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giovedì 14 maggio 2009

Giuse Alemanno, Le vicende notevoli di Don Fefè, nobile sciupa femmine e grandissimo figlio di mammaggiusta ... (I Libri di Icaro)

Giuse Alemanno ha stoffa da vendere. Sa scrivere e questo lo ha dimostrato non solo nei suoi esordi in Racconti Lupi (1998) per i tipi di Filo editore, poi ancora nel 2001 nella raccolta sempre per la stessa casa editrice di racconti brevi dal titolo Solitari, e non per ultimo con il suo romanzo d’esordio per i tipi di Stampa Alternativa, dal titolo Terra Nera, romanzo perfido e paradossale di cafoni e d’anarchia. Alemanno ha convinto in tutta la sua attività di scrittore, come adesso quando propone alle stampe per i tipi di I Libri di Icaro “Le vicende notevoli di Don Fefè, nobile sciupa femmine e grandissimo figlio di mammaggiusta e del suo fidato servitore Ciccillo”. Da un lato continua a prediligere un codice linguistico nudo e crudo che ben si addice alle latitudini esistenziali che descrive ovvero un’umanità grottesca, sconfitta, privata di un senso della felicità a causa di una dimensione antropologica della quotidianità alienante e stritolante. I colori sono sempre quelli prediletti dall’autore, e cioè tutte le tonalità della terra arsa e crudele del Salentoo di un Sud del Sud del mondo , il rosso del vino e del sangue, il giallo malato di un sole che indistintamente illumina barbare convenzioni, perverse connivenze, dure leggi della seduzione e dell’intrigo amoroso e di potere. Insomma Alemanno ha la capacità di coinvolgere il lettore, offrendogli in bella posa una serie di situazioni e personaggi che rivelano come egli sia in grado di rendere senza troppi fronzoli una realtà ai margini della quale ne conosce ogni singolo dettaglio. Ma Alemanno da un altro punto di vista, è l’autore dell’azzardo linguistico, dove addirittura il sermo vulgaris diviene lingua altra, nuova, a volte completamente inventata, innovativa senza ombra di dubbio; è l’autore che riesce a cantare la bellezza delle donne e dei loro malefici d’amore (vedasi come descrive le donne “a servizio” di Don Fefè da Tecla alla giovane Rosaria sino all’affascinante attrice Lucia), che sa parlare con eleganza dei modi e dei costumi della nobile gente di campagna, neanche fosse il D’Annunzio delle cronache romane; è l’autore che sa parlare con eleganza sopraffina del bon ton e dei suoi mille ricami. Già perché Alemanno è uno scrittore completo, che sa offrire non solo opere gradevoli alla lettura, ma che avrebbe molto da insegnare a numerosi scrittori di dubbie doti letterarie che circolano oggi in più parti d’Italia. Ma veniamo al dunque: Don Felice meglio noto come Don Fefè, nobile di Cipièrnola, incontrastato sovrano di Palazzo Rizzo Torreggiani Cimboli, ricco ereditiero e gran figlio di mignotta, in un Sud chiaramente novecentesco, privo comunque – solo per chi non ha occhi per vedere - di collocazione temporale e geografica, passa le sue giornate tra amplessi fugaci ma intensi con le sue domestiche o con le mogli dei suoi affittuari, ricordi melanconici di lussuosi postriboli parigini, i rocamboleschi e implumi voli da tacchino del suo umile servitore Ciccillo, ruffiano e tuttofare, e dulcis in fundo i malevoli – ahimè – tiri della sorte che pone sulla strada di questo personaggio (che sembra una caricatura del marchese De Sade tutto dedito al sano perseguimento né più né meno dei cazzi suoi), piccoli contrattempi: don Fefè deve misurarsi con la mala locale, con l’aspro desiderio di vendetta di belle e ruspanti donne sempre pronte ad allargare le gambe ma superdotate di occhio fino, e con degli eccessi d’ira, che lo fanno scomporre oltre ogni ragguardevole misura che gli compete per rango e censo. Quello di Alemanno per farla breve è un piccolo gioiellino che si lascia leggere con estrema facilità, ma che rimane nel cuore di chi avrà il buongusto di assaporarlo sino alla fine

Giuse Alemanno, Le vicende notevoli di Don Fefè, nobile sciupa femmine e grandissimo figlio di mammaggiusta e del suo fidato servitore Ciccillo, I libri di Icaro, pp. 128

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