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sabato 7 maggio 2011

Il libro del giorno: Lattice di Andrea Garbin (Fara Editore) visto da Dave Lordan













Leggendo Garbin si ha l’impressione di un grande volatile, o di un uomo volante, che passi sopra le città alla fine del tempo mentre bruciano e sprofondano, urlando l’elenco di quanto si stia perdendo mentre fuma e si eleva. Alla fine l’uomo volante sarà anch’esso inghiottito dalla fiamma, scomparirà nel fumo su, su, su nell’alta atmosfera fino a disperdersi e diventare irrintracciabile nel nero e infinito oltre. Diverse forme di metamorfosi e scomparsa sono tropi importanti nella poesia di Garbin. Ed è qui che si rivela l’intuizione di un’ultimativa e fondamentale identità di trasformazione e scomparsa. È come se ogni porzione di un infinito e infinitamente diviso essere fosse costantemente alla ricerca di potersi allontanare dall’attuale forma decaduta in un’altra, futura, stabile e idealizzata. Cerchiamo il nostro riposo, senza posa. Alla fine della giornata, don Chisciotte cerca sempre una locanda in cui riposare in cui dormire.
(Dave Lordan )
Dave Lordan è il principale poeta irlandese multigenere, con una reputazione di eccellenza innovativa sia sul palco che sulla pagina. Ha partecipato a molti importanti festival letterari in patria e all’estero. La sua prima opera, The Boy in The Ring (Il Ragazzo nel Cerchio) (Salmon, 2007), è stata la prima raccolta a vincere sia il prestigioso premio “Patrick Kavanagh” che il premio “Strong” come migliore opera prima di uno scrittore irlandese. È stato anche selezionato per il premio di poesia del giornale «Irish Times». La sua seconda raccolta Invitation to a Sacrifice (Invito a un sacrificio) (Salmon Poetry, 2010) è stata definita dall’«Irish Times»: “un atto di resistenza culturale, altrettanto brillante sulla pagina come deve esserlo senz’ombra di dubbio in performance”. La compagnia teatrale “Eigse Riada” ha prodotto il suo primo dramma, Jo Bangles, al Teatro “Mill” di Dundrum nel 2010. Di prossima uscita sono The First Book of Frags (Il Primo Libro di violente uccisioni) per la Wurm Press nel novembre 2011 e la sua prima raccolta di racconti Out of My Head (Fuori di testa) per le edizioni Salmon nell’estate 2012.

martedì 8 settembre 2009

Paviart Poetry Festival 2009



















Sabato 12 settembre ORE 20.30: APERITIVO POETICO con Presentazione dell’antologia PRO/TESTO(Ed.FaraEditore)

Partecipano: Chiara De Luca, Matteo Fantuzzi, Luca Ariano, Simone Molinaroli, Salvatore Della Capa, Alessandro Seri, Fabio Orecchini, Dome Bulfaro.
Presentazione del primo numero della rivista FAREPOESIA.

ORE 22.00: L’UOMO LE PERIFERIE IL POTERE. OMAGGIO A PIER PAOLO PASOLINI

Proiezione del documentario “La forma della città”
di P.P. Pasolini e P. Brunatto, introduce Farizio Zaminell.
Reading del gruppo Spazioaperitivo di SPAZIOMUSICA(con: F. Bottaro, P. Sorice, L. Littaru, G. Catalano, B. Marazzita);
Ospiti della serata: Adolfina de Stefani con Antonello Mantovani (Performance) e I Cantosociale (Ballate per gli umili Canzoni di e per Pasolini).

Domenica 13 settembre

Ore 20.30: APERITIVO POETICO, LINGUAGGI STORIE TERRITORIO: I DIALETTI

Reading in vari dialetti della penisola con interventi musicali e proiezioni
a cura del Gruppo Spazioaperitivo di SPAZIOMUSICA
Partecipano: Franca Bottaro, Paolo Sorice, Tito Truglia, Fabrizio Lana e Agostino Faravelli del Circolo Regisole, i Tri Urluk (canzoni in milanese).

Ore 22.00: Reading poetico con Francesco Marotta
e dall’antologia: “Vicino alle nubi sulla montagna crollata” (Ed. Campanotto).

Ore 22.30: NATURA ARTE SOCIETA’- OMAGGIO A JOSEPH BEUYS

Performance Interventi e Azioni poetiche con:
Giancarlo Pucci e Rossella, Tiziana Baracchi e Giancarlo Da Lio, Fulgor Silvi, Emilio e Franca Morandi.
All’interno del cortile installazioni di Plum Cake / A.PK e Mariano Bellarosa.
L’iniziativa, realizzata con il contributo del settore Istruzione e Politiche Giovanili del Comune di Pavia, è inserita nel Pavia Festival dei Saperi 2009. Organizzano: O.M.P., FAREPOESIA, Kronstadt.
Con la collaborazione di Spazioaperitivo-Spaziomusica e con il patrocinio dell’Ambasciata di Venezia.


