Sono tanti gli oggetti smarriti e i fantasmi nelle nostre vite. Il catalogo è questo. Mazzi di chiavi, telefoni, biglietti da visita, occhiali da sole, documenti e palloncini colorati scappati via da mani bambine. Ma anche gli ‘ego’ individuali, i ‘soggetti’ intesi come idee e storie che perdono e si perdono fino a un gesto che affiora in un ricordo. «Mi ha guidato nella scelta un’idea dei margini, forse anche un’idea del fantasma. I fantasmi sono dolorosi, i fantasmi sono necessari. I fantasmi sono quello che ci manca – e se la felicità è quello che ci manca, disse una volta Carmelo Bene, essa ci deve mancare. Oggetti smarriti sono frasi, racconti, avventure, occasioni, protocolli di esperienza, alcuni recentissimi, altri remoti. Hanno in comune, oltre a una scrittura ibrida, tra il documentario e la finzione, il sentimento di essere perduti».
"Gli oggetti smarriti escono dalla nostra vita. Per una dimenticanza. Per una scelta. Per un caso. Sono cose. Non solo. Persone. Pensieri. Stati d’animo. Sentimenti. Fantasmi. Che si fa fatica - e dolore - a ritrovare. Ad acchiappare. Non certo a ripensare. Ma restano lì, annidati nella memoria. Non più sotto i nostri occhi. Forse più veri e vivi degli oggetti trovati. Oggetti smarriti e altre apparizioni è il Leitmotiv che attraversa gli scritti di varia natura ed di varie epoche raccolti per Laterza, sotto l’omonimo titolo, da Beppe Sebaste"
di Gino Dato tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno.it
casa editrice Laterza: www.laterza.it
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venerdì 21 agosto 2009
venerdì 7 agosto 2009
Il libro del giorno: Filologia dell'anfibio di Michele Mari (Laterza)
Già il destino di essere nati non è privo di stranezza, ma all’interno della condizione umana vi è qualcosa di più strano: il servizio militare.
«Cammina e cammina, giungo finalmente alla caserma Gaetano De Cordevolis sede del 23° Battaglione di Fanteria: immensa e scrostata, senza segni di vita. Fra poco sarò dentro, pensavo macchinalmente avvicinandomi al portone, fra poco sarò dentro fra poco...». Un diario-trattato triste e comico, che a passo d’anfibio ripercorre l’esperienza della vita da recluta, fra brandine e armadietti, celle di rigore e marce sotto il sole e la pioggia. Una testimonianza di quella «enorme, flagrante demenza, non priva di una astuzia tignosa, che fa del non-senso il proprio unico senso» e che si chiama servizio militare.
"Lo scrittore Michele Mari racconta in modo autobiografico, l'esperienza straniante - dai tre giorni al congedo - che ha caratterizzato la vita di tanti italiani. E che trovava nel non senso il suo unico fondamento"
di Massimiliano Panarari tratto da Il Venerdì di Repubblica n.1116, p. 90
casa editrice Laterza: http://www.laterza.it/index5.asp
«Cammina e cammina, giungo finalmente alla caserma Gaetano De Cordevolis sede del 23° Battaglione di Fanteria: immensa e scrostata, senza segni di vita. Fra poco sarò dentro, pensavo macchinalmente avvicinandomi al portone, fra poco sarò dentro fra poco...». Un diario-trattato triste e comico, che a passo d’anfibio ripercorre l’esperienza della vita da recluta, fra brandine e armadietti, celle di rigore e marce sotto il sole e la pioggia. Una testimonianza di quella «enorme, flagrante demenza, non priva di una astuzia tignosa, che fa del non-senso il proprio unico senso» e che si chiama servizio militare.
