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Cosa significa per l'essere umano mangiare?
E cosa significa «mangiare il niente»? Si tratta di un appetito di morte o dell’affermazione di un desiderio singolare?
L’anoressica si rifiuta al cibo per sottrarsi all’invasione dell’Altro, ma anche per esercitare un dominio sul proprio corpo e sulla propria vita.
È una rivendicazione del suo diritto a esistere o un tentativo di espellere il dolore e la sofferenza? E la bulimica cosa fa, in realtà, quando cerca di colmare attraverso il cibo un vuoto incolmabile?
Bisogno e domanda
La dimensione della fame resta comunque centrale nell'esperienza anoressico-bulimica.
Una mia paziente mi disse: «La fame è nella testa». Aveva ragione.
Se il corpo è il luogo dell'Altro, la fame non è solo una spinta al nutrimento ma è anch'essa, nel suo fondamento, un prodotto dell'azione del linguaggio sull'uomo. Un prodotto, se si vuol dire così, "mentale".
Anoressia e bulimia mettono bene in evidenza i limiti di una concezione cognitivo-comportamentista del soggetto. Si tratta infatti di comportamenti che fanno saltare sia la logica del principio di piacere sia quella del principio di realtà.
Mangiare fino a scoppiare, vomitare venti volte al giorno, rifiutare il cibo fino a lasciarsi morire sono comportamenti contro-natura.
Freud direbbe "masochistici". E, come la clinica insegna, non c'è modo di modificare questa situazione aggredendo direttamente la patologia del comportamento alimentare, provando, per esempio, a normalizzare la funzione dell'appetito.
Perché evidentemente il malato non è l'appetito.
Dunque i programmi di rieducazione cognitivo-comportamentale non servono alla cura. Essi curano la fame nell'illusione di ripristinare un equilibrio alimentare perduto.
Ma la fame è nella testa. E dunque non può essere aggiustata aggiustando la funzione dell'appetito.
Con questo libro, oggi riproposto in una versione aggiornata, Massimo Recalcati ha inaugurato un nuovo modo di interrogare l’anoressia e la bulimia promuovendo un cambiamento di paradigma nella teoria psicoanalitica e contrastando le terapie focalizzate sulla correzione autoritaria del comportamento alimentare.
Anoressia e bulimia non sono più intese come patologie della condotta alimentare ma come “malattie dell’amore”.
«La notte anoresico-bulimica è la notte di una solitudine infinita. Il patto con l'Altro è rotto: l'Altro tradisce, abbandona, è l'Altro del non-amore.»
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