“Gaurav Mishra helps global brands inspire,
organize and energize their stakeholders by rethinking purpose, participation
and performance. Gaurav supports 1250+ staff across 10+ agencies in India, Greater China, Japan
and Southeast Asia as Asia Director for Social
Media at MSLGROUP. Gaurav is also helping create two new global offerings at
MSLGROUP on crowdsourcing insights and innovations and helping business leaders
rethink purpose, participation and performance. MSLGROUP is Publicis Groupe’s
truly international specialty communications and engagement network. MSLGROUP’s
social media clients in Asia include P&G, Coca Cola and Sunkist across
Asia; Perfetti, E&Y, Ikea, Singapore Tourism and Hong Kong Tourism in Greater
China; and Dell, Volkswagen, Infosys and eBay in India. Previously, Gaurav
studied at IIM Bangalore, held senior marketing roles at the Tata Group, taught
social media at Georgetown University as the 2008-09 Yahoo! Fellow, launched
crowd-sourced election monitoring platform Vote Report India and
co-founded social media agency 2020 Social, which was acquired by MSLGROUP.”
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giovedì 29 dicembre 2011
giovedì 6 ottobre 2011
Steve Jobs ai neolaureati di Stanford
Il 12 giugno 2005, una giornata
speciale per i laureandi di Stanford, una delle più famose università al mondo
con sede nel cuore della Silicony Valley, è stata anche la giornata speciale di
Steve Jobs, invitato a tenere il commencement address, il discorso augurale per
i neo-laureati. Sul sito di Stanford è disponibile anche la versione originale
e un breve video in streaming della parte finale dei discorso.
“Sono onorato di essere qui con
voi oggi alle vostre lauree in una delle migliori università del mondo. Io non
mi sono mai laureato. Anzi, per dire la verità, questa è la cosa più vicina a
una laurea che mi sia mai capitata. Oggi voglio raccontarvi tre storie della
mia vita. Tutto qui, niente di eccezionale: solo tre storie. La prima storia è
sull’unire i puntini. Ho lasciato il Reed College dopo il primo semestre, ma
poi ho continuato a frequentare in maniera ufficiosa per altri 18 mesi circa
prima di lasciare veramente. Allora, perché ho mollato? E’ cominciato tutto
prima che nascessi. Mia madre biologica era una giovane studentessa di college
non sposata, e decise di lasciarmi in adozione. Riteneva con determinazione che
avrei dovuto essere adottato da laureati, e fece in modo che tutto fosse
organizzato per farmi adottare fin dalla nascita da un avvocato e sua moglie.
Però quando arrivai io loro decisero all’ultimo minuto che avrebbero voluto
adottare una bambina. Così quelli che poi sono diventati i miei genitori
adottivi e che erano in lista d’attesa, ricevettero una chiamata nel bel mezzo
della notte che gli diceva: “C’è un bambino, un maschietto, non previsto. Lo
volete voi?” Loro risposero: “Certamente”. Più tardi mia madre biologica scoprì
che mia madre non si era mai laureata al college e che mio padre non aveva
neanche finito il liceo. Rifiutò di firmare le ultime carte per l’adozione. Poi
accettò di farlo, mesi dopo, solo quando i miei genitori adottivi promisero
formalmente che un giorno io sarei andato al college. Diciassette anni dopo
andai al college. Ma ingenuamente ne scelsi uno altrettanto costoso di
Stanford, e tutti i risparmi dei miei genitori finirono per pagarmi
l’ammissione e i corsi. Dopo sei mesi, non riuscivo a vederci nessuna vera
opportunità. Non avevo idea di quello che avrei voluto fare della mia vita e
non vedevo come il college potesse aiutarmi a capirlo. Eppure ero là, che
spendevo tutti quei soldi che i miei genitori avevano messo da parte lavorando
per tutta la loro vita. Così decisi di mollare e avere fiducia che tutto
sarebbe andato bene lo stesso. Era molto difficile all’epoca, ma guardandomi
indietro ritengo che sia stata una delle migliori decisioni che abbia mai
preso. Nell’attimo che mollai il college, potei anche smettere di seguire i
corsi che non mi interessavano e cominciai invece a capitare nelle classi che trovavo
più interessanti. Non è stato tutto rose e fiori, però. Non avevo più una
camera nel dormitorio, ed ero costretto a dormire sul pavimento delle camere
dei miei amici. Guadagnavo soldi riportando al venditore le bottiglie di Coca Cola vuote per avere i cinque centesimi di deposito e poter comprare da
mangiare. Una volta la settimana, alla domenica sera, camminavo per sette
miglia attraverso la città per avere finalmente un buon pasto al tempio Hare
Krishna: l’unico della settimana. Ma tutto quel che ho trovato seguendo la mia
curiosità e la mia intuizione è risultato essere senza prezzo, dopo. Vi faccio
subito un esempio. Il Reed College all’epoca offriva probabilmente la miglior
formazione del Paese relativamente alla calligrafia. Attraverso tutto il campus
ogni poster, ogni etichetta, ogni cartello era scritto a mano con calligrafie
meravigliose. Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei
seguito la classe di calligrafia per imparare a scrivere così. Fu lì che
imparai dei caratteri serif e san serif, della differenza tra gli spazi che
dividono le differenti combinazioni di lettere, di che cosa rende grande una
stampa tipografica del testo. Fu meraviglioso, in un modo che la scienza non è