"Lo scrittore Michele Mari racconta in modo autobiografico, l'esperienza straniante - dai tre giorni al congedo - che ha caratterizzato la vita di tanti italiani. E che trovava nel non senso il suo unico fondamento"
di Massimiliano Panarari tratto da Il Venerdì di Repubblica n.1116, p. 90
casa editrice Laterza: http://www.laterza.it/index5.asp
giovedì 18 giugno 2009
Il libro del giorno: Goffredo Fofi, La vocazione minoritaria (Intervista sulle minoranze) a cura di O. Pivetta (Laterza)
«Quel che a me interessa di più sono le minoranze che chiamerei etiche: le persone che scelgono di essere minoranza, che decidono di esserlo per rispondere a un’urgenza morale. Se alla fine ci ritroviamo sempre in un mondo diviso tra poveri e ricchi, oppressi e oppressori, sfruttati e sfruttatori, nelle più diverse forme e sotto le più diverse latitudini, bisogna ogni volta ricominciare, e dire a questo stato di cose il nostro semplice ‘no’». Ritratto di un pensatore libero che non ha smesso di credere nello spirito critico.
"Una genealogia spesso inedita, una mappa intricata e vitalissima di cui l'autore è testimone prezioso e inesauribile artefice, sempre impegnato, come dichiara nella difficile arte del combattere. Uno dei tanti meriti del libretto è l'indicare sempre il necessario alimento morale di qualsiasi rivolta: una critica che non si fondi sull'adesione emotiva a una parte di quello stesso esistente (anche solo a ciò che concretamente siamo stati), su una esperienza vissuta di uguaglianza creaturale, sull'amore tangibile per le persone, su un senso spontaneo di giustizia, si condanna all'aridità e all'ideologia"
di Filippo La Porta tratto da Il Riformista del 18/06/09, p. 18
casa editrice Laterza: http://www.laterza.it/
Goffredo Fofi, La vocazione minoritaria (Intervista sulle minoranze)
a cura di O. Pivetta
2009, Saggi Tascabili Laterza, pp. 176, € 12,00
"Una genealogia spesso inedita, una mappa intricata e vitalissima di cui l'autore è testimone prezioso e inesauribile artefice, sempre impegnato, come dichiara nella difficile arte del combattere. Uno dei tanti meriti del libretto è l'indicare sempre il necessario alimento morale di qualsiasi rivolta: una critica che non si fondi sull'adesione emotiva a una parte di quello stesso esistente (anche solo a ciò che concretamente siamo stati), su una esperienza vissuta di uguaglianza creaturale, sull'amore tangibile per le persone, su un senso spontaneo di giustizia, si condanna all'aridità e all'ideologia"
di Filippo La Porta tratto da Il Riformista del 18/06/09, p. 18
casa editrice Laterza: http://www.laterza.it/
Goffredo Fofi, La vocazione minoritaria (Intervista sulle minoranze)
a cura di O. Pivetta
2009, Saggi Tascabili Laterza, pp. 176, € 12,00
martedì 28 aprile 2009
Il libro del giorno: Medioevo euro-mediterraneo e Mezzogiorno d'Italia da Giustiniano a Federico II di Giuseppe Galasso (Laterza)
Giuseppe Galasso evoca, nel quadro della grande storia europea e mediterranea, un'epoca cruciale per il Mezzogiorno, dalla divisione dell'Italia in aree longobarde e in aree bizantine alle pressioni e interferenze arabe, pontificie e germaniche fino alla grande storia della monarchia normanna e sveva. In un ampio affresco, la perenne dialettica tra logiche interne e chiusure o aperture, mediazioni o adattamenti all'esterno, iniziative e passività, successi e fallimenti mette in luce la cifra, la specificità e il ruolo storico del Mezzogiorno in quei secoli, e oltre.
