Il libroNessuno scrittore come Andrea Carraro sa inginocchiarsi, in quanto scrittore, davanti al male di una maturità frustrata e disamorata. La violenza dei suoi personaggi è spesso inesplosa; e, quando esplode, trova le sue vittime già esauste, con gli occhi rossi e la voce strozzata. Questi racconti ci dicono qualcosa di definitivo sul "male oscuro" della piccola-borghesia italiana, incarcerata in reticenze e rabbie covate troppo a lungo, e in tristi ritualità di un benessere di facciata. Ecco, dopo le prove magistrali de Il branco, La lucertola e Il sorcio, a cosa si sono ridotti i borgatari di Pasolini e i borghesi di Moravia. Eccoli, aggressivi e taciturni, aggirarsi in una enorme zona grigia di malessere, dove il borghese quartiere Trieste equivale al litorale romano "senza mare"; eccoli, infelici e senza sogni, sopravvivere "a reddito fisso", trascinandosi da un silenzio all´altro, sfuggendo a ogni vera sociologia. Perché il "realismo" di Carraro - un realismo che mai utilizza gli "effetti speciali" del realismo estremo: il sangue, la violenza gratuita, il "basso" ideologico - è anzitutto un realismo psicologico, di chi conosce i miseri segreti della maturità, gli abissi calmi del disamore e i gesti compulsivi privi di sentimenti. Anche il tremendo "gioco della verità" che Carraro mette in scena, svelando miserie e tradimenti dei suoi personaggi, porta sempre la narrazione nei territori del silenzio: un silenzio vile e angoscioso, infine esausto. Con Carraro, proprio nel mentre i suoi uomini crollano a terra, la vita diventa ancora sopportabile, perché la grigia esistenza viene d´improvviso illuminata dall´apertura - a ventaglio, come uno squarcio di luce - della verità della scrittura. Proprio quest´assenza di infingimenti, questa lingua grigia e solida come il ferro, questo sguardo impudico e fermo, rendono ancora chiare e possibili, nell´opera di Carraro, parole difficili come "realtà" e "verità". (Andrea Di Consoli)
L'autore Andrea Carraro (Roma, 1959) è autore di A denti stretti (1990), Il branco (1994; inizialmente pubblicato per intero, unico caso dopo Le parrocchie di Regalpetra di Leonardo Sciascia, sulla rivista "Nuovi Argomenti"), L´erba cattiva (1996), La ragione del più forte (1999), La lucertola (2001), Non c´è più tempo (2002) e Il sorcio (2007). Da Il branco, nel 1994, Marco Risi ha tratto l´omonimo film. Carraro scrive anche per il cinema, la radio e i giornali, tra cui "Il Messaggero" e "Repubblica".
www.andreacarraro.com
IL LIBRO E' STATO ANTICIPATO A PAGINA INTERA SU "IL MESSAGGERO" IN DATA 11 MARZO CON QUESTO RACCONTO, CHE VI RIPROPONIAMO.
L´intervista Un vecchio amico, Lucio. Per un lungo periodo, non
c´era giorno che non ci si vedeva. Si comprava il fumo
e giù a discorrere per ore o ad ascoltare musica strafatti,
in macchina, dove capitava. Voleva iscriversi ad
Architettura, il talento non gli mancava. Dopo il diploma,
fece il grafico pubblicitario per un po´. Ancora
stava bene. Uno spinellaro d´eccezione, un tiro di coca
ogni tanto, ma nient´altro. Almeno fino a quel viaggio
in Pakistan.
Sapevo come se la passava, lo sapevo bene. Rimbalzava
da una clinica all´altra dove lo imbottivano di
psicofarmaci. E ne usciva stracco, abbrutito. Un relitto.
E poi tempo un mese ricominciava peggio. Sapevo
di scosse nervose che lo squassavano, di estenuanti
liti familiari, di una bambola di porcellana scagliata
contro la madre, di notti trascorse all´addiaccio sotto
il cavalcavia della stazione Tiburtina e altro ancora.
Sapevo tutto, ma non lo vedevo più: c´erano amici comuni,
meno fifoni di me, che mi tenevano informato.
Se compariva all´orizzonte mi defilavo. Non ne volevo
sapere più niente di lui. Mi faceva pensare alla morte,
al dolore, alla malattia.
- Bè, come va?
E di là una voce catarrosa.
- Ma chi è?
- Come chi è? Non mi riconosci più!?
- Cesare!... Come stai, quanto tempo è passato,
che razza di fine hai fatto?
- Tu, piuttosto.
- Io?... io me la cavo. Ho qualche problema, ma
me la cavo. Cerco un lavoro. Sai che facevo il grafico?
Bè, ho mollato. E così momentaneamente sono disoccupato.
E tu?
- Ho lasciato l´università. Cerco di fare il giornalista.
Qualche articoletto per la cronaca di Roma.
- Ah, bene. Non ti ci facevo proprio, giornalista.
- Ma tanto non dura mica. Prendo tempo, ecco
tutto. Gioco. Ma prima o poi bisognerà cominciare a
fare sul serio. Cercarsi un lavoro vero. Guadagnare dei
soldi. Ci si vede, allora?
- Certo, quando vuoi.
- Potremmo far due passi a Vill´Ada domattina.
Come ai vecchi tempi. Ci hai ancora il cane? Rosalia
si chiamava, o sbaglio?
- È morta, Rosalia.