in grado di offrire, perché era artistico, bello, storico e io ne fui
assolutamente affascinato. Nessuna di queste cose però aveva alcuna speranza di
trovare una applicazione pratica nella mia vita. Ma poi, dieci anni dopo,
quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, mi tornò tutto utile. E lo
utilizzammo tutto per il Mac. E’ stato il primo computer dotato di una
meravigliosa capacità tipografica. Se non avessi mai lasciato il college e non
avessi poi partecipato a quel singolo corso, il Mac non avrebbe probabilmente
mai avuto la possibilità di gestire caratteri differenti o font spaziati in
maniera proporzionale. E dato che Windows ha copiato il Mac, è probabile che
non ci sarebbe stato nessun personal computer con quelle capacità. Se non
avessi mollato il college, non sarei mai riuscito a frequentare quel corso di
calligrafia e i persona computer potrebbero non avere quelle stupende capacità
di tipografia che invece hanno. Certamente all’epoca in cui ero al college era
impossibile unire i puntini guardando il futuro. Ma è diventato molto, molto
chiaro dieci anni dopo, quando ho potuto guardare all’indietro. Di nuovo, non è
possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi
all’indietro. Così, dovete aver fiducia che in qualche modo, nel futuro, i
puntini si potranno unire. Dovete credere in qualcosa – il vostro ombelico, il
destino, la vita, il karma, qualsiasi cosa. Questo tipo di approccio non mi ha
mai lasciato a piedi e invece ha sempre fatto la differenza nella mia vita. La
mia seconda storia è a proposito dell’amore e della perdita. Sono stato
fortunato: ho trovato molto presto che cosa amo fare nella mia vita. Woz e io
abbiamo fondato Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo
appena 20 anni. Abbiamo lavorato duramente e in 10 anni Apple è cresciuta da
un’azienda con noi due e un garage in una compagnia da due miliardi di dollari
con oltre quattromila dipendenti. L’anno prima avevamo appena realizzato la
nostra migliore creazione – il Macintosh – e io avevo appena compiuto 30 anni,
e in quel momento sono stato licenziato. Come si fa a venir licenziati
dall’azienda che hai creato? Beh, quando Apple era cresciuta avevamo assunto
qualcuno che ritenevo avesse molto talento e capacità per guidare l’azienda
insieme a me, e per il primo anno le cose sono andate molto bene. Ma poi le
nostre visioni del futuro hanno cominciato a divergere e alla fine abbiamo
avuto uno scontro. Quando questo successe, il Board dei direttori si schierò
dalla sua parte. Quindi, a 30 anni io ero fuori. E in maniera plateale. Quello
che era stato il principale scopo della mia vita adulta era andato e io ero
devastato da questa cosa. Non ho saputo davvero cosa fare per alcun imesi. Mi
sentivo come se avessi tradito la generazione di imprenditori prima di me –
come se avessi lasciato cadere la fiaccola che mi era stata passata. Incontrai
David Packard e Bob Noyce e tentai di scusarmi per aver rovinato tutto così
malamente. Era stato un fallimento pubblico e io presi anche in considerazione
l’ipotesi di scappare via dalla Silicon Valley. Ma qualcosa lentamente cominciò
a crescere in me: ancora amavo quello che avevo fatto. L’evolvere degli eventi
con Apple non avevano cambiato di un bit questa cosa. Ero stato respinto, ma
ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo. Non me ne
accorsi allora, ma il fatto di essere stato licenziato da Apple era stata la
miglior cosa che mi potesse succedere. La pesantezza del successo era stata
rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, senza più
certezze su niente. Mi liberò dagli impedimenti consentendomi di entrare in uno
dei periodi più creatvi della mia vita. Durante i cinque anni successivi fondai
un’azienda chiamata NeXT e poi un’altra azienda, chiamata Pixar, e mi innamorai
di una donna meravigliosa che sarebbe diventata mia moglie. Pixar si è rivelata
in grado di creare il primo film in animazione digitale, Toy Story, e adesso è
lo studio di animazione più di successo al mondo. In un significativo
susseguirsi degli eventi, Apple ha comprato NeXT, io sono ritornato ad Apple e
la tecnologia sviluppata da NeXT è nel cuore dell’attuale rinascimento di
Apple. E Laurene e io abbiamo una meravigliosa famiglia. Sono sicuro che niente
di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato da Apple. E’
stata una medicina molto amara, ma ritengo che fosse necessaria per il
paziente. Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non
perdete la fede, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha trattenuto dal
mollare tutto sia stato l’amore per quello che ho fatto. Dovete trovare quel
che amate. E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il
vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita, e l’unico modo per
essere realimente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro. E
l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora non
l’avete trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Con tutto il cuore,
sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi
storie, diventerà sempre migliore mano a mano che gli anni passano. Perciò,
continuate a cercare sino a che non lo avrete trovato. Non vi accontentate. La
