Già dagli inizi del XX secolo l'abitudine al consumo di prodotti lattiero-caseari era stata oggetto di forti dibattiti all'interno del movimento vegetariano. Nell'agosto del 1944 Elsie Shrigley e Donald Watson, due membri della Vegetarian Society, pensarono che fosse necessario formare un coordinamento di "vegetariani non consumatori di latticini", nonostante l'opposizione di eminenti vegetariani che rifiutavano l'idea di un vegetarianismo completamente privo di prodotti animali. Nel novembre dello stesso anno Watson organizzò a Londra una riunione di sei "vegetariani non consumatori di latticini", in cui venne deciso di costituire una nuova società, la Vegan Society, di cui Watson stesso fu eletto presidente, e di adottare come definizione il termine vegan, contrazione di vegetarian. In una intervista del 2004 Donald Watson affermò: «Invitai i miei primi lettori a suggerire un termine più conciso per sostituire non-dairy vegetarian (vegetariani non consumatori di latticini). Ho ricevuto alcuni suggerimenti piuttosto bizzarri, come dairyban, vitan, benevore, sanivore, beaumangeur, ecc. Optai per il termine vegan, contenente le prime tre e le ultime due lettere di vegetarian – l'inizio e la fine del vegetarianismo.» Sebbene la paternità del neologismo "vegan" venga solitamente attribuita a Donald Watson o ad uno sforzo combinato di Donald Watson e di sua moglie Dorothy, Watson riconosce come fonti dell'idea G.A. Henderson e sua moglie Fay K. Henderson, anch'essi membri fondatori nel 1944 della Vegan Society, i quali avevano suggerito per l'associazione il nome "Allvega" e come titolo del magazine dell'associazione "Allvegan". Da questi suggerimenti Watson avrebbe preso dunque ispirazione per il termine "vegan". La parola "vega" era inoltre già in uso nei circoli vegetariani da un po' di tempo. Fin dal 1934, uno dei più noti ristoranti vegetariani di Londra si chiamava "Vega". Tutti i vegetariani di quegli anni, inclusi i coniugi Henderson, erano a conoscenza di questo ristorante, che sembra pertanto essere la prima fonte d'ispirazione del termine. Nel linguaggio corrente il veganismo viene usualmente inteso come una forma di dieta a base vegetale. Si tratta di una definizione limitativa, perché quella alimentare è solo una delle dimensioni in cui si manifesta lo stile di vita vegano. Un termine alternativo per riferirsi alla sola pratica alimentare a base esclusivamente vegetale è "vegetalismo". La dieta vegetaliana può essere adottata anche al di fuori del veganismo per motivazioni terapeutiche, igieniste, religiose o spirituali, e pur essendo un aspetto fondamentale dello stile di vita vegano, non lo esaurisce. Quest'ultimo, come illustra anche la definizione delle Vegan Society, è uno stile di vita che evita lo sfruttamento degli animali in ogni ambito, non solo quello dell'alimentazione, ma anche dell'abbigliamento (per es. evitando capi in pelle), del tempo libero (per es. evitando spettacoli in cui vengono utilizzati animali), ecc. Il veganismo è dettato da principi etici di rispetto per la vita animale, è basato sul pensiero antispecista e su una particolare visione non-violenta della vita, come esemplificato nella posizione di Gary L. Francione e altri filosofi. Il veganismo può essere considerato la prassi della teoria antispecista e comporta il rifiuto di dedicarsi, partecipare e sostenere attività che implicano l'uccisione o l'utilizzo degli animali, che dai vegani è sempre indicato come sfruttamento. Con un Memorandum nel 1979 la Vegan Society definì il veganismo come: «Una filosofia e un modo di vivere che esclude, ai limiti del possibile e praticabile, ogni forma di sfruttamento e crudeltà verso animali, per scopo alimentare, per il vestiario, come per qualunque altro scopo; per estensione, promuove lo sviluppo e l'uso di alternative che non prevedono l'utilizzo di animali, per il beneficio degli umani, degli animali e dell'ambiente. In termini di dieta denota la pratica di astenersi dal consumare prodotti derivati, completamente o parzialmente, da animali»
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sabato 1 gennaio 2022
Veganismo
I vegani differiscono tra loro in
funzione del pragmatismo con cui si adattano alla vita reale. La maggior parte
di coloro che si definisce vegano segue principalmente la sola dieta vegetale
(vegetaliani, o dietary vegans). Meno numerosi sono i vegani che modificano il
proprio comportamento anche in altri ambiti di consumo, come per esempio
scegliendo capi di abbigliamento in fibre vegetali sintetiche e artificiali o
acquistando esclusivamente prodotti vegan, i quali possono anche essere mediamente
molto più costosi degli equivalenti non vegani. Sebbene il grado di adesione
possa variare da un individuo all'altro, considerando anche che uno stile di
vita rigorosamente vegano è complesso da mantenere poiché i derivati di origine
animale possono nascondersi nei prodotti più impensati, si ritiene che non
sarebbe necessario che tutta la popolazione aderisca al veganismo e adegui ogni
comportamento ai più rigidi dettami del veganismo per produrre un cambiamento
nell'economia e nella società in chiave vegan, ma basti il raggiungimento di
una certa "massa critica". Anche se non ci sono criteri fissi e
prestabiliti a cui tutti i vegani debbano incondizionatamente aderire, nella