casa editrice: www.laterza.it
"Potrebbe sembrare una raccolta di saggi per specialisti il libro che Giuseppe Galasso ha consegnato alle stampe col titolo Medioevo euro-mediterraneo e Mezzogiorno d'Italia da Giustiniano a Federico II (Laterza, Roma -Bari 2009, pp.496, euro 35). E invece è uno dei suoi più intimi, nel senso rigorosissimo che per uno storico significa parlare di intimità: fare i conti con maestri e colleghi, da Benedetto Croce ad Aldo Garosci, con quei "pretesti della memoria" che danno il titolo ad un inedito saggio che è quasi di autobiografia storica, e soprattutto mettere ordine a pagine affidate a riviste disperse e volumi collettanei, ricostruendo così un percorso di ricerca di oltre cinquant'anni. Ne risulta un volume che fa intendere bene la sua idea del mestiere di storico ela sua concezione di Mezzogiorno"
Felice Blasi
tratto da Corriere del Mezzogiorno, Cultura Spettacoli e Tempo Libero, p.12 del 28/04/09
casa editrice: www.laterza.it
"Potrebbe sembrare una raccolta di saggi per specialisti il libro che Giuseppe Galasso ha consegnato alle stampe col titolo Medioevo euro-mediterraneo e Mezzogiorno d'Italia da Giustiniano a Federico II (Laterza, Roma -Bari 2009, pp.496, euro 35). E invece è uno dei suoi più intimi, nel senso rigorosissimo che per uno storico significa parlare di intimità: fare i conti con maestri e colleghi, da Benedetto Croce ad Aldo Garosci, con quei "pretesti della memoria" che danno il titolo ad un inedito saggio che è quasi di autobiografia storica, e soprattutto mettere ordine a pagine affidate a riviste disperse e volumi collettanei, ricostruendo così un percorso di ricerca di oltre cinquant'anni. Ne risulta un volume che fa intendere bene la sua idea del mestiere di storico ela sua concezione di Mezzogiorno"
Felice Blasi
tratto da Corriere del Mezzogiorno, Cultura Spettacoli e Tempo Libero, p.12 del 28/04/09
La ViCeVita, treni e viaggi in treno, di Valerio Magrelli, collana Contromano, Editori Laterza. Recensione di Vito Antonio Conte
...quella sera Anna, a un certo punto, mentr'ero distratto (il mio corpo era lì, nella libreria Palmieri, tre gradini sotto il piano stradale, con i presenti, ma mentalmente stavo nonsodove), disse qualcosa e me ne accorsi perché udii scandire il mio nome (meglio i due nomi e il cognome). Ripresa l'attenzione, vidi gli astanti davanti a me spostarsi a destra e a sinistra, come liquida scena biblica, sì da formare una sorta di corridoio umano, traverso, dove mi ritrovai nudo di fronte al Poeta, intanto che Anna seguitava a parlare dicendo qualcosa che, ancora attonito, non comprendevo, ma che aveva a che fare col mio ultimo libriccino che -diceva Anna, questo lo afferrai- era esposto in vetrina (bontà sua) affianco al libro che quella sera si presentava: “La vicevita Treni e viaggi in treno” di Valerio Magrelli (Editori Laterza, nella -già definita da chi scrive- ottima Collana “Contromano”, pagine 105, € 9,00). Sentivo ancora la voce di Anna rimbombare nel semi-interrato e nella mia testa: potevo intervenire dicendo qualcosa, magari regalando la mia plaquette al Poeta... Arrossii e, mentre goccioline di sudore m'imperlavano la fronte, non avendo nulla di intelligente a portata di lingua e non volendo tediare nessuno (com'altri aveva già fatto), dissi soltanto qualche scomposta parola che avrebbe dovuto evidenziare i miei apprezzamenti per la Libraia, per il Poeta e punto, ché la mia giornata era stata difficile all'inverosimile. Non so se (oltre alla scena del mio imbarazzo palesata al pubblico) lo scopo fu raggiunto (continuo ancora a dubitarne), ma quel lampo d'interloquio rivelò a me stesso ch'ero in viaggio... Adesso so che era stata la voce di Magrelli la causa della mia momentanea assenza, una bell'assenza: ero stato letteralmente rapito dal ritmo delle sue parole mentre riportava un episodio