Angelo Ricci, è un avvocato di Novara, nato nel 1964. “Notte di nebbia in pianura” è il suo primo lavoro. Le vicende narrate appartengono al sub-universo di una qualsiasi provincia italiana, che talvolta può incrociare le nostre esistenze attraverso un trafiletto di cronaca nera sulle pagine di un quotidiano, o nei casi più eclatanti, tra le prime notizie date da un tg nazionale. Notizie che alla fine si perdono in un momentaneo malumore, per poi scomparire negli archivi della nostra memoria. E parlo di un sub-universo non a caso, dal momento che gli elementi che lo compongono rivelano realtà altre, totalmente diverse rispetto a quelle che fanno parte della maggior parte dei tracciati biografici di ognuno di noi, forse agli antipodi sotto alcuni aspetti come quelli sociali e culturali. Quello che Ricci racconta è un mondo a parte, grigio, anonimo, brutale nella completa assenza di valori e cultura, che la piccola borghesia di provincia (indistintamente potrebbe essere qualsiasi interland milanese, vercellese, brianzolo) sembra tollerare benissimo. Questo lavoro sicuramente è un esordio molto interessante soprattutto per due aspetti: il primo riguardante l’incalzante giustapposizione di piani sequenza, proprio da regista cinematografico di grande esperienza; il secondo riguardante una logica dell’interpunzione, del periodare, e della resa semantica che s’incunea magistralmente nella descrizione di un orizzonte degradato e degradante. Altra peculiarità in tal senso, la copiosa ripetizione quasi mantrica di frasi, come se il sistema della narrazione andasse in cortocircuito. Potrebbe essere in futuro considerato l’antesignano archetipico del romanzo per eccellenza della provincia italiana? Senza ombra di dubbio. Ma più di tanto non mi sento di scrivere, dal momento che pur sempre di esordio si tratta. Aspettiamo i suoi prossimi lavori. Ogni personaggio descritto dall’autore è non presente a se stesso, in quanto le sue emozioni le sue sensazioni sono come deprivate di qualsiasi slancio vitale, come se recitasse un copione su un palco dinanzi ad una platea invisibile. E forse la causa non è da ricercarsi in un malessere esistenziale tout court, quanto perché la sostanza in cui sono immersi – il “latte grigio” come definisce la nebbia Angelo Ricci – rende molto più semplice l’abbandono in un nulla senza centro né principio! La nebbia nasconde, avvolge, occulta tutto dalle emozioni alla vita intera. I personaggi: un ragazzo perde sua madre, e diventa passivo spettatore di una vita monotona e incolore che non lascia nemmeno un ricordo significativo dopo l’ultimo e definitivo addio, quasi fosse routine; Sticazzi ecolalico cazzeggiatore alcolico da Ceres in endovena perenne; un giovane carabiniere alle prese con una certa Sandri Anna, indolente italiana che si trova invischiata in un presunto giro di terrorismo islamico; il bauscia Panza, descritto insieme ai suoi amici e alle sue amichette ucraine, magistralmente; una emigrata dell’Europa dell’Est, e della viziata e viziosa Italia che ha incontrato e ossessionata dalle doppie e dagli articoli della nostra lingua. Insomma un affresco intrigante di un’italietta piccola piccola!