mia terza storia è a proposto della morte. Quando avevo 17 anni lessi una
citazione che suonava più o meno così: “Se vivrai ogni giorno come se fosse
l’ultimo, sicuramente una volta avrai ragione”. Mi colpì molto e da allora, per
gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi:
“Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per
fare oggi?”. E ogni qualvolta la risposta è “no” per troppi giorni di fila,
capisco che c’è qualcosa che deve essere cambiato. Ricordarsi che morirò presto
è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi
scelte della vita. Perché quasi tutte le cose – tutte le aspettative di
eternità, tutto l’orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire –
semplicemente svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello
che c’è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo
migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che
avete qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione per non seguire il
vostro cuore. Più o meno un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Ho
fatto la scansione alle sette e mezzo del mattino e questa ha mostrato
chiaramente un tumore nel mio pancreas. Non sapevo neanche che cosa fosse un
pancreas. I dottori mi dissero che si trattava di un cancro che era quasi
sicuramente di tipo incurabile e che sarebbe stato meglio se avessi messo
ordine nei miei affari (che è il codice dei dottori per dirti di prepararti a
morire). Questo significa prepararsi a dire ai tuoi figli in pochi mesi tutto
quello che pensavi avresti avuto ancora dieci anni di tempo per dirglielo.
Questo significa essere sicuri che tutto sia stato organizzato in modo tale che
per la tua famiglia sia il più semplice possibile. Questo significa prepararsi
a dire i tuoi “addio”. Ho vissuto con il responso di quella diagnosi tutto il
giorno. La sera tardi è arrivata la biopsia, cioè il risultato dell’analisi
effettuata infilando un endoscopio giù per la mia gola, attraverso lo stomaco
sino agli intestini per inserire un ago nel mio pancreas e catturare poche
cellule del mio tumore. Ero sotto anestesia ma mia moglie – che era là – mi ha
detto che quando i medici hanno visto le cellule sotto il microscopio hanno
cominciato a gridare, perché è saltato fuori che si trattava di un cancro al
pancreas molto raro e curabile con un intervento chirurgico. Ho fatto
l’intervento chirurgico e adesso sto bene. Questa è stata la volta in cui sono
andato più vicino alla morte e spero che sia anche la più vicina per qualche
decennio. Essendoci passato attraverso posso parlarvi adesso con un po’ più di
cognizione di causa di quando la morte era per me solo un concetto astratto e
dirvi: Nessuno vuole morire. Anche le persone che vogliono andare in paradiso
non vogliono morire per andarci. E anche che la morte è la destinazione ultima
che tutti abbiamo in comune. Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è così come deve
essere, perché la Morte
è con tutta probabilità la più grande invenzione della Vita. E’ l’agente di
cambiamento della Vita. Spazza via il vecchio per far posto al nuovo. Adesso il
nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano diventerete gradualmente il
vecchio e sarete spazzati via. Mi dispiace essere così drammatico ma è la pura
verità. Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di
qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo
i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle
opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di
tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione.
In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto
è secondario. Quando ero un ragazzo c’era una incredibile rivista che si
chiamava The Whole Earth Catalog, praticamente una delle bibbie della mia
generazione. E’ stata creata da Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo
Park, e Stewart ci ha messo dentro tutto il suo tocco poetico. E’ stato alla
fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e del desktop publishing,
quando tutto era fato con macchine da scrivere, forbici e foto polaroid. E’
stata una specie di Google in formato cartaceo tascabile, 35 anni prima che ci
fosse Google: era idealistica e sconvolgente, traboccante di concetti chiari e
fantastiche nozioni. Stewart e il suo gruppo pubblicarono vari numeri di The
Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso,
pubblicarono il numero finale. Era più o meno la metà degli anni Settanta e io
avevo la vostra età. Nell’ultima pagina del numero finale c’era una fotografia
di una strada di campagna di prima mattina, il tipo di strada dove potreste
trovarvi a fare l’autostop se siete dei tipi abbastanza avventurosi. Sotto la
foto c’erano le parole: “Stay Hungry. Stay Foolish.”, siate affamati, siate
folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish. Io me lo sono
sempre augurato per me stesso. E adesso che vi laureate per cominciare una
nuova vita, lo auguro a voi. Stay Hungry. Stay Foolish. Grazie a tutti.” (fonte Sushiweb e
Mr.AttractorFactor)
-Fair Use - Cultural Development- All rights to
© Stanford University ©
giovedì 30 giugno 2011
Coca-Cola (125 anni di felicità insieme)
http://www.spotvisor.com - Advertising Intelligence
Company: Coca-Cola Italia S.r.l.
