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lunedì 17 ottobre 2011

Romolo il Grande, di Friedrich Durrenmatt con traduzione di Aloisio Rendi (Marco y Marcos). Intervento di Nunzio Festa






















La caduta di Roma durante la pollicultura. L'allevamento dei polli è il principale assillo, la passione più grande dell'imperatore romano Romolo Augusto, dell'imperatore “Romolo il Grande”. Che ozia mentre Roma è presa dai Germani. Il testo teatrale di Friedrich Durrenmatt, oggi ripubblicato da Marcos y Marcos, testo teatrale che è più interessante del “romanzo” in quanto tale, gioca con la calata dei Germani di Odoacre, ma ovviamente a maggior ragione si diverte disegnato un duce che da sempre conficcato nell'oziosità della villetta distante dalla capitale dell'Impero Romano d'Occidente, sonnecchia e mangia mentre i suoi soldati muoiono in battaglia. Come, tra l'altro, in battaglia s'era perso il vecchio fidanzato della figlia del tiranno, che tra una visita e l'altra del rigattiere che compra le sculture della residenza imperiale, in questo quinto secolo d.C. torna e cerca 
di convincere la sua amata a sposare un commerciante che potrebbe salvare la patria. Cosa alla quale, il matrimonio che darebbe facoltà al commerciante ricchissimo di comprare la ritirata del re Odoacre il duce Romolo è contrario. Le porzioni nelle quali l'opera è suddivisa, come il linguaggio meticoloso dell'autore svizzero, sono pensate per rappresentare, con fare cronologico, la progressione del vile e nullafacente ultimo imperatore di Roma in puntuale conoscitore di tutte le cose del Potere. Il momento impensabile e inatteso di Romolo il Grande, infatti, sbuca da una pertugio della trama. Quando l'Odoacre confessa, intanto, d'aver paura di suo nipote. E il faccia a faccia fra i regnanti, col romano che alla fine accetta un tranquillo pensionamento nonostante la moglia sia annegata nel tentativo di scappare dal regno, si trasforma in un discorso non sui massimi sistemi ma sui massimi tormenti del Potere. L'ironia dello scrittore di romanzi e di opere teatrali che hanno scavato, dunque, nelle viscere d'ogni forma di potere, è infinita. Perché ogni lettrice e lettore che avrà in mano queste pagine riconoscerà il tormeno che supera le normali scanzioni dei tempi e la verve a dir poco corrosiva di Friedrich Durrenmatt.



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