Forse due riconoscimenti nella
stessa recensione, più quello all'autore del testo recensito, sono troppi; ma
per dire del recente e davvero imperdibile – scusatemi qui la banalità (oggi
eccezione che conferma la regola) - “Maria de Filippi” di Emanuele Kraushaar ci
concediamo l'ulteriore lusso. Dunque un plauso a Giulia Belloni, che oltre ad
aver inventato la collana Iconoclasti e scelto
in qualità di direttrice della stessa questo testo raro, ha definito
giustamente il libro “oggetto non identificato”. E mai parole, come si suol
dire, furono più adatte. Perché non solamente non riusciamo a dirne il genere,
per questa sconvolgente pubblicazione. Ma di più perché, e arriviamo in un
certo qual modo al secondo riconoscimento, la natura del testo per affinità ci
conduce a un altro abbastanza recente e superbo testo: “Cartoline dai morti” di
Franco Arminio. Epperò già occorre spiegare. In quanto Arminio parla, dando
loro voce, dei paesi e dei suoi morti-viventi. Mentre Kraushaar parla dei
viventi-morti del paese/televisione, ovvero del pubblico succube per esempio
dell'Uomini e Donne di Maria de Filippi e succube soprattutto del 'personaggio'
“Maria de Filippi”. Kraushaar e Arminio inoltre si somigliano per accenti e
prossimità di scelte. Dove l'affinità sta nella differenza. Cioè Arminio fa
parlare i suoi morti alla stregua di Kraushaar che fa parlare vivi ugualmente
defunti. Grazie a quest'operazione, in pratica registrando situazioni del
programma che fa ascolti su ascolti e soprattutto le vite di chi esiste in
ragione di questo, il giovane autore romano scrive un libro che apparentemente
con poco ci dice tutto del fenomeno “Maria de Filippi”. Che davvero il libro
d'esordio dello scrittore Kraushaar studia con occhi nuovi e linguaggio
scioccante una delle cause di demenza del cosiddetto italiano-medio. Destini e
in special modo disperazioni che mettono sulla porta o immettono oltre la porta
della celebrità e delle sue menzogne, essenzialmente soggetti privi di
socialità. I paragrafi sono molto brevi. Colpiscono al pari di bruciature di
sigarette. Però il loro calore lo ascolti. Sei in grado di vedere i motivi e i
linguaggi delle disperazioni. Emanuele Kraushaar fa sentire “la De Filippi” come nessun
giornale mai riuscirà. La analizza senza torcerle un capello. Girandole intorno
e osservandola seduta di fronte alle sue invenzioni in carne e ossa.
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