Cortile delle Statue dell’Università Centrale (Pavia)
Ingresso libero

domenica 6 settembre 2009

Papier Mais di Francesco Randazzo (Fara editore): Il nano

Il nano eseguì una volèe straordinaria, saltò con l’incredibile elevazione di un metro e mezzo, stese il braccio e con la racchettona intercettò il pallo netto dell’avversario, sparandogli la palla giusto in mezzo agli occhi. L’arbitro gridò: “Match!”. I raccattapalle entrarono di corsa in campo reggendo una barella. Il pubblico del Foro Italico era immobilizzato nel silenzio, col fiato sospeso. I raccattapalle staccarono la palla conficcata nel bel mezzo degli occhi dello sconfitto, la deposero sulla barella ed uscirono di corsa, perché non esplodesse in campo. Non appena scomparvero, il pubblico finalmente eruppe in applausi e urla di gioia. Non si udì l’eplosione ovattata nei sotteranei blindati. Il nano vittorioso e saltellante, scavalcò la rete ed andò a stringere la mano dell’esanime avversario. Poi alzò le braccia e correndo si mostrò alle telecamere ed ai flashes dei fotografi. Aveva vinto il torneo. Per un anno ancora sarebbe rimasto il campione. Il pubblico cominciò a defluire ed infine il campo fu deserto. Spensero le luci.
Il cadavere dello scimpanzè fu lasciato a marcire fino a che non rimase soltanto la carcassa ischeletrita.
L’anno successivo, si svolse una nuova edizione del Torneo Internazionale di Tennis ad eliminatorie mortali per categorie subumane, di Roma. Nessuno si ricordava più dello scimpanzè, ma anche quella volta il nano trionfò, uccidendone molti per il bene della società della razza superiore. Dieci anni dopo erano morti tutti i subumani. Allora il Presidente ordinò che uccidessero anche il nano. Fu prelevato da casa sua, una mattina all’alba. Non lo vide più nessuno. Si dice che prima di essere sopraffatto ed ucciso, fosse riuscito a smembrare a morsi tre agenti della Polizia Etnica. Ma forse è solo una leggenda, che noi subumani superstiti ci raccontiamo per consolarci un po’, nel buio delle fognature dove viviamo in clandestinità e paura.

Tratto da: «Papier Mais», racconti su foglietti, Fara Editore, 2006

Un avvertimento al Lettore. Non fare l’errore - comune a tanti, in tempi in cui il contenuto del libro viene misurato nel numero di pagine - di interpretare il genere scelto dall’Autore - il racconto breve - come un tirarsi indietro di fronte ad un struttura più complessa. Nella sintesi di Francesco c’è tutto il sudore di chi riesce a concentrare in poche righe un senso ben più ampio e profondo. Una lotta già combattuta con successo da Autori del calibro di Dick e Ballard. Vi dirò la verità: ho invidiato l’Autore, per quella capacità di mantenere intatto il gusto per la Parola in poche illuminanti righe. E mai il senso di invidia è stato così costruttivo.(Stefano Martello)

Francesco Randazzo è regista e scrittore, soprattutto
di teatro. Ha pubblicato, con vari editori, testi teatrali, poesie, racconti e un romanzo. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti in premi di drammaturgia e festival nazionali e internazionali.
Sito: www.myspace.com/ozarzand

sabato 18 aprile 2009

Il rosaio d’inverno, di Roberta Borsani (Fara editore). Recensione di Nunzio Festa

Nei solchi della natura non è facile entrare. E non è facile starci. Soprattutto se si sceglie di farlo con un mezzo ben preciso, la poesia; e Roberta Borsani compie questa sua volontà. La raccolta d’esordio della Borsani, Il rosaio d’inverno – infatti – è un momento preciso di condivisione di spazi tra versi ed elementi naturali (diversi e vari). Tanto per cominciare: l’acqua. Ma sarebbe riduttivo pensare a un solo soggetto. Il volume è strutturato su cinque tappe. La prima che da il titolo alla raccolta, Il rosaio d’inverno. Poi Oggi Dio non osa. Ancora, Suonano a morto. Fiabe. Infine, Dopo questo dolore. Le liriche sono vissute da molta religiosità non religiosa. L’autrice riesce a invocare dio e angeli senza troppo cadere nella sventura dell’elegia cattolica. E, principalmente, senza marcare i suoi accenti di prodigiosità verso l’ultraterreno o similari. Con chiuse dolci e fatali, inoltre, l’autrice è persino brava a lasciare in lettrice e lettore il giusto sapore d’un ascolto fino a quel momento più che piacevole.

Roberta Borsani è nata a Milano, nel 1959. Ci s’augura, innanzitutto, che questo libro sia il primo d’una serie, d’un percorso che non tralasci questi temi e che si ricordi di toccare in maniera ancor più pressante e decisa il pianto dell’umanità tutta e le gioie infinite della stessa. Animali e piante, messe al centro di questa scrittura, sono le paroline del vento. Dell’incanto della natura sempre da proteggere. Le poesie della Borsani riescono a tenere insieme essere umano e terra, e la poetessa raggiunge questo scopo non dichiarato – e forse neppure studiato (ovviamente dal punto di vista delle costruzioni contenutistiche e stilistiche) – con l’astuzia di non invocare giustizie con la semplice mossa dell’additare. Ma esprimendo visioni. E sogni, letti, come ha giustamente spiegato lo stesso Franzin in sede di prefazione all’opera, nel delicato spazietto del dormiveglia.

Il rosaio d’inverno, di Roberta Borsani, prefazione di Fabio Franzin, Fara Editore (Sant’Arcangelo di Romagna, 2009), pag. 80, euro 10.00.

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