Lo striscione «Fini sindaco di Roma» campeggia ben in mostra nel vecchio Palazzo dello sport dell’Eur. I «Boia chi molla» intervallano i vari discorsi dal palco. Durante l’intonazione dell’inno d’Italia svettano saluti romani. Il colore nero va per la maggiore. Siamo nella concitata campagna elettorale del 1993: la prima in cui il sindaco viene scelto direttamente dal popolo. Al primo turno Gianfranco Fini, il leader del Movimento sociale italiano, nonché storico delfino di Giorgio Almirante (riferimento indiscusso della comunità neofascista dal dopoguerra agli anni Ottanta, morto nel maggio ’88) conquista il ballottaggio con il 35,5 per cento dei consensi. A contendersi il Campidoglio rimangono lui e il «democratico» Francesco Rutelli. A Roma si gioca una sfida cruciale: «Per impedire l’elezione di un fascista dobbiamo creare un fronte largo di alleanze », sostiene la Sinistra di allora, che costituisce una sorta di Comitato di liberazione nazionale, dai centri sociali a una parte della Dc. [...]
Le prime pagine su 10 righe dai libri