in poesia” curata e promossa da Elisa Davoglio nel 2008.
Negli spazi accoglienti e suggestivi di Taberna libraria, via Nardelli 2 a Martina Franca, il 29 Settembre alle ore 19.30 “Fucine letterarie” presenta la poetessa Francesca Pellegrino, con la raccolta “Dimentico sempre di dare l’ acqua ai sogni”, edizioni KimeriK. Introdurrà alla lettura l’autore Stefano Delacroix, che ne evidenzierà il dettato intimo e personale, già notato da numerosi autori di livello nazionale.
casa editrice Kimerik: http://www.kimerik.it/kimerik.asp
"La prima raccolta, Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni, è un’entrata chiassosa, che mi cattura per il linguaggio diretto, veloce, di una femminilità che assimila e brucia il dramma della totale esperienza di tinte chiare e fosche, a volte tenero, a volte gradasso per nascondere la fragilità dell’essere, immaginativo, prepotente, qua e là surrealista e volitivo quanto credo sia la personalità della poeta. Altri lettori abituati al sonoro scialbo, sbagliando possono scambiare il suo frastuono armonioso per prosastico. Tra poesia e prosa c’è l’arte della invisibilità che separa e unisce. Soltanto il lettore progredito di sensibilità, non di quantità libraria, è certo di quella invisibilità."
Alfredo de Palchi
New York, NY, 23 gennaio 2009
Francesca Pellegrino nasce il 5 novembre del 1974 a Taranto, dove tuttora vive, scrive e lavora. Nel 2005, con un gruppo ristretto di persone, fonda il portale di scrittura www.apostrofo.com, gestendone il forum e partecipando attivamente come autrice. È finalista nel 2006 per la seconda edizione del premio letterario IoScrivo di Giulio Perrone Editore. È presente in varie riviste letterarie, tra cui Niederngasse e Arpanet ed attualmente redattrice del weblog ViaDelleBelleDonne: http://viadellebelledonne.wordpress.com/. È una delle autrici selezionate per la collana promozionale “Donne in poesia” curata e promossa da Elisa Davoglio nel 2008.
Negli spazi accoglienti e suggestivi di Taberna libraria, via Nardelli 2 a Martina Franca, il 29 Settembre alle ore 19.30 “Fucine letterarie” presenta la poetessa Francesca Pellegrino, con la raccolta “Dimentico sempre di dare l’ acqua ai sogni”, edizioni KimeriK. Introdurrà alla lettura l’autore Stefano Delacroix, che ne evidenzierà il dettato intimo e personale, già notato da numerosi autori di livello nazionale.
casa editrice Kimerik: http://www.kimerik.it/kimerik.asp
"Dentro un Amore" di Stefano Giovinazzo (Giulio Perrone Editore) il 7 ottobre alla Libreria Rinascita Ostiense
"Sono principalmente due le metafore, o situazioni, attraverso le quali questa intensa silloge potrebbe essere concepita: il viaggio o la gravidanza. Sotto qualsiasi ottica la si voglia inquadrare, uno solo è il succo della raccolta: la scoperta, lo svilupparsi di un tempo morale che nasce dal consumarsi degli attriti tra la propria interiorità e la realtà concreta, una realtà che, in questo caso, è immersa nel dolore."
Federica Sgnaolin
Stefano Giovinazzo nasce a Roma il 2 Aprile 1980. Laureato in Scienze della Comunicazione con una tesi sul Lobbying e relazioni istituzionali ha partecipato a diverse antologie poetiche. Giornalista pubblicista, da luglio 2007 dirige Ghigliottina.it, settimanale on line di attualità, cultura e comunicazione.
Presentazione del libro "Dentro un amore" (Giulio Perrone editore) di Stefano Giovinazzo. Il testo sarà introdotto da Matteo Chiavarone, redattore capo del quotidiano online Il Recensore.com
Libreria Rinascita Ostiense, Via Prospero Alpino n. 48 a Roma, mercoledì 7 ottobre 2009, h. 19,00
Federica Sgnaolin
Stefano Giovinazzo nasce a Roma il 2 Aprile 1980. Laureato in Scienze della Comunicazione con una tesi sul Lobbying e relazioni istituzionali ha partecipato a diverse antologie poetiche. Giornalista pubblicista, da luglio 2007 dirige Ghigliottina.it, settimanale on line di attualità, cultura e comunicazione.