Era con Rosalia, quel giorno, di ritorno dal viaggio
in Pakistan. Doveva starci un mese. Tornò dopo un
anno già spacciato, glielo leggevi in faccia.
- No, Vill´Ada preferisco di no. C´è della gente
che non ho voglia di vedere. Per te è lo stesso se andiamo
da un´altra parte... Allora, passi tu?
- Ma come, perché?
- Perché cosa?
- Perché Vill´Ada no? È comoda per tutti e due.
E poi...
- No, Vill´Ada proprio no, abbi pazienza.
Maledizione. Le polemiche sulla Villa, vecchie
inchieste sulle siringhe disseminate dappertutto, sui
drogati molesti. C´era un passato: anche per questo la
redattrice aveva accettato subito entusiasta.
È importante che la foto sia in un punto della villa
riconoscibile immediatamente... Non fatemi il solito alberello
col prato dietro che potrebbe essere dovunque...
- Veramente preferirei Vill´Ada. È tanto che non
ci vado.
- Bè, io no. Scusami, eh...
- Ma perché? Che ti frega? Non passiamo dall´ingresso
principale.
- No, sul serio, preferisco di no, non insistere.
Niente da fare, non molla. Mi propone altri posti.
Deve dei soldi, forse. Oppure si vergogna di quelli con
me: quell´infilata di spettri intabarrati, ansiosi che avevo
visto tante volte nel vialetto d´ingresso.
- Senti, facciamo una cosa, io arrivo un po´ prima
e tu mi aspetti fuori e...
- Ma che t´è preso? T´ho detto di no, non voglio.
Mi ci vuole ancora del bello e del buono per
convincerlo. È ostinato come un mulo.
- Va bene, va bene, allora. Andiamo pure a
Vill´Ada. Se è questione di vita o di morte.
- Ma no, è solo che ci andavamo sempre. Mi
farebbe piacere.
- Sei diventato nostalgico.
- Ma vaffanculo!
Dunque ce lo porto. Lui è in uno stato! Si trascina
come un vecchietto. È pallido e smagrito, ha perso una
quantità di capelli e altri particolari cui cerco invano
di non far caso.
(...)
Ma lui adesso tace o risponde a monosillabi, concentrato
solo sulla fatica dei suoi passi che avanzano.
Allora mi fermo, tanto più che siamo in anticipo ed è
bene arrivare a destinazione che il fotografo è già lì,
altrimenti, hai visto mai che questo impiastro si tira
indietro o mi trascina via! Riprendiamo il cammino
ed io riattacco coi ricordi. Adesso è la volta della sua
prima scopata. Un troione all´Acqua Acetosa. C´era la
fila di macchine, e lui smaniava di andarsene. Si vergognava
come un ladro. Aveva il sospetto che fosse un
finocchio. E poi temeva che non gli si rizzasse, per via
della ciucca da hascisc. Niente, ride appena. Non ricorda
neppure questo. O meglio lo confonde con altri episodi,
la memoria gli fa acqua da tutte le parti. Io sì invece.
Ho una montagna di ricordi con lui. Mi si ingolfano
in testa e lottano uno con l´altro per uscire fuori.
Continuo a parlare. Il silenzio mi angoscia. Parlo
di me adesso: i miei studi abbandonati, il giornalismo.
E intanto lo conduco al luogo deputato, dove ci aspetta
il fotografo.
- Un´intervista!?
- Sì.
- Ma a me?
- Sì, te l´ho detto.
Sorride impacciato.
- E perché?
Cerco le parole. Guardo da un´altra parte, anche
per non imbattermi nello scempio di carie che gli castiga
il sorriso.
- Per la tua esperienza, sai.
Continua a fissarmi, e il sorriso lentamente lo
abbandona:
- So che non te la passi bene. Potrebbe esserti
d´aiuto. A te e ai tuoi amici. Se si fa un po´ di rumore...
È una parte sgradevole la mia, te lo puoi senz´altro
immaginare. Ma pensaci, può giovarti veramente.
- Allora per questo hai voluto portarmi qui. Per
questo insistevi tanto.
Inspira l´odore di resina di cui è satura l´aria umida
del viale, mi chiede una sigaretta.
- Sei solo una persona che ha bisogno d´aiuto.
Ce ne sono tanti come te. Potrei stare anch´io al tuo
posto.
- Non so cosa dire.
- Devi solo rispondere a qualche domanda.
- D´accordo. Però facciamo presto. Ho voglia di
tornare a casa.
- Sì, certo, presto, presto...
Cavo dalla tasca il taccuino, gli snocciolo tutte
le voci del questionario e aziono segretamente il registratore
tascabile.
Quando arriviamo, il fotografo è già pronto.
- Un ultimo sforzo, abbi pazienza.
- No, ti prego, la foto non voglio.
- È solo routine. Si fa con tutti.
- Non ti preoccupare, - insiste il fotografo, - ti
piglio da lontano. Nessun primo piano, promesso. Lì,
lì, sullo steccato. Vai, facciamo in un attimo.
Si siede mansueto sullo steccato, sotto a un pino
martoriato dalla processionaria nello sfondo riconoscibile
del laghetto artificiale.
Tre giorni dopo la sua foto sul giornale e sotto,
a tutta pagina, l´intervista e un breve corsivo di commento"IL GIOCO DELLA VERITA'"
IL NUOVO LIBRO DI RACCONTI DI ANDREA CARRARO
HACCA EDIZIONI
215 PAGINE
14,00 EURO
www.hacca.it