"Via Fani è stato il luogo del nostro destino. La Dallas italiana, le
nostre Twin Towers. Nel 1978, l'anno di mezzo tra il '68 e l'89. Tra il
bianco e nero e il colore. Lo spartiacque tra diverse generazioni che
cresceranno tra il prima e il dopo: il tutto della politica - gli ideali
e il sangue - e il suo nulla." Il sequestro di Aldo Moro ha segnato la
fine della Repubblica dei partiti. Marco Damilano torna su
quell'istante, le nove del mattino del 16 marzo 1978, in cui il
presidente della De fu rapito e gli uomini della sua scorta massacrati.
Fu l'inizio di un dramma nazionale e di una lunga rimozione. Un viaggio
nella memoria personale e collettiva, nei luoghi, nelle correlazioni con
altri protagonisti di quegli anni come Sciascia e Pasolini. Le carte
personali di Moro rimaste finora inedite, le foto, i ritagli, gli scambi
epistolari con politici, intellettuali, giornalisti, persone comuni. La
ricostruzione della sua strategia e della sua umanità, strappata
all'immagine di prigioniero delle Brigate rosse e restituita al ruolo
politico di chi aveva capito meglio di tutti l'Italia, "il paese dalla
passionalità intensa e dalle strutture fragili", e la debolezza del
potere. Dopo l'assassinio di Moro, il 9 maggio, al termine di 55 giorni
di tragedia, sono arrivate la morte di Berlinguer, la dissoluzione della
Dc, Tangentopoli e la latitanza di Craxi in Tunisia. Fino all'ultima
stagione, con la politica che da orizzonte di senso per milioni di
italiani si è fatta narcisismo e nichilismo, cedendo alla paura e alla
rabbia. Per questo la voce di Moro parla ancora, come aveva previsto lui
stesso: "lo ci sarò come un punto irriducibile di contestazione e
alternativa".
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