Product: Coca Cola
Claim: Stappa la felicità
venerdì 20 marzo 2009
Il realismo drammatico di Andy Warhol. Di Maria Beatrice Protino
Oggigiorno sei considerato anche se sei un imbroglione: puoi scrivere libri, andare in tv, concedere interviste. Sei una grande celebrità e nessuno ti disprezza per questo anche se sei un imbroglione. Sei sempre una star. Questo avviene perché la gente ha bisogno delle star più di ogni altra cosa.
Scriveva questo Andy Warhol nel suo libro The Philosophy of Andy Warhol, la cui prima pubblicazione risale al 1975.
Warhol sapeva bene che i nuovi media stavano cambiando il modo di pensare degli americani e determinando una trasformazione antropologica della società: come altri artisti suoi contemporanei, anche lui aveva lavorato nel mondo della pubblicità e della comunicazione di massa a sufficienza per intuire questo stato di cose.
Quando Warhol riporta sulla tela l’immagine della bottiglia di Coca-Cola o delle lattine Campbell’s, se ritrae i divi del cinema e lo fa in maniera reiterata (si pensi alle sue produzioni in serie), questo avviene perché vuole rapportarsi al sociale in maniera tutt’altro che inconsapevole o ingenua: egli rivendica un rapporto morale con la società americana dell’epoca. Questo spiega anche il perché di certi suoi atteggiamenti provocatori e apparentemente frivoli: aderendo al dettato dadaista per cui “arte uguale vita”, rispecchia i fenomeni della società a lui contemporanea e li studia dall’interno, perché ciò che gli interessa è recepire e registrare sulla sua tela tutto quello che gli sta attorno.
Si appropria di foto trovate su cui interviene non semplicemente ritoccandole o agendo sui volumi, ma alterandone addirittura la percezione attraverso l’utilizzo di ampie fasce di colore a tinte piatte, riuscendo nell’intento di dar vita ad un evidente conflitto percettivo dell’opera nel suo insieme. Il suo realismo non mira alla riproduzione quanto più fedele possibile del paesaggio urbano o della fauna umana: Warhol vuole dare solo delle informazioni sul soggetto ritratto, in modo da lasciare un messaggio oggettivo, che nulla ha più a che vedere col punto di partenza, ma attua quella cd eliminazione del soggetto per cui si verifica il paradosso di un’arte che, pur guardando alla realtà, vuole rappresentarne una metafora.
I colori accattivanti mostrano un unico soggetto alla volta e non lasciano spazio alla narrazione, riportano sguardi freddi e quasi privi di sentimenti, tanto da risultare finalmente visione di una società che, condizionata dal modo in cui i media sovrappongono la verità e la menzogna, la finzione e la realtà, perde di vista la coscienza e crede si possa nascondere addirittura miseria e sconfitta esistenziale dietro un velo di apparente felicità.
Warhol ha seguito strade battute da altri, ma l’ha fatto con una genialità tale da conferire all’insieme un aspetto assolutamente nuovo, al punto da poter essere preso come modello per l’arte a venire.
<Quel che c’è di veramente grande nell’America è che si è dato il via al costume per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi in tv la pubblicità della Coca-Cola, sai che anche il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola e anche tu puoi berla. Una Coca è una Coca e nessuna somma di denaro ti può permettere di comprare una Coca migliore di quella che beve il barbone all’angolo della strada. Tutte le Coche sono uguali e tutte le Coche sono buone. Liz Taylor lo sa, lo sa il Presidente, lo sa il barbone, lo sai tu> . Andy Warhol, The Philosophy of Andy Warhol, 1975.
Cenni biografici
Andy Warhol, nome d'arte di Andrew Warhola (Pittsburgh, 6 agosto 1928 – New York, 22 febbraio 1987), è stato un pittore, scultore e regista statunitense.
Fu figura predominante del movimento pop art americano.
Dopo la laurea, ottenuta nel 1949, si trasferì a New York.
La grande mela gli offrì subito molteplici possibilità di affermarsi nel mondo della pubblicità, lavorando per riviste come Vogue e Glamour.
Morì a New York il 22 febbraio 1987.
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