Presentazione del libro "Dentro un amore" (Giulio Perrone editore) di Stefano Giovinazzo. Il testo sarà introdotto da Matteo Chiavarone, redattore capo del quotidiano online Il Recensore.com
Libreria Rinascita Ostiense, Via Prospero Alpino n. 48 a Roma, mercoledì 7 ottobre 2009, h. 19,00
domenica 6 settembre 2009
AUGURIO AL SECOLO STATO di Nunzio Festa
io invece ho dato
un pizzicotto
all'ultimo quinto di novecento
a fine scolatura
in pieno post mietitura
della più forte azione generale
generazione alluvionale
sleale
(dal midollo dei paesi)
loro che quasi tutti presidente
donne e uomini d'un tentativo: rotto
Nunzio Festa è nato nel 1981 a Matera, dove attualmente lavora. Risiede a Pomarico (MT) con la sua compagna. Poeta, narratore, critico; lavora nel campo dell'editoria ed è collaboratore giornalistico. Collabora, inoltre, con siti internet, riviste e quotidiani. Suoi articoli, poesie e racconti sono stati pubblicati su riviste e in varie antologie.Nel 2004 ha pubblicato la sua prima silloge poetica E una e una, mentre nel 2005 la sua prima raccolta di racconti Sempre dipingo e mi dipingo. Diversi i riconoscimenti ricevuti. Nel 2006, il racconto breve "Da dentro la materia" è entrato a fare parte dell'antologia Storie d'acqua dolce (Eumeswil Edizioni). Nel 2007, la silloge poetica "Deboli bellezze" è entrata a far parte della collana curata da Silvia Denti, I quaderni Divini. Nel 2008 ha pubblicato racconti e poesie per diverse case editrici, fra le quali Giulio Perrone editore, LietoColle.
mercoledì 20 maggio 2009
Dieci brevissime apparizioni di Nunzio Festa (LietoColle)
Ricevo con molto piacere da LietoColle di Michelangelo Camilliti, un piccolo gioiellino, vuoi per la veste e la resa tipografica vuoi per il pregevole contenuto: “Dieci brevissime apparizioni” di Nunzio Festa nella collana “solodieci Poesie”. E non cambierei una virgola di questo mio primo giudizio,anche se si trattasse di una manovra economico-editoriale per risparmiare qualche lira, trattandosi per di più della cenerentola, in termini economici, del mondo delle lettere, ovvero la Poesia. Infatti come prima impressione il prodotto potrebbe risultare alquanto esiguo, povero, assolutamente non invitante all’acquisto! Una sovracoperta cartonata color avorio (a due colori, nessuna immagine di copertina) che racchiude un corpus di 16 pagine ciappate. Il tutto però ha una sua sobrietà, e una certa eleganza, che sicuramente si lascerà apprezzare e godere da chi ama le piccole cose di buon gusto. Per venire all’autore in questione, ovvero Nunzio Festa, e a questo suo ultimo lavoro, sono rimasto piuttosto colpito dalla sua prosa poetica. Il ritmo della parola non è ricercato, in quanto sembra prediligere una misura del tempo narrato, gestito da una forte visionarietà, che parte dal quotidiano, ma lo trasforma a suo totale piacimento, quasi a non riconoscerne lo statuto fenomenologico e ontologico. Prendiamo a pag. 3 il “Primo brevissimo”: “Aveva riconosciuto la sensazione di stare allerta, dove quel suo tempo era stretto infinitamente alla corda tesa e molle dell'Epoca, e se un giorno arriverà Epoque lei non se la troverà addosso. Neppure per misericordia. E il pentolino saliva colla stessa, alla velocità dello sguardo. Che di fugacità viveva, o aveva vissuto. La ragazza provava a rialzarsi, ma si risedeva. Scodinzolava, fremeva, sfregava. Friggeva, il suo tappeto. Allora decise, con calma, giunto il momento di ridere da sola; e guardò - per rivederlo - il suo film preferito La tramontana: quel film comico duemila volte letto e sentito”. Il punto di partenza teorico-letterario adottato da Festa per la strutturazione di questi componimenti sembra essere quello del problema della percezione dell’individuo nell’avvertire il luogo del proprio vissuto, dal momento che non se ne ha memoria né se ne può avere una, in quanto tutto è troppo sincopato per poter essere fermato, discusso, percepito, assaporato. Il rapporto tra sé e il mondo insomma è al di fuori di qualsiasi metafora per poter essere cantato. Lo spazio dell’abitarsi nel sociale, ha oramai una grammatica