inerente a un congresso (cui si recava in treno) e ci deliziava con il suo scritto ripreso da un traduttore (Guillaume Colletet, stanco di fare il traduttore) e “ta-tàm / ta-tàm / ta-tàm / ta-tàm”, intanto che rendeva la “scansione indimenticabile, inesorabile, inconfondibile” del treno in marcia, io mi trovavo su quel (o un altro) treno... Il libro compendia una raccolta di prose brevi, divise in quattro sezioni: Infanzia del treno, Solitudini, Una comunità ferroviaria e La vicevita (che dà il titolo all'ultima pubblicazione di Magrelli). Scrive l'Autore, in una nota che precede le sezioni, “Chi sta in treno, è segno che vuole andare da qualche parte, e lo fa sempre e solo in vista di qualcos'altro. Il suo scopo, cioè, risiede altrove: l'unico a fare eccezione è il personale viaggiante. La nostra vita pullula di queste attività strumentali e vicarie, nel corso delle quali, più che vivere, aspettiamo di vivere, o per meglio dire, viviamo in attesa di altro. Possono essere atroci come la burocrazia e la malattia (intesa come ), oppure neutre, come appunto il viaggio. Sono i momenti in cui facciamo da veicolo a noi stessi. È ciò che chiamerei: la vicevita”. Quello che scrive Magrelli è vero solo in parte. Il viaggio, a prescindere dal mezzo utilizzato (che, a considerarlo, la parentesi diventerebbe molto più corposa), è sì -quasi sempre- strumento, mezzo, intervallo spazio-temporale, tra una vita e un'altra vita. Meglio tra vivere in un luogo e, dopo il viaggio, dopo il movimento, compiuto il tragitto, fermarsi e continuare a vivere in un altro luogo. O anche chiudere un vissuto in un luogo e aprire una nuova vita in un altro luogo. Ma, pur senza sviluppare oltre questo concetto, non sempre è così. Ché, per restare nelle atmosfere proprie del libro di Magrelli, anche il treno può essere vera e propria vita e non vicevita. Anzi, a volte, in treno possono accadere pezzi di vita irripetibili nella... vita. Quel che vado dicendo è, all'evidenza, frutto di personale esperienza e, dunque, non contiene oggettività alcuna. Eppure, credo che il treno, più che un inciso della vita, possa costituire un autentico pezzo di vita. Perlomeno quando è frutto di piena volitività. Penso agli spaccati ferroviari presenti nei miei testi. Ma, soprattutto, penso a quell'altra volta in cui presi la littorina della Sud-Est, senza alcuna destinazione, senza compagnia e senz'alcun'altra necessità che non fosse quella di “godermi” quell'andare. Il Piacere dell'andare. E mi sovvengono altri versi: “in treno t'ho baciata / la prima volta / in treno / ho barattato altri baci / in treno ho sentito / correre via la vita / e l'ho fermata / in treno / ho trovato parole / introvabili altrove / ho perduto Pavese / e ho voluto dimenticare libri / in treno / parlo ancora di te”. Ché, pur essendo racconti, la scrittura contenuta in questo libro è segno poetico ed è facile perdersi nei tanti luoghi e nei momenti del viandante-scrittore. Se il mio viaggio non fosse stato interrotto come vi ho detto, probabilmente non ne avrei colto il motivo. Coincidenza? Forse. Anche se Magrelli non crede alle coincidenze e, se ci crede, le considera inutili: “Questo è il segreto delle coincidenze: in genere non servono a nulla. Si caricano di senso, come l'onda, montano, si accavallano, minacciano, per poi svanire, come me nel sonno”. Si può non essere d'accordo, ma come lo scrive bene Magrelli! Frammenti che chiunque abbia preso il treno sol'anche una volta, leggendo questo libro, ritroverà e non potrà fare a meno di pensare che accadimenti apparentemente banali acquistano, nella scrittura di Magrelli, senso. D'altra parte, non sta (forse e anche) nel cogliere e nel saper dare significato a quel che generalmente è insignificante la grandezza della letteratura?
fonte PN quotidiano
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