I colloqui riservati di Adolf Hitler qui pubblicati, raccolti a cura del
gerarca nazista Martin Bormann (primo fiduciario del Führer), sono un
documento risalente agli anni della seconda guerra mondiale. Riguardano
infatti il periodo dal luglio 1941 (inizio della “campagna di Russia”)
al novembre 1944 (inizio della disfatta bellica del Reich nazista).
L’importanza storica di questi colloqui hitleriani sui più disparati
argomenti, e con svariati interlocutori, è davvero notevole. Da essi
traspare la vera essenza politico-culturale, la vera personalità di
Adolf Hitler. E confermano come il führer non fosse né un pazzo né un
demone, ma piuttosto un uomo di potere strenuamente impegnato a
trasporre in chiave politica idee, teorie e concetti propri della
cultura europea, soprattutto ottocentesca e d’inizio novecento. Un
messianico capo politico che, attraverso la democrazia rappresentativa,
arrivò al potere cavalcando idee, fobie e fanatismi mutuati dalla destra
radicale, dai movimenti nazional-patriottici e pangermanisti tedeschi e
austriaci (col loro carico di militarismo, razzismo, xenofobia e
antiebraismo). Questi colloqui riservati attestano che il nazismo
hitleriano fu una drammatica degenerazione - non causa, bensì effetto -
della civilizzazione occidentale di matrice europea.
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