talmente stramba e strampalata da divenire grottesca e mostruosa. Per farla breve, il sintomo dell'attualità diviene parodia di una perenne messa in scena dell’esistenza. Il messaggio che Nunzio Festa vuol lasciar trasparire, e non tanto tra le righe, è che in fondo se ci si lascia trasportare dal senso di angoscia o di smarrimento che pervade ogni fessura della nostra contemporaneità, alla fine ci scorderemo anche di vivere, di sorridere, o perché no, di poter scherzare magari, a volte bonariamente a volte con ironia e sarcasmo, anche delle cose più sacre, quelle che i secoli, le tradizioni, i buoni e i cattivi maestri hanno rinchiuso nelle catacombe buie e abbandonate di una certa cultura. Si veda ad esempio a pag. 5 il Terzo Brevissimo: “Oggi è il compleanno del poeta. E non sa come servire in tavola gli auguri stesi al sole. Dunque si prende tutto quello che la gente mostra sul solco della sua pancia. Quindi, un secolo di birre. Il secolo delle birre brevi come lunghe. Il secolo delle birre, è questo. Il giovane poeta compie gli anni. Ogni volta il giovane poeta, il poeta giovane, si sceglie gli anni da compiere. Tutte le volte che accade - quasi tutti gli anni, tranne quando (nei bisestili) non ci sono anni - è una battuta. L'applauso era fragoroso. Le tentazioni d'inventarsi finte spalancavano porte, inizi di territori inesplorati. Ma l'esplorazione di questo poeta è cosa da puntino.” Si tratta a mio avviso di una piccola pubblicazione fresca e intelligente su come la mutevolezza dei paradigmi sociali e relazionali si possa affrontare facendo anche dei bei versi. Sono cinque euro spesi bene!
Nunzio Festa è nato nel 1981 a Matera, dove attualmente lavora. Risiede a Pomarico (MT) con la sua compagna. Poeta, narratore, critico; lavora nel campo dell'editoria ed è collaboratore giornalistico. Collabora, inoltre, con siti internet, riviste e quotidiani. Suoi articoli, poesie e racconti sono stati pubblicati su riviste e in varie antologie.Nel 2004 ha pubblicato la sua prima silloge poetica E una e una, mentre nel 2005 la sua prima raccolta di racconti Sempre dipingo e mi dipingo. Diversi i riconoscimenti ricevuti. Nel 2006, il racconto breve "Da dentro la materia" è entrato a fare parte dell'antologia Storie d'acqua dolce (Eumeswil Edizioni). Nel 2007, la silloge poetica "Deboli bellezze" è entrata a far parte della collana curata da Silvia Denti, I quaderni Divini. Nel 2008 ha pubblicato racconti e poesie per diverse case editrici, fra le quali Giulio Perrone editore, LietoColle.
Festa Nunzio- "Dieci brevissime apparizioni", LietoColle - Collana Solodieci
Sottotitolo: brevi prose poetiche
Nunzio Festa è nato nel 1981 a Matera, dove attualmente lavora. Risiede a Pomarico (MT) con la sua compagna. Poeta, narratore, critico; lavora nel campo dell'editoria ed è collaboratore giornalistico. Collabora, inoltre, con siti internet, riviste e quotidiani. Suoi articoli, poesie e racconti sono stati pubblicati su riviste e in varie antologie.Nel 2004 ha pubblicato la sua prima silloge poetica E una e una, mentre nel 2005 la sua prima raccolta di racconti Sempre dipingo e mi dipingo. Diversi i riconoscimenti ricevuti. Nel 2006, il racconto breve "Da dentro la materia" è entrato a fare parte dell'antologia Storie d'acqua dolce (Eumeswil Edizioni). Nel 2007, la silloge poetica "Deboli bellezze" è entrata a far parte della collana curata da Silvia Denti, I quaderni Divini. Nel 2008 ha pubblicato racconti e poesie per diverse case editrici, fra le quali Giulio Perrone editore, LietoColle.
Festa Nunzio- "Dieci brevissime apparizioni", LietoColle - Collana Solodieci
Sottotitolo: brevi prose poetiche
venerdì 8 maggio 2009
L'Italia di mattina di Franco Cordelli (Giulio Perrone editore)
Giro d'Italia 1989. Un cronista-scrittore di nome Scipione racconta, tappa per tappa, la corsa ciclistica; attraversa paesi e città - da Taormina a Trento, con traguardo a Firenze. Porta con sè libri e domande: viaggia, legge, si interroga. "Scipione scriveva e i corridori gli correvano intorno", attraverso un'Italia che lo sorprende per luce e bellezza.