pratica quotidiana si distinguono una serie di abitudini e scelte diffuse e
riconosciute da tutta la comunità vegana. In particolare, molta importanza
viene data alla scelta in campo alimentare, optando per una dieta basata
rigidamente su prodotti esclusivamente vegetali, detta anche dieta vegana o,
come si è detto, vegetaliana. Un vegano pertanto rifiuta il consumo di ogni
tipo di carne (compresa la carne degli animali marini, ovvero pesce, crostacei
e molluschi), latte e derivati, uova, miele e altri prodotti delle api, anche
quando presenti in forma di ingredienti in altri alimenti, come prodotti da
forno preparati con strutto, pasta all'uovo o brodo di carne. Il vegano pone
anche attenzione nella scelta delle bevande, che spesso possono contenere
derivati di origine animale. Per un vegano evitare il consumo di cibi animali
significa non sostenere l'industria zootecnica e della pesca, in particolare
gli allevamenti intensivi, in quanto tali industrie causano lo sfruttamento, la
sofferenza e l'uccisione di un numero di animali molto elevato. A tal riguardo
stime della FAO (2007), quantificano che in tutto il mondo ogni anno verrebbero
uccisi, per fini alimentari, circa 56 miliardi di animali, esclusi pesci e
altri animali marini. Un vegano inoltre indossa solo capi in fibre vegetali
(canapa, lino, cotone, ecc.), fibre artificiali (rayon, viscosa, ecc.) e fibre
sintetiche (acrilico, nylon, pile, poliestere, ecc.) evitando l'acquisto di
capi con parti di origine animale (pelliccia, pelle, lana, seta e imbottiture
in piuma); usa cosmetici (make-up e prodotti per l'igiene personale) e prodotti
per la pulizia della casa, presenti in commercio con marchio o certificazione
"vegan", che garantiscono che non siano stati testati su animali e
che siano privi di ingredienti di origine animale, come per esempio il sodium
tallowate, ricavato da strutto suino e sego bovino; in generale evita
l'acquisto di altre merci con parti animali (come divani in pelle, tappeti in
pelliccia, ornamenti in avorio, oggetti in osso, pennelli in pelo animale,
ecc.) e dei farmaci contenenti eccipienti animali. Si tratta quindi di un
complesso di norme che influenzano le abitudini e le scelte d'acquisto
quotidiane e che, benché rappresentino consuetudini consolidate presso la
comunità vegana, vengono perseguite con la dovuta flessibilità in relazione
alle proprie esigenze, alle proprie possibilità e alla propria realtà di vita.Tra i vegani sono fonte di opinioni
molto discordi quei prodotti derivati di origine animale meno noti (e in alcuni
casi indicati sotto forma di sigle alfanumeriche) presenti in quantità spesso
irrilevanti in alcuni prodotti o usati sotto forma di additivi alimentari: è il
caso, ad esempio, della L-cisteina (identificata anche con la sigla E920),
della glicerina animale (E422) o dei fosfati animali (E542). Ancora più
controverso è il caso di quei prodotti che, pur non contenendo derivati di
origine animale, ne implicano però l'uso durante il processo di produzione,
come ad esempio alcuni tipi di zucchero raffinato che sarebbero lavorati con carbone
animale, usato per la decolorazione dello zucchero e per rimuovere impurità e
minerali. Questa attenzione alla presenza di quantità irrilevanti di derivati
di origine animale o al loro separato uso durante il processo di lavorazione
non è scevra da alcune considerazioni problematiche che porterebbero a
escludere l'acquisto di tutta una vasta gamma di prodotti alimentari e merci di
altro genere. L'uso di sostanze di origine animale, infatti, è attualmente
molto diffuso nella produzione industriale moderna; è altresì vero che sempre
più aziende propongono varianti totalmente vegetali dei loro prodotti. Sostanze
di derivazione animale si possono trovare in articoli insospettabili, come
palle da tennis, carta da parati e bande adesive. Un'artista olandese,
Christien Meindertsma, afferma di avere individuato 185 prodotti di uso comune
contenenti parti di maiale, tra cui proiettili, pellicola fotografica, freni,
porcellana e sigarette. Inoltre, secondo i vegani, l'origine animale di alcune
sostanze ambigue o il coinvolgimento di derivati di origine animale nelle fasi
di produzione non sarebbe sempre facilmente accertabile. Ad esempio, spesso la
coltivazione agricola prevede l'impiego di concimi di origine animale (prodotti
con sangue, feci, ossa, lana, corna, ecc.). Per tali motivi, generalmente,
nella comunità vegana quest'uso delle sostanze di origine animale riceve scarsa
attenzione nella prassi quotidiana e si ritiene più pratico, oltre che più
efficace per la causa della liberazione animale, concentrare la propria
attenzione solo su quelle sostanze di origine animale più evidenti (carni,
latte e latticini, uova e prodotti delle api). Oltre alle scelte di consumo
quotidiano, un vegano evita infine la pratica, la partecipazione e il sostegno
ad attività come la sperimentazione sugli animali, la caccia e la pesca, gli
spettacoli con animali come la corrida, il combattimento di galli, il circo con
animali o il rodeo, l'impiego di animali in competizioni sportive (corse di
cavalli, corse di cani, sleddog, ecc.), le manifestazioni folcloristiche con
impiego di animali, gli zoo, gli acquari e altre strutture simili che detengono
animali, il commercio degli animali da compagnia e ogni altra simile attività.
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