Immerso nel paesaggio italiano, vi si abbandona: indaga piccole verità della storia ed enormi verità umane. Riscopre luoghi che credeva di avere dimenticato, li ritrova più veri nella lentezza e nella fatica di chi spinge sui pedali. Ama quei campioni. Ama il ciclismo per la sua povertà eroica. Forse minata - proprio in quella fine di decennio - da una mondializzazione che tutto trasforma.
Si poteva più vincere soltanto con le proprie forze? Si poteva più riconoscere la qualità di un campione? Cambiava il ciclismo, cambiava l'Italia. L'uno, per Scipione, diventa specchio o allegoria dell'altra: pretesto per un racconto che si fa romanzo, saggio, atto di poesia.
Franco Cordelli ha scritto, spinto da un'antica passione sportiva, forse l'ultimo. emozionante reportage totale sul nostro Paese (Paolo Di Paolo)
Immerso nel paesaggio italiano, vi si abbandona: indaga piccole verità della storia ed enormi verità umane. Riscopre luoghi che credeva di avere dimenticato, li ritrova più veri nella lentezza e nella fatica di chi spinge sui pedali. Ama quei campioni. Ama il ciclismo per la sua povertà eroica. Forse minata - proprio in quella fine di decennio - da una mondializzazione che tutto trasforma.
Si poteva più vincere soltanto con le proprie forze? Si poteva più riconoscere la qualità di un campione? Cambiava il ciclismo, cambiava l'Italia. L'uno, per Scipione, diventa specchio o allegoria dell'altra: pretesto per un racconto che si fa romanzo, saggio, atto di poesia.
Franco Cordelli ha scritto, spinto da un'antica passione sportiva, forse l'ultimo. emozionante reportage totale sul nostro Paese (Paolo Di Paolo)
giovedì 23 aprile 2009
Questa lontananza così vicina, Paolo Di Paolo (Giulio Perrone editore). Da domani in libreria
Tutto comincia con un'ultima lettera. La più sincera, la più urgente che una donna, D., abbia mai scritto. Poche righe, in cui D. cerca di riassumersi e di tirare le somme di tutta una vita – come in certi questionari che consegnava ai suoi studenti all'inizio dell'anno, per iniziare a conoscerli. Poche parole con cui definire la destinazione delle proprie cose, degli affetti, delle riconciliazioni sempre rimandate; e dei libri, da regalare proprio a quegli studenti un poco svagati che le hanno riempito l'esistenza.
Un'esistenza fatta anche di viaggi, di fotografie in bianco e nero, di mari spiati al mattino, quando i colori non sono definitivi; un'esistenza poi taciuta, a scuola, quando bisognava ragionare per mezzi voti e programmi ministeriali; e, forse, difendersi.
Dall'altro lato della cattedra, un ragazzo alle prese con le declinazioni latine e le inadeguatezze dell'adolescenza. Of Paul, lo chiamava lei, scherzando sul nome; e, dopo avergli sondato l'insicurezza nelle parole già mature dei temi, lo congedava per l'estate con qualche consiglio di lettura.
D. è morta di tumore una mattina presto, proprio all'ora in cui amava di più il mare; con troppi diari da riempire, ancora, e tante parentesi lasciate aperte. Of Paul, ormai sull'altra estremità dell'adolescenza – quella che si chiude senza il rumore che ci si aspettava – capisce di non averla mai saputa davvero, quell'insegnante severa e ironica; e di doverle troppe pagine, troppe scoperte, anche quella di una strada, della propria strada – la scrittura – tracciata (trovata) nel sé da quell'incontro, da quell'insegnamento.
E così, il ragazzo ormai cresciuto torna nei luoghi di D., cerca le parole non dette nei diari lasciati a metà, e in quell'ultima lettera che, tra le sue dita, disegna uno spazio abitato di ricordi, diventa la mappa di una geografia personale a cui fare ritorno con gli occhi del poi.
Lungo quella mappa, delle distanze. Lontananze da percorrere a ritroso, attraverso pomeriggi di greco e gite scolastiche in Piemonte, reinterpretati alla luce di un'assenza e di una memoria che sembra vivida, e non sempre si condivide.
Cosa conosciamo davvero, degli altri? Quanto li sappiamo, quanto ci appartengono? E cosa possiamo salvare, di loro, quando li perdiamo?
Paolo Di Paolo, in questo tema di maturità fuori tempo massimo, rilegge le pagine della sua adolescenza e si domanda come superare certe distanze, quando tracciano l'esatta misura della propria crescita; come arginare l'enormità di certi silenzi, quando si fanno definitivi. E dove cercare una compatibilità, forse impossibile, tra noi e gli altri, tra i molti gesti mancati.
E non è solo di pagine che si tratta, quando si dice “libri”, o si dice “parole”. Si tratta di una lontananza resa vicina, così vicina, dal riconoscersi simili, dopotutto. Si tratta di ciò che può significare la scrittura, quando tenta di risarcire, di ricostruire una memoria condivisa; di fare vero un io.
Una prosa consapevole, rarefatta, pignolamente tesa verso i moti interiori, ma non per questo lontana dalle preoccupazioni sociali
(Dacia Maraini)
Per Paolo Di Paolo i libri non sono tanto contenitori di sapienza, quanto depositi di realtà. I libri agiscono restituendo ciò che non c'è più.
(Angelo Guglielmi, L'Unità)
...lo strano senso di una saggezza ancora candida: per una scrittura tanto elegante e colta, quanto fresca e stupita
(Massimo Onofri, Diario)
Un'esistenza fatta anche di viaggi, di fotografie in bianco e nero, di mari spiati al mattino, quando i colori non sono definitivi; un'esistenza poi taciuta, a scuola, quando bisognava ragionare per mezzi voti e programmi ministeriali; e, forse, difendersi.
Dall'altro lato della cattedra, un ragazzo alle prese con le declinazioni latine e le inadeguatezze dell'adolescenza. Of Paul, lo chiamava lei, scherzando sul nome; e, dopo avergli sondato l'insicurezza nelle parole già mature dei temi, lo congedava per l'estate con qualche consiglio di lettura.
D. è morta di tumore una mattina presto, proprio all'ora in cui amava di più il mare; con troppi diari da riempire, ancora, e tante parentesi lasciate aperte. Of Paul, ormai sull'altra estremità dell'adolescenza – quella che si chiude senza il rumore che ci si aspettava – capisce di non averla mai saputa davvero, quell'insegnante severa e ironica; e di doverle troppe pagine, troppe scoperte, anche quella di una strada, della propria strada – la scrittura – tracciata (trovata) nel sé da quell'incontro, da quell'insegnamento.
E così, il ragazzo ormai cresciuto torna nei luoghi di D., cerca le parole non dette nei diari lasciati a metà, e in quell'ultima lettera che, tra le sue dita, disegna uno spazio abitato di ricordi, diventa la mappa di una geografia personale a cui fare ritorno con gli occhi del poi.
Lungo quella mappa, delle distanze. Lontananze da percorrere a ritroso, attraverso pomeriggi di greco e gite scolastiche in Piemonte, reinterpretati alla luce di un'assenza e di una memoria che sembra vivida, e non sempre si condivide.
Cosa conosciamo davvero, degli altri? Quanto li sappiamo, quanto ci appartengono? E cosa possiamo salvare, di loro, quando li perdiamo?
Paolo Di Paolo, in questo tema di maturità fuori tempo massimo, rilegge le pagine della sua adolescenza e si domanda come superare certe distanze, quando tracciano l'esatta misura della propria crescita; come arginare l'enormità di certi silenzi, quando si fanno definitivi. E dove cercare una compatibilità, forse impossibile, tra noi e gli altri, tra i molti gesti mancati.
E non è solo di pagine che si tratta, quando si dice “libri”, o si dice “parole”. Si tratta di una lontananza resa vicina, così vicina, dal riconoscersi simili, dopotutto. Si tratta di ciò che può significare la scrittura, quando tenta di risarcire, di ricostruire una memoria condivisa; di fare vero un io.
Una prosa consapevole, rarefatta, pignolamente tesa verso i moti interiori, ma non per questo lontana dalle preoccupazioni sociali
(Dacia Maraini)
Per Paolo Di Paolo i libri non sono tanto contenitori di sapienza, quanto depositi di realtà. I libri agiscono restituendo ciò che non c'è più.
(Angelo Guglielmi, L'Unità)
...lo strano senso di una saggezza ancora candida: per una scrittura tanto elegante e colta, quanto fresca e stupita
(Massimo Onofri